lunedì 22 agosto 2016

La rivincita degli elettori/zoticoni: perché i giorni dell'élite finanziaria sono contati





di David Stockman


Gli oracoli dell'establishment si sono sbracciati per proclamare che il Brexit è già stato cancellato. A quanto pare, come nel caso del primo voto negativo per il TARP, due giorni di turbolenze nel mercato azionario e monetario hanno segnalato agli elettori/zoticoni dove hanno sbagliato.

La tesi è che le masse al di fuori di Londra si sono date la zappa sui piedi, dal punto di vista economico, sulla base di alcune paure ataviche degli immigrati e della globalizzazione culturale. Razzismo, anche.

Ma queste sono solo esplosioni emotive momentanee. Presto torneranno di nuovo a dove hanno imburrato il pane, e chiederanno un secondo referendum al fine di rimettere la Gran Bretagna sul treno europeo.

Così, Gideon Rachman, uno dei numerosi globalisti sul Financial Times, c'ha comunicato la sua depressione per il Brexit:

Ma poi mi sono reso conto che ho già visto questo film. So come va a finire. E non finisce con il Regno Unito che lascia l'Europa.

Qualsiasi osservatore lungimirante dell'UE dovrebbe avere familiarità con il risultato shock del referendum. Nel 1992 i danesi hanno votato per respingere il Trattato di Maastricht. Gli irlandesi hanno votato per respingere sia il Trattato di Nizza nel 2001 sia il Trattato di Lisbona nel 2008.

E cosa è accaduto? L'UE è andata avanti. Ai danesi e agli irlandesi sono state garantite alcune concessioni dai loro partner dell'UE. È stato indetto un secondo referendum. E la seconda volta che hanno votato, i trattati sono stati accettati. Allora perché qualcuno deve credere che la decisione del referendum della Gran Bretagna sia definitiva?

Ma naturalmente la nenia sprezzante di Rachman è esattamente il motivo per cui siamo arrivati al Brexit. I burocrati finanziari internazionali, che per diversi decenni hanno tirato le leve del potere presso le banche centrali, i Ministeri delle Finanze e le istituzioni ufficiali sovranazionali, sono diventati così abituati a non prendere un "No" come risposta che non riescono vedere la proverbiale scritta sul muro.

Vale a dire, gli elettori/zoticoni sono arrivati al limite della sopportazione e ormai non ce la fanno più ad andare avanti. Votando per lasciare il super-stato dell'UE domiciliato a Bruxelles, hanno compreso cosa significa ignorare per molto tempo i costi economici delle loro scelte.

Dopo tutto, il Regno Unito contribuisce al bilancio dell'UE con una somma di $10 miliardi l'anno e in cambio ottiene una dose economicamente dispendiosa di dirigismo normativo. Per non parlare della perdita di controllo alle frontiere e la cessione de facto dei suoi poteri legislativi e delle funzioni giudiziarie a burocrazie europee non elette.

Allo stesso tempo, l'aumento del commercio è generalmente un vantaggio, ma non è affatto la tirannia statalista della UE che può spronarlo. Questo perché per le sue esportazioni l'UE-27, e in particolar modo la Germania, ha molto più bisogno del mercato del Regno Unito che il contrario.

Dopo il Brexit, l'UE andrà al tavolo delle contrattazioni per un nuovo accordo commerciale con il Regno Unito, perché queste economie socialiste vacillanti hanno un disperato bisogno delle esportazioni. Allo stesso tempo, per la prima volta dopo tanto tempo i negoziatori britannici saranno liberi di cercare accordi commerciali più vantaggiosi con Stati Uniti, Canada, Australia e altri Paesi.

Non ci vuole tanto per capire che il Regno Unito dovrà puntare sul commercio. E contrariamente agli apologeti globalisti, disavanzi commerciali persistenti sono un grosso problema. Se accoppiati con un tasso di risparmio in indebolimento, significa che un Paese sta affondando sempre di più nel debito internazionale.

La bilancia dei pagamenti del Regno Unito è affondata nell'inchiostro rosso per 20 anni. Al 5% del PIL, l'attuale deficit delle partite correnti — che include i vantaggi favorevoli delle esportazioni dalla City di Londra e gli utili sugli investimenti esteri — è tra i più alti nel mondo sviluppato.

Per dirla senza mezzi termini, il Regno Unito sta lentamente andando in bancarotta.




Inoltre, la fonte della tendenza del conto delle partite correnti indicata qui sopra, è attribuibile al suo squilibrio commerciale unilaterale con l'UE-27. Come mostrato nel grafico qui sotto, il suo deficit con l'UE si è ampliato sempre di più a partire dal 2000, mentre il suo surplus commerciale con il resto del mondo è in costante crescita.

Qui non si tratta di mercantilismo. Il saldo bilaterale con un determinato paese, o un blocco commerciale, non importa se il trend complessivo del conto delle partite correnti è in buona salute.

Al contrario, il punto è che l'UE-27 ha bisogno dei mercati britannici aventi $65 miliardi d'eccedenze nette all'anno. E più della metà di queste eccedenze è imputabile alla Germania, la quale guadagna dal Regno Unito il 40% del suo surplus commerciale con il resto dell'UE.

Pertanto la continuazione di un accordo commerciale aperto, non richiede il sacrificio della democrazia britannica sull'altare degli statalisti di Bruxelles; richiede solo un accordo commerciale che offra vantaggi economici reciproci, e non impegni ingarbugliati con l'infrastruttura socialista del continente.




Queste tendenze commerciali negative non sono migliorate grazie ad una frenesia di risparmi interni che potrebbero finanziare il deflusso in modo sano. Al contrario, nell'ultimo quarto di secolo il tasso di risparmio delle famiglie inglesi è finito pericolosamente in basso.

I risparmiatori interni non finanziano il conto delle partite correnti del Regno Unito; sono gli istituti di credito stranieri e le banche centrali che lo fanno.




Lo stesso vale per il settore pubblico. Il Regno Unito ha avuto deficit di bilancio profondi e cronici a partire dai primi anni '90. Da allora il suo debito pubblico in rapporto al PIL è salito dal 35% a quasi l'85%.




Questi dati rendono cristallino che il Regno Unito ha un problema gigantesco: vive ben oltre i suoi mezzi, e tutte le sciocchezze di sinistra sulle cosiddette politiche di "austerità" del governo conservatore sono solamente un sacco di frottole politiche.

Infatti il governo Cameron ha sepolto nel debito i contribuenti britannici, proprio mentre proclamava la sua adesione alla rettitudine fiscale. Com'è evidente dal grafico qui sotto, l'unica diminuzione della quota di spesa in rapporto al PIL è dovuta alla fine della recessione globale. A quasi il 44%, le spese statali ancora ricoprono una quota considerevole della produzione economica.




Ecco il punto: rimanere nell'UE non può contribuire a risolvere i problemi economici e fiscali del Regno Unito. Ciò di cui c'è bisogno è meno tasse, meno stato sociale e una drastica riduzione dell'intervento normativo statale. Queste, però, non sono politiche che animano gli eurocrati di Bruxelles.

Quindi la nenia rumorosa di oggi, secondo cui il Brexit ha fatto del male all'economia inglese, è una sciocchezza. Per contro, che lo si voglia capire o meno, il Brexit ha liberato il Regno Unito da quello che sarà il disastro economico dello slogan "più Europa".

Infatti proprio questa formula, "più Europa", significa solamente mutualizzazione del debito e un tesoro comune con cui espropriare la prosperità tedesca.

Al contrario, per i tedeschi significa imposizione di controlli fiscali dell'UE sempre più onerosi in modo che possa continuare a calciare il barattolo (es. salvataggi bancari e saldi Target2) delle sue gigantesche passività.

L'esposizione tedesca è enorme ormai — con $75 miliardi di fondi di salvataggio già designati per l'ESM e l'EFSF, e saldi Target2 da $700 miliardi.

Infatti questi ultimi sono una bomba ad orologeria finanziaria e la vera ragione per cui l'ortodossia monetaria storica della Germania ha lasciato il posto alla follia della stampante monetaria di Draghi. Vale a dire, la Germania non può permettersi che l'euro e il sistema bancario centrale della BCE saltino in aria.

Di conseguenza, la Germania ha accettato un sistema di trasferimento fiscale folle condotto dalla BCE e mascherato da politica monetaria.

Ma i $90 miliardi al mese di Draghi non sono indirizzati alla "lowflation", allo stimolo del credito nei confronti del settore privato, alla crescita dei posti di lavoro, o ad una qualsiasi delle altre variabili macroeconomiche. Al contrario, il suo scopo è quello di monetizzare il debito di Italia, Spagna, Grecia, Portogallo, Francia e del resto degli altri stati bancarottieri, sovvenzionandoli con costi di carry molto bassi.

Inutile dire che questi tassi confezionati da Draghi non avrebbero mai potuto essere raggiunti in un mercato obbligazionario onesto. Eppure sono assolutamente necessari per far continuare la farsa della solvibilità fiscale di questi eurocrati amanti dello stato sociale.

Attualmente i saldi Target2 della Grecia sono negativi per $100 miliardi, mentre quelli della Spagna sono negativi per $325 miliardi e quelli dell'Italia sono negativi per $300 miliardi. In breve, il resto dell'UE-18 deve così tanto denaro alla Germania che permettere ad un altro paese di lasciare l'Unione Europea è impensabile per Berlino.

La richiesta di "più Europa", dunque, non deriva da un'illuminazione cosmopolita, come sostengono invece i media mainstream; si tratta di una mossa disperata per mantenere viva un'unione politica, monetaria e fiscale assolutamente difettosa che non avrebbe dovuto essere affatto inventata, e che ormai ha raggiunto la sua "data di scadenza".

Per lo stesso motivo, le forze del Brexit e le loro controparti populiste in tutto il continente non sono semplicemente un caso di impulsi nazionalistici, xenofobi, razzisti e roba simile. Al contrario, gli elettori/zoticoni vogliono semplicemente indietro i loro governi, e hanno ragione.

La verità è che il "progetto europeo" rappresenta gli impulsi più oscuri del regime Bruxelles/Francoforte, il quale ha poco a che fare con il libero scambio o la conservazione di relazioni pacifiche fra gli Stati d'Europa, e non ha nulla a che fare con il favorire la prosperità capitalistica.

Invece è una tirannia basata su globalismo, statalismo, finanziarizzazione e culto del settore bancario centrale. I suoi giorni sono contati perché anche gli elettori/zoticoni hanno capito che non funziona più, e che le sue enormi contraddizioni interne si stanno dirigendo verso un'enorme implosione.

Gli elettori britannici hanno deciso di uscire ed evitare i danni. Si spera che ci saranno presto molti altri casi di elettori/zoticoni in rivolta.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


4 commenti:

  1. Buongiorno e buon ritorno dalle ferie Francesco, io da anni ho scelto di vivere con l'unica moneta che riconosco e dunque anche la mia mentalitá riconosce lo stile di vita del 99,99% (putroppo non 999,9%....per ora)della societá diversa dalla mia, dunque avendo ancora un po di decenni di vita davanti (si spera) mi domando quando avró ragione delle mie scelte.....ma una domanda non risposta nella mia testa é sempre questa: quando (e se....visto che il calcio del barattolo potrebbe protrarsi all'infinito o almeno oltre la mia vita terrena) ci sará il grande reset del sistema finanziario a che prezzo e valore andranno l'oro e l'argento? Se io avessi metallo virtuale (preferisco il mio 100% fisico) nel momento che cadrá tutto il castello ( ogni grosso rintracciamento finanziario porta dietro anche i mercati dei preziosi) o quando la societá prenderá atto che il fisico scarseggia ci sará inevitabilmente la corsa per la vendita dei deriviti con conseguente rintracciamento del prezzo degli stessi......dunque fino dove si arresterá la caduta? Ipoteticamente prima di trovare i mercati del fisico chiusi il prezzo potrebbe dimezzarsi dal valore attuale.....dunque ha senso ora continuare ad accumulare o meglio aspettare?
    Emanuele

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    1. Salve Emanuele.

      Il punto di resistenza ultimo dell'attuale sistema finanziario ed economico è rappresentato dalle pensioni. Finché reggerà l'illusione di una fuga garantita a coloro che hanno versato così tanto nell'attuale sistema, allora essi faranno di tutti per percorrerla. Questo significa conformarsi alla crescente invasività della pianificazione centrale e all'erosione delle libertà individuali. Ma come ho dettagliato nel mio paper sulle pensioni, questa situazione, questo continuo calcio al barattolo non andrà avanti all'inifito. Perché? Perché lo stato e i suoi cartelli stanno continuamente ed esponenzialmente erodedndo il bacino della ricchezza reale della società. Ovvero, un lento suicidio. La tempistica di questo esito è possibile calcolarla facendo affidamento a questo documento. Non è un caso poi se, ad esempio, il CBO porietta per il 2033 una pesante crisi fiscale sul lato delle pensioni negli Stati Uniti. (Ritengo questo tempo troppo ottimista, io propenderei per una decina d'anni.)

      In questo contesto la guerra della banche centrali ai risparmiatori attraverso i tassi negativi e gl istimoli moentari che hanno praticamente azzerato i rendimenti nei mercato monetari e dei capitali, sta contribuendo ad annientare il bacino della ricchezza reale. Non è un caso se ad esempio Cina e Russia si stanno ingozzando di metallo giallo fisico, così come anche altre nazioni. Non solo, ma c'è una crescente carenza di oro fisico nel mondo e con il recente aumento dei prezzi dell'oro gli investitori speravano che le compagnie investissero nell'esplorazione per cercare nuovo oro, invece si trovano ancora in modalità "ripagamento debiti" e "taglio dei costi". E gente del calibro di Druckenmiller, Gross eIchan stanno shortando il mercato azionario. Ovviamente ci sono osservatori come James Rickards e James Turk che indicano un prezzo dell'oro intorno ai $10,000, ma nessuno sa con precisione quale sarà il target preciso.

      La cosa sicura è che l'oro è l'asset di protezione numero uno in caso di severa crisi finanziaria. E infatti, almeno per il momento, il sentimento degli investitori retail è quello di aggiungere una frazione di oro al proprio portfolio in concomitanza con azioni e bond sopravvalutati. Il punto, comuqnue, resta uno: gli stati sono diventati incapaci di creare anche l'illusione di una crescita economica e si sono spinti fino ad implementare tassi negativi per provarci. Senza contare le continue delusioni che arrivano dai rapporti sui posti di lavoro negli USA, il recente taglio dei tassi in Inghilterra e la stagnazione perenne dell'Europa. Inutile dire, quindi, che l'oro fisico avrà un ruolo principale nel reset dell'attuale sistema economico, poiché, oltre a fungere da protezione nel periodo di transizione, svolgerà anche il ruolo di "punto di partenza" negli asseti economici futuri. Un aggisutamento al rialzo dei prezzi è inevitabile. Nel frattempo, però, è possibile scomemttere anche contro l'attuale status quo, visto che anche Barclay's s'è unita al treno di coloro che affermano un'annata d'oro per gli ETF legati al metallo giallo.

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  2. Vorrei sapere cosa ci fate con l'oro se il sistema si resetta completamente. Semplicemente si resetta anche l'oro il cui valore e' fissato puramente per convenzione. Magari all'improvviso verrebbe deciso che il trizio vale di piu' . Voi ce l'avete il trizio in casa oltre che nel quadrante dell'orologio ? Poveri ragazzi infatuati del nulla.

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  3. ...perdonami ...venderesti la tua casa in cambio di trizio ? ....e in cambio di oro? ...il VALORE è SOLAMENTE NELLE COSCIENZE UMANE ....il "verrebbe deciso" devi mettere in discussione ....se il sistema fa reset la moneta viene in essere da sola TRAMITE IL MERCATO ....allora con cosa scambieresti ...trizio o oro ?
    saluti

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