venerdì 30 giugno 2017

La confusione sui tassi d'interesse (parte II)





di Frank Hollenbeck


In seguito alla crisi delle dot-com del 2001, i tassi di interesse furono abbassati all'1% e lentamente sono cresciuti al 5% in un periodo di 4 anni. Questa timida politica ha creato ancora un'enorme bolla nel settore immobiliare che è finalmente scoppiata nel 2008. Anziché imparare dal passato, abbiamo raddoppiato l'applicazione della stessa politica fallace. I tassi di interesse si sono dunque abbassati fino allo 0% e sono stati bloccati a quel livello, con scarsissima volontà politica di rialzarli di uno iota.

Siamo ora alla vigilia di un'altra grossa crisi finanziaria, eppure gli economisti (ad eccezione degli Austriaci) ancora non comprendono il ruolo giocato dai tassi di interesse in un'economia capitalista. Per evitare la ripetizione degli errori economici del passato, dobbiamo comprendere la logica fallace che ci ha condotto a questi errori.

Il ruolo dei tassi di interesse è in assoluto il più importante e incompreso concetto in macroeconomia. La maggior parte dei programmi di dottorato economico dovrebbero (ma non lo fanno) avere un corso interamente dedicato alla storia, al significato, e alle conseguenze economiche della manipolazione dei tassi di interesse. Invece, i tassi di interesse sono insegnati come uno, tra i tanti, strumenti necessari nella cassetta degli attrezzi di una banca centrale.

Tuttavia, l'economia non è un'auto e i tassi di interesse non sono il pedale acceleratore. I tassi di interesse sono i prezzi più importanti di un'economia poiché allineano la produzione con le preferenze temporali di consumo della società nel tempo. La manipolazione dei tassi di interesse può solo creare distorsione tra ciò che è, e ciò che dovrebbe essere prodotto in diversi periodi temporali. Una depressione è inevitabile per riallineare la dimensione temporale della produzione con la domanda.

Secondo i Keynesiani e i monetaristi, il tasso di interesse è un fenomeno puramente monetario. I fattori reali non giocano alcun ruolo nella determinazione del tasso di interesse. Tuttavia, le modifiche dei tassi di interesse possono causare cambiamenti nei fattori reali. Per qualche ragione, questi economisti non riescono a vedere le inconsistenze di questa visione. Se un cambiamento nei tassi di interesse può causare cambiamenti nei fattori reali, il livello originale dei tassi di interesse deve perciò essere determinato, o esserlo stato, da fattori reali. Mises nel 1912 ebbe a dire quanto segue circa la nostra attuale pensiero economico illuminato:

Essa riguarda l'interesse come ricompensa della rinuncia temporanea al denaro nel senso più ampio, una visione, infatti, di ineguagliabile ingenuità. I critici scientifici sono stati perfettamente giustificati nel trattarla con disprezzo; merita a malapena una menzione perfino frettolosa. Ma è impossibile esimersi dal sottolineare che queste visioni sulla natura degli interessi hanno un posto importante nell'opinione pubblica, e che sono continuamente proposte e raccomandate di nuovo come basi per misure di politica bancaria.

Questa visione esclusivamente monetaria dei tassi di interesse è basata sulla teoria di Keynes della preferenza per la liquidità. Il tasso di interesse è determinato dall'intersezione tra domanda e offerta di trattenere liquidità (accumulo). Eppure, né l'offerta né la domanda di trattenere liquidità (accumulo) è dipendente dal tasso di interesse (vedi spiegazione qui). Perciò insieme non possono determinare il tasso di interesse.

Keynes provava un odio viscerale verso colui che egli chiamava "redditiere", una persona che sopravvive stando comodamente seduto e ricevendo interessi. Per attaccare il redditiere, doveva anche attaccare la nozione di qualunque giustificazione economica per l'interesse positivo. La sua teoria della preferenza della liquidità ha poco a che fare con un'analisi economica sana, ma più a a che fare con lo sviluppo di una teoria atta a giustificare un'opinione politica: l'"eutanasia del redditiere".

In realtà, il tasso di interesse naturale determina dove la domanda e l'offerta per beni mutuabili si incontra. Non è il contrario, come molti economisti tuttora credono e continuano a insegnare disegnando per prime le curve di domanda e offerta anziché per ultime. È il tasso di interesse a venire prima, e poi le curve di domanda e offerta si disegnano fino ad intersecarsi a questo tasso.

C'è una tendenza naturale a preferire il consumo attuale rispetto al consumo futuro. L'interesse naturale è la manifestazione economica delle preferenze temporali. È l'indice del valore assegnato ad un consumo corrente in relazione al valore assegnato al consumo futuro. Non è un prezzo ma può esser visto concettualmente come il prezzo della preferenza temporale.

Mises ha dimostrato questa caratteristica del tasso naturale di interessi con una controdeduzione. Se non ci fossero preferenze temporali, la produzione avrebbe lo stesso valore se fosse prodotta oggi fra dieci anni o fra mille anni. Un bene prodotto in un flusso perpetuo, quale la terra, avrebbe un valore infinito. Poiché la terra viene regolarmente scambiata a valori meno che infiniti, il valore della preferenza temporale deve esistere laddove un reddito prodotto in precedenza ha un valore maggiore di quello prodotto successivamente. I livelli effettivi dei tassi di interesse (la curva dei rendimenti) sono ottenuti sommando il tasso di interesse naturale al premio o allo sconto per i cambiamenti dei prezzi (da compensare per un cambiamento nell'unità di misura del denaro) e un premio per il rischio di mancato rimborso o di incertezza (il profitto imprenditoriale dell'assunzione del rischio).

Sebbene Keynes rifiutasse il classico concetto delle preferenze temporali, si riferisce costantemente ad uno "sconto temporale" nella Teoria Generale. Questa è solo una delle molte incoerenze di Keynes.

Un capitalista ha sempre molte scelte per l'uso dei propri beni. Deve decidere quale sia il più profittevole tra i vari usi. Guarda al valore presente di diversi flussi di entrate e sceglie quello col maggior valore netto attuale. Per esempio, se il bene è un acro di terra, potrebbe farne una miniera, o una fattoria, o una piantagione. Se il tasso di interesse è il 5%, il flusso di entrate può determinare la miniera come l'alternativa col più alto valore netto attuale. Una diversa opzione potrebbe essere invece una fattoria al 4,5% o una piantagione al 4%. Il tasso di interesse naturale (parte del 5%) quale parte della preferenza temporale è il prezzo più importante in un'economia capitalista. Aiuta ad allineare la produzione di una società alla domanda nel corso del tempo. Come scrisse l'economista Irving Fisher, "Così un cambio del tasso di interesse risulta in un cambiamento di scelta nei flussi di entrata. Un alto tasso di interesse incoraggerà investimenti in entrate con profitto rapido, laddove un basso tasso di interesse incoraggerà investimenti in entrate con un profitto distante nel tempo"

Ora supponiamo che il tasso naturale di interesse sia il 3%, mentre il saggio di interesse sia il 5%. Attraverso questo prezzo, la società manda un segnale che valuta la miniera più di quanto valuti le altre due alternative. In altre parole, il modo migliore per rispondere alla domanda attuale e futura è di usare l'acro di terreno per farne una miniera. Ora supponiamo che la banca centrale attraverso le stamperie abbassi il tasso di interesse temporaneamente al 4%. L'acro di terreno verrà messo a piantagione. Eppure, la stampa di denaro non modifica le preferenze temporali dell'economia o la manifestazione economica delle preferenze temporali, il tasso di interesse naturale. Le preferenze temporali sono in gran parte immutabili[1] e sono determinate dalla natura umana. Non modifica ciò che la società veramente voleva fosse prodotto. Stampare denaro crea cattive allocazioni di risorse e più a lungo avviene la stampa maggiori saranno le distorsioni nell'allocazione di risorse. Quando ci si rende conto che le recessioni non sono mai un problema di domanda (vedi la spiegazione qui) ma di produzione non allineata con la domanda, si vede l'idiozia di seguire una politica monetaria che segua questo disallineamento.

Molti economisti dicono "questa volta è diverso, ora ne sappiamo di più", ma è sempre un risciacquare e ripetere. La storia si ripete, e la stampa di moneta alla fine determina l'iperinflazione, disordini sociali, e guerra. Sembra proprio che non impariamo mai!


[*] traduzione per Francesco Simoncelli's Freedonia a cura di Giuseppe Jordan Tagliabue


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Note

[1] In Azione Umana, Mises spiega come gli episodi inflattivi o deflattivi possano alterare il saggio di interesse naturale alternando la distribuzione delle entrate e della ricchezza di diversi segmenti della popolazione. Inoltre, sottolinea che probabilmente ci sono molteplici tassi naturali poiché "nulla giustificherebbe il presupposto che questo sconto di soddisfazione in periodi più remoti progredisca continuamente e stabilmente".

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giovedì 29 giugno 2017

La confusione sui tassi d'interesse (parte I)





di Frank Hollenbeck


Fin dal 2008 le banche centrali hanno rincorso l'abbassamento degli interessi per spronare la crescita. Questo ha indotto cattivi investimenti in quasi tutte le classi di attività. Per esempio, con i prezzi sotto i 50 dollari al barile e con tendenza al ribasso, l'industria dello shale oil è in grossi problemi, poiché ha ricevuto prestiti dal sistema bancario per più di un migliaio di miliardi di dollari.

Naturalmente, gli economisti e la teoria economica fallace sono responsabili al 100% di quanto sta per accadere. Gli economisti professionisti oggi sono come il medico del passato le cui prescrizioni di salassi erano considerate medicina allo stato dell'arte; la cura, naturalmente, era molto peggio del male.

Questo secolo ha visto due crisi finanziarie devastanti, con una terza all'orizzonte a breve. Quando scriveranno di questa era, gli storici concluderanno che questi cicli di "boom and bust" si sarebbero potuti evitare se i politici non fossero stati influenzati da errati giudizi circa il ruolo dei tassi di interesse in un'economia capitalista.

La storia dei tassi di interesse (curva dei rendimenti) è affascinante. Tutto iniziò quando Aristotele condannò fermamente l'applicazione di interessi quale contraria alla natura poiché il denaro è un mezzo di scambio e non, in sé, produttivo o accrescitivo di ricchezza. Il denaro è sterile e non produce alcun frutto, e perciò non può legalmente imporre interessi. Questa visione dei tassi di interesse è stata mantenuta da molti teologi anche fino all'era moderna.

Sebbene l'usura (l'applicazione di qualunque interesse e non la definizione moderna di interessi abusivi) ebbe una connotazione negativa, non era strettamente proibita fino al primo concilio ecclesiastico nel 325. Questo bando sull'usura fu, inizialmente, limitato principalmente agli affari della chiesa.

Molti teologi del tempo consideravano l'usura un furto, un crimine peggio dell'adulterio e dell'omicidio, poiché il peccato di usura poteva continuare, tramite eredità, da una generazione all'altra. Nel 1139 la chiesa finalmente estese la proibizione a tutti gli uomini.

Il teologo parigino William di Auxerre (m. 1231) aggiunse un nuovo filone alla campagna anti usura proclamando che il tasso di interesse era il prezzo del tempo, e poiché il tempo è gratuito, nessuno avrebbe dovuto addebitare qualcosa che non aveva alcun costo. Un altro avvocato anti-usura fu il teologo Tommaso d'Aquino (1225-1274), che riteneva che il denaro dovesse avere un valore nominale fisso. L'applicazione di interessi su qualcosa che è fisso è una violazione della natura del denaro ed è perciò peccaminosa e dovrebbe essere resa illegale.

Chiaramente Tommaso d'Aquino e altri teologi non comprendevano la natura del denaro. Non lavoriamo per il valore nominale del denaro, ma per i beni e i servizi che questo valore nominale può acquistare, altrimenti detto potere d'acquisto. Ad ogni modo, il valore al consumo del suo potere d'acquisto varia nel tempo. In altre parole, anche se un dollaro potesse acquistare una mela oggi e una mela domani, non significa che assegnerebbe, oggi, lo stesso valore al consumo, o preferenza nel tempo, al consumo di una mela in futuro, e l'equivalente quantità di denaro usata per acquistarle. Il consumo di mele o di denaro in diversi periodi può essere visto come diversi prodotti. Furono il francese Turgot (1727-1784) e l'economista Austriaco Eugen von Bohm Bawker (1851-1914) tra gli altri, che compresero che il consumo attuale è preferibile al consumo futuro, cosicché il tasso naturale di interesse riflette il premio che il mercato impone per equalizzare il valore del consumo di beni in diversi periodi di tempo. Il tasso naturale di interesse può essere visto come come il parametro di scambio fra il consumo attuale e il consumo futuro.

L'equilibrio del tasso di interesse in un'economia di mercato funzionale è correlata alla domanda e all'offerta di fondi mutuabili. L'offerta deriva dalla preferenza di tempo del consumo, mentre la domanda proviene da imprese che investono in fabbriche e impianti basate sull'efficienza marginale del capitale. Questo può dare l'impressione che il tasso di interesse di equilibrio sia perciò dominato da una combinazione di preferenze di tempo e di valutazioni di produzione. Tuttavia questa è solo un'illusione. Il valore di questo capitale è anche determinato da preferenze di tempo poiché è il valore della produttività nel tempo scontato da tassi di interesse riflettenti preferenze temporali. L'efficienza marginale del capitale è perciò ottenuta dal valore del capitale che in cambio è determinato dalle preferenze temporali. È il tasso di interesse che determina le posizioni delle curve di domanda e offerta.

Gabriel Beil (1420 al 1425-1495) e Conrad Summerhart (1465-1522) indebolirono la proibizione dell'usura proclamando che l'interesse era il pagamento del costo di opportunità del denaro. Un mercante dovrebbe essere compensato per rinunciare all'uso del proprio denaro, così come un agricoltore dovrebbe essere ricompensato per il sacrificio dell'uso della propria terra. Allo stesso modo, il richiedente il prestito ha l'opportunità di ottenere più profitti dal prestito di quanti interessi deve pagare al prestatore. Perché tale transazione reciprocamente proficua dovrebbe essere proibita?

Summerhart andò oltre presentando il caso che il denaro attuale fosse un bene diverso dal denaro futuro, e che il valore dell'uso del denaro di oggi fosse diverso dal valore del denaro pagato domani. Una volta Murray Rothbard sottolineò che: "Summerhart si avvicinò alla comprensione del fatto primordiale della preferenza temporale, la preferenza verso il denaro attuale piuttosto che a quello futuro."[1]

Summerhart indicò anche che il prestito non era senza rischio e che il tasso di interesse pagato serviva a ricompensare il rischio preso dal prestatore in caso di bancarotta del debitore. Perciò il concetto di premio del rischio giustificava l'interesse su un prestito. Il francescano Juan de Medina (1490.1546) fu il primo scrittore nella storia ad avanzare chiaramente l'opinione che l'applicazione di interessi ad un prestito è legittima se è in funzione di ricompensa al rischio di mancato rimborso.

Il cardinale Thoma Carjetan (1468-1534) legalizzò l'attività di prestiti, e le restrizioni al ricarico di interessi, per tutti gli scopi pratici, fu eliminata dalla congregazione Gesuita del 1581.

L'attività bancaria islamica, o "finanza aderente alla Sharia" altresì condanna l'usura (Riba). I prestiti al consumo dovrebbero essere carità, mentre i prestiti d'affari non dovrebbero avere fissità nel pagamento di interessi. Il ritorno del denaro prestato è sempre sconosciuto inizialmente poiché il futuro è incerto. Se, ad esempio, il tasso di interesse è del 5% e il rendimento del denaro preso in prestito è del 2%, parte del pagamento di interesse fisso, 3%, fatta dal il creditore è visto, sotto la finanza islamica, non guadagnato. Se la resa invece è il 10%, il 5% di guadagno per colui che ha preso il denaro in prestito è visto come un'entrata ingiustificabile. La divergenza tra il tasso fisso e il rendimento del denaro prestato viene così accusata della creazione di squilibrio di entrate. Naturalmente tutto ciò ignora totalmente il rischio di bancarotta, e le differenze nelle preferenze di rischio. La scelta volontaria di fissare il pagamento di interessi riflette una differenza nella preferenza di rischio che beneficia sia il prestatore sia il mutuatario. Inoltre, il prestito al consumo può semplicemente riflettere differenze nel preferenze temporali di consumo.

Se il tasso di interesse naturale riflette la preferenza temporale, allora riflette anche le scelte dei consumi di una società (domanda) attraverso il tempo. Queste scelte di consumo determinano, in un'economia di mercato, le scelte di produzione inter-temporali che rispondono meglio a questa domanda. L'interferenza con questo allineamento cruciale provocherà una divergenza tra ciò che la società vuole sia prodotto attraverso il tempo in relazione a quanto effettivamente prodotto. Le recessioni o le depressioni non sono mai un problema di domanda (vedi la spiegazione qui), ma un disallineamento tra domanda e offerta.

Diversamente da quanto si insegna in quasi tutti i programmi pre o anche post-laurea, la miglior politica monetaria è nessuna politica monetaria


[*] traduzione per Francesco Simoncelli's Freedonia a cura di Giuseppe Jordan Tagliabue


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Note

[1] Murray Rothbard, "Economic Thought Before Adam Smith: An Austrian Perspective on the History of Economic Thought, Volume I."

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mercoledì 28 giugno 2017

Il passo successivo nell'esperimento europeo dei tassi d'interesse negativi





di Thorsten Polleit


La Banca Centrale Europea (BCE) ha spinto il tasso di deposito a -0.4% nell'aprile del 2016. Da allora le banche dell'area Euro devono pagare lo 0.4% l'anno sulle loro riserve in eccesso detenute presso la BCE. Questo, a sua volta, ha conseguenze di grande portata. Tanto per cominciare, le banche cercano di evadere questa "penalità" acquistando soprattutto obbligazioni sovrane.




Ciò spinge inevitabilmente i prezzi di tali obbligazioni e ne riduce i rendimenti. Inoltre la BCE continua a monetizzare anche il debito pubblico. Il risultato è una tremenda pressione al ribasso su tutta la sfera dei rendimenti. Ad esempio, il rendimento reale (aggiustato all'inflazione) dei titoli tedeschi a breve termine è attualmente pari al -2.5% annuo.




I tassi d'interesse negativi (sia in termini nominali che in termini reali) contribuiscono a ridurre l'onere del debito degli stati e delle banche. Infatti i tassi d'interesse negativi costringono il rapporto tra il debito residuo e il prodotto interno lordo a ridursi. Tale politica monetaria va a beneficio dei mutuatari ed a scapito dei creditori. Questi ultimi devono pagare il conto.

Allo stesso tempo, tuttavia, le attività delle banche della zona Euro soffrono della politica dei tassi d'interesse negativi della BCE. Da un lato trovano sempre più difficoltà a rimanere redditizie in un contesto di tassi d'interesse estremamente soppressi. Dall'altro lato, le banche devono sopportare costi più elevati a causa di un tasso di deposito negativo presso la BCE (ed i costi continuano ad aumentare in quanto la BCE crea sempre più riserve in eccesso nel sistema bancario).

Le banche sono sotto pressione poiché si trovano ad imporre tassi negativi sui conti dei clienti. Tenuto conto dei tassi di deposito negativi, i clienti molto probabilmente ritireranno (almeno parte dei) loro depositi in contanti e le banche potrebbero sperimentare un drenaggio (enorme) di denaro, causando un gap nei finanziamenti. Pertanto è probabile che spingeranno sempre di più la BCE affinché ponga fine alla sua politica di costringere il tasso di deposito in territorio negativo.



Un nuovo esperimento

Se la BCE cederà a queste pressioni (ed è probabile che lo faccia), porterebbe il tasso di deposito a zero. Questo, a sua volta, farebbe salire tutti i rendimenti obbligazionari, sopra la linea dello zero. Per evitare che il tasso d'interesse aumenti troppo, la BCE dovrebbe continuare a manipolare i rendimenti obbligazionari a lungo termine. Può farlo mediante continui acquisti di obbligazioni sovrane.

La BCE può impostare i rendimenti a lungo termine a livelli politicamente desiderati, dichiarando semplicemente un certo prezzo minimo per tali obbligazioni. I prezzi di mercato delle obbligazioni convergeranno verso il prezzo minimo e non scenderanno al di sotto di tale livello. Nel monetizzare il debito, la BCE espande la quantità di denaro esistente, facendo aumentare contemporaneamente l'inflazione.

La nuova situazione sarà probabilmente la seguente: i rendimenti obbligazionari dell'Eurozona saliranno leggermente in termini nominali. Anche l'inflazione salirà, raggiungendo, o addirittura superando, i livelli nominali di rendimento. Questo, a sua volta, forzerà i rendimenti reali (cioè, i rendimenti nominali meno l'inflazione) in territorio negativo. Se l'inflazione non aumenterà troppo, ci si può aspettare che la maggior parte dei depositanti e degli investitori conserverà le proprie partecipazioni in titoli a reddito fisso.

La nuova situazione dei tassi d'interesse sarebbe davvero positiva per le banche dell'area Euro: la curva dei rendimenti rimarrebbe sufficientemente ripida, cosa che dovrebbe risultare vantaggiosa per le banche in termini di prestiti. Allo stesso tempo, i tassi d'interesse a breve termine negativi aiuteranno a ridurre le loro passività nei confronti dei depositanti e degli investitori. Infatti la politica della BCE rappresenterebbe un gigantesco programma di salvataggio bancario.




Alla luce del desiderio politico di mantenere in piedi il progetto dell'euro, è probabile che l'industria bancaria dell'Eurozona sarà salvata dalla BCE. Sembra pertanto probabile che la BCE concluderà presto la sua politica di tassi di deposito negativi a favore di un'inflazione crescente. Tale politica comporterà una svalutazione continua dei risparmi delle persone nei depositi bancari e nelle obbligazioni denominate in euro.




Questa è la verità scomoda dell'esperimento monetario europeo. Le persone dell'area Euro apprenderanno una vecchia lezione: i soldi di carta scoperti non possono essere affidabili. Oppure, come disse Thomas Paine: "Il denaro di carta a prima vista sembra proprio un grande affare, o meglio, pare non costare nulla; ma è il denaro più caro."


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


martedì 27 giugno 2017

Le azioni statunitensi sono disastrosamente sopravvalutate





di Bill Bonner


SALTA, ARGENTINA – Oggi scriveremo sugli utili aziendali.

A meno che non vogliate giocare al gioco dello "sciocco più sciocco" – acquistando nella speranza che qualcuno là fuori sia disposto a pagare un prezzo più elevato – l'unico motivo per acquistare un'azione è per i suoi utili.

In quanto azionisti, partecipate ai profitti dell'azienda. A parità di condizioni, all'aumentare dei profitti, aumentano anche i prezzi delle azioni.

Gli investitori hanno i loro momenti brutti ed i loro periodi di euforia.

Nel breve periodo ciò va a cambiare i "multipli" che gli investitori sono disposti a pagare per ogni dollaro di utili.

Quando gli investitori si aspettano maggiori profitti futuri, i rapporti prezzo/utili (P/E) aumentano. Quando si aspettano utili inferiori, i rapporti P/E diminuiscono.

Ma a parte ciò, la speranza e la disperazione cedono alla realtà degli utili. Pagate un'azione e prevedete di ottenere un po' di soldi indietro.

Nel lungo periodo i mercati azionari salgono e scendono, più o meno... sugli utili.

L'investitore miliardario Warren Buffett ha descritto il mercato azionario come una "macchina di voti" nel breve periodo... e una "macchina di pesatura" nel lungo periodo.

Gli investitori pongono sui piatti della bilancia gli utili.

Secondo le cifre dell'economista di Yale, Robert Shiller, nel corso della storia dell'indice S&P 500 gli investitori hanno pagato una media di $15.65 per ogni dollaro di utili sottostanti.

Con l'indice S&P 500 trattato a 25.4X gli utili, gli investitori oggi sono disposti a pagare il 60% in più rispetto alla media storica per ogni unità di profitti.

È "troppo"?

Il cosiddetto modello della FED – che confronta quanti investitori sono disposti a pagare per gli utili nel mercato azionario e quanto sono disposti a pagare per i rendimenti sui titoli di stato a lungo termine – dice agli investitori di non preoccuparsi.

Poiché i tassi d'interesse sono così bassi, ha senso che le azioni debbano essere alte. Se per un prestito allo stato dovete pagare $40 per ogni dollaro di utili, non dovreste preoccuparvi di pagare $25 per un dollaro di profitti aziendali.

Questa è la teoria.

Ma i rendimenti obbligazionari sovrani sono bassi perché la FED li ha spinti giù per decreto. Ciò ha spinto in su l'ammontare che gli investitori sono disposti a pagare per le azioni, senza alcuna necessità di un aumento degli utili.

In definitiva, i prezzi sono l'unica misura affidabile per determinare quanto valga un titolo azionario. Ma sono soggetti a variazioni senza preavviso.

E quando gli investitori arriveranno a "pesare" gli utili, probabilmente inizieranno a vendere le azioni.

Anni fa, quando eravamo ancora giovani, ingenui ed intelligenti, abbiamo posto al nostro ragioniere una semplice domanda: "Quanti soldi abbiamo fatto l'anno scorso?"

"Quanti ne volete fare?", ci è stato risposto.

Ora e allora, i contabili potrebbero torcere i numeri tanto quanto uno statistico dello stato.

Un "9" può essere ribaltato affinché diventi un "6." Un "5" può essere raddrizzato ed essere trasformato in un "1." Un "3" può essere saldato ad un altro "3"... e trasformato in un "8".

Spero abbiate capito come funziona. I numeri non mentono, ma se li modellate abbastanza, diranno ogni cosa che volete sentire.

Negli ultimi 17 anni, gli utili aziendali sono stati martellati da entrambe le direzioni: i ricavi sono stati gonfiati... e i costi sono stati abbattuti.

Negli anni novanta la SEC (il regolatore del mercato azionario) ha cambiato le regole, consentendo alle società di esprimere i loro profitti in maniera più fantasiosa.

Ha permesso loro di eliminare quei costi di gestione che consideravano "speciali" o "non ricorrenti". Ciò ha lasciato loro ampio margine per aumentare i profitti utilizzando trucchi contabili.

Secondo una stima, se gli utili sin dal 1999 fossero stati espressi utilizzando le vecchie regole, la metà degli aumenti del XXI secolo sarebbero svaniti.

Ciò farebbe sembrare ancor più folli i rapporti P/E. Sulla base di un conteggio onesto degli utili, il rapporto P/E per l'indice S&P 500 potrebbe essere di 30 o 40... ponendo il mercato azionario in un territorio vertiginosamente e pericolosamente sopravvalutato.

Non solo i contabili societari distorcono le cifre; ma lo fa anche il sistema monetario fasullo.

Come tutto il resto, i profitti aziendali sono stati appiattiti dal credito fiat della FED.

Le compagnie automobilistiche, per esempio, sono state in grado di utilizzare il credito a buon mercato per vendere più automobili e camion. Le università ed i college hanno utilizzato i prestiti statali a buon mercato per aumentare il debito degli studenti. L'industria petrolifera ha utilizzato i prestiti a basso costo per acquistare più impianti e pompare più petrolio.

Tutte queste cose sono finite sui rapporti aziendali come vendite aggiuntive e profitti.

Il credito economico ha anche fatto salire i prezzi delle azioni in modo più diretto. Le società hanno preso in prestito soldi per riacquistare le proprie azioni.

Quando le società ricomprano le loro azioni, le cancellano.

Ciò riduce il numero totale di azioni e aumenta l'utile per azione di quelle rimanenti. I prezzi delle azioni aumentano senza la necessità di utili più elevati.

Se il numeratore non si sposta, gli esecutori contabili al soldo dei piani alti delle grandi aziende andranno a manomettere il denominatore!

Ma aspettate…

Nonostante negli ultimi tre anni si siano spesi $2.5 miliardi in riacquisti di azioni proprie...

...nonostante acquisti, vendite, investimenti e speculazioni con il credito economico a buon mercato...

...e nonostante i trucchi contabili che hanno rimosso miliardi di dollari in "ex-voci" dai costi dei libri mastri...

...gli utili per azione sono più bassi di quelli del 2013!

Quindi perché pagare 25 volte gli utili per azione?

Saluti,


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


lunedì 26 giugno 2017

Non sono i prezzi alti la causa delle bolle economiche





di Frank Shostak


È diventata quasi una tradizione che le bolle rappresentino una causa importante delle recessioni economiche. La domanda principale posta dagli esperti è come si possa intuire quando si sta formando una bolla.

L'opinione comune è che se le banche centrali sapessero la risposta a questa domanda, allora potrebbe essere in grado di prevenire la formazione delle bolle e quindi prevenire le recessioni.

Un premio Nobel per l'economia, Robert Shiller, ha sostenuto che le bolle possono essere diagnosticate utilizzando la stessa metodologia che gli psicologi usano per diagnosticare la malattia mentale.

Shiller è del parere che una bolla è una forma di disfunzione psicologica. Quindi la soluzione potrebbe essere quella di preparare una lista simile a quelle utilizzate dagli psicologi al fine di determinare, per esempio, se qualcuno soffra di depressione. I fattori chiave che caratterizzano una bolla, secondo Shiller, sono:

  1. Forti aumenti del prezzo di un asset.
  2. Grande entusiasmo della popolazione riguardo questi aumenti di prezzo.
  3. Una frenesia dei media riguardo questi aumenti.
  4. Storie di persone che guadagnano un sacco di soldi, provocando l'invidia tra coloro che non ci riescono.
  5. Crescente interesse per la classe di asset da parte della popolazione.
  6. Nuove “teorie” per giustificare gli aumenti dei prezzi senza precedenti.
  7. Un declino degli standard dei prestiti bancari.

Ciò che Shiller delinea qui, sono diversi fattori che ritiene si possano osservare durante la formazione delle bolle. Tale descrizione, tuttavia, non fornisce una comprensione esauriente delle cause fondamentali alla base delle bolle.

Per capire le cause, bisogna stabilire una corretta definizione dell'oggetto in questione. Lo scopo di una definizione è di presentare l'essenza e la caratteristica distintiva dell'oggetto che si sta cercando di identificare. Una definizione è destinata ad informarci sui fondamentali o sulle origini di una particolare entità. I sette punti delineati da Shiller non ci dicono nulla sulle origini di una bolla. Né ci dicono nulla sul motivo per cui le bolle sono un male per la crescita economica.



Definire le bolle

Se il prezzo di un asset è la quantità di denaro pagato per entrarne in possesso, allora ne consegue che per una data quantità di un determinato asset, un aumento del suo prezzo può avvenire solo a seguito di un aumento del flusso di denaro per questo asset.

Maggiore è l'espansione della moneta, ceteris paribus, maggiore sarà l'aumento del prezzo dell'asset.

L'emergere di una bolla non deve sempre essere associato ad un aumento dei prezzi — per esempio, se il tasso di crescita dei beni corrisponde al tasso di crescita dell'offerta di moneta, allora non ci sarà alcun cambiamento dei prezzi.

Ciò che conta non è se l'emergere di una bolla sia associato ad un aumento dei prezzi, ma piuttosto se l'emergere di una bolla dia luogo alla nascita di attività non produttive che deviano ricchezza reale dai creatori di ricchezza.

L'espansione dell'offerta di moneta, in analogia con un falsario, permette la deviazione di ricchezza reale dalle attività creatrici di ricchezza ad attività non produttive.

All'aumentare del pompaggio monetario, il ritmo di questa deviazione accelera. Etichettiamo le varie attività non produttive che emergono a causa dell'espansione monetaria, come attività in bolla — si sono formate a seguito della bolla monetaria.

Si noti inoltre che queste attività non possono esistere senza l'espansione dell'offerta di moneta che devia ricchezza reale a loro favore ed a scapito delle attività creatrici di ricchezza.



Le bolle non sono create da aumenti di prezzo — Sono create dalla cattiva allocazione delle risorse

Da questo possiamo dedurre che le bolle rappresentano l'espansione dell'offerta di moneta. Il risultato fondamentale di questa espansione è l'emergere di attività che non creano ricchezza.

Ne consegue che una bolla non si tratta di forti aumenti dei prezzi degli asset, ma dell'espansione dell'offerta di moneta e del risultante mal direzionamento delle risorse. Infatti, come abbiamo sostenuto, le bolle — cioè, il prodotto di un aumento della quantità di moneta — possono formarsi senza un corrispondente aumento dei prezzi.

Una volta stabilito che l'espansione dell'offerta di moneta rappresenta l'essenza delle bolle, possiamo ulteriormente dedurre che il danno chiave inferto all'economia è lo stimolo di attività non produttive.

Inoltre, una volta stabilito che la formazione delle bolle riguarda l'espansione nell'offerta di moneta, ovviamente è la banca centrale e la riserva frazionaria che sono responsabili della loro emersione. Come regola generale, è il pompaggio monetario della banca centrale che mette in moto l'espansione dell'offerta di moneta.



Il fattore chiave nelle bolle: le banche centrali

Quindi, per prevenire l'insorgere delle bolle, bisogna arrestare il pompaggio monetario da parte della banca centrale e limitare la capacità delle banche commerciali di far ricorso alla riserva frazionaria, vale a dire, il prestito “dal nulla”.

Una volta che il ritmo dell'espansione monetaria rallenta, in risposta ad un atteggiamento monetario più ristretto da parte della banca centrale, o in risposta alle banche commerciali che riducono la loro espansione dei prestiti “dal nulla”, abbiamo lo scoppio inevitabile di queste bolle.

Ricordate che un'attività in bolla non può finanziarsi indipendentemente dall'espansione monetaria, la quale devia a suo favore ricchezza reale e la toglie alle attività creatrici di ricchezza. (Le attività in bolla sono attività che non generano ricchezza.)

La cosiddetta recessione economica associata con lo scoppio delle attività in bolla, è in realtà una buona notizia per i creatori di ricchezza, dal momento che ora hanno a loro disposizione più ricchezza reale. Un bust, che indebolisce le attività in bolla, getta le basi per una vera crescita economica.

Si noti ancora una volta che è l'espansione monetaria che dà origine ad attività in bolla e non la predisposizione psicologica degli individui.



Psicologia ed economia

La psicologia è stata contrabbandata nell'economia sulla base del fatto che l'economia e la psicologia sono discipline tra loro collegate. Tuttavia c'è una netta differenza tra economia e psicologia. La psicologia si occupa del contenuto dei fini.

L'economia inizia con la premessa che le persone perseguono un comportamento propositivo. Questo è un fenomeno comportamentale generale — non tratta con il contenuto particolare dei vari fini.

Secondo Rothbard:

Gli scopi di un uomo possono essere "egoisti" o "altruisti", "raffinati" o "volgari." Possono sottolineare la fruizione di "beni materiali" e del comfort, o possono sottolineare una vita ascetica. L'economia non è interessata al loro contenuto, e le sue leggi si applicano a prescindere dalla natura di questi fini.[1]

Mentre:

La psicologia e l'etica vagliano il contenuto dei fini umani; si chiedono perché l'uomo scelga determinati scopi, o quali fini dovrebbero valutare le persone.[2]

Pertanto l'economia si occupa del fatto che le persone hanno fini e utilizzano mezzi per raggiungere questi scopi. Di conseguenza l'economia è una disciplina separata dalla psicologia.

Con l'introduzione della psicologia in economia, si oscura la generalità della teoria e la si rende inutile. Pertanto l'uso della psicologia è controproducente per quanto riguarda le analisi economiche.

Contrariamente a quanto dice Shiller, al fine di stabilire se si sta formando una bolla, non dobbiamo applicare la stessa metodologia utilizzata dagli psicologi. Ciò di cui abbiamo bisogno è una definizione corretta di ciò che sono le bolle.

Una volta stabilito ciò, e contrariamente a quanto si pensa comunemente, le bolle non hanno nulla a che fare con un qualche tipo di disfunzione psicologica degli individui — sono il risultato di politiche monetarie allentate della banca centrale.

Inoltre, una volta che si osserva un aumento del ritmo di crescita dell'offerta di moneta, possiamo dire con certezza che questo pone le basi per le attività in bolla — vale a dire, un boom.

Al contrario, una volta che si osserva un calo del ritmo di crescita dell'offerta di moneta, possiamo dire con certezza che questo pone le basi per lo scoppio delle attività in bolla — vale a dire, un bust.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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Note

[1] Murray N. Rothbard, Man, Economy and State (Los Angeles: Nash Publishing, 1962), p. 63.

[2] Ibid.

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venerdì 23 giugno 2017

Bolla immobiliare, nuovo round





di Francesco Simoncelli


Questa è una storia che abbiamo già visto. La cosa sorprendete è che continua ad accadere senza che la maggior parte delle persone se ne accorga. Peggio, la maggior parte delle persone pensa che sia fisiologico. Non lo è. È per questo motivo che sono tornati a considerare le loro case come un bancomat. L'euforia pre-2008 nel settore immobiliare ha portato le famiglie americane ad accendere ipoteche in sequenze sulle case di proprietà e spendere i finanziamenti in beni di consumo. Inutile dire che questa strategia è fallimentare nel lungo periodo. È letteralmente la fase terminale di un ciclo economico che pesca tra gli "sciocchi più sciocchi" quelle vittime che saranno scaraventate nel bust. Sebbene si possa aver pietà di coloro che hanno subito pignoramenti e hanno perso uno dei beni più importanti nella loro vita, è un destino che essi stessi hanno aiutato a formare.

Nessuno ha puntato loro una pistola costringendoli a recarsi in banca per accendere ipoteche su ipoteche. Non avendo a disposizione un quadro economico teoricamente coerente, si lasciano guidare come banderuole dai venti che soffiano. Rifinanziare la propria casa costa poco? Perché non farlo? Chi se ne importa degli interessi e della sostenibilità della pratica in quanto tale? I banchieri credono fermamente in un motto che ha segnato gran parte di questi tempi: "Nel lungo periodo siamo tutti morti." Peccato che nessuno sappia quanto sia "lungo" suddetto periodo. Sono dei bravi imbonitori, ciononostante quando si rinuncia ad accedere ed a finanziare una conoscenza che potrebbe salvare il patrimonio di coloro che ignorano causa/effetto in economia, si finisce nella categoria dei cosiddetti "sciocchi più sciocchi". Ovvero, quelli che rimarranno col cerino in mano.



AL PUNTO DI PARTENZA

I cicli boom/bust non finiscono mai bene. Questo vuol dire che ci sarà sempre qualcuno che pagherà per gli errori degli altri. In questo modo l'attuale sistema può andare avanti. Almeno fino a quando i creatori di ricchezza reale riusciranno a rifornire coloro che la sprecano. Questi ultimi possono avere un lasciapassare nei confronti del bacino della ricchezza reale grazie alla ridistribuzione della ricchezza reale innescata dalle strategie monetarie implementate dalle banche centrali. Nel caso degli Stati Uniti, dalla FED.

Il denaro creato ex-novo finisce nell'economia con un certo ritardo e non invade uniformemente tutti i settori dell'economia più ampia. Non è un caso, ad esempio, se i maggiori beneficiari della manna monetaria della FED siano stati i grandi centri lungo la costa americana. L'entroterra statunitense, invece, ha rappresentato l'ultimo anello della catena, quello raggiunto dal denaro creato ex-novo una volta che i prezzi si erano già aggiustati. Sono i più penalizzati dall'effetto Cantillon. Non è un caso se siano stati loro quelli che hanno votato in massa per Trump. E nemmeno è un caso che San Francisco sia una di quelle città che ha visto l'incremento più marcato dei prezzi degli immobili, essendo essa facente parte della regione della Silicon Valley.

L'effetto ricchezza a cascata della banca centrale americana era volto a diffondere una sorta di benessere tra la popolazione nel suo complesso, ingrassando dapprima i bilanci di quelle entità che dovevano essere salvate e successivamente, attraverso la loro salute rinnovata, elargire occupazione e reddito a tutti. Non è andata così. Perché? Perché gli individui sono guidati dagli incentivi. Una volta che si azzera il rischio in determinate aree, ciò porta ad una speculazione maggiore in suddette aree. Questo per dire che quelle aziende che hanno goduto della manna monetaria della FED attraverso l'accensione di nuovi prestiti, non hanno affatto migliorato le loro infrastrutture, bensì hanno gozzovigliato con l'ingegneria finanziaria per gonfiare il loro valore azionario e quindi incassare più profitti.

Inondando con dividendi gli azionisti, hanno ignorato il settore della R&S e di conseguenza non hanno affatto prestato orecchio alle necessità reali degli individui. Hanno invece continuato a sfornare prodotti che nessuno voleva e a catturare, attraverso l'accesso a prestiti a basso costo, capitale umano e strumentale. A quanto pare non esistono più società a scopo di lucro, ma macchine d'ingegneria finanziaria che pompano le proprie azioni per dare sfoggio di una salute economica altrimenti inesistente. Ciò erode il bacino della ricchezza reale e si ripercuote inevitabilmente sui tassi d'interesse, i quali non stanno aumentando perché la FED "ha deciso" così.

I vari miglioramenti nei dati in entrata sfoggiati dalla FED sono solo fumo negli occhi, perché raccontano una storia diversa da quella della vita reale. Il rimbalzo economico e la successiva pseudo-ripresa economica sono difatti costituiti solo da numeri e scenari rosei. Nel caso del settore immobiliare, ad esempio, la caduta dei prezzi degli immobili è stata attutita dall'intervento dei pianificatori monetari centrali. Problema: a che prezzo?




Ironia della sorte, il problema che presumibilmente hanno risolto è stato creato da loro stessi con le precedenti politiche monetarie allentate. Questo ha permesso alle famiglie americane di prendere in prestito a tassi ridicoli e indebitarsi per la vita. Poi la bolla è scoppiata e il debito è rimasto, poiché la maggior parte di loro non ha potuto scrollarselo di dosso a causa della permanenza di pachidermi statali tenuti in vita col supporto vitale: Fannie & Freddie. Non è finita qui, poiché la prova che tenere in vita realtà palesemente improduttive non fa altro che creare ulteriori errori economici, è la seguente: Fannie introduce regole "nuove ed innovative" per permettere agli studenti indebitati di comprare una casa... indebitandosi ancora di più!

La vera soluzione, la soluzione di libero mercato, sarebbe lasciar fallire questi istituti di finanziamento, in modo da permettere a tutte quelle famiglie di scrollarsi di dosso quel fardello di debito che hanno contratto durante gli anni della bolla. Ma ciò non significherebbe default a catena? Certo che sì. È sempre stato così che il mercato s'è ripulito dagli errori economici. Ed è così che si ripulirà anche questa volta.

Ma non è detto che le cose andranno come l'ultima volta, ovvero, che la bolla scoppi dapprima nel settore immobiliare. Questo perché un settore che è stato gonfiato all'inverosimile, e che una volta scoppiato si porterà dietro anche il comparto immobiliare, è quello dei prestiti agli studenti. Con un mercato del lavoro ingessato e praticamente pervaso dal part-time, i giovani e meno giovani sono stati attirati negli atenei grazie alla presunta generosità dello zio Sam. Ciò è servito ad addomesticare le cifre della disoccupazione, impedendo a migliaia di persone d'invadere le strade in cori di protesta. Ma come la pianificazione centrale è solita fare, il problema è stato spostato non risolto. Infatti dopo aver finito gli studi, coloro che escono dall'università non trovano né un lavoro adatto al loro campo di studi né riescono a sbarcare il lunario per ripagare il fardello di debito sul loro groppone. Chi è fortunato rimane a vivere coi genitori.

Eventualmente i genitori si fanno carico di questo onere, poiché oltre ad avere un lavoro è possibile che si tratti di pensionati. Non solo, ma allo stesso tempo vengono attirati nella tagliola del rifìnanziamento della propria casa per far fronte ai crescenti obblighi finanziari dovuti all'aiuto concesso ai propri figli. Il rinnovato business immobiliare, quindi, non nasce da fondamentali economici sani e da una ripresa economica salutare a seguito di una pulizia degli errori economici del passato. Al contrario, è frutto della speculazione nel settore immobiliare da parte di hedge fund e banche commerciali che si sono improvvisati padroni di casa dando il via ad una corsa buy to rent. E questo è sottolineato anche dalla quantità di nuove case vendute alle famiglie americane.





In questo modo vengono pompati di nuovo i prezzi delle case in modo che quelle entità finanziarie che si sono ritrovati in bilancio asset dimezzati di valore possano in qualche modo compensare le perdite, ma questo va a discapito dell'economia di Main Street la quale si ritrova ad essere impossibilitata a comprare una nuova casa e non può permettersi i livelli esorbitanti degli affitti. E questo quadro viene catturato dal seguente grafico.




Nonostante i lavori a tempo pieno siano aumentati, la vendita di case nuove è ancora sottotono. Ciononostante i prezzi delle case sono in boom, ma come abbiamo visto alla base non c'è una domanda genuina da parte dell'economia più ampia. Ancora una volta, è frutto dell'ingegneria finanziaria alimentata dal credito a basso costo.

Quindi la domanda è: volete continuare ancora ad essere coloro nelle cui mani sarà lasciato solo un cerino?



STRATEGIA D'USCITA

In questo panorama chiunque ha bisogno di una strategia d'uscita, perché altrimenti verrà fagocitato dagli eventi. Si vedrà trasportato in un caos che non sarà capace d'anticipare. Coloro che lo anticiperanno saranno avvantaggiati. Questo spazio virtuale vi fornisce gli strumenti per anticipare il caos economico incipiente. Non sarà piacevole vedersi inghiottiti in questa spirale discendente, ma sarà ancora più spiacevole non sapere cosa fare.

Questo vuol dire avere un piano B. Al giorno d'oggi la maggior parte delle persone crede di avere un piano B, in realtà si tratta solo di investimenti che non proteggeranno i propri risparmi. Perché? Perché si basano su mercati gonfiati artificialmente dal credito facile delle banche centrali e durante una recessione subiranno un duro colpo. Pensate, ad esempio, alle obbligazioni vendute dalle banche alla propria clientela. Pensate ai buoni fruttiferi venduti dalle Poste. Pensate alle obbligazioni sovrane vendute con agevolazioni fiscali. Perseguire questa strada significa cercare fortuna in una discarica.

Nell'attuale panorama economico esistono altri modi per emanciparsi dalle grinfie dello stato e, allo stesso tempo, schermare i propri risparmi.

Oltre al canonico consigli dell'investire in oro fisico, è possibile diversificare ulteriormente la propria strategia entrando nel mondo delle criptovalute. È un mondo ancora giovane, ma soprattutto è un mondo con grandi opportunità. Diversamente dagli investimenti canonici enormemente influenzati dalle azioni di una ristretta cerchia d'individui, il mondo delle criptovalute è fondamentalmente caratterizzato da una fitta rete di scambi gestita da tutte quelle persone che ne fanno parte. Questo punto è ben descritto dalla Legge di Metcalfe. È per questo motivo che le criptovalute non sono solo mezzi di scambio e riserve di valore, ma anche una rete decentrata che ben rappresenta il concetto di libero mercato.

E infatti il loro vero potenziale emergerà prorompente quando la prossima recessione imperverserà nell'economia più ampia. Non solo permetteranno agli individui di limitare i danni, ma inculcherà loro quelle lezioni di libertà economica che la Scuola Austriaca per anni ha ripetuto senza riuscire a diffonderle in modo diffuso. Questa è l'occasione che gli Austriaci aspettavano per dimostrare una volta per tutte che il keynesismo ha fallito. La prossima recessione sarà l'occasione per affermare con decisione i principi del libero mercato e ricoprire il vuoto culturale ed accademico che si lasceranno dietro le teorie keynesiane. È all'orizzonte un cambiamento di paradigma.

Alla fine lo capiranno anche gli scettici quando cercheranno di entrare in questo mercato a qualsiasi prezzo, solo per preservare il potere d'acquisto delle valute canoniche ormai decadente. Quando infine hedge fund, compagnie d'assicurazione, grandi società, grandi banche d'investimento, fondi sovrani, ecc. aggiungeranno criptovalute ai loro possedimenti istituzionali, il loro prezzo schizzerà alle stelle.

Sul mio account Twitter cerco di individuare quegli investimenti in criptovalute potenzialmente propizi e comunicarli a coloro interessati, analizzando le varie monete in suddetti mercati e fornendo segnali potenzialmente utili. La mia non è l'unica strada percorribile. È una delle tante. Faccio in modo che sia meno dissestata possibile. Se volete contribuire a tale opera, allora potete lasciare un contributo in bitcoin al seguente indirizzo: 3JzLi4AbKYxmU6SKphc5sxSJhcrxXcFDXA



BANCHE ILLIQUIDE

Nel frattempo il settore bancario commerciale continua a vomitare inchiostro rosso. Non è stato aggiustato nulla. Soprattutto in Europa. Eppure si diceva che le cose stessero andando bene in Spagna. Non è così. Credete ai vostri occhi non alle voci che fuoriescono dallo zombie-box.

In modo particolare, quando leggete "non fatevi prendere dal panico", è il momento di farsi prendere dal panico. Troppi errori economici sono stati lasciati sedimentare e diventare strutturali. La ciclicità ha abbandonato questo mondo. Il semi-boom offerto dalle banche centrali non ha fatto altro che far finire l'economia mondiale in un circuito di stagflazione che lentamente scaraventerà ciò che rimane dei cocci di tale economia, in una recessione violenta.

Il cuore dell'economia moderna, infatti, è una struttura di produzione basata sull'ingegneria finanziaria e non più sulla domanda genuina dei consumatori. Guardate i seguenti grafici, ad esempio, rappresentanti la quantità di azioni in pancia alla BNS, in particolare poi quelle della Apple.






Sebbene l'economia abbia sperimentato un accenno di recessione nei mesi post-Lehman, questa è stata arrestata dall'intervento senza precedenti delle banche centrali.




Sono stati pompati nel circuito finanziario migliaia di miliardi in denaro fiat, portando i tassi d'interesse a finire nel sottoscala della storia. Ciò ha portato gli investimenti ad essere dirottati nei settori azionario e obbligazionario, scatenando una ricerca folle per rendimenti decenti. I bilanci delle grandi industrie sono stati offerti sull'altare della ZIRP e le banche commerciali, nonché gli altri istituti di credito, hanno gozzovigliato in questi mercati alla disperata ricerca di un flusso di cassa positivo e di una chiusura d'anno in positivo.

Non è andata così. Gli strumenti d'investimento canonici sono sopravvalutati all'inverosimile e la maggior parte di loro siede nei bilanci delle banche centrali.

Nel frattempo la FED "sta rialzando" i tassi d'interesse a breve termine. Gli investitori istituzionali che hanno preso in prestito a breve e hanno prestato a lungo, si troveranno ad affrontare uno squeeze. I tassi a breve stanno aumentando. Il differenziale tra il costo del denaro a breve termine ed il rendimento del denaro a lungo termine si sta restringendo velocemente.




La curva dei rendimenti ancora non è invertita. Il rendimento dei bond a 3 mesi non ha ancora superato il rendimento dei bond a 20 anni. Se volete un indicatore di quanto sia vicina una recessione, prestate attenzione alla curva dei rendimenti.



FINIRÀ MALE

Ciò che rende molto pericoloso l'attuale ciclo economico è il fatto che abbiamo raggiunto il punto di saturazione. La maggior parte dei mercati del mondo è in bolla, questo significa che una correzione manderà in crash enormi porzioni dell'economia mondiale.





Tutto quello che le istituzioni statunitensi hanno fatto finora, ad esempio, ha semplicemente gonfiato all'inverosimile delle bolle in tutto. Non esiste settore che ne sia estraneo. Esiste solo la possibilità di proteggersi e schivare le schegge impazzite che voleranno nell'ambiente economico allo scoppio di suddette bolle. Niente ha fatto il Dodd-Frank Act per consolidare la stabilità del settore bancario commerciale americano, aumentando i costi per i consumatori e facendo diventare ancor più grandi le banche TBTF. Sin dall'approvazione di questa legge solo tre nuove banche sono nate, forzante quelle medie/piccole a fondersi con quelle grandi. La concorrenza è stata annientata.

Per non parlare della Volcker Rule contenuta nel suddetto testo di legge, la quale rappresenta un tentativo maldestro di ripristinare un Glass-Steagall Act (separazione tra banche commerciali e banche d'affari). Ciò ha creato una gigantesca burocrazia atta a vagliare le varie transazioni delle banche affinché possano catalogarle "fisiologiche" o "speculative". Ma il problema non è il rischio, poiché esso rappresenta una spia d'allarme adeguata per segnalare la pericolosità di determinati investimenti; il vero problema è l'assenza di rischio.

L'esistenza delle banche centrali, delle assicurazioni sui depositi e di altre istituzioni supportate dallo stato indeboliscono la disciplina dei mercati per quanto riguarda i prestiti e gli azzardi morali. Nemmeno la resurrezione di un Glass-Steagall Act potrebbe impedire l'emersione di cicli boom/bust alimentati dal credito, nonostante inizialmente possa migliorare le condizioni nel settore bancario commerciale.

C'è bisogno di una sana pulizia dei mercati, senza di essa gli errori strutturali finora accumulati continueranno a far marcire lentamente i fondamentali economici. Come sottolineato nella sezione precedente, una recessione è incombente. Ma anche senza di essa, l'attuale semi-boom è destinato a spegnersi a causa della natura autodistruttiva delle politiche centralizzate. Queste sono bombe ad orologeria finanziarie che scoppieranno, settore finanziario dopo settore finanziario.



CONCLUSIONE

Sono convinto che il sistema bancario commerciale finirà molto presto sotto pressione. La follia che ha portato i TBTF a dominare nei mercati è senza precedenti. Sono dei giganti d'argilla, resi tali dalle politiche anti-cicliche attuate da Bernanke e continuate dalla Yellen. Ma adesso queste politiche sono state invertite e i tassi stanno salendo. Il mercato dei prestiti ne risentirà. Le banche si ritroveranno ancora una volta per le mani prestiti non performanti e crediti deteriorati.

La reflazione del settore immobiliare è solo la punta dell'iceberg. Come nella precedente bolla immobiliare, noi Austriaci abbiamo detto come e perché. È stato affrontato nel dettaglio cosa c'è al di sotto del mare, quanto in profondità scende il ghiaccio.

Potreste pensare di essere al sicuro, ma di certo non lo sarà la banca in cui detenete i vostri risparmi. La maggior parte delle persone non effettua uno scrutinio accurato del luogo in cui detiene i propri risparmi. Segue la consuetudine. Ma la consuetudine va temporaneamente in frantumi quando c'è un cambiamento di paradigma. Il modo di proteggersi e approfittare delle flessioni economiche passando per vie ritenute "non canoniche".


giovedì 22 giugno 2017

Cos'ha fatto di recente lo stato per voi?





di Jeffrey Tucker


Quanto è sostenibile il modello di politica del XX secolo nell'era digitale? Non molto. I fallimenti dello status quo stanno diventando troppo evidenti ed i costi troppo alti. Inutile dire che siamo in prossimità di un cambiamento.

Cominciamo con le due iniziative più grandi del nostro tempo: l'Obamacare e le guerre in Medio Oriente che hanno avuto inizio con la guerra in Iraq. I fallimenti di entrambi hanno molto in comune: hanno avuto inizio sotto i migliori auspici, con consulenti esperti, con risorse enormi, con un'enorme spinta nei media mainstream e col potere dello stato a loro supporto.

Secondo il pensiero convenzionale, rappresentavano un successo scontato. Tutti gli americani avrebbero ottenuto una migliore assicurazione sanitaria. Tutto il Medio Oriente ne sarebbe uscito rinvigorito con istituzioni democratiche e la morte del dispotismo.

Entrambi hanno dimostrato d'essere due tremende catastrofi, generando risultati di gran lunga peggiori se non fossero mai stati implementati. Questa non è più una dichiarazione controversa, ma la realtà dei fatti.



Lo stesso errore

Che cosa è andato storto? Quello che va storto quando le élite immaginano di poter controllare il mondo con intelligenza, risorse e potere. Alla fine l'arroganza intellettuale si confronta con una parte della realtà che non può controllare. La realtà combatte e vince. La classe dirigente viene lasciata a cercare scuse, mettere toppe e, infine, accettare i fatti della vita.

Ecco l'errore di base del XX secolo: la convinzione che lo stato potesse realizzare qualsiasi cosa con abbastanza intelligenza, risorse e potere. È una convinzione che ha afflitto tutto il mondo, da Lenin 100 anni fa a Trump oggi. Questa teoria ha costruito enormi burocrazie, ha giustificato grandi guerre e ha permesso la creazione di un apparato legale e normativo senza precedenti.

Questa fede sopravvive ancora oggi, anche se con meno convinzione. Fallimento dopo fallimento ha anche seminato dubbi fra gli intellettuali mainstream ed i politici. Ma poiché gran parte dell'apparato statale – e le strategie che raccolgono il denaro per finanziarlo – si basa su questo modello, non sarà facile allontanarsi da tale paradigma.



Un nuovo modello

Per i giovani di oggi, il distacco culturale da questo modello di governo è palpabile. Non riesco nemmeno ad immaginare che cosa voglia dire per un ventenne guardare un dibattito politico. Le persone cresciute nell'era digitale vivono in un mondo di scelte alimentate dalla volontà umana. I beni capitali che una volta erano di proprietà solo delle élite, sono stati portati a tutti attraverso l'innovazione e la democrazia del mercato. Chiunque ora può essere un produttore di film. Chiunque può essere un editore. Ognuno di noi ha accesso alle informazioni come chiunque altro. Chiunque può anche creare una nuova moneta.

Il mondo che amano di più è quello dei social media. Non è stato creato dalla legislazione. E non ha mai ricevuto finanziamenti governativi. Nessuna burocrazia l'ha approvato. Per la gran parte, non è regolamentato da alcuna istituzione coercitiva. Si tratta di un paesaggio in continua evoluzione, una comunicazione anarchica, gestita non da politici potenti ma da frombolieri informatici e da imprenditori che sono subordinati soltanto ai verdetti dei consumatori. L'assenza di un controllo top-down è l'elemento motore. E funziona per tutti.

Le decisioni su dove vivono, cosa mangiano, ciò che possiedono, ciò che indossano, chi inviteranno a cena, l'intrattenimento che scelgono – in breve, tutta la loro vita – vengono ponderate tramite un alluvione di informazioni fuoriuscente da dispositivi digitali mobili; consigliandoli e valutando ogni bene o servizio concepibile in base a quanto possa migliorare la loro vita.

Nel mondo digitale, nessuno è al comando. Nessuna persona o istituzione esercita verdetti decisivi su vincitori e vinti. Questo è un giudizio lasciato alla rete, che è un sistema distribuito di raccolta ed elaborazione dati: c'è più saggezza nelle decisioni cumulative dei molti anziché in quelle di un'autorità centrale. Per l'attuale generazione di giovani, è così che il mondo diventa un posto migliore, una scelta alla volta.



Due modelli, mondi separati

La distanza tra questo modello di gestione sociale e ciò che è in mostra nella politica nazionale, non potrebbe essere più grande. Ascoltano i candidati promettere di ripristinare il passato. La visione è essenzialmente revanscista. La sinistra e la destra vogliono rivendicare il territorio che credono di aver perso. Quando la scena non è ridicola, mostra il suo lato oscuro fatto di accordi sottobanco e corruzione. Se la politica nazionale fosse una app, le valutazioni dei suoi utenti sarebbero estremamente basse e nessuno la scaricherebbe.

Come possono coesistere queste due visioni del mondo? Per ora è così, ma i costi sono sempre più evidenti e le prestazioni sempre più sfuggenti. Guardate al vostro stipendio e vedrete quanto costa il vecchio sistema. I giovani all'inizio della loro carriera si preoccupano dell'affitto, delle utenze, delle rate della macchina e dell'assistenza sanitaria. Ciononostante guardano la loro paga e vedono che gran parte è trattenuta dallo stato. Non hanno scelta, a differenza di ogni altra area della loro vita.

I benefici della spesa pubblica ormai sembrano tutti scomparsi. Il prestigio dei progetti federali sembra essere evaporato. Pensateci. Le generazioni precedenti hanno visto enormi centrali elettriche, dighe, autostrade statali, esplorazione spaziale e le lotte epiche sulla scena internazionale. È passato molto tempo da quando qualcosa di simile è apparso nella vita pubblica.



Il periodo delle vacche grasse è finito

Se gli americani guardano indietro al XX secolo, possono concludere d'aver staccato un guadagno enorme dai programmi statali a costi che sembravano relativamente bassi o, almeno, erano ben mascherati da una varietà di trucchi: dall'inflazione al sostituto d'imposta. Ma quei giorni sono finiti. Nel XXI secolo i costi sono diventati più intensi e visibili, mentre i benefici sfuggenti ed inesistenti.

Previdenza sociale? È ridicola. Tirocinio lavorativo? Suvvia! L'esplorazione dello spazio? Sta venendo portata avanti da privati. Tecnologia? Niente è più avulso alla comprensione delle burocrazie statali. Affari esteri? Le guerre hanno creato grandi pasticci. Cure mediche? Per favore! Controllo di qualità dei prodotti al consumo? Questo è ormai gestito dalle applicazioni. I maggiori timori delle persone al giorno d'oggi riguardano tutti l'avere a che fare con lo stato: DMV, TSA, IRS e così via.

Secoli fa David Hume spiegò che ogni governo – anche con grande potere – è sostenibile soltanto se la popolazione percepisce che faccia più bene che male. La presenza di consenso ad un certo livello è la chiave per la stabilità. Cosa succede quando la credibilità pratica e morale dello stato cade fino al punto di scomparire? Abbiamo un vero e proprio cambiamento di paradigma.

Ci sono troppe caratteristiche del modello di stato del XX secolo che non si applicano più nel XXI secolo. Tutti quelli cresciuti nell'era digitale ne sono a conoscenza, però senza saperlo. Nessun sistema di governo può sopravvivere a lungo con l'enorme volume di anomalie che stanno rompendo il paradigma attuale. Qualcosa deve cambiare.

Cosa ha fatto lo stato per voi ultimamente? Se non sapete rispondere rapidamente a questa domanda, potete vedere il problema centrale della vita contemporanea e cominciare a discernere la risposta per il tipo di società che dobbiamo costruire in futuro.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


mercoledì 21 giugno 2017

Perché la spesa pubblica conta di più della grandezza del deficit





di Frank Shostak


I deficit di bilancio finiscono spesso sotto i riflettori dei media. Il deficit di bilancio è definito come la differenza tra ciò che lo stato spende e quello che raccoglie in tasse. Quando spende più di quanto raccoglie, allora emerge un deficit di bilancio. Quando raccoglie più di quanto spende, allora si parla di un avanzo di bilancio.

Il punto di vista convenzionale ritiene che i deficit di bilancio riducano il risparmio nazionale, in genere definito come la somma del risparmio privato (il reddito al netto delle imposte che le famiglie risparmiano piuttosto che consumare) ed il risparmio pubblico. Quando lo stato ha un deficit di bilancio, il risparmio pubblico è negativo, il che riduce il risparmio nazionale al di sotto del risparmio privato.

Generando eccedenze, così sembrerebbe, lo stato va a creare ricchezza reale, rafforzando in tal modo i fondamentali dell'economia. Questa tesi sarebbe corretta se le attività dello stato creassero ricchezza.



La spesa pubblica non crea ricchezza

Ma non è così. Le attività dello stato sono limitate alla ridistribuzione della ricchezza reale, dai creatori di ricchezza ai consumatori di ricchezza. Le attività dello stato prendono ricchezza da una persona e la canalizzano ad un'altra.

Inoltre anche vari progetti impressionanti intrapresi dallo stato rientrano nella categoria della ridistribuzione della ricchezza. Il fatto che il settore privato non intraprenda questi progetti, indica che ricoprono posti bassi nella lista delle priorità dei consumatori.

Dato lo stato in cui versa il bacino della ricchezza reale, l'attuazione di questi progetti indebolirà il benessere degli individui dal momento che verranno introdotti a scapito di progetti che sono più in alto nella lista delle priorità dei consumatori.

Supponiamo che lo stato decida di costruire una piramide che molte persone considerano di bassa priorità. Le persone che saranno impiegate in questo progetto dovranno avere accesso a vari beni e servizi per sostenere la loro vita ed il benessere.

Dal momento che lo stato non è un produttore di ricchezza dovrebbe imporre tasse sui creatori di ricchezza (quegli individui che producono beni e servizi in conformità con le priorità più importanti dei consumatori) al fine di sostenere la costruzione di una piramide.

Ogni volta che i produttori di ricchezza scambiano i loro prodotti, lo scambio è volontario. Ogni produttore scambia beni in suo possesso per beni che crede possano aumentare il suo standard di vita.

Il punto cruciale è che lo scambio deve essere libero e quindi riflettere le priorità degli individui. Le tasse sono di natura coercitiva: costringono i produttori a separarsi dalla loro ricchezza in cambio di una piramide indesiderata. Ciò implica che i produttori debbano essere costretti a scambiare più per meno, e ovviamente questo ostacola il loro benessere.

Più continua la costruzione della piramide, più ricchezza reale viene sottratta ai produttori di ricchezza. Possiamo quindi dedurre che il livello di tassazione, cioè, ricchezza reale sottratta al settore privato, è determinato direttamente dalla dimensione delle attività dello stato.

Si osservi che, essendo un consumatore di ricchezza, lo stato non può contribuire al risparmio e al bacino della ricchezza reale. Inoltre se le attività dello stato avessero potuto generare ricchezza, esso avrebbero potuto generare quei finanziamenti di cui necessita e non avrebbe richiesto alcun sostegno agli altri creatori di ricchezza. Se le cose stessero così, allora la questione delle tasse non si porrebbe minimamente.



Gli effetti dell'avanzo di bilancio sull'inflazione e sull'offerta di moneta

L'essenza della nostra analisi non è alterata dall'introduzione del denaro. In un'economia monetaria lo stato tasserà (prendere soldi dai creatori di ricchezza) e spenderà il denaro ricevuto a favore di vari individui che sono impiegati direttamente o indirettamente dallo stato.

Questo denaro permetterà a queste persone d'accedere al bacino della ricchezza reale, lo stock totale di beni e servizi. Gli individui impiegati dallo stato sono ora in grado di scambiare i soldi tassati per diversi prodotti e servizi che andranno a migliorare la loro vita.

Qual è allora il significato di un avanzo di bilancio in un'economia monetaria? In sostanza, l'afflusso di denaro supera la spesa pubblica. L'avanzo di bilancio qui è solo un surplus monetario. L'emergere di un avanzo produce lo stesso effetto di una politica monetaria restrittiva.

Su questo tema Ludwig von Mises scrisse:

La restrizione della spesa pubblica può essere certamente una buona cosa. Ma non fornisce i fondi di cui uno stato necessita per una successiva espansione della sua spesa. Un individuo può condurre i suoi affari in questo modo; può accumulare risparmi quando il suo reddito è elevato e può spenderli più tardi, quando il suo reddito scenderà. Ma è altra questione quando parliamo di una nazione o tutte le nazioni insieme. Il ministero del tesoro può accumulare una parte delle entrate fiscali, le quali finiscono nel pubblico erario a seguito del boom. Fintanto che trattiene questi fondi, la sua politica è deflazionistica ed anti-ciclica e potrebbe indebolire il boom creato dall'espansione del credito. Ma quando questi fondi vengono spesi, alterano il rapporto monetario e inducono un calo del potere d'acquisto dell'unità monetaria. In nessun modo questi fondi possono fornire beni strumentali necessari per l'esecuzione di lavori pubblici.[1]



La spesa pubblica — non l'avanzo e il deficit — è ciò che conta di più

Alcuni commentatori, ritenendo che la spesa pubblica possa creare ricchezza, sostengono che la risposta adeguata ad un avanzo pubblico non è la riduzione della spesa, bensì una riduzione delle tasse. Ma un avanzo di bilancio — cioè, un surplus monetario — non "crea spazio" per abbassare le tasse. Solo se gli esborsi reali dello stato vengono ridotti (cioè, solo quando lo stato taglia il numero di piramidi che prevede di costruire) allora possono essere ridotte le tasse. Basse spese delle amministrazioni pubbliche implicano che i creatori di ricchezza avranno una porzione maggiore del bacino di ricchezza reale da cui attingere.

D'altra parte, se la spesa pubblica continua ad aumentare, nonostante gli avanzi di bilancio, non è possibile alcuna riduzione fiscale effettiva; la quota del bacino della ricchezza reale a disposizione dei creatori di ricchezza, diminuirà.

Ad esempio, se la spesa pubblica ammonta a $3,000 miliardi di e le entrate statali ammontano a $2,000 miliardi, allora lo stato avrà un deficit di $1,000 miliardi. Dal momento che la spesa pubblica deve essere finanziata, questo significa che lo stato dovrebbe far ricorso ad altre fonti di finanziamento, quali i prestiti, la stampa di denaro, o nuove forme di tasse. Lo stato impiegherà ogni sorta di mezzo per ottenere risorse dai creatori di ricchezza per sostenere le sue attività.

Ciò che conta qui è che la spesa pubblica ammonta a $3,000 miliardi, non che il deficit sia di $1,000 miliardi. Per esempio, se le entrate statali, grazie a tasse più alte, sarebbero ammontate a $3,000 miliardi, allora avremmo avuto un bilancio in pareggio. Ma questo avrebbe cambiato il fatto che lo stato prende ancora $3,000 miliardi di risorse dai creatori di ricchezza?



Dobbiamo creare ricchezza prima di poterla spendere

I critici di uno stato limitato reagirebbero dicendo che il settore privato non può essere attendibile nella costruzione e miglioria delle infrastrutture della nazione. Per esempio, gli Stati Uniti intendono costruire e potenziare con urgenza ponti e strade.

Gli americani possono permettersi il miglioramento delle infrastrutture? L'arbitro qui dovrebbe essere il libero mercato in cui gli individui, con l'acquisto o l'astensione dall'acquisto, decidono il tipo di infrastrutture che dovrebbero emergere.

Se la dimensione del bacino della ricchezza reale non è sufficiente per permettere un miglioramento delle infrastrutture, allora è necessario tempo per accumulare ricchezza reale ed essere in grado di garantire un miglioramento delle infrastrutture. L'accumulo nel bacino della ricchezza reale non può essere velocizzato aumentando la spesa pubblica. Come abbiamo visto, un aumento della spesa pubblica indebolirà solamente il bacino della ricchezza reale.

Lo stato può forzare l'attuazione di vari progetti che non sono scelti dal mercato. Lo stato, tuttavia, non può sostenerli, perché col passare del tempo il peso di questi progetti s'impone sull'economia attraverso livelli più alti di tasse, cosa che a sua volta indebolirà il benessere degli individui e renderà questi progetti ancora più gravosi.



Riduzioni di spesa devono avvenire con tagli fiscali

Che dire dell'abbassamento delle tasse sulle imprese – sicuramente questo darà una spinta agli investimenti di capitale e rafforzerà il processo di formazione della ricchezza reale? Questo è ciò che ha detto il presidente Trump. Finché questo abbassamento delle tasse non sarà accompagnato da una riduzione della spesa pubblica, verrà solamente favorita una cattiva allocazione del capitale.

Il deficit di bilancio emergente verrà finanziato mediante prestiti o pompaggio monetario. Ovviamente ciò equivale a deviare ricchezza reale dalle attività che la creano a quelle che la sprecano. Diversi progetti che emergono grazie a tale linea di politica, rischiano di essere l'equivalente di piramidi inutili.

Abbiamo visto che uno dei modi attraverso il quale lo stato si assicura i fondi necessari, è per mezzo di prestiti. Ma come?

Un mutuatario deve essere un creatore di ricchezza al fine di rimborsare il capitale più gli interessi. Questo non è il caso per quanto riguarda lo stato, poiché esso non la crea – la consuma.

Quindi come può lo stato ripagare il suo debito? L'unico modo in cui può farlo è prendendo in prestito ancora una volta dallo stesso creditore – il settore privato che crea ricchezza. Stiamo parlando di un processo in cui lo stato prende in prestito da voi al fine di rimborsarvi.

Possiamo concludere che l'unico contributo significativo che lo stato può fornire al bacino della ricchezza reale, e quindi agli standard di vita delle persone, è quello di ridurre le spese reali. Questo a sua volta significa che lo stato deve smetterla d'interferire nelle attività commerciali e permettere ai creatori di ricchezza di creare ricchezza.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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Note

[1] Ludwig von Mises, Human Action, Scholars edition, capitolo 31, p. 793.

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