giovedì 9 novembre 2017

Crisi o stagnazione: perché la Cina non può attuare un persorso di deleveraging





di Daniel Lacalle


Le ultime cifre dell'economia cinese mostrano nel terzo trimestre una crescita del PIL del 6.8%, stranamente in linea con il mandato del governo centrale e le stime del consenso. Tuttavia non è la cosa principale che mi preoccupa. È invece l'evidenza della saturazione del debito e dei rendimenti decrescenti della pianificazione centrale.

Il debito totale cinese ha superato il 300%. Nei primi nove mesi dell'anno l'offerta monetaria è aumentata del 9.2%, significativamente al di sopra delle stime.

La Cina ha accumulato più debiti nei primi nove mesi del 2017 rispetto agli Stati Uniti, il Giappone e l'UE messi insieme.

L'aumento del debito del settore privato è una grande preoccupazione. La stragrande maggioranza delle grandi società quotate (60% dell'indice Hang Seng) ha pubblicato risultati con rendimenti significativamente inferiori al costo del capitale, secondo le cifre di Bloomberg. Secondo il Financial Times, le imprese zombie sono aumentate, poiché la crescita non riesce a colmare il debito e l'aumento degli interessi. Inoltre, in una situazione che rispecchia la sconsideratezza delle spese dei conglomerati europei nei primi anni 2000, i risultati degli investimenti esteri di capitale hanno rappresentato un contraccolpo per le multinazionali cinesi. La legione di imprese zombie del governo centrale (quelle incapaci di coprire gli interessi con gli utili operativi) è composta da 2,041 grandi aziende con un patrimonio di circa $450 miliardi.

Le preoccupazioni sulla montagna di debiti sono solo comparabili ai rendimenti pessimi in un'economia in rapida crescita. Un'occhiata all'indice Hang Seng mostra una leva del 122% (debito totale/patrimonio netto) e una leva del 17.5X tra passivi/attivi, con un ritorno sul patrimonio dell'1.33% e il rendimento sul capitale del 4.5%.

La situazione non migliora in modo significativo per settori. Anche se guardiamo a ciò che è stata chiamata "nuova economia", le imprese cinesi incoraggiano una combinazione di fondamentali economici deboli e pessima allocazione del capitale. La "nuova economia", guidata da settori ad alta produttività, è fortemente dipendente da mercati di capitali forti per finanziare la crescita tramite obbligazioni e titoli azionari. Un rapporto sorprendentemente basso all'1.74% dei prestiti non performanti è decisamente sospetto e, ad esempio, Fitch calcola che la cifra reale è dieci volte superiore a quella ufficiale. Un mercato azionario più debole e un effetto contagio dei prestiti non performanti influiscono pesantemente sui dinosauri deboli e obsoleti e sui settori nascenti e potenzialmente prosperi. Lo abbiamo visto a Taiwan, in Giappone e nell'UE.

Riuscite ad immaginare cosa accadrebbe a questi rendimenti estremamente bassi se la crescita si riducesse ad un 4% più sostenibile? Un crollo completo dell'economia. Questo è uno dei motivi per cui il governo non può e probabilmente non metterà il deleveraging tra le sue priorità, nonostante le dichiarazioni pubbliche atte a suggerire il contrario.

"La Cina richiede 6.5 unità di capitale per creare un'unità di crescita del prodotto interno lordo, il doppio del rapporto di un decennio fa", secondo UBS e il Financial Times.

La situazione peggiora con le famiglie. Il debito delle famiglie rispetto al PIL è moltiplicato di quattro volte negli ultimi dieci anni. La Cina, una volta sostenuta da un forte risparmio delle famiglie, sta affogando nel debito ed entro il 2020 il rapporto tra i pagamenti ipotecari e il reddito disponibile corrisponderà al picco negli Stati Uniti prima della crisi finanziaria.

Questa è la seconda ragione per cui la Cina non può mettere come priorità il deleveraging. L'economia cinese non è in grado di affrontare una crisi sociale se i prezzi delle case stagnano, o peggio scendono, cosa che porterà allo scoppio della bolla immobiliare. Se nel settore delle famiglie parte un domino di fallimenti e la crisi sociale diviene ingestibile, la Cina non dispone di un sistema di assistenza sociale che consenta un cuscinetto sociale.

Questi fattori rendono il deleveraging della Cina impossibile. Nella migliore delle ipotesi vedremo un aumento del debito pubblico quando il settore privato fermerà la sua strategia di "correre da fermo". Tuttavia, il debito pubblico non è piccolo. Al livello "stranamente" basso del 46.2% bisogna aggiungere le società nel settore pubblico, e allora avremo che le passività del settore pubblico portino a raddoppiare il rapporto debito ufficiale/PIL.

La Cina ha poche opzioni. La maggior parte di questi squilibri e passività sono finanziati in valuta locale dalle banche locali e il governo centrale potrebbe svalutare drasticamente la valuta, ma ciò penalizzerebbe la sua crescita economica, facendo passare l'inflazione da un livello discretamente basso (nonostante sia stimata a tre volte i tassi ufficiali) a livelli socialmente inaccettabili. La Cina ha anche un forte rapporto di risparmio, al 39%, ma questo mito è confutato dall'estensione del suo debito e dal legame con le bolle speculative e gli scarsi rendimenti. Se la Cina decide di affrontare i suoi squilibri intaccando tali risparmi attraverso la repressione finanziaria, come ha fatto il Giappone, inficerebbe enormemente la sua crescita, il consumo e farebbe finire il Paese in stagnazione.

E questo è il risultato positivo. La Cina può sopportare la fine del suo circolo vizioso di pessima allocazione del capitale, debito elevato e crescenti squilibri attraverso la stagnazione, evitando un crollo sociale e aumentando il debito pubblico. Ma è tutto ciò che può fare. Se vuole evitare una gigantesca crisi finanziaria che ripulisca il sistema e renda la crescita sostenibile, dovrà accettare la stagnazione zombificata in cui sono finite l'Europa, il Brasile e il Giappone. Non esiste una soluzione magica che risolva questi enormi squilibri, pur offrendo una crescita mondiale.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


1 commento:

  1. Il primo diritto sociale è il diritto ad una moneta onesta.
    Ed è il diritto più misconosciuto di tutti.

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