lunedì 21 novembre 2016

Dov'è la domanda? I prezzi del petrolio scendono di nuovo





di Ryan McMaken


L'ultima settimana ha visto il prezzo medio del petrolio arrivare a $45 al barile, secondo la misura West Texas Intermediate, e ieri il prezzo del petrolio è sceso del 3% a causa della contrazione della domanda.

Ciò significa che i prezzi del petrolio non si sono spostati di molto sin dall'aprile scorso, quando il prezzo medio settimanale era compreso tra i $40 ed i $44 al barile.

Lo scorso aprile, l'OPEC e molti nel mondo degli investimenti prevedevano un'inversione repentina dei prezzi del petrolio. Phil Flynn di PRICE Futures Group, per esempio, ha predetto a gennaio di quest'anno che "il petrolio greggio farà baldoria come nel 1999." Beh, manca ancora un po' prima della fine dell'anno, ma nonostante l'affermazione del Fiscal Times secondo cui "il petrolio rimbalzerà nel 2016", una ripresa del petrolio quest'anno è sempre più improbabile.

Purtroppo —  per coloro che puntano su un aumento dei prezzi —  il presunto taglio della produzione non è mai arrivato. E gli aumenti previsti della domanda non sono mai stati sufficienti a colmare il divario tra produzione e consumo. L'AIE prevede che il divario si chiuderà il prossimo anno, ma deve ancora realizzarsi. Inizialmente si credeva che la produzione avrebbe subito un calo seguendo la scia del crollo del 2014, e poi una ripresa economica avrebbe stimolato una maggiore domanda. Ci hanno detto che il calo dei prezzi del petrolio era quasi esclusivamente una questione legata all'eccesso di offerta — che la crescente domanda avrebbe fatto aumentare di nuovo i prezzi. Ma la crescente domanda non s'è mai materializzata.

Ebbene sono passati quasi sei mesi da allora e i prezzi del petrolio restano in calo di oltre il 55% rispetto a dov'erano a metà del 2014. I prezzi del petrolio hanno toccato il fondo a febbraio 2016, a circa $30 al barile. Da allora i prezzi sono saliti più di dieci dollari, ma di certo non si avvicinano ai prezzi del 2014 che potremmo etichettare come "ripresa".

Questo primo grafico mostra i prezzi del petrolio (WTI) in dollari del 2015:




Ma perché la produzione non è scesa tanto quanto è stato detto? I sauditi non hanno tagliato la produzione di petrolio. L'Arabia Saudita è in difficoltà finanziarie e ha dovuto tenere aperto il rubinetto del petrolio per risolvere i suoi problemi finanziari interni. Nick Cunninghom ha parlato di questo argomento lo scorso dicembre:

L'Arabia Saudita è sotto una tremenda pressione. Il governo saudita sta valutando di tagliare la spesa di un incredibile 10%, cercando di fermare l'ascesa del deficit di bilancio. Il FMI prevede che l'Arabia Saudita potrebbe avere un deficit di bilancio ammontante a circa il 20% del PIL.

Il dolore si sta manifestando in modi diversi. Non solo il Regno deve tagliare le spese, ma si è anche rivolto pesantemente ai mercati obbligazionari. Per la prima volta in otto anni i prezzi bassi del petrolio hanno costretto l'Arabia Saudita ad emettere obbligazioni con scadenza oltre i 12 mesi, raccogliendo finora 35 miliardi di riyal (circa $10 miliardi).

Lo scorso marzo stava diventando piuttosto chiaro che i paesi dell'OPEC non avrebbero tagliato in modo significativo la produzione, e il "congelamento della produzione" era solamente uno spauracchio. L'Arabia Saudita e altri paesi dell'OPEC hanno disperatamente bisogno di entrate.

Nel frattempo l'Arabia Saudita ha riguadagnato l'etichetta come più grande produttore di petrolio nel mondo.

L'estrazione di petrolio è generalmente più costosa negli Stati Uniti che in Arabia Saudita, per cui i prezzi del petrolio più bassi hanno costretto un ridimensionamento negli Stati Uniti. Bloomberg riferisce:

Il calo della produzione negli Stati Uniti è avvenuto in concomitanza col calo del numero di impianti di perforazione di petrolio e gas, essi hanno raggiunto un minimo record di 404 il 20 maggio scorso, secondo i dati rilasciati da Baker Hughes Inc. Sin da allora questo numero ha recuperato, arrivando il 9 settembre a 508.

La produzione globale, tuttavia, non è crollata come molti avevano previsto, il che significa che la domanda non supera l'offerta, andando quindi ad aumentare i prezzi.



La domanda di petrolio non cresce come previsto

Matthew Parry dell'AIE ha osservato su Bloomberg che la domanda globale di petrolio non è quella che si ci aspettava. Influenzata da Cina, India ed Europa, la domanda inaspettatamente debole ha fatto in modo che l'AIE "correggesse il tiro".[1]

Anche gli Stati Uniti devono affrontare difficoltà legate alla domanda. Sul fronte interno, i prezzi delle case continuano a salire, limitando il reddito disponibile per molte famiglie che poi si ritrovano a spendere di meno per la benzina. Nel frattempo, i redditi mediani negli Stati Uniti sono rimasti stagnanti negli ultimi dieci anni, e la partecipazione della forza lavoro è ancora in prossimità di un minimo da 30 anni a questa parte. Niente di tutto questo fa ben sperare per una crescita della domanda.

E, naturalmente, la domanda negli Stati Uniti è stata influenzata dai prezzi del petrolio in discesa man mano che diminuivano gli impianti petroliferi e scompariva l'occupazione in tal settore. Nello stato del Colorado in cui c'è stato un boom del petrolio, per esempio, a maggio il numero degli impianti petroliferi è sceso ad un minimo da 16 anni a questa parte, anche se hanno recuperato un po' sin da allora. Ma quando guardiamo all'occupazione a Greeley, Colorado — il centro del boom petrolifero — scopriamo che sin dal 2014 non ci sono stati incrementi netti nell'occupazione. Quando moltiplichiamo questo fenomeno attraverso altri stati toccati dal boom dell'olio di scisto, tra cui il Texas e il North Dakota, scopriamo un impatto reale in termini di guadagni e in tal modo una domanda poco brillante per tutti i beni e servizi, compresi i prodotti a base di olio di scisto.

In parole povere: nel futuro prossimo non sembra esserci un serbatoio segreto pieno di domanda che possa far salire i prezzi del petrolio.



I tassi d'interesse bassi stanno puntellando i prezzi del petrolio?

Un altro fattore che potrebbe destare preoccupazioni è ciò che Liam Denning ha definito "mercato del petrolio temporaneo" reso possibile dai tassi d'interesse ai minimi storici. Denning suppone che uno degli effetti della politica dei tassi d'interesse a zero, è stato quello di rendere più facile sedersi sulle scorte di petrolio. Scrivendo a marzo di quest'anno, Denning ha detto:

In primo luogo, il finanziamento a basso costo sta contribuendo a mantenere gonfie le scorte di petrolio. Il rapporto settimanale di mercoledì dell'Energy Information Administration ha dimostrato, ancora una volta, che le scorte sono molto al di sopra dei livelli normali.

Grazie ai prestiti ultra-economici, i carry trade hanno mantenuto il petrolio fuori dal mercato e nei depositi, portando ad ulteriori discese dei prezzi.

In secondo luogo, i creditori possono perseguire una strategia palliativo ed evitare di entrare in possesso di una merce che diminuisce di valore:

Mentre le banche devono ritirare le linee di credito da produttori di petrolio in difficoltà, sono senza dubbio restie a prendere possesso di contratti di locazione ed impianti petroliferi in bancarotta, rimandando il giorno della resa dei conti.

Un terzo problema sorge dal fatto che una volta che i tassi d'interesse cominceranno a salire, la domanda per il petrolio nel mondo in via di sviluppo potrebbe scendere ulteriormente, innescando un nuovo calo nei prezzi del petrolio:

L'esplosione del debito nei mercati emergenti, in particolare quando denominato in dollari statunitensi, è una bomba ad orologeria per l'economia globale. Quando i tassi inizieranno ad aumentare, portandosi dietro il valore del dollaro, si intensificherà la pressione sulle compagnie petrolifere e su tutti i mutuatari nei mercati in via di sviluppo. E si dà il caso che il mondo in via di sviluppo rappresenta tutta la crescita prevista nella domanda di petrolio nei prossimi cinque anni, in base ai numeri dell'AIE.

I prezzi del petrolio continuano a puntare verso la mediocrità nella nostra attuale "ripresa" economica. I prezzi del petrolio non sono in caduta libera, né i fondamentali puntano verso un aumento della domanda. Senza crescita della ricchezza reale e dei redditi reali, non c'è motivo di supporre che la domanda sarà sufficiente a superare la produzione attuale.

Come per il mercato azionario, i prezzi del petrolio sono diventati sempre più sensibili alle future azioni della banca centrale. Con Janet Yellen e la FED che ancora una volta lasciano intendere un probabile aumento dei tassi, stiamo vivendo qualcosa di simile a quello che abbiamo visto con il Dow Jones nella seconda metà del 2015. I prezzi stagnano o diminuiscono mentre tutti aspettano di vedere se la FED avrà il coraggio di lasciar salire i tassi. Se lo farà, potremmo assistere all'ennesimo episodio di un rapido calo della domanda.


Questo secondo grafico mostra un arco di tempo più breve per quanto riguarda il prezzo del petrolio in modo da inquadrare più dettagli. In dollari del 2015.



[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/



_________________________________________________________________________________

Note

[1] I prezzi in discesa del petrolio possono far diminuire la domanda in molti paesi in via di sviluppo. Il Wall Street Journal ora riferisce che la Nigeria è in recessione per la prima volta sin dal 2004.

________________________________________________________________________________


1 commento:

  1. Non ci credo alla Fed che alza i tassi a Dicembre. È ancora in carica Obama e solo i fessi, che tuttavia non mancano mai e bevono davvero di tutto purché la fonte sia il loro mainstream, solo i fessi potrebbero credere ad un avvio di recessione per l'emotivita' dei mercati in previsione di Trump.
    La realtà, nascosta ai tanti fessi creduloni, è che non c'è stata alcuna ripresa economica da nessuna parte e tantomeno negli States in questi anni. Che l'eredità di Obama è più debito, tanto di più, e tanta instabilità politica costruita ad hoc tutta intorno all'Europa.
    Catastrofi dopo il voto sulla Brexit? Non ne ho viste. Catastrofi dopo il voto per Trump? Isteria più che altro. Catastrofi dopo la larga vittoria del NO al referendum italiano? Non credo. A chi conviene far fallire davvero l'Italia (zombie irrecuperabile)? All'eurozona degli altri zombie? Ai tedeschi? Non ci credo.
    Nonostante le cartucce bagnate od esaurite delle bc, la politica della stagnazione e dei rendimenti decrescenti continuerà imperterrita per molto tempo ancora. L'atterraggio morbido sarà ricercato in ogni modo, mentre gli elettori che ne avranno possibilità rottameranno un po' alla volta una generazione di politicanti occidentali oramai obsoleti.

    RispondiElimina