venerdì 28 ottobre 2016

Un messaggio a Trump: è colpa della FED, stupido!





di David Stockman


Le politiche fondamentali della FED, obiettivo d'inflazione al 2% e tassi d'interesse allo 0%, stanno affossando l'economia dell'entroterra americano. Si basano sulla teoria accademica fallace secondo cui il gioco d'azzardo finanziario alimenta la crescita economica e che tutte le classi economiche prosperano dall'inflazione, la quale marcia di pari passo insieme a prezzi e salari che salgono in base al percorso designato dalla FED.

Al contrario! Queste proposizioni sono le nozioni economicamente più distruttive e più ingiuste mai abbracciate da un'agenzia dello stato. Martellano la classe media e quella bassa, mentre inondano le classi superiori proprietarie di asset finanziari con guadagni inattesi e immeritati.

Quindi la banca centrale della nazione è essenzialmente un Robin Hood alla rovescia. Sta uccidendo i salari, sta facendo emigrare i posti di lavoro, sta soffocando i risparmiatori, sta sovvenzionando le banche, sta regalando agli speculatori di Wall Street bolle finanziarie infinite e sta manipolando i mercati per assicurare che i democratici vincano.

In risposta a tale linea di attacco, Hillary borbotterà sulla sacra "indipendenza" della FED; affermerà che tagliando i tassi d'interesse la FED ha "salvato" l'economia americana; e urlerà che tali discorsi imprudenti turberanno i mercati.

Ma niente di tutto ciò verrà ascoltato dagli elettori dell'entroterra americano. Sanno che la FED serve Wall Street e le classi danarose, e che i mercati finanziari truccati non hanno fatto nulla per arrestare i loro standard di vita calanti e il restringimento delle loro prospettive di lavoro.

Se Trump continua ad ascoltare i suoi consiglieri economici, che sono bloccati in una distorsione temporale risalente agli anni '80, dovrà rispondere all'accusa inconfutabile di Hillary secondo cui il suo piano erariale equivale ad un taglio fiscale dell'1.3% per la classe media e ad un taglio fiscale del 16% per l'un per cento.

No, non stiamo impersonando Paul Krugman o il professore Piketty. In linea di principio, minori imposte sul reddito sono migliori rispetto a tasse più alte e il ridistribuzionismo deliberato da parte dello stato è sempre deleterio. Ma l'antagonista nel 2016 non è rappresentato dalle tabelle dell'IRS; è la stampante monetaria della banca centrale. Quindi non vi è alcun vantaggio ad incassare un colpo politico per risolvere il problema sbagliato.

Era un mondo totalmente diverso nei primi anni '80. La promessa di Reagan di tagliare del 30% le tasse sui redditi risuonò tra i "Reagan Democrat", perché l'inflazione a due cifre stava causando danni travolgenti. I lavoratori salariati venivano inchiodati con aumenti delle tasse e non l'avrebbero sopportato più.




Infatti, senza i tagli al tax rate, le entrate federali sarebbero passate dal 19.5% del PIL sotto l'ultimo bilancio di Carter, al 24% del PIL entro il 1986. Al contrario, l'imposta federale sul reddito è ora indicizzata e lo è stata per 30 anni. Gli scaglioni d'imposta, le deduzioni standard e le esenzioni personali, sono tutti protetti per legge dall'inflazione.

Così, quando Steven Moore e il suo club cominciano a straparlare di tagli alle imposte sul reddito, nessuno nell'entroterra americano li ascolta. Invece quello che sentono è la demagogia di "Hillbama" circa la disuguaglianza di ricchezza che i loro servitori nella FED hanno effettivamente causato.




Infatti, dopo tre decenni di indicizzazione e tagli fiscali da parte del GOP, i lavoratori stipendiati nell'entroterra americano difficilmente sanno cosa stanno compilando quando devono pagare le imposte sul reddito. Durante l'anno più recente, il 75% di coloro nella parte inferiore della scala reddituale e che ha compilato le scartoffie fiscali — e stiamo parlando di circa 104 milioni di cittadini — ha pagato solo il 14% delle imposte sul reddito.

Inoltre, una buona porzione di tal numero non ha pagato alcuna imposta federale sul reddito. Nel complesso, questi 104 milioni di cittadini hanno dichiarato $2,800 miliardi di reddito lordo rettificato (AGI), ma hanno pagato solo $169 miliardi in tasse federali sul reddito. Stiamo parlando solo del 5.9%.

Il 50% di coloro nella parte inferiore della scala reddituale e che ha compilato le scartoffie fiscali — 69.2 milioni di cittadini che davvero sono schiacciati dall'accoppiata Wall Street/Washington — ha pagato solo $34 miliardi in tasse federali sul reddito. Stiamo parlando di una media di $9 a settimana, o il 3.2% dei $1,030 miliardi dell'AGI.

Quindi Donald Trump deve aggiornarsi con i fatti attuali della vita. Vale a dire, il 10% di coloro nella parte inferiore della scala reddituale e che ha compilato le scartoffie fiscali — poco meno di 14 milioni di cittadini — paga il 70% delle imposte sul reddito, e otterrà l'85% dei benefici dal taglio delle tasse che Trump ha annunciato lo scorso giovedì.

Ecco il punto. Ben più della metà di questa piccola fetta di elettorato voterà per lui, perché vivono a Houston, Indianapolis, ecc. E il resto vive nei recinti delle élite su entrambe le coste, dove leggono le notizie sul New York Times e lo ringrazieranno votando per Hillary.

Al contrario, ci sono 160 milioni di contribuenti stipendiati in America. E subiranno un doppio smacco. Cioè, a causa del disastroso obiettivo d'inflazione della FED, 130 milioni di loro stanno perdendo posti di lavoro nei confronti della Cina e stanno perdendo potere d'acquisto a causa dell'inflazione interna.

Allo stesso tempo, stanno pagando un prelievo fiscale sui salari di quasi il 16%. Vale a dire, il percettore di salario medio da $22 l'ora deve versare $3,000 della sua busta paga, anche se il datore di lavoro deve tirarne fuori altri $3,000. Al margine, questi $6,000 uccidono i posti di lavoro e riducono i redditi reali delle famiglie.

Eppure Trump ha una soluzione che oggi ha molto più senso per una determinata classe sociale, rispetto al vecchio taglio del 10% delle imposte sul reddito; e più in particolare l'1% — che paga il 14X delle imposte sul reddito rispetto al 50% della fascia reddituale inferiore, e che beneficerebbe del 45% del taglio delle tasse sul reddito di Trump.

Vale a dire, eliminare del tutto l'imposta sui salari e sostituirla con una tassa sulle importazioni e le vendite commerciali (altrimenti noto come consumo). Ciò venne proposto da Lyin' Ted alle primarie, e almeno in quella parte aveva ragione.

Sì, e per protezione politica dai catastrofisti della previdenza sociale, avrebbe potuto far rivivere il "lock box" di Al Gore e dedicare ogni centesimo al finanziamento della previdenza sociale, soprattutto al 90% dei destinatari che effettivamente ne ha bisogno.

Questo ci riporta al malefico obiettivo d'inflazione al 2% della FED.

In un mercato del lavoro globale e aperto, i posti di lavoro altamente remunerativi nella finanza, nel governo, nell'intrattenimento, nelle professioni specializzate e nella gestione aziendale, sono gli ultimi a finire all'estero, ma sono anche i primi ad essere inflazionati in modo pari o superiore al tasso generale dell'IPC.

Al contrario, sono i posti di lavoro di livello inferiore che finiscono all'estero per primi in risposta al prezzo dei beni in Cina e al prezzo dei servizi in India. Cioè, il salario medio nominale negli Stati Uniti è quasi triplicato sin dal 1987, ma tutta quella "inflazione" era per nulla. I salari reali non sono andati da nessuna parte, anche se l'impennata del costo nominale del lavoro ha fatto scappare all'estero buoni posti di lavoro.




Non dovrebbe sorprendere, quindi, se oggi non ci sono più posti di lavoro da capofamiglia a $50,000 all'anno negli Stati Uniti rispetto a quando Bill Clinton stava preparando le valigie per sgomberare l'ufficio ovale a gennaio 2001.

Al margine, tutti i posti di lavoro legati a beni e servizi che potevano scappare all'estero, sono scappati all'estero. Infatti, qualora ci si ritrova ad avere i salari nominali più alti del pianeta, una banca centrale non affascinata dalla magia keynesiana accoglierebbe a braccia aperte la deflazione, non stamperebbe moneta per stimolare l'inflazione facendo così la guerra ai salariati che devono competere nel mercato del lavoro mondiale.




E non sorprende neanche che ciò che è stato creato nel mercato del lavoro sin dal 2000: lavori che finora non possono scappare all'estero. Vale a dire, baristi, camerieri, venditori di hot-dog, impiegati nella vendita al dettaglio e lavoratori tramite agenzie interinali.

Purtroppo questa categoria di occupati fa registrare solo 27 ore la settimana, $14 all'ora, e $20,000 su base annua per quelli che hanno la fortuna di essere pagati 52 settimane all'anno.

Eppure tutti contano come "un lavoro, un voto" durante il rituale mensile del report sul mondo del lavoro. Inutile dire che coloro nell'entroterra americano sanno meglio come stanno in realtà le cose.




Ma questa non è nemmeno la metà della storia. Il fatto è che l'inflazione annua al 2-3% non è un affare inchiodato al terreno. I salari nominali nel settore delle importazioni tendono ad aumentare più lentamente rispetto all'IPC, il che significa che più a lungo si protrae l'obiettivo d'inflazione al 2% della FED, più i salari reali prenderanno batoste.

In un ottimo post di oggi sugli aumenti reddituali medi delle famiglie rilasciati dal Census Bureau, Charles Hugh Smith ha evidenziato come solo gli accademici con la testa nella sabbia possono credere che l'inflazione sia un qualcosa di benigno e un latore di prosperità. Di conseguenza, tra i salariati maschi sin dal 1970, il 5% superiore ha fatto registrare un guadagno del 51% nei salari reali – anche utilizzando il metro di misurazione dell'inflazione usato dal BLS – a fronte di una perdita del 5% per i percettori salariali mediani.




E questo è particolarmente vero per la stragrande maggioranza delle principali famiglie di Main Street, dove i due terzi della busta paga vengono spesi per i quattro cavalieri dell'apocalisse: spese sanitarie, spese per l'abitazione, spese per il cibo e spese per l'energia.

Quando si conferisce un 66% di peso al costo di questi fattori rispetto a quello conferito dal BLS, e si utilizza una misura accurata dell'inflazione riguardo le spese mediche e per le abitazioni, non si ottiene la proverbiale "lowflation" sventolata dai pianificatori monetari centrali. In realtà, si ottiene un'inflazione superiore al 3% anno/anno sin dal 1987.




Inoltre, quando si sgonfia il reddito medio nominale delle famiglie come riportato nel "Flyover CPI", non si ottiene un aumento spurio del 5.2% sbandierato ai quattro venti da Washington e Wall Street. No, quello che si ottiene è un calo del 16.7% nei redditi reali delle famiglie sin dal 2000.

Tale cifra è in contrasto con il declino del 2.2% riportato dal Census Bureau la scorsa settimana sulla base dell'indice d'inflazione (CPI-U-RS), il quale sottostima il costo reale della vita. In entrambi i casi, tuttavia, l'idea stessa che un drappello di legulei accademici cerchi di stimolare una maggiore inflazione dovrebbe essere una ragione sufficiente affinché Trump strepiti a voce alta contro la FED.




È già abbastanza grave che l'obiettivo d'inflazione bastoni le famiglie nell'entroterra statunitense come descritto sopra. Quel che è peggio è che il flusso risultante di liquidità della banca centrale non lascia mai i canyon di Wall Street, in un mondo che ormai ha raggiunto il Picco del Debito. Di conseguenza il valore degli asset finanziari è stato massicciamente, sistematicamente e inesorabilmente gonfiato.

Così facendo, i banchieri centrali lanceranno l'affronto finale alle famiglie in difficoltà dell'entroterra statunitense. In una parola, le famiglie hanno ben poco reddito discrezionale da dedicare al "risparmio" e niente che possano "investire" nel casinò di Wall Street.

Infatti è diventato palese che la politica delle banche centrali è quella di forzare i risparmiatori fuori dai conti bancari e dentro i cosiddetti "asset rischiosi". Infatti un pensionato che è stato parsimonioso per tutta la vita e ha risparmiato $250,000 in un conto bancario, vi guadagna in interessi l'equivalente di un cappuccino da Starbucks grazie ai 93 mesi di ZIRP della FED.

In breve, sin dall'insorgenza della Finanza delle Bolle quando Greenspan cedette al panico nell'ottobre 1987 e inondò Wall Street con contanti per mantenere a galla il sistema bancario insolvente, il processo di creazione della ricchezza reale in America è stato truccato esattamente come sottolinea Trump.




Incolpare la FED è la risposta giusta per ciò che affligge l'economia americana.

L'establishment del GOP che ha sconfitto ha già garantito molte regalie agli strati alti della società, popolando la FED con i keynesiani e i burocrati della Beltway che hanno portato il capitalismo americano sull'orlo della rovina.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


3 commenti:

  1. Stockman ministro del Tesoro di Trump?

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    1. Ciao Dna.

      Non credo :)
      Come ha ripetuto spesso nelle varie presentazioni del suo ultimo libro, non vuole affatto dare consigli a Trump. Quest'ultimo rappresenta solamente il risultato che hanno avuto decenni e decenni di cattive politiche economiche. Ma ecco una provocazione: non sarebbe auspicabile che vinca Hillary e quelli della sua risma affinché vengano sputtanati una volta per tutte (lo stesso vale per controparti nostrane) da quello che ha in serbo un'economia drogata fino all'inverosimile e sull'orlo del precipizio?

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    2. Ciao Francesco (stai molto bene nella tua nuova foto, ;D )

      Di che morte dobbiamo morire?

      Cmq, sia la mia che la tua provocazione sono già state formulate dallo zio Gary North.

      Che dire? I Klington troverebbero sicuramente un sacco di scuse per deresponsanilizzarsi. Non mi fido, mi fanno un po' paura. E gente così, quando è disperata, diventa ancora più pericolosa. Col consenso delle solite pekore, ovviamente. E quelle pekore sono altrettanto pericolose perché incapaci di pensare autonomamente.
      Se ci pensi, gli stessi che inneggiavano Occupy Wall Street e biasimano il famigerato 1% vanno in massa a votare per il candidato dell'establishment. Poveracci.

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