venerdì 18 marzo 2016

Le idee economiche hanno conseguenze... indirettamente


Ricordo a tutti i lettori interessati che è in vendita la mia traduzione dell'ultimo libro di Gary North, L'economia cristiana in una lezione, acquistabile a questo indirizzo: http://bit.ly/1JUqFIt. Con questo manoscritto North, attraverso uno sforzo letterario pregevole, unisce ciò che è stato diviso per anni da un mondo accademico cieco e sordo alla centralità dell'individuo nell'analisi economica: etica ed economia. L'escamotage della chiave di lettura teologica è utilizzata per chiarire al lettore come una visione epistemologica chiara sia fondamentale per uscire dall'attuale pantano intellettuale in cui è finita la teoria economica moderna.
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di Gary North


Remnant Review

Nel 1750 il più grande filosofo del mondo era lo scozzese David Hume.

Verso la fine del secolo venne scalzato da Immanuel Kant. Ciononostante Kant scrisse quanto segue: "Ammetto che è stato il ricordo di David Hume che, molti anni fa, ha interrotto il mio sonno dogmatico e ha direzionato le mie ricerche nel campo della filosofia speculativa lungo una strada completamente diversa." David Hume era il punto di riferimento filosofico nella metà del XVIII secolo.

Nel 1752 Hume scrisse un saggio in difesa del libero scambio: "On Commerce." Un quarto di secolo più tardi il suo caro amico Adam Smith scrisse La Ricchezza delle Nazioni, libro che era fondamentalmente un prolungamento di 800 pagine del saggio originale di David Hume.

Oggi la maggior parte degli economisti favorisce il libero scambio. Ci sono alcune eccezioni, e ci sono sempre state. Invece la popolazione in generale, secondo il suo potere di giudizio in quanto elettori, non è mai stata convinta del libero scambio. Anche tra gli elettori che sostengono d'essere difensori del libero mercato, quando i nodi vengono al pettine diventano mercantilisti. Sostengono ancora le posizioni economiche difese dai primi economisti del tardo XVII secolo, contro le quali David Hume e Adam Smith diressero loro potenza di fuoco intellettuale.

Torniamo alla realtà su cui si basa il pensiero umano, vale a dire, la maggior parte delle persone non riesce a seguire lunghe catene di ragionamento. Solo un gruppo relativamente piccolo ha questa capacità, e solo grazie alle sue specialità. Anche loro si lasciano distrarre quando è nel loro interesse economico smettere di seguire una particolare catena di ragionamento.



LIBERO SCAMBIO E UOMINI LIBERI

Il modo per capire se una persona crede veramente nel libero mercato, è quello di testare il suo atteggiamento riguardo il libero scambio. Questo è stato un test accurato sin dal 1776, quando Smith scrisse il suo libro. Gli argomenti di base a favore del libero scambio non sono cambiati sin dal 1776, o addirittura sin dal 1752. Gli argomenti di base a favore del mercantilismo non sono cambiati sin dal 1670. Possiamo trovare difensori di entrambe le posizioni tra gli economisti professionisti.

I produttori americani sono mercantilisti quasi istintivamente. Non vogliono la concorrenza dall'estero, e tirano fuori qualsiasi tipo di tesi per difendere l'imposizione di tasse federali sulle importazioni. Le loro tesi non hanno nulla a che fare con la logica, bensì col portafoglio.

Scopriamo che ci sono pochi difensori del libero scambio tra i produttori tessili americani. Scopriamo che i gruppi d'interesse nel settore manifatturiero ingaggiano economisti professionisti per difendere cose come dazi, quote d'importazione e altre restrizioni per la concorrenza al di fuori dei confini degli Stati Uniti. Trovano sempre economisti che sono disposti ad abbandonare i loro principi di libero mercato a favore di uno stipendio alto. Questi economisti scorrazzano per Washington testimoniando davanti alle commissioni del Congresso e presentano grafici, argomenti, e anche equazioni a favore delle restrizioni statali sulle importazioni.

Prima della seconda guerra mondiale, la Rockefeller Foundation iniziò a sponsorizzare conferenze a favore del libero scambio. Questo faceva parte di uno sforzo globale per creare una comunità di commercio internazionale. I grandi produttori americani coinvolti nel commercio internazionale, volevano dazi più bassi. Era chiaro che queste grandi aziende manifatturiere potevano competere con successo, quindi i loro dirigenti favorivano il libero scambio. Gli internazionalisti, di cui i Rockefeller erano gli agenti più importanti, favorivano il libero commercio come mezzo per estendere il commercio internazionale, la finanza internazionale e il diritto internazionale. Così, gli interessi della Rockefeller Foundation e delle grandi aziende americane -- oggi chiamate multinazionali -- erano un tutt'uno.

La Rockefeller Foundation iniziò a tenere conferenze con economisti di professione. Economisti di libero mercato, come F. A. Hayek, Wilhelm Roepke e Ludwig von Mises, erano pagati per partecipare a queste conferenze e scrivere libri. Questi economisti di libero mercato erano internazionalisti in materia di scambi economici, per cui la Rockefeller Foundation mise i soldi per contribuire a promuovere le loro idee sul commercio. Scesero in campo anche altri economisti perché nella storia dell'economia, sin dai tempi di Adam Smith, il libero scambio era stata la posizione dominante.

Ma c'era un'eccezione all'internazionalità della Rockefeller Foundation e delle grandi aziende americane. A loro non piaceva il gold standard internazionale. Questo perché a loro non piaceva soprattutto a livello nazionale. Il gold standard poneva limiti alla manipolazione dell'economia nazionale da parte delle banche centrali. Gli internazionalisti, sin dalla creazione della Banca d'Inghilterra nel 1694, sono sempre stati grandi promotori delle banche centrali nazionali. Così, quando si tratta d'internazionalismo, gli internazionalisti non promuovono la singola istituzione che ha fatto più di chiunque altro per promuovere il commercio internazionale: il gold standard internazionale. Per tutto il XX secolo si sono opposti a tale sistema monetario.

Gli economisti di professione si sono praticamente accodati. È impossibile trovare un libro di testo d'economia di livello universitario che non favorisca il settore bancario centrale. È altrettanto impossibile trovare qualcuno che favorisca apertamente il gold standard internazionale. Gli scrittori di tali libri di testo promuovono il settore bancario centrale in nome della libera impresa, ma le banche centrali non sono altro che dei cartelli. Lo stato crea un cartello per favorire un gruppo con interessi particolari all'interno dell'economia. Tutti i libri di testo dettagliano accuratamente la natura di questa disposizione speciale e di come i cartelli riducano la soddisfazione del cliente e la ricchezza dei consumatori. Ma, quando si tratta del capitolo sulla banche centrali, gli autori stanno attenti a separarlo dal capitolo sui cartelli. Il loro funzionamento è identico, ma i capitoli sono separati. Non è casuale, è voluto.

Nel corso del XX secolo la Rockefeller Foundation e il Federal Reserve System hanno messo gli economisti sul loro libro paga, o hanno fornito loro un aiuto finanziario affinché promuovessero gli interessi del settore bancario centrale. L'intera professione economica negli Stati Uniti ha ricevuto il messaggio, con l'eccezione della Scuola Austriaca. Questo è il motivo per cui la stragrande maggioranza degli economisti professionisti è convinta che il modo migliore per gestire un'economia è quello che passa attraverso le leve della banca centrale. Potrebbero non favorire la pianificazione centrale in qualsiasi altro settore, ma la sostengono quando riguarda le istituzioni economiche principali, ovvero, la moneta e il settore bancario. In quest'ultimo caso, favoriscono la regolamentazione statale. Favoriscono commissioni d'economisti esperti che direzionano l'economia attraverso la manipolazione dell'offerta di moneta.

In altre parole, gli economisti sono fedeli al loro credo, equivalente ad una confessione di fede: l'interesse personale è supremo. Il denaro è il sestante. Le persone seguono il loro proprio interesse personale quando devono prendere decisioni, e poi creano giustificazioni per tali decisioni.

Questa era la linea di ragionamento di Marx. Diceva che il modo di produzione è fondamentale per la società e che la filosofia e l'etica sono semplici giustificazioni per il modo prevalente di produzione. Il modo di produzione è la sottostruttura e la filosofia è la sovrastruttura. Ciò che conta è il modo di produzione. Questo era il punto di vista di Marx e, quando i nodi vengono al pettine, è anche l'opinione della maggior parte degli economisti di libero mercato. Credono davvero che l'interesse personale rappresenti il fattore motivante della maggior parte delle persone, o anche di tutte le persone, la maggior parte delle volte, o anche tutte le volte.



ELETTORI E CONSUMATORI

La maggior parte degli elettori è a favore di dazi e quote d'importazione. La maggior parte degli elettori è mercantilista. Non hanno mai creduto ad Adam Smith.

Tuttavia gli elettori sono stati ignorati sin dalla presidenza di John F. Kennedy. C'è stata una spinta costante della presidenza per ridurre i dazi, ridurre le quote d'importazione ed estendere l'autorità delle organizzazioni internazionali burocratiche, di cui il modello supremo è l'Organizzazione Mondiale del Commercio. Così, abbiamo visto il trionfo di dazi ridotti. Nel corso dell'ultima generazione abbiamo visto un enorme aumento del commercio estero all'interno dell'economia americana. Gli elettori sono stati ignorati.

Tra tutti i gruppi con interessi particolari, i sindacati sono stati ignorati. I sindacati votano democratico, e poi la maggior parte dei democratici gira loro le spalle approvando dazi ridotti, più commercio e quindi una maggiore concorrenza dei paesi con salari bassi. Il risultato è stata l'eliminazione costante dei sindacati negli Stati Uniti, fatta eccezione per i vari livelli del governo civile.

Ecco il fatto sorprendente. I membri dei sindacati votano contro il loro interesse personale ogni volta che votano per un democratico a rappresentarli nel Congresso. Di certo votano contro i propri interessi eleggendo presidenti democratici. Nel corso del tempo il Partito Repubblicano ha favorito i dazi. Nel corso del tempo i democratici hanno favorito il libero scambio. Eppure il movimento sindacale sin dal 1912 è stato a favore dei democratici. Queste persone non imparano mai. I repubblicani volevano il libero scambio nel settore dei servizi all'interno degli Stati Uniti, mentre i democratici no. Ma questi ultimi hanno favorito il libero scambio attraverso le frontiere americane, e mentre anche la maggior parte dei repubblicani ne è stato a favore a partire dal 1970, c'erano più repubblicani che vi si opponevano rispetto ai democratici. Non importava. Il libero commercio ha praticamente distrutto il movimento sindacale, ma i membri del sindacato sono iscritti al Partito Democratico.

I membri del sindacato hanno capito che il libero scambio, sia nazionale che internazionale, ha indebolito il movimento sindacale. Quest'ultimo è basato sulla coercizione statale. La grande crescita dei sindacati è sbocciata dopo che Franklin Roosevelt fu eletto nel 1932. Ma i sindacalisti non hanno mai capito come affrontare il problema dei democratici che sono a favore del libero scambio attraverso le frontiere. I democratici, sebbene si opponessero alle leggi right-to-work e si opponessero alla legge Taft-Hartley del 1947, hanno costantemente votato per dazi più bassi. Ciò è stato sufficiente per indebolire il movimento sindacale nel settore manifatturiero.



I LIMITI DELLA LOGICA

Già una generazione fa scrissi che discutere con un lettore conservatore medio a favore del libero scambio, è probabilmente un esercizio inutile. Lo scrissi esattamente nel 1973. Lo scrissi nel mio libro, Introduction to Christian Economics.

Veniamo ora alla questione economica che separa gli economisti dai gruppi con interessi particolari. Ci sono un sacco di capitalisti di libero mercato che tessono le lodi della libera concorrenza, ma quando le cose si fanno serie, chiedono l'intervento coercitivo dello stato affinché impedisca agli americani di commerciare con gli altri paesi del mondo. Concorrenza tra gli americani, ma non tra le aziende americane e le aziende estere: ecco il grido dei sostenitori dei dazi. Il fatto che meno del 5% della nostra economia sia direttamente coinvolta nel commercio estero, non sfiora neanche minimamente il pensiero di questa gente: il libero commercio sta "distruggendo" il restante 95% dell'economia americana! A quanto pare i principi del capitalismo funzionano solo entro i confini nazionali. A quanto pare l'intervento dello stato "proteggerà" gli americani. Il libro di Henry Hazlitt, L'economia in una lezione, distrugge completamente gli argomenti dei sostenitori dai dazi; eppure queste tesi continuano a spuntare in ogni dove. Per due secoli la loro posizione è stato un fallimento dal punto di vista intellettuale; eppure queste tesi continuano a spuntare in ogni dove. I dazi danneggiano tutti i consumatori, ad eccezione di quelli che ne beneficiano direttamente, per esempio, le "industrie nascenti", come quelle dell'acciaio o del tessile. Eppure i sostenitori dei dazi dicono che tutti gli americani sono "protetti". La logica economica non riesce a penetrare alcune menti presumibilmente razionali (p. 341).

Eppure questa mentalità mercantilista degli elettori non si è tradotta in politica commerciale federale.


https://www.census.gov/foreign-trade/statistics/graphs/gands.html


Ancora spendo del tempo a discutere in favore del libero scambio. (Qui sul blog trovate una sezione completamente dedicata ai miti del mercantilismo, NdT) Perché lo faccio? Perché credo che, a lungo andare, la giustizia vincerà. Nel lungo periodo falliranno tutte quelle politiche economiche a favore della ridistribuzione forzata della ricchezza, della normativa statale e di tutto il resto della moderna economia keynesiana.

Le politiche di libero mercato offrono ai consumatori maggiori benefici, e in ultima analisi sono i consumatori che prendono le decisioni finali. Hanno il denaro e il denaro è il bene più commerciabile. I consumatori chiedono d'essere serviti, e anche quando si recano alle urne elettorali e votano a favore di politici che approveranno un aumento dei dazi, non avranno successo. Le decisioni delle persone nelle urne elettorali non sovvertiranno le loro decisioni sul mercato. Vogliono offerte migliori. Vogliono prodotti più economici. In ultima analisi, non vogliono comprare cose americane qualora esse non soddisfino i loro criteri. Voteranno, quindi, con i loro portafogli; voteranno per l'efficienza economica. Gli interessi personali sul mercato sovvertiranno gli interessi personali espressi nelle urne elettorali.

Promuovo idee che alla fine trionferanno, non principalmente per la loro logica, ma per il tremendo potere che ha il libero mercato di sopraffare ogni forma d'interventismo. Non fu Adam Smith a diffondere la tesi del libero scambio. Fu, invece, l'impero britannico che si basava principalmente sul libero scambio. All'inizio del XIX secolo il commercio dell'impero britannico non si basava più sui favori politici per la Compagnia delle Indie Orientali. Si basava su una concorrenza aperta. Ciò favorì i produttori britannici e i consumatori britannici. Inoltre favorì i consumatori in ogni nazione. È questo il motivo per cui s'è diffuso il punto di vista di Adam Smith.

In altre parole, io credo nella coerenza. Credo che esista causa/effetto etico nell'universo. Credo che infine prevarrà ciò che è giusto. Credo che alla fine trionferà l'autorità dei clienti sulla sovranità degli elettori. L'ago della bilancia sarà il denaro, il quale penderà in favore della libertà. Quando la gente esce e spende i propri soldi, ciò avvantaggia quei produttori che competono con maggior successo a livello internazionale.

Ci saranno sempre un sacco d'argomenti a favore del mercantilismo. Nel lungo periodo si dimostreranno errati, proprio perché le persone, in qualità di clienti, voteranno con i loro soldi a favore di offerte migliori, e la concorrenza aumenterà il numero di buoni affari. Questo vale anche per il keynesismo, che è una forma di mercantilismo.

È per questo che il keynesismo non sopravviverà molto a lungo. È per questo che i dazi e le quote non sopravviveranno molto a lungo. È per questo che le banche centrali non dirigeranno più lo show politico ed economico alla fine del XXI secolo. I consumatori potranno quindi andare in cerca di giustificazioni morali e ideologiche per quei meccanismi istituzionali che avranno trionfato nella competizione del mercato aperto.



CONCLUSIONE

Le idee hanno conseguenze, ma in materia economica, la spesa dei consumatori ha maggiori conseguenze. La spesa dei consumatori determinerà quali persone adotteranno quali idee.

Penso che la logica keynesiana, come la logica mercantilista, non riuscirà a convincere la stragrande maggioranza di coloro che pongono in prima linea gli interessi personali. Sto parlando dei clienti. Hanno il denaro e il denaro è la merce più commerciabile.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


2 commenti:

  1. Ciao.
    North ci spiega con coerenza che la stragrande maggioranza delle persone è disponibile a liberalizzare gli altri, ma raramente se stessa.
    Accade ovunque.
    Se poi aggiungiamo a questa forma mentis anche un non ancora terminato secolo socialista, che ha distribuito illusioni e privilegi insostenibili nel lungo periodo oltre a milioni di morti e miseria permanente ed ora socializza le perdite della gestione elitaria, il risultato è inevitabile.

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    1. Ciao Dna.

      L'esempio storico per eccellenza ce l'abbiamo avuto nel 1936 quando la nuova schiera di economisti sotto i 35 anni, si riteneva l'unica in possesso del bagaglio tecnico/culturale per scongiurare la minaccia della depressione. La valanga keynesiana, tramortendo i primi germogli che la Scuola Austriaca aveva piantato in America e Inghilterra, rappresentò la resa incondizionata da parte della maggior parte degli economisti alla nuova dottrina economica. L'interventismo è diventato il principio dogmatico attraverso il quale conferire allo stato e alle sue succursali il potere salvifico d'aggiustare le cose.

      Molti hanno chiuso occhi e orecchie di fronte a questa presunta verità, e hanno lasciato che essa li trasportasse lungo le correnti della storia. La via verso la schiavitù era un testo fuori luogo all'epoca, perché anticipava troppo i tempi. Hayek sapeva a cosa avrebbe condotto il keynesismo, eppure tacque. Come lui anche il resto della schiera Austriaca. Cercava d'avvertire i posteri attraverso un messaggio indiretto. Non funzionò. I frutti delle tesi Austriache erano ancora troppo acerbi quando sono stati travolti dalla valanga keynesiana, affinché la popolazione fosse dotata di strumenti metodologici chiari con i quali sondare la realtà economia e distinguere chiaramente cause ed effetti dei cvari problemi.

      Ma, oggi, ritengo anch'io che le cose stiano diversamente. Gli Austriaci hanno ricostruito i campi travolti dalla valanga keynesiana, e ora stanno ottenendo i frutti dei loro sforzi. Inutile preoccuparsi di una possibile ulteriore valanga. Non ci sarà. La legge dei rendimenti marginali impedirà che ce ne sia un'altra.

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