venerdì 29 giugno 2018

Inflazione contro deflazione: finanze pubbliche





di Alasdair Macleod


C'è una convinzione generale secondo cui le finanze statali vanno meglio in un contesto inflazionistico piuttosto che in uno deflazionistico. Questa percezione deriva dal trasferimento di ricchezza dai creditori allo stato attraverso una svalutazione della moneta, che si verifica con l'inflazione monetaria, rispetto al trasferimento della ricchezza dallo stato ai suoi creditori attraverso la deflazione. L'effetto è indubbiamente vero, anche se è minimizzato dagli stati, ma ignora cosa succede agli obblighi e alle finanze dello stato.

Questo articolo prende in esame questo aspetto delle finanze pubbliche, guardando dapprima alla strada verso l'eventuale crollo valutario che gli stati percorrono a causa di una continua svalutazione delle loro valute, e poi ad un sano contesto monetario con esito positivo, per il quale c'è un buon precedente storico. Questo è il secondo articolo che espone gli errori dei presunti vantaggi dell'inflazione sulla deflazione, il primo è stato pubblicato qui.



Politiche inflazionistiche

Mentre i banchieri centrali si sono convinti, a dispetto del normale comportamento umano, che il consumo sia solo stimolato dalla prospettiva di prezzi più alti, non ci può essere dubbio che il sottotesto non menzionato è il vantaggio per i mutuatari e per lo stato stesso. Inoltre lo scopo di ottenere il controllo sui tassi d'interesse nei mercati liberi è quello di ridurre il livello generale dei tassi d'interesse pagati ai creditori, privandoli ulteriormente dei benefici di mettere il loro capitale a disposizione dei mutuatari.

Tutto ciò è in contrasto con i principi alla base del diritto contrattuale, ma i tribunali non accettano che la moneta scoperta dello stato sia diversa dalla moneta coperta dall'oro dei tempi passati. L'imposta sugli interessi costituisce un'ulteriore distorsione, riducendo ulteriormente gli interessi netti percepiti dai detentori di una valuta in deprezzamento. Non sorprende se il tasso di risparmio crolli in un'economia caratterizzata da inflazione e risparmi tassati, portando ad un'espansione inesorabile del debito finanziata con altri mezzi.

Questi "altri mezzi" sono in gran parte rappresentati dall'espansione del credito bancario, che è denaro creato semplicemente su bilanci elettronici. Il costo per la creazione di questo denaro è impostato dai tassi monetari, che sono a loro volta stabiliti dalle banche che emettono il credito. Se tutti espandessero contemporaneamente il loro credito bancario (ed i banchieri sono molto suscettibili agli istinti di branco), i tassi d'interesse potrebbero teoricamente scendere a zero. E come se ciò non bastasse, le banche centrali sono arrivate a manipolare i tassi d'interesse in territorio negativo insieme al quantitative easing, cosa che ha persino permesso ai mutuatari aziendali di essere pagati per prendere in prestito denaro.

Come già affermato, l'inflazione monetaria consiste nel trasferire ricchezza dal creditore al mutuatario. Nel caso dello stato è un rimpiazzo per le tasse che sono diventate gravose, poiché aumentarle ulteriormente rischierebbe di provocare una ribellione tra i contribuenti, o sarebbe così economicamente dannoso che persino lo stato sa di dover fare un passo indietro. Ma i bilanci devono essere equilibrati, e data l'alternativa sgradita rappresentata dal taglio alla spesa, il finanziamento attraverso la svalutazione monetaria è la soluzione meglio accettata.

La maggior parte delle banche centrali comprende per esperienza che se viene coinvolta nel finanziamento diretto delle spese pubbliche, la valuta finirà per cadere in crisi. Invece le banche centrali ottengono lo stesso risultato sopprimendo i tassi d'interesse e consentendo alle banche commerciali di acquistare titoli di stato. Esistono però differenze tecniche e monetarie tra l'acquisto di debito pubblico da parte di banche o individui. Tuttavia il risultato è altrettanto inflazionistico, essendo sostenuto direttamente o indirettamente dall'espansione del credito bancario, in particolare quando le banche centrali assicurano che alla moneta in circolazione non sarà mai permesso di contrarsi.

Un'importante ipotesi dietro gli obiettivi d'inflazione a lungo termine, attualmente fissati al 2% annuo, è che il livello generale dei prezzi può essere controllato gestendo la massa monetaria. Questo va contro tutte le esperienze storiche e persino la teoria economica. Durante la presidenza Volcker della FED, quando il tasso dei Fed funds salì oltre il 19%, non ci fu alcun rallentamento nella crescita dell'offerta monetaria più ampia. Crebbe del 6.2% in quell'anno, a fronte di un tasso di crescita medio annuo a lungo termine di circa il 5.9%. Collegare i tassi d'interesse alla quantità di denaro è un errore comune da parte di coloro che non si rendono conto che i tassi d'interesse non regolano la quantità di denaro, ma la sua applicazione.

Il tasso dell'espansione monetaria negli Stati Uniti è stato ragionevolmente costante a poco meno del 6% fino alla crisi Lehman, tuttavia i tassi d'interesse (misurati dal tasso dei fondi monetari) sono variati tra il 19.1% nel 1981 e l'1% nel 2003. L'inflazione dei prezzi al consumo negli Stati Uniti è variata tra il 14.4% e l'1.07% durante la stessa scala temporale. Non esiste alcuna correlazione tra la quantità di moneta e queste due statistiche, quindi i meccanismi di controllo impiegati, che sono intesi a regolare il declino del potere d'acquisto della valuta, sono del tutto inutili.

Questo punto è stato accettato di recente da un funzionario della Banca d'Inghilterra. Richard Sharp, che è membro del comitato per la stabilità finanziaria della Banca, ha avvertito che se il governo britannico avesse aumentato i suoi prestiti, avrebbe rischiato di scivolare in una crisi in stile venezuelano. Indubbiamente questo commento è stato provocato da un crescente dibattito sulla proposta di Jeremy Corbin di prendere in prestito £250,000 sterline in più se il Labour Party fosse stato eletto. Ma spinge a porci una domanda: qual è la differenza tra le disastrose politiche inflazionistiche del Venezuela e quelle della Gran Bretagna? Risposta: nessuna.

Il collasso economico del Venezuela è anche la nostra destinazione finale. È la destinazione finale per tutti gli stati che dipendono dal finanziamento attraverso l'inflazione. Non si parla più di deficit temporanei. Realisticamente l'accumulo di passività per il welfare (passate, attuali e future) rende impossibile bilanciare i libri contabili attraverso la sola tassazione.

Credere che lo stato tragga solo benefici positivi dall'inflazione ignora il nostro punto centrale: essa sottrae ricchezza alle masse. Lungi dallo stimolare l'economia persuadendo le masse a spendere anziché a risparmiare, le riduce gradualmente in povertà. Gli elevati standard di vita nelle economie avanzate sono stati raggiunti nel corso di decenni da persone comuni che hanno lavorato per migliorare la loro vita. L'accumulo di ricchezza personale è vitale per il godimento di standard di vita superiori. Rimuovete guadagni e ricchezza attraverso la svalutazione della moneta, e le persone risulteranno semplicemente più povere. E se le persone sono più povere, anche le finanze dello stato diventeranno insostenibili.

Questo è il motivo per cui i sistemi che sfruttano al massimo l'espansione del denaro, come il Venezuela e lo Zimbabwe, impoveriscono palesemente il loro popolo. Ci vuole poco intelletto per capirlo, ma sorprendentemente gli economisti neo-keynesiani non riescono ad afferrare il punto. L'esempio più sconvolgente è stato Joseph Stiglitz, un premio Nobel, che dieci anni fa ha elogiato le politiche economiche di Hugo Chavez. Dieci anni dopo conosciamo il risultato delle follie inflazionistiche di Chavez che hanno gettato il Venezuela e il suo popolo nell'abisso economico. Nonostante gli errori esecrabili di Stiglitz, egli rimane un economista rispettato da coloro le cui analisi distorte vogliono semplicemente ignorare la realtà.

Economisti e commentatori economici fissati con la riduzione del debito pubblico attraverso l'inflazione, non riescono a distinguere tra sostenibilità del debito presente e futura. Essi credono che tracciare una linea sul passato consentirà agli stati di finanziare gli obblighi futuri, come se nulla fosse accaduto. Suppongono che con un bilancio nazionale pulito, facilitato forse dall'emissione di una moneta di platino con un valore nozionale di migliaia di miliardi di dollari, aggiusterà tutto. Questa ridicola proposizione è stata presa seriamente in considerazione in seguito alla crisi post-Lehman. Non era contemplata solo per aggiustare le finanze statali, ma come un dispositivo per consentire un maggiore indebitamento del governo.

La realtà dell'inflazione inizia come una via di fuga temporanea dai vincoli impostati dalla spesa pubblica e finisce per essere una trappola da cui la fuga diventa progressivamente più difficile, finché non è praticamente impossibile. Inevitabilmente se lo stato impoverisce i suoi cittadini svalutando la valuta, domani avrà un conto previdenziale da pagare più grande. Mantenere in equilibrio i libri contabili richiederà un tasso accelerato di svalutazione della moneta.

L'unica soluzione è fermare l'espansione monetaria. Quindi, per garantire che il denaro mantenga il suo potere d'acquisto, deve essere introdotta e sancita dalla legge la convertibilità illimitata in oro su richiesta, in modo che la banca centrale non possa più emettere valuta aggiuntiva senza aumentare le proprie riserve auree. Questa valuta quindi diventerebbe tecnicamente un sostituto del denaro, l'oro. Il credito bancario potrebbe essere contratto rendendo la riserva frazionaria punibile come frode (come lo era in passato, e senza una licenza bancaria lo è ancora), o alternativamente garantendo che vi sia una differenza visibile tra i saldi accreditati ai depositanti e i sostituti del denaro emessi dalla banca centrale e coperti dall'oro. Inoltre tutti i salvataggi bancari e i bail-in dovrebbero cessare, sempre per legge, nonostante le conseguenze. Anche la protezione del depositi dovrebbe essere rimossa.

Il ricorso alla regolamentazione per controllare gli eccessi bancari è un errore. Le banche devono essere interamente incentrate sul cliente e non guidate dalla regolamentazione. Solo allora i banchieri capiranno che migliorare la loro reputazione pubblica è ciò che li terrebbe in affari. Cesserà anche la speculazione insensata da parte dei banchieri, poiché attualmente sanno che la banca centrale li aiuterà sempre. Emergerà naturalmente una divisione tra i prestiti finanziati dai depositi bancari (principalmente capitale circolante, finanziamenti commerciali e requisiti di liquidità a breve termine altrettanto sicuri) ed i prestiti più rischiosi, adeguatamente finanziati da emissioni obbligazionarie.

In tal modo, le crisi cicliche dovute alle variazioni del livello complessivo del credito bancario saranno ridotte al minimo. Il denaro sarebbe restituito al suo scopo originario: quello di agire come deposito temporaneo della produzione, e niente di più.



L'alternativa: il sound money

L'alternativa all'inflazione è quella di tornare al sound money. Il denaro deve essere fuori dalla portata degli stati come mezzo di finanziamento inflazionistico. La deflazione a livello generale dei prezzi è quindi un riflesso del progresso e del miglioramento degli standard di vita per tutti, grazie all'evoluzione e all'innovazione dei prodotti e della concorrenza. La quantità di denaro richiesta in un'economia deve essere stabilita dai mercati e deve essere coperta da ulteriori acquisti o disposizioni di oro.

Va notato qui che le preferenze a favore o contro il possedimento di denaro varieranno sempre, anche con il sound money, ma con quest'ultimo tali variazioni sono ridotte al minimo. Variazioni nel livello generale della preferenza monetaria possono influenzare maggiormente i prezzi di beni e servizi, quindi è importante che l'effetto venga attenuato il più possibile. Con il sound money intendiamo l'oro fisico, o i sostituti convertibili in oro su richiesta. E con l'oro, o i sostituti del denaro, l'arbitraggio dei prezzi tra stati o regioni offre una stabilità dei prezzi aggiuntiva.

Queste erano, in generale, le condizioni in Gran Bretagna nel 1817, quando le nuove sovrane furono coniate per la prima volta, e dopo che la Gran Bretagna tornò al gold standard nel 1821. Il gold standard fu adottato anche da altre nazioni sviluppate quando si allinearono con lo standard britannico, in particolare negli ultimi decenni del diciannovesimo secolo in poi.

Gli enormi benefici e la ricchezza diffusa alimentati dal sound money vennero diffamati dai socialisti come Marx ed Engels. Venne alimentata l'invidia nei confronti della ricchezza accumulata da imprenditori di successo e dalle loro famiglie, derisi come la borghesia, descrivendola come oppressore dei lavoratori sfruttati. Ma i fatti erano molto diversi, con standard di vita per i lavoratori manuali che miglioravano oltre ogni precedente storico. Le imprese di successo guadagnarono la loro ricchezza sottomettendosi al giudizio dei consumatori, producendo i prodotti che volevano questi ultimi. In caso contrario cessavano l'attività. E mentre i mercati apportavano notevoli benefici, possiamo affermare che i progressi sarebbero stati ancor più vantaggiosi per operai e lavoratori poco qualificati, se i mercati liberi fossero stati scevri dall'intervento statale.[1]

È logico comprendere che se la ricchezza viene trasferita dalla gente comune allo stato, la gente nel suo insieme è più povera. È un mito, perpetuato dallo stato, che la ricchezza trasferita in questo modo venga custodita a nome della popolazione, perché in realtà viene distrutta.

Se le persone sono invece autorizzate ad accumulare ricchezza personale, la società nel suo insieme ne beneficia. Questa è la chiave per comprendere i vantaggi per una nazione, perché in definitiva un'economia di successo è ciò che conferisce allo stato il suo potere. Prima della prima guerra mondiale, il dominio britannico sul commercio mondiale non era dovuto alle sue campagne militari; la marina e l'esercito si limitavano a proteggere gli scambi commerciali. Fu l'accumulo di ricchezza nelle mani degli imprenditori, sostenuto dal sound money affidabile ed accettato ovunque, che rese grande la Gran Bretagna. Il suo successo si basò sulla creazione di ricchezza, accumulata in mani private con la minima interferenza dello stato.

L'obiezione degli inflazionisti al sound money è che gli stati devono ridurre il loro onere di debito erodendone il valore a spese dei creditori. Ma come abbiamo mostrato sopra, questa tesi è miope e ignora i crescenti obblighi futuri generati dall'inflazione. Invece di forzare una crescente dipendenza dallo stato, il sound money protegge i risparmi, consentendo alle persone di evitare la dipendenza dallo stato. Invece di aumentare gli obblighi statali nel tempo, diminuiscono invece.

Dopo le guerre napoleoniche, il governo britannico fu lasciato con debiti estremamente elevati, che dovevano essere pagati. Invece di cedere alla tentazione di gonfiarli, la soluzione scelta fu quella di onorarli con sound money. Ciò fu seguito dall'eliminazione delle distorsioni economiche grazie all'abrogazione nel 1846 delle Corn Laws e dalla rimozione di altri dazi commerciali in generale. Nonostante il leggero calo dei prezzi delle merci nel tempo, il debito pubblico si ridusse dal 250% del PIL (stimato) al 30% prima della prima guerra mondiale.



Il ritorno al sound money

Il perché e il come la moneta fiat debba essere sostituita con l'oro come denaro, o sostituti del denaro completamente convertibili, è già stato descritto. Questo obiettivo non fu mai pienamente raggiunto dal governo britannico, a causa di un semplice errore nell'applicazione del Bank Charter Act del 1844. Mentre la Banca d'Inghilterra doveva coprire per legge gli aumenti nella sua emissione di banconote con oro, venne trascurato il controllo sull'espansione del credito bancario, perché le conseguenze di non fare distinzione tra contante e depositi bancari non vennero comprese correttamente. Fu quell'errore che permise di sviluppare un ciclo creditizio alternato tra boom e bust, che portò ad una serie di crisi bancarie nella seconda metà del secolo, e quel ciclo è ancora con noi oggi.

Un approccio pratico al problema è riconoscere innanzitutto che le banche centrali sono riuscite a sopprimere il prezzo dell'oro, misurato rispetto alle valute fiat. La sostituzione delle valute fiat con l'oro o con i sostituti dell'oro richiederà sia un prezzo dell'oro molto più alto misurato in valute fiat, sia una massiccia contrazione dell'offerta dio moneta, o in alternativa una combinazione delle due. Inoltre la maggior parte dei mercati obbligazionari è fortemente sopravvalutata e viene valutata in base all'intervento della banca centrale. Non riflettono il rischio che il potere d'acquisto di tutte le valute fiat sia destinato a diminuire. La realizzazione di un forte calo dei prezzi delle obbligazioni sarebbe catastrofica per quelle banche che detengono nei propri bilanci il debito pubblico, sia come investimento sia come garanzia per i prestiti. È quindi probabile che un ritorno al sound money si verificherà solo dopo una crisi del credito globale; e mentre il potere d'acquisto delle valute fiat sta già scivolando in basso, siamo nel bel mezzo di una crisi sistemica globale e un ritorno al sound money sarebbe più accettabile, persino richiesto, dalla popolazione.[2]

È praticamente una certezza che le valute fiat perderanno gran parte, se non tutto, il loro potere d'acquisto, quindi la questione si riduce solamente alla scala temporale. Pensate al Venezuela. Pertanto, ad un certo punto, l'oro dovrebbe iniziare a scontare questo evento futuro, e potrebbe aumentare a più riprese il suo valore attuale, espresso in denaro fiat in declino. Ciò, in teoria, renderà più facile per le banche centrali in possesso di oro fisico considerare di utilizzarlo come stabilizzatore monetario. Ma viste le difficoltà e i decenni di fallimenti neo-keynesiani, probabilmente sarà visto come l'ultima spiaggia.

Ci sono due nazioni tra un certo numero di stati asiatici che potrebbero introdurre liquidità prima, o durante, la prossima crisi del ciclo del credito, se sceglieranno di farlo, supponendo che posseggano un adeguato ammontare di oro fisico non dichiarato. Nel caso della Russia, il suo sistema bancario è già stato pre-condizionato per gravi turbolenze monetarie, grazie alle sanzioni occidentali e al crollo del prezzo del petrolio. Inoltre la sua economia è orientata verso le esportazioni di energia e materie prime, i cui valori possono calare meno rapidamente rispetto alle valute occidentali quando il calo di queste ultime accelererà.

La Russia sta comprando oro a tutto spiano, unendosi alla Cina nel suo tentativo di dominare i mercati dell'oro fisico. È chiaro che la Russia considera importante l'oro, piuttosto che i dollari, per il suo futuro economico e monetario. Anche la Cina ha dimostrato questa mentalità. Avendolo accumulato segretamente sin dal 1983, la Cina ha poi incoraggiato i suoi cittadini ad acquistarlo autonomamente dal 2002 e negli ultimi anni ha intrapreso una politica di accesso, influenza e controllo sui mercati esteri di oro fisico, come Londra. Più di recente, attraverso un'impresa statale, ha espresso la volontà di ripristinare il ruolo dell'oro per i pagamenti giornalieri, in collaborazione con Goldmoney.

In questa fase non è chiaro fino a che punto questi due stati asiatici considerino l'oro come un obiettivo monetario o un'arma strategica da usare contro un'America belligerante. Potrebbero esserci divergenze di vedute, con la Russia più incline della Cina a destabilizzare l'Occidente introducendo un rublo coperto dall'oro. Tuttavia è improbabile che Russia e Cina agiscano in modo indipendente, preferendo agire insieme, portandosi dietro un secondo livello di nazioni asiatiche, come Iran, Turchia e altri membri dello Shanghai Cooperation Organization.

Quasi certamente la Cina si sta orientando verso l'integrazione dell'oro nel suo sistema monetario interno, come sopra delineato. Il suo sistema monetario interno è circondato da controlli sul capitale rispetto agli yuan che circolano a livello internazionale, per i quali la sua politica è stata quella di migliorarne la commerciabilità come valuta di scambio internazionale. Ad un certo punto è probabile che questi obiettivi si uniscano, perché lo yuan sta indebolendo il ruolo del dollaro USA, portando alla sua continua debolezza e, di conseguenza, all'aumento del prezzo dell'oro. I tempi degli sviluppi internazionali non sono più strettamente controllati dalla Cina, perché i tempi si stanno spostando sui mercati.

La Cina deve sapere che le mosse verso l'incorporazione dell'oro nello yuan internazionale, o addirittura la minaccia di farlo, faranno scendere la valuta statunitense, europea e giapponese. I rendimenti obbligazionari in queste valute aumenteranno in risposta all'inflazione dei prezzi e ciò contribuirà quasi certamente ad un'ulteriore destabilizzazione valutaria. Gli esportatori cinesi ne soffriranno, forse una conseguenza indesiderabile, ma gestibile. Nel frattempo possiamo solo concludere che la Cina, la Russia e tutti gli altri stati asiatici alleati sono in attesa degli sviluppi prima di andare avanti con qualsiasi forma di convertibilità dell'oro.

Per l'Occidente, è un'altra questione. L'economia monetaria rimane dominata dal pensiero neo-keynesiano, che persegue la pianificazione economica e il controllo statale finché i mercati liberi cessano di esistere. Le risposte ufficiali alla prossima crisi del credito si allontaneranno dal sound money, piuttosto che accettarlo. Le banche centrali sono certe che stamperanno più denaro e lo daranno alle banche commerciali e alle grandi società, per impedire che vadano in bancarotta. I tassi d'interesse saranno ridotti per tentare di gestire il crescente indebitamento pubblico, e ci sarà un quantitative easing più grande. I banchieri centrali non hanno altra risposta alle condizioni di credito avverse.

L'ultima volta, un decennio fa, c'è stata una corsa alla liquidità. Questa volta, grazie a dieci anni di "misure straordinarie", la liquidità è disponibile a palate. Solo se siete un economista premiato con il Nobel, ignorerete l'inevitabile collasso del potere d'acquisto della moneta fiat e le difficoltà affrontate dalla gente comune. Dichiarerete che le prospettive per la crescita economica sono buone, come il professor Stiglitz affermò sul Venezuela dieci anni fa. È a questo punto che la Cina e la Russia potrebbero decidere di premere il grilletto sulla convertibilità dell'oro.

Altrove, non c'è appetito, nessuna capacità intellettuale, per un ritorno al sound money. L'Occidente, in particolare l'America, può ritenere che sia vittima di una guerra finanziaria, rendendolo più belligerante. Le nazioni occidentali riporteranno l'orologio indietro fino agli inizi degli anni '20, quando Germania, Austria, Russia, Polonia, Bulgaria e Ungheria sperimentarono crolli monetari, e le loro valute erano scoperte. È dalle ceneri di un collasso valutario globale nei prossimi anni che potremo avere un ritorno all'oro come sound money e un ritorno a sostituti del denaro completamente convertibili.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://francescosimoncelli.blogspot.it/


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Note

[1] La caduta del muro di Berlino ha sottolineato a tutti quanto fosse fallimentare il socialismo, soprattutto al paragone delle condizioni sociali migliori in Occidente, dove prevalevano mercati più liberi.

[2] Nel 1922 era di pubblico dominio il bisogno di sound money affinché il governo austriaco potesse fermare l'iperinflazione, anche se in Germania continuò ancora per un altro anno.

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