giovedì 30 giugno 2016

L'impossibilità di un atterraggio di fortuna





di David Stockman


Mentre i robo-trader giocano coi punti sui grafici, val la pena considerare come andrà a finire questa storia. Dopo tutto, alla chiusura dei mercati di oggi l'S&P 500 era valutato al 24.3X degli utili per azione. Cioè, le valutazioni sono alle stelle, ma la storia finanziaria è caduta nelle profondità delle possibilità future.

Detto in modo diverso, ogni inizio anno gli analisti sanno che ciò che spinge gli LBO è il tasso di crescita previsto per fine anno. Diventate abbastanza fantasiosi circa le possibilità, e potrete ritrovarvi con un ottimo ritorno sugli investimenti, anche se gli anni successivi potrebbero sembrare un po' burrascosi.

A quanto pare poco importa se gli utili siano scesi per cinque trimestri consecutivi e a $86.53 per azione sono ora giù del 18.5% rispetto al loro picco del settembre 2014. S'ignora anche che questo trimestre sarà in negativo del 10% e che non vi è alcuna base razionale per un rimbalzo in tempi brevi.

Ma da qualche parte dietro ai robo-trader ci sono persone senza cervello che acquistano ciò che Wall Street sta scaricando. E che lo sappiano o meno, a 24.3X stanno scommettendo su un grande tasso di crescita di fine anno nonostante le turbolenze deflazionistiche che affliggono l'economia globale.

Ecco il punto, però. L'attuale ondata deflazionistica non è una deviazione una tantum che passerà a tempo debito. Per l'analogia di cui sopra, non abbiamo soltanto due anni di numeri pessimi con un robusto valore a fine anno.

Quello che abbiamo, invece, è semplicemente una serie di onde d'urto iniziali partite dalle banche centrali. In agguato, quindi, c'è un rischio insondabile, non una crescita straordinaria.

In una parola, il mercato azionario non vale nemmeno 15X dei suoi utili correnti, o a 1300. Alla fine i tipi senza cervello là fuori che si fanno buggerare dai continui dead cat bounce, ringrazieranno la loro buona stella se le loro perdite saranno solo del 40%.

Il vicolo cieco storico davanti a noi è drammaticamente evidente se guardiamo alla BOJ e alla follia della NIRP. E il Giappone sta seguendo solo quelle politiche raccomandate dai keynesiani e che vengono anche seguite dalla BCE e dalla FED.

L'ultimo posto sulla terra che può permettersi tassi d'interesse negativi, è proprio il Giappone. Si tratta di una colonia di vecchi in lizza per il fallimento fiscale. Tra un paio d'anni avrà un disperato bisogno di acquirenti per i suoi titoli di stato, i quali non rappresentano affatto la loro ricchezza in yen.

Eppure Kuroda-san ha appena ribadito al parlamento giapponese che può andare più in profondità nella NIRP, se necessario, o comprare più titoli con il QEE — anche se questo coinvolgerebbe $50 miliardi l'anno di ETF a causa della scarsità di titoli di stato giapponesi.

E "scarso" non è certo un termine adeguato. La BOJ sta ora acquistando più del 100% delle nuove emissioni di debito fiscale del Giappone, e queste a loro volta ammontano a quasi il 50% della spesa corrente. Eppure dopo che i pazzi alla BOJ acquistano le loro quote mensili, rimangono solo pochi bond in circolazione.

Così adesso il decennale giapponese è trattato ad un tasso negativo di 13 punti base. È diventato così scarso che è emersa una comica caccia a rendimenti decenti in quel che resta del mercato dei titoli di stato giapponese. Vale a dire, gli investitori istituzionali giapponesi al fine di trovare rendimenti "positivi" si accalcano verso la fine della curva dei rendimenti, dove stanno raccogliendo obbligazioni a 40 anni ad un rendimento di soli 29 punti base.

Questo è semplicemente orrendo. Ecco come apparirà la colonia giapponese di vecchi tra 40 anni da oggi. Stiamo parlando di un 40% di riduzione delle dimensioni della popolazione in età lavorativa.

L'attuale popolazione in età lavorativa del Giappone (75 milioni) sta già barcollando sotto il peso delle imposte correnti e del costo della vita elevato. Ma quando raggiungerà 45 milioni entro il 2060, la matematica diventerà proibitiva.




In altre parole, il culto dei tassi d'interessi ultra-bassi e l'assioma keynesiano secondo cui la prosperità può essere sempre creata con più debito, sta letteralmente distruggendo la capacità del Giappone di adoperare una governance razionale. In realtà, ciò di cui ha bisogno il Giappone è esattamente l'opposto della NIRP — cioè, alti tassi d'interesse e forti ricompense per il differimento del consumo presente.

In preparazione della bomba ad orologeria rappresentata dalla demografia, ad esempio, i politici del Giappone dovrebbero ricercare a tutti i costi avanzi di bilancio. E potrebbero essere molto più inclini a farlo se avessero dovuto affrontare i cosiddetti bond vigilantes, non un branco di manager obbligazionari disperati a caccia di 29 miseri punti base di rendimento.

Allo stesso modo, le famiglie del Giappone dovrebbero essere attratte da una quantità maggiore di risparmio, ma è accaduto esattamente il contrario. Nel 2015 il famoso alto tasso di risparmio del Giappone, che era stato quasi del 20% nei primi anni '80, ha raggiunto lo zero.




Ad un certo punto il Giappone dovrà prendere in prestito da stranieri, ma non ci saranno acquirenti a 29 punti base per titoli quarantennali la cui garanzia è costituita da una casa di riposo che una volta era una nazione. In breve, il sistema finanziario del Giappone è sicuro che collasserà, azzerando migliaia di miliardi di titoli di stato giapponesi.

Sì, la BOJ potrebbe anche annullare le migliaia di miliardi di JGB che ha in pancia, quando la crisi diventerà così disperata da richiedere un Giubileo per i Debitori. Ma è proprio questo il punto — il caos finanziario incombente incarna un mondo in cui i tassi di crescita di fine anno non meritano un multiplo del 24.3X.

Infatti, quando il Giappone sarà il primo paese ad andare in default, nessuna obbligazione sovrana sul pianeta sarà investibile ai tassi ridicoli di oggi. Quindi le perdite incorporate nei mercati obbligazionari di tutto il mondo sono già nell'ordine delle decine di migliaia di miliardi.

Lo stato ridicolo in cui versa il mercato dei titoli di stato del Giappone è stato spiegato più dettagliatamente in un altro post, ma non vi è nulla di straordinario perché è ormai un fenomeno planetario.

Un altro vicolo cieco simile lo ritroviamo nella madre di tutti i debiti impagabili: lo Schema Rosso di Ponzi. Con poco meno di $30,000 miliardi di debito finanziario impagabile, le aziende cinesi stanno ora affrontando l'inesorabile deflazione del giorno dopo.

Vale a dire, stanno tentando di ripagare i loro banchieri rivalendosi sui loro fornitori. Come mostrato di seguito, nel sistema aziendale della Cina i pagamenti ora soffrono di una dilazione di 192 giorni. Ed è per questo che tutto il suo castello di carte rischia di crollare con un botto. Ad un certo punto i miliardi di crediti non pagati di cui è composta questa catena di S. Antonio, supereranno di gran lunga la capacità dei banchieri statali della Cina di contenerli e supereranno anche la crescente flotta di cellulari della polizia per mantenere in riga questo gigantesco schema di Ponzi.




Infatti questo aumento dei debiti ha due implicazioni spiacevoli. La prima è che il mito della capacità di Pechino di una governance economica onnisciente e infallibile, sarà fatto a pezzi. È stato tutto un fraintendimento — il fallimento della "crescita" spacciata dai propagandisti di Wall Street, farà capire loro che il doping monetario attraverso un sistema bancario controllato dallo stato finanzia solo una spesa pubblica incontrollata ed emissioni infinite di asset a reddito fisso; e non genera affatto una crescita efficiente o una ricchezza sostenibile.

Ma i suzerain rossi di Pechino stanno già dimostrando che quando l'espansione del credito finisce, non hanno idea di cosa fare. A questo proposito, ora sembra che nel primo trimestre il sistema bancario cinese abbia generato nuovo credito ad un tasso annuale di $4,000 miliardi, o quasi il 40% del PIL.

Inoltre il cosiddetto "settore siderurgico" cinese ha avuto nuova vita grazie ad una domanda artificiale per investimenti di capitale e infrastrutture. Di conseguenza, a marzo la produzione di acciaio della Cina ha raggiunto un massimo storico, provocando un aumento temporaneo dei prezzi, e le acciaierie chiuse hanno riaperto.

Tanti saluti al restringimento del credito promesso dalla banca centrale cinese e allo smantellamento dei 150 milioni di tonnellate di capacità annunciato dai burocrati di Pechino qualche mese fa. Sin da quando Deng ha scoperto la stampante monetaria nel seminterrato della PBOC, il partito comunista cinese ha fatto un patto con il diavolo finanziario. Ma ora è troppo tardi per fermare lo Schema Rosso di Ponzi, il che significa che è in programma un'altra implosione del debito.

E non sarà contenuta entro i confini del Regno di Mezzo. Come ha anche spiegato l'autore del pezzo, “Red Ponzi Imploding — How It Will Turn The EM Into A Wasteland”, Douglas Bulloch:

I massicci investimenti cinesi in infrastrutture hanno creato l'illusione temporanea di ricchezza, mentre i livelli del debito globale sono cresciuti senza sosta. La maledizione delle commodity ha poi indebolito il progresso economico reale in tutto il mondo, poiché le élite hanno inseguito eccedenze in diminuzione. Questo ha lasciato esposti i produttori; uno in particolare – il Venezuela – è rapidamente diventato una terra desolata. La Russia è stata lasciata in uno stato di declino industriale e demografico, e il Brasile ha confermato gli stereotipi sulla corruzione latinoamericana. Tutto perché gli ordini si stanno prosciugando e il denaro è finito. Sia il Brasile sia la Russia si trovano ad affrontare la possibilità di un crollo imminente. L'India, al contrario, è una promessa mai mantenuta, la quale gioca alla tartaruga e la lepre con la Cina.

L'unica vera storia nella parola BRICS è sempre stata la "C", e l'enorme boom degli investimenti che ha alimentato i prezzi delle commodity ha fatto letteralmente impazzire il mondo. C'erano soldi per i programmi sociali in Brasile, c'erano i soldi per il nuovo modello di esercito di Putin e c'erano i soldi per le Olimpiadi e la Coppa del Mondo in entrambi i paesi. Poi c'erano i soldi per i palazzi di Londra, c'erano i soldi per i conti bancari panamensi, c'erano i soldi per le piccole guerre e alcuni avanzi per le presunte istituzioni di un "nuovo ordine mondiale".

Ora il dilemma della politica cinese è di tutti. Dopo aver trascorso 15 anni a succhiare i consumi e gli investimenti da tutto il mondo, la Cina ora ha una capacità produttiva che non può assolutamente sostenere, e si affaccia su un mondo riluttante a compensare le carenze della domanda cinese. Quindi sta accumulando debiti che avrà difficoltà a pagare ed investitori che si aspettano un ritorno che non riceveranno.

Solo il permabull più sfegatato potrebbe sostenere che l'economia statunitense è disaccoppiata dalla Cina e dai mercati emergenti. Ma per fugare ogni dubbio, basta considerare le sue implicazioni nell'ennesimo trimestre di utili in calo.

Vale a dire, le vendite di Coca-Cola (KO) per il primo trimestre sono scese del 4% rispetto all'anno precedente ed è il dodicesimo calo delle vendite negli ultimi 13 trimestri. Allo stesso modo, l'utile netto è sceso di oltre il 5%.

Ma KO non è trattata al 27X degli utili perché gli scommettitori pensano che i baby-boomer americani stanno per essere improvvisamente rapiti un rinnovato desiderio di Coca-Cola. Gli attuali livelli da capogiro presuppongono che gli abitanti della Cina e dei mercati emergenti, andranno in fissa con tale bevanda frizzante.

Inutile dire che il grande boom del credito in Cina/mercati emergenti degli ultimi 20 anni si sta trasformando in un crollo deflazionistico e drenerà la "frizzantezza" dal prezzo delle azioni Coca-Cola. Nel corso degli ultimi quattro anni, le vendite di Coca-Cola e il suo utile netto sono costantemente diminuiti. Eppure il suo PE è lievitato dal 17X al 27X. Cioè, andando a ritroso ha generato $50 miliardi di capitalizzazione di mercato.




Come abbiamo detto, fate attenzione alla crescita di fine anno. I segni premonitori sono ovunque e ciò che sta dall'altra parte non è un mondo di valutazioni al 24.3X.

Saluti,


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


3 commenti:

  1. C'è un altro signore oltre a Stock anche, che parla sempre d'imminente deflazione ed è un gestore e si chiama Garda shilling. Io faccio fede a quel bel video di Jim Rickardd, intervistato da Jeff Deist del Mises istituto e tradotto e sottotitolato da Francesco; entrambe le strade sono possibili, cioè prima un aumento della deflazione che porti all'inflazione in seguito oppure il divampare immediato di quest'ultima. Entrambe sono situazioni distruttive per le politiche monetarie attuali e per i mercati obbligazionari. Tu cosa ne pensi Francesco?

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    1. Ciao Dino.

      Dipende sempre da dove si guarda. Oltre all'esempio italiano, adesso posso annoverare tra le mie conoscenze "sul campo" anche l'esempio statunitense, e l'inflazione dei prezzi a livello alimentare si sente eccome. In realtà, deflazione ed inflazione sono due forze macroeconomiche che, in quanto tali, sarà sempre impossibile calcolarle con precisione. Questo perché i desideri degli attori di mercato sono mutevoli. Di conseguenza sebbene si possa stilare una tendenza, non si può fare come le banche centrali che dicono di voler perseguire ostinatamente un obiettivo d'inflazione del 2,00%. Lo stesso vale per la deflazione, la quale attanaglia settori che in precedenza si sono visti gonfiare artificialmente.

      Entrambe queste forze economiche devono essere lasciate libere d'agire, perché rappresentano anch'essi dei segnali che indicano agli attori di mercato come organizzare i loro affari. Invece adesso, in presenza dell'offerta gigantesca delle banche centrali, coloro che se lo possono permettere (es. front-runner e fast money trader) speculano alla grande sul mercato azionario/obbligazionario, togliendo risorse al resto dei mercati e facendo sopravvivere attività zombie mangia-risorse economiche; il resto della popolazione spinge affinché vengano soddisfatti i loro desideri.

      Questo significa che una volta che l'intervento delle banche centrali s'esaurirà, o una sola delle attività sotto il loro supporto vitale andrà in bancarotta scatenando un contagio (es. non è un caso se è stato approvato il cosiddetto "scudo salva banche italiane"), ci sarà un'eruzione d'inflazione dei prezzi laddove gli attori di mercato decidono che deve andare la produzione e un'eruzione della deflazione dei prezzi per quelle attività sostenute artificialmente.

      Cosa c'è di grave in tutto ciò? Nulla. È il normale funzionamento dei mercati. Gli unici preoccupati sono i pianificatori monetari centrali che invece vorrebbero direzionare a loro piacimento e a loro vantaggio i mercati. Ma come stiamo vedendo, e come hanno sempre ricordato gli Austriaci, a lungo andare questa strategia presuntuosa è destinata al fallimento.

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  2. Bellissimo articolo Francesco.
    E' veramente incredibile come continuino a sorreggere Wall Street, oramai hanno convinto pure me che credo che da agosto 2015 siamo entrati in un mercato orso della durata media di 18 mesi, che pero' WALL Street e' riuscito per il momento ad ingannare, non so ancora per quanto!!!

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