lunedì 6 giugno 2016

Sesto ritorno a capo





di Francesco Simoncelli


Siamo al sesto giro di boa di questo spazio virtuale. Crescere insieme ad una "creatura" che voi stessi avete dato alla luce, vi porta sovente ad analizzare i progressi che sono stati fatti lungo il percorso. Se vi guardate indietro, cosa riuscite a vedere? Attenzione, perché il confine è labile tra ciò che si vuole vedere e ciò che sono i fatti nella realtà. Mio padre ha sempre creduto che l'onestà e il duro lavoro, prima o poi, pagano. Lo crede ancora. Questo sostanzialmente perché la prima cosa che gli individui tendono a guardare quando osservano il proprio passato è la quantità di sacrifici sopportati.

È il grado con cui si misura l'umiltà al giorno d'oggi. Le fatiche quotidiane rappresentano il metro di giudizio attraverso il quale gli individui si sentono in obbligo di giudicare la vita altrui. E nonostante si dica il contrario, gli stereotipi prendono il posto del buon senso. Gli stereotipi accorciano i tempi del ragionamento. Fanno risparmiare tempo. Rendono prevedibili le persone. Sono un ottimo strumento di controllo. "E le abitudini sono dure a morire." No, i proverbi non sono stereotipi; sono solo il modo in cui gli "antichi" twittavano.

Quindi restiamo al gioco: quanti sacrifici comporta la propria professione? Qualunque essa sia ne comporta tanti. Questo perché gli individui, o attori di mercato, sono costantemente sottoposti ad economizzare l'ambiente che li circonda, e questo significa essere sottoposti ad un costo di opportunità. Per alcuni è decisamente alto alla fine. Voglio dire, sebbene le celebrità siano invidiate dalla maggior parte delle persone, non smettiamo di sentire episodi in cui suddette celebrità si tolgono la vita. Eppure, a detta dei molti, dovrebbero spendere una vita al confine tra l'idilliaco e il sublime.

E no, il denaro non compra la felicità. Esso è solo un mezzo di scambio, mentre la felicità è un momento fugace tra due dolori. Cosa volete scambiare con la fugacità? Il denaro aiuta a vivere meglio, ma non fa vivere meglio di per sé. Ci permette di passare da un dolore ad una nuova felicità con maggiore agilità. Quindi si accetta il compromesso del sacrificio, perché consapevoli che attraverso di esso si accresceranno le possibilità future di accorciare la durata dei momenti negativi. Ad un certo prezzo, ognuno di noi è disposto a sobbarcarsi un determinato ammontare di sacrifici.

Ma la chiave di lettura dal punto di vista economico è solo una: ad un certo prezzo.

Questa formula permette agli attori di mercato di discernere quelle attività in grado di sfornare benefici al prossimo e, di conseguenza, per sé stessi. Se le proprie intuizioni sono in grado di canalizzare una domanda crescente verso la propria offerta, allora il gioco varrà la candela. Non solo l'ammontare di sacrifici sarà addirittura un vanto, ma il fardello che rappresentano sarà alleggerito dal sostegno materiale ed "emotivo" dei clienti. In caso contrario, la sua condizione sarà equivalente ad una persona che spreme una rapa affinché ne esca sangue. Come ci ricorda la teoria Austriaca, e in particolare i lavori di Israel Kirzner, siamo tutti imprenditori che si posizionano a volte sul lato degli acquisti e a volte sul lato delle vendite. In fin dei conti, l'azione umana non è altro che il tentativo dell'individuo di ritornare ad uno stato di quiete originale. Le nostre fatiche sono focalizzate sul ritorno a suddetto stato di quiete che, in realtà, è un momento fugace tra due atti di azione.

Le nostre azioni ci rappresentano, ci formano, ci istruiscono. Soprattutto, ci permettono di capire cose nuove su noi stessi. Il costante divenire della comprensione di noi stessi ci rende imperscrutabili agli occhi degli altri. Pressoché imprevedibili. È per questo che solo pochi individui riescono a soddisfare con precisione i desideri degli altri individui e di conseguenza diventare ricchi. Più si è giovani e si interiorizza questo aspetto, prima si riesce a fare fortuna. Prima si riesce a creare il proprio gruzzolo, prima si potrà beneficiare della benedizione degli interessi composti che renderanno la vostra vita molto più facile. Ciò vi permetterà di entrare nel fatidico 20% più benestante della società, e se la vostra visione sarà circondata dalle tre T (tempo, talento, temerarietà) allora riuscirete a sfondare nel 5% più alto.

Il restante 80% della società non comprende appieno questi concetti. Questo perché non indaga a fondo nella propria personalità. Non ha un progetto di lungo periodo. In poche parole, non ha una visione. C'è chi "nasce" per soddisfare e c'è chi "nasce" per essere soddisfatto. Ma senza una visione non si passerà mai dalla fascia 21%-50% a quella superiore. Oltre alle tre T sopraccitate, c'è un altro ingrediente fondamentale: perseveranza. Ciò equivale ad avere un fuoco dentro, il quale permette di raggiungere obiettivi che per molto tempo della nostra vita sembrano irraggiungibili.

Quando Hayek scrisse The Fatal Conceit nel 1988, era in età molto avanzata, ciononostante ancora riusciva a sfornare manoscritti stupefacenti. Sentiva che doveva andare avanti, non aveva ancora detto tutto quello che aveva da dire. E così come lui figure come Mises e Rothbard. Lottarono, dal punto di vista accademico, fino alla fine. Portarono avanti il loro punto. Qual era questo punto? Il libero mercato troverà sempre il modo di scavalcare i piani presumibilmente ben congeniati dei pianificatori centrali. Essi stessi ne erano la prova. Almeno dal punto di vista teorico.





Dal punto di vista pratico, invece, ne siamo testimoni ogni giorno che passa. Il decentramento tecnologico permette agli individui d'emanciparsi da quelle pastoie che ieri lo tenevano legato alle autorità centrali. Pensate a Bitcoin. Pensate alla stampa 3-D. Il mondo di domani ci sta portando una ventata di novità che per le banche centrali e gli stati sarà difficile da gestire. Soprattutto ora, in un momento in cui le politiche delle banche centrali stanno fallendo visibilmente e lo stato sta perdendo il controllo della sua macchina burocratica. Per non parlare della spada di Damocle rappresentata dalle pensioni. Eppure ogni giorno che passa sentiamo parlare di nuove misure draconiane. Peggio ancora, sentiamo di come le persone tendano a conformarsi di fronte a situazioni simili e, di conseguenza, sfiducia e scoraggiamento prendono il sopravvento. Le parole di quei saggi che c' hanno preceduto improvvisamente diventano eteree e inafferrabili. Nonostante sappiamo di desiderare per noi e per il prossimo libertà e giustizia, siamo altrettanto consci di come attualmente viviamo in uno stato di semi-schiavitù.

Questa consapevolezza non solo ci sfianca, ma ci rende vulnerabili ad ulteriori vessazioni. Il fatalismo e la predestinazione determinata dallo stato, annichiliscono un giudizio scevro da pregiudizi fondati sull'inossidabilità della macchina burocratica guidata dallo stato. In questo modo ignoriamo i cambiamenti epocali che avvengono sotto il nostro naso. Meglio ancora, vengono ignorati anche dallo stato.

Non importa, quindi, se i meccanismi di controllo sono tutt'intorno a noi e se ci giriamo dall'altra parte quando ne vengono approvati di nuovi. La mole d' informazioni presenti nel libero mercato è talmente grande da non poter permettere a chicchessia di controllarle tutte. Migliaia e migliaia di smartphone, moltiplicati per le frivolezze che ogni giorno scriviamo. Non c'è NSA che tenga. Sebbene lo stato cerchi di tirare dentro il suo apparato i delatori, essi conoscono ancora l'empatia nei confronti del prossimo. Possono mentire. Possono chiudere un occhio. Quindi sebbene possiamo essere i migliori controllori di noi stessi, siamo anche i migliori sabotatori di noi stessi. Non esiste burocrazia al mondo che possa controllare o manipolare tutto ciò.

Nel frattempo ognuno di noi può fare quanto in suo potere per rendere inefficiente lo stato o ostacolarne la crescita. Sono le piccole cose che fanno la differenza. Perché? Perché avvengono al margine e si cumulano seguendo la strada degli interessi composti. Evitare quelle merci su cui è apposto il monopolio statale potremmo considerarla una di queste "piccole cose".

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