martedì 24 gennaio 2017

Solo gli idioti potevano credere ad una reflazione guidata da Trump





di David Stockman


Se avevate bisogno dell'ennesima prova che le banche centrali del mondo hanno distrutto una determinazione onesta dei prezzi nei mercati finanziari, questi ultimi giorni ve l'hanno fornita.

Il sell-off di quasi $2,000 miliardi nei mercati obbligazionari globali era giustificato, ma è accaduto per le ragioni sbagliate, mentre l'aumento di 600 punti dell'indice Dow conferisce al termine stupido tutta una nuova accezione.

Invece i venditori ambulanti di fumo a Wall Street hanno detto che si trattava del ritorno dell'inflazione "buona" e di una "crescita" stimolata dalle politiche fiscali.

Guarda caso questa intuizione è saltata fuori esattamente alle 2:00 di notte il giorno delle elezioni, quando il mercato ha improvvisamente scoperto che la vittoria elettorale di Donald Trump non sarebbe stata un disastro per le azioni — che solo 3 ore prima erano state abbattute di 800 punti da un sell-off nel mercato dei futures — e che invece era il momento di risalire a bordo, perché il casinò sarebbe stato invaso da una nuova mega-dose di stimolo.

Proprio così. Donald Trump, in combutta con i repubblicani del Tea Party ed i clienti abituali dell'establishment del GOP, guidati da Paul Ryan, avrebbe presto inondato l'economia con tagli fiscali e un enorme programma di spesa in infrastrutture.

E questo per non parlare della difesa, dei muri lungo il confine e dei giorni felici d'inchiostro rosso nel bilancio.

Gente, l'intera storia della reflazione guidata da Trump si è basata su una sciocchezza.

Lo Zio Sam non stimolerà nulla nei prossimi anni, perché è in bancarotta.

La scadenza incombente (15 marzo) del tetto al debito pubblico, rappresenta la spada di Damocle sulla testa dell'establishment.

Infatti il debito pubblico e il deficit annuale sono gli elefanti gemelli nella stanza. In realtà, ecco la bomba che colpirà Washington intorno a febbraio...

Anche senza una recessione riconosciuta, le proiezioni del Congressional Budget Office (CBO) sul disavanzo saliranno a $1,000 miliardi durante il (solo) termine di Trump.

Una volta che questo diventerà evidente, la luna di miele sarà finita. Washington scenderà in aspri scontri su ogni singolo aspetto della politica di bilancio — e scoppierà la battaglia tra stimolo ed austerità.

In base a queste circostanze, non ci sarà alcun piano di 100 giorni per reflazionare l'economia americana. Non saranno nemmeno in grado di gestire il tetto del debito abbastanza a lungo da guadagnare tempo per mettere in atto una sorta di taglio delle tasse e stimolo fiscale.

L'estate del 2017 farà sembrare la crisi del 2011 un picnic. Allora i mercati erano così scossi che scesero di quasi il 18% tra maggio e agosto.

Ma a differenza del presente, la crisi del tetto del debito di allora venne risolta nel momento in cui iniziò la cosiddetta ripresa. C'era ancora una grande fiducia nell'efficacia del QE della FED e si pensava che lo stimolo fiscale di Obama avrebbe favorito il rimbalzo.

In quelle circostanze il compromesso sul tetto del debito venne visto come un metodo per "acquistare tempo" in modo che "la crescita" avrebbe potuto erodere e, presumibilmente, eliminare i deficit.

Come ho detto più volte, l'estensione del tetto del debito non era un "compromesso". Era una bomba fiscale per garantire all'amministrazione successiva di accumulare migliaia di miliardi in prestiti necessari per far sopravvivere Washington — il cosiddetto welfare/warfare state.

A tale proposito, l'ingenuità del Team di Trump è qualcosa di incredibile. Credono davvero che andando a Washington bonificheranno la palude.

Neanche per sogno. Presto ci annegheranno dentro.

La bomba del tetto del debito è stato a lungo un tema bollente a Capitol Hill, ma ecco il punto: nonostante la vittoria di Trump, il GOP e gli attivisti del Tea Party si sono ormai resi conto che i ricorrenti accordi sul tetto del debito sin dal 2011 erano tutte frodi fiscali.

Non sorprende, quindi, se i repubblicani alla Camera abbiano votato 167-79 contro il cosiddetto accordo Boehner-Obama nell'ottobre 2015. Quest'ultimo è passato grazie ad un voto 187-0 tra i democratici alla Camera, i quali si aspettavano di confermare la loro presenza alla Casa Bianca.

Solo gli ingenui possono credere che i democratici voteranno per un aumento del tetto del debito in cambio del sostegno a Trump per una riduzione fiscale, la quale fornirà metà dei suoi benefici ($300 miliardi) all'1% e circa i tre quarti al 5% dei contribuenti statunitensi.

E ciò accadrà mentre il partito democratico verrà rilevato dall'ala progressivista Sanders-Warren nella lotta per il potere nell'era post-Clinton.

Allo stesso tempo, non c'è possibilità che Trump possa ottenere anche solo la metà dei voti dei 241 membri dei repubblicani alla Camera a sostegno di un aumento del tetto del debito insieme ad una legge per le infrastrutture gradita ai democratici, senza grandi riduzioni delle imposte sul reddito.

E questo perché, a differenza del 2011, le proiezioni sul deficit stanno salendo — dopo essere aumentato del 35%, a quasi $600 miliardi, nell'anno fiscale appena concluso.

Detto in altro modo, sul fronte fiscale ci saranno molti meno voti per calciare il barattolo. E ciò sarà particolarmente vero ora che la FED ha smesso di monetizzare il debito e il cosiddetto dollaro "in ascesa" costringerà la Banca del Giappone, la Banca Centrale Europea e la PBOC a fare lo stesso.

In breve, le banche centrali sono quasi andate a ramengo e questo significa che i bond vigilantes stanno resuscitando dopo 25 anni d'assenza. Per 4 mesi il decennale USA ha visto salire i propri rendimenti, dall'1.35% dal minimo post-Brexit del luglio scorso a quasi il 2.3% di lunedì scorso, e questo è solo un assaggio del crollo della bolla obbligazionaria in agguato dietro l'angolo.

Con deficit e rendimenti dei titoli svettanti, ed i bond vigilantes che stanno inaspettatamente tornando alla carica in una sorta di estasi fiscale, i repubblicani alla Camera sono destinati a diventare assassini politici non solo nei confronti dello stimolo fiscale di Trump, ma per qualsiasi forma di governance di bilancio ordinata.

Infatti l'attuale previsione del CBO proietta $9,300 miliardi di deficit per i prossimi 10 anni, ma anche questa è una sciocchezza. Non mette in conto alcuna recessione per 206 mesi — un evento che non si è mai verificato nella storia dell'umanità. Tiene conto anche di $2,500 miliardi di presunti tagli alla spesa e scappatoie fiscali in scadenza che il Congresso non ha alcuna intenzione di sottoscrivere.

Se si sostituisce la storia degli ultimi 10 anni allo scenario "rose e fiori" del CBO, si finisce con un minimo di $15,000 miliardi di debito pubblico aggiuntivo entro il 2026.

Cioè, gli Stati Uniti hanno già $35,000 miliardi — non $20,000 miliardi — in debito pubblico, che saranno pari al 145% del PIL entro la metà del prossimo decennio.

Quindi non ci sarà alcun tipo di stimolo fiscale. L'establishment che ha portato la nazione in questo stato pietoso è stato ripudiato, ma non sostituito.

Anche i robo-trader capiranno presto che la FED è a corto di polvere da sparo asciutta e che il ramo fiscale del governo si sta dirigendo verso il caos.

Di conseguenza è solo una questione di settimane — o mesi al massimo — prima che scoppi la terza bolla più grande di questo secolo.

Saluti,


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


4 commenti:

  1. Annamo bbene!

    Quindi neanche la monetizzazione del debito con l'elicottero e l'inflazione galoppante potrà alcunché. Ci saranno i famosi default a catena perché tutto il debito accumulato è impagabile. Quindi la depressione dopo la recessione.
    Gli hard asset per resistere sono i soliti. In primis, noi stessi.

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  2. Francesco, secondo te, questo aumento delle barriere protezionistiche, potrà condurre ad un conflitto armato(ulteriore a quello Siriano) nel futuro prossimo??... come il protezionismo ha sempre fatto del resto....

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    1. Salve Dino.

      Diciamo che il nuovo presidente degli USA sta facendo di tutto per indispettire Pechino, ad esempio. Dalle congratulazioni accettate dal presidente di Taiwan alle varie accuse commerciali nei confronti dei cinesi fino alla guerra tra valute in atto, Trump non si è risparmiato nel pungolare (direttamente o indirettamente) il dragone rosso. Ultima in ordine di tempo, la bega riguardande il South China Sea. In realtà gli USA sarebbero tirati dentro per la giacchetta in un eventuale confronto, visto che la Cina ha contenziosi direttamente con le Filippine ed il Giappone riguardo quella zona e gli Stati Uniti hanno obblighi di tratti nei confronti di queste ultime due nazioni. Quella zona di mare è molto ricca in risorse naturali e, sebbene una porzione di essa sia stata reclamata da Vietnam, Filippine, Malesia e Taiwan, la Cina ha dichiarato d'esserne la proprietaria esclusiva.

      Infatti dragando parte della regione marina, ha stabilito sugli atolli basi militari in barba agli arbitrati internazionali. In virtù di ciò gli Stati Uniti hanno condotto pattugliamenti e ricognizioni per garantire il passaggio, ed è accaduto spesso che droni degli Stati Uniti venissero sequestrati dai cinesi. Se poi aggiungiamo a questo mix d'instabilità anche il fatto che gli incidenti (voluti o meno) accadono, abbiamo per le mani una polveriera che potrebbe esplodere e causare non pochi danni. Probabilmente è una possibilità remota quella della guerra, però non dovrebbe essere esclusa.

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    2. Mi permetto di accodarmi.
      A mali estremi... armi open source.
      https://defdist.org/

      Purtroppo siamo in una fase talmente delicata che l'autodifesa armata potrebbe diventare pane quotidiano.

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