mercoledì 20 gennaio 2016

Il ciclo della finanza delle bolle: quello che la scuola keynesiana non arriva a capire — Parte 2

Ricordo a tutti i lettori interessati che è in vendita la mia traduzione dell'ultimo libro di Gary North, L'economia cristiana in una lezione, acquistabile a questo indirizzo: http://bit.ly/1JUqFIt. Con questo manoscritto North, attraverso uno sforzo letterario pregevole, unisce ciò che è stato diviso per anni da un mondo accademico cieco e sordo alla centralità dell'individuo nell'analisi economica: etica ed economia. L'escamotage della chiave di lettura teologica è utilizzata per chiarire al lettore come una visione epistemologica chiara sia fondamentale per uscire dall'attuale pantano intellettuale in cui è finita la teoria economica moderna.
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di David Stockman


Nella Parte 1 abbiamo dimostrato che una spiralizzazione di salari e prezzi precedeva sempre una recessione durante l'era della politica monetaria "Tocco Leggero" (1951-1985). Questo succedeva perché la FED era perennemente costretta a spingere i freni monetari per raffreddare un'economia surriscaldata.

Così facendo, prosciugava le riserve dal sistema bancario, causando una brusca interruzione del credito alle famiglie e alle imprese. Il forte calo conseguente nelle spese in conto capitale delle imprese, nei beni durevoli e nei mutui, provocava una breve battuta d'arresto nell'attività economica aggregata.

Tale discontinuità, il relativo tasso di disoccupazione e la perdita della produzione, erano del tutto inutili e non erano affatto una conseguenza naturale del libero mercato.

In un sistema con tassi d'interesse di libero mercato, infatti, il meccanismo dei prezzi per il credito avrebbe funzionato in modo molto più regolare e continuo, il che significa che il boom del credito sarebbe stato stroncato sul nascere. Tassi flessibili nel mercato monetario e curve dei rendimenti in continuo cambiamento, avrebbero soffocato l'indebitamento insostenibile e avrebbero indotto un aumento del risparmio privato grazie a premi più elevati per il differimento della spesa presente.

Di conseguenza le recessioni dell'era monetaria "Tocco Leggero" erano principalmente un fenomeno "correttivo" che rifletteva la pulizia di quelle attività economiche improduttive nate grazie all'intervento monetario. Cioè, l'economia "stop & go" criticata dai sostenitori di una moneta sonante, era influenzata dal settore bancario centrale e dalla sua manipolazione del prezzo del denaro e del flusso e riflusso del credito.

Durante i boom inflazionistici alimentati dal credito bancario, le aziende tendevano a sovra-investire negli asset a reddito fisso e negli inventari ed a sovra-assumere in base al presupposto che i bei tempi sarebbero continuati indefinitamente. Ma quando la banca centrale era costretta a togliere il piede dall'acceleratore monetario (es. rifornire il sistema bancario commerciale di riserve di credito fiat) ed a spingere i freni, le imprese dovevano per forza di cose cancellare gli eccessi precedenti.

Il boom del 1972-1973 e la recessione successiva, sono stati un caso da manuale. Ma è essenziale ricordare che tutto è avvenuto a causa del boom monetario alimentato dall'Eccles Building, e non come conseguenza di un complotto nefasto del cartello dell'OPEC o addirittura di una "carenza di petrolio".

Il problema non era una carenza di petrolio, ma una marea di credito fiat e relative spese. Infatti, durante i 24 mesi dopo l'agosto 1971, la FED sotto Arthur Burns alimentò una pesante espansione del credito bancario. Questa tempesta monetaria, composta da $200 miliardi di nuovi prestiti bancari e pari ad un incredibile 20% del PIL dell'epoca, rappresentò un tasso di crescita del credito senza precedenti — superato solo dai suzerain rossi di Pechino dopo il crollo del commercio mondiale nell'autunno del 2008.

In ogni caso, l'economia globale raggiunse un ritmo rovente d'espansione nel 1972-1974, che per lo più era dovuto alla locomotiva del credito Nixon-Burns e al boom di spesa dell'economia statunitense.

Ad esempio, le importazioni non petrolifere degli Stati Uniti aumentarono del 15% nel primo anno dopo Camp David e poi accelerarono al 22% nel 1973 e al 28% nei 12 mesi terminanti l'agosto 1974. Questi giganteschi aumenti nei beni importati erano letteralmente fuori scala, e ben oltre la capacità dell'offerta del mercato mondiale.

La domanda rovente statunitense innescò boom di produzione in tutto il mondo, facendo aumentare l'operatività delle industrie e le capacità degli inventari.

Quindi fu una tempesta di denaro e credito che generò la prima bolla delle commodity dopo il 1971, non il cartello dell'OPEC. Infatti se il problema fosse stato solo la manipolazione del prezzo da parte del cartello del petrolio — e il prezzo del greggio aumentò da $1.40 al barile a $13 durante questo periodo — non potremmo spiegare le decine di boom paralleli nello stesso arco di tempo di 2-3 anni.

Vale a dire, non vi sono prove di un accordo di cartello nei mercati del riso, del rame, della pancetta di maiale, del ferro e del sego industriale, per esempio. Eppure, tra il 1971 e il 1974, il riso passò da $10 a $30 al quintale, mentre la pancetta di maiale triplicò di prezzo da $0.30 per libbra a $1.

Analogamente il costo di una tonnellata d'acciaio salì da $40 a $140; lo stagno saltò da $2 a $5 per libbra; e il prezzo del caffè aumentò di quasi otto volte, da 42 centesimi a $3.20 per libbra. Anche il sego industriale prese un vento di poppa, passando da 6 centesimi a 20 centesimi per libbra, e più o meno lo stesso ordine di grandezza lo vedemmo per il prezzo del grano, del rame, del cotone, del piombo, del legname e della soia.

In ogni caso, quando Nixon percorse il suo viale del tramonto lungo il Watergate, il presidente della FED Arthur Burns — che per una questione di fede era un falco nei confronti dell'inflazione, nonostante si fosse comportato come un pusillanime quando pressato da Nixon — rinsavì e spinse i freni monetari.

Di conseguenza s'arrestò la crescita a doppia cifra del credito bancario sopra descritta. Crebbe solo dell'1.2% nel 1975.

All'epoca la recessione risultante venne descritta come la più profonda sin dal 1930, ma non c'erano molti parallelismi. La costruzione degli immobili subì un ridimensionamento acuto a causa del prosciugamento del credito ipotecario e diminuì moderatamente anche la spesa delle imprese per gli investimenti.

Eppure la componente principale dell'economia statunitense — la spesa dei consumatori che già allora rappresentava i due terzi del PIL — non mostrò alcuna riduzione.

Come ho spiegato meglio in The Great Deformation, il calo in termini reali è stato solo dello 0.7%.

Questa non era certo roba da depressione, e non si avvicinava nemmeno al calo del 20% dei consumi delle famiglie avvenuto durante la Grande Depressione. Invece il cuore della crisi 1974-1975 era la liquidazione delle scorte industriali e commerciali, le quali rappresentavano i due terzi del calo del PIL reale.

Inoltre tale fatto seguiva esattamente il tipo di boom inflazionistico che era stato reso possibile dalla distruzione di Bretton Woods.

Vale a dire, nel 1972-1973 il drastico aumento dei prezzi mondiali delle commodity discusso sopra, portò ad una corsa da parte delle imprese per acquistare e accumulare scorte di materie prime, componenti e prodotti finiti prima che i prezzi aumentassero ancora di più.

Questo acquisto anticipato di scorte era al centro del ciclo boom/bust post-Camp David.

Quando l'espansione monetaria terminò alla fine del 1974 e si placarono le pressioni sui prezzi, le imprese si sbarazzarono di suddette scorte durante la fase di correzione successiva.

Di conseguenza ciò che viene ricordato come un profondo declino del 3% del PIL reale durante il ciclo di recessione 1973-1975, fu solo un calo dell'1% sulla base delle vendite finali. Tutto il resto rifletteva lo smaltimento di quelle che erano scorte in eccesso.

Detto in altro modo, i numeri del PIL nel 1972-1973 s'erano gonfiati a causa della produzione in eccesso di scorte, e quindi le cifre nei due anni successivi riflettevano la loro liquidazione.

Questa prova piuttosto convincente che la politica monetaria inflazionistica non aumenta la crescita di lungo termine, ma destabilizza solo il ciclo delle scorte, non è mai stata compresa dai decisori della linea di politica.

Infatti quando la crisi ruppe il ciclo della speculazione sulle materie prime e fece scendere temporaneamente il tasso dell'IPC sotto il 5%, Burns e la Casa Bianca fecero la cosa sbagliata: lanciarono un nuovo ciclo di "stimolo" e presto riaccesero un'inflazione ancor più virulenta.

Infatti dopo aver frenato nel 1975 a causa del drenaggio delle riserve dal sistema bancario, il credito bancario aumentò del 10% nel 1976 e poi del 15% nel 1978 e 1979. Alla fine la spiralizzazione di salari e prezzi andò fuori giri ancora una volta.

Alla fine Paul Volcker dovette domare l'inflazione a due cifre che nacque dall'accelerazione del credito dell'accoppiata Burns/Miller.

E mentre Volcker mostrava notevole finezza e coraggio nel rifiutare di "accomodare" la spirale inflazionistica con iniezioni di riserva monetarie — peccato principale di Burns durante il 1973-1974 — riuscì soltanto a smorzare la spirale inflazionistica; non pose fine al ciclo "stop & go" dell'era monetaria "Tocco Leggero".

Questo merito è da attribuire ad Alan Greenspan, ma non in senso buono. Quando Deng scoprì la stampante monetaria nel seminterrato della PBOC e scaraventò la sua nazione in un modello di crescita mercantilista alimentato dal credito, fu lui, e non i discepoli di Milton Friedman, che ruppe la spiralizzazione di salari e prezzi che aveva plasmato il ciclo economico e il comportamento reattivo della FED durante l'era della politica monetaria "Tocco Leggero".

In una parola, Deng svuotò le risaie cinesi dai suoi lavoratori e li diede in pasto ad una macchina industriale dedita all'esportazione, la quale venne messa in piedi dai capitali a basso costo sfornati dalla stampante monetaria cinese.

A quel tempo l'alluvione di merci a basso costo sul mercato mondiale venne chiamato il "prezzo cinese". Divenne ben presto l'oggetto degli attacchi velenosi dei soliti industriali, sindacalisti e protezionisti, i quali assistevano ad un costante outsourcing della base manifatturiera degli Stati Uniti in Cina. Ma il discepolo di Ayn Rand al timone dell'Eccles Building, non conosceva la differenza tra libero scambio e denaro gratuito.

Di conseguenza Greenspan non comprese che mentre le risaie cinesi venivano drenate dalla loro forza lavoro, i salari reali nelle industrie dei beni commerciabili scendevano in tutto il mondo. Secondo lui, quindi, per proteggere il libero commercio i salari americani sarebbero dovuti calare in termini reali e la struttura dei costi degli Stati Uniti doveva essere sgonfiata affinché rimanesse competitiva nei mercati mondiali.

L'ultima cosa di cui necessitava l'economia americana di fronte a questo cambiamento epocale nella curva dei costi del lavoro, era il credito facile e un consumo a livelli artificialmente elevati ed insostenibili. Ma questa è stata l'essenza di tutta l'era Greenspan, oltre alla menzogna d'aver domato l'inflazione.

Tra il 1993, all'inizio della vera baldoria delle esportazioni della Cina, e il 2006, l'IPC degli Stati Uniti è aumentato del 40% o ad un tasso annuo del 2.6%. Ma dato lo tsunami delle esportazioni cinesi, sarebbe dovuto calare.

Greenspan non ha fatto altro che gonfiare l'economia di Main Street con uno tsunami di credito, permettendo ai livelli del consumo interno di rimanere ben al di sopra di quelli che potevano essere sostenuti da salari e stipendi. Il credito totale degli Stati Uniti si triplicò da $15,000 miliardi a $42,000 miliardi negli ultimi 13 anni del mandato di Greenspan, mentre il leverage ratio delle famiglie s'impennò letteralmente.




Inutile dire che tutta questa emissione di nuove passività in dollari avrebbe provocato il crollo del dollaro USA in condizioni normali e avrebbe fatto salire il tasso di cambio in Cina e nella sua catena d'approviggionamento nei mercati emergenti. Ma dopo aver scoperto che il potere del partito comunista poteva essere meglio preservato con la stampante piuttosto che con le armi, come Mao aveva erroneamente predicato, i suzerain rossi di Pechino non avrebbero seguito l'ingenuo suggerimento di Milton Friedman di valute liberamente fluttuanti.

Invece hanno trasformato il mercato FX mondiale nella cosa più sporca che si potesse immaginare, continuando ad agganciare il RMB a livelli artificialmente bassi e accumulando in tal modo migliaia di miliardi di cosiddette riserve di dollari.

Infatti le riserve FX della Cina sono passate da zero nel 1993 a $4,000 miliardi nei due decenni successivi, ma non per politiche di gestione prudenti. È successo a causa della folle espansione del suo sistema monetario e del credito interno.

La baldoria del credito in Cina ha messo fine alla spiralizzazione di salari e prezzi negli Stati Uniti, perché le emissioni di passività in dollari non si sarebbero tradotte in un classico "surriscaldamento" dell'economia nazionale. Cioè, l'assorbimento totale dell'offerta di lavoro e della capacità di produzione degli Stati Uniti com'era avvenuto durante i cicli economici degli anni '60 e '70.

Capacità di produzione e offerta di lavoro in Cina/mercati emergenti erano pressoché illimitate, oltre ad un caveau praticamente senza fondo nella PBOC in cui sequestrare dollari indesiderati.

Com'è accaduto, infatti, il successo della falsa disinflazione di Greenspan ha portato la FED ad abbracciare una politica monetaria massicciamente invadente e la teoria dell'effetto ricchezza tramite il gonfiaggio degli asset finanziari. A tempo debito le incursioni sperimentali di Greenspan nei mercati finanziari sarebbero state soppiantate dal modello keynesiano hard-core di Bernanke e della Yellen.

Ahimè, hanno operato assecondando la grande illusione di una spiralizzazione interna di salari e prezzi, la quale avrebbe detto loro quando la vasca da bagno del PIL sarebbe stata riempita fino all'orlo di piena occupazione, e quindi quando sollevare il piede dall'acceleratore monetario.

Non è mai successo e mai lo solleveranno. L'era della politica monetaria "Tocco Leggero" è ormai storia antica.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


4 commenti:

  1. I fatti degli ultimi giorni dimostrano ancora più chiaramente che il libero mercato non esiste in presenza di una banca centrale.
    Anche stavolta ha vinto la battaglia lo status quo.
    Ma la direzione resta Tokio Harare.
    Ed è sulla previdenza che si giocherà il destino del sistema fiatmoney.

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    1. D'altronde, deformazione per deformazione, manipolazione per manipolazione, non vedo cosa potrebbe impedire a costoro di iniettare un domani nuovo fiatmoney direttamente nei sistemi previdenziali nelle forme e nelle modalità che vorranno... Tutto legalmente in base al diritto positivo del momento, piegato alle necessità del momento...

      Bene o male che sia, la nostra esistenza si dipana non solo attraverso il percorso individuale consapevole, ma pure condizionata dalle distorsioni della realtà prodotte volontariamente ed involontariamente dalla volontà di potenza di alcuni individui malati di protagonismo ed assetati di sangue...

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    2. Ciao Dna.

      Sono ormai circa 2 anni che assistiamo ad un tentativo di rally nelle azioni, ma ogni volta le perdite successive si mangiano quei rendimenti ridicoli che vengono accumulati dai robo-trader e dalle teste di legno nello zombie-box. Questi ultimi sono gli stessi che negli ultimi giorni c'hanno ricoperto con note rassicuranti riguardo lo stato patrimoniale delle varie banche italiane. Perché, secondo la loro visione distorta del mondo, le sofferenze di cui la maggior parte delle banche italiane è tutta colpa della cattiveria degli short-seller, mica di una gestione sconsiderata in ambito finanziario col beneplacito delle banche centrali. Ma, adesso come adesso, le chiacchiere stanno a zero, così come le "armi" dei banchieri centrali. I rimbalzi rappresentano euforia temporanea che ormai negozia le parole di buffoni a capo delle varie banche centrali. Hanno vinto "loro"? Non penso proprio. Più li guardo, più vedo disperazione. La recessione incombente è inevitabile da scongiurare.

      Gli indicatori importanti, e non la paccottiglia statistica riguardante l'aggregato dei lavori in cui tutto è mischiato con tutto, come le vendite delle aziende, le spese in conto capitale, il rapporto inventari/vendite, le esportazioni, stanno tutti segnalando "Pericolo Imminente". I bilanci, diversamente dalle credenze dei keynesiani, non sono qualcosa in cui si può accatastare debito a iosa. Voglio dire, dopo 20 anni d'espansione gigantesca del credito in cui i bilanci aggregati delle banche centrali del mondo sono aumentati del 10X, tutto quello che questa gente ha da mostrare sono due crolli epici? E il terzo è in arrivo? In realtà, il picco del debito di Main Street insieme a quello delle piccole/medie/imprese (a cui presto si uniranno anche le grandi aziende), ci sta informando che la Grande Correzione è un'inevitabilità data la mole strabordante d'errori economici che si sono accumulati negli ultimi 20 anni.

      E i rendimenti ridicoli nei mercati finanziari insieme alla Grande Inversione nelle commodity, sono il sintomo di un ambiente saturo di eccessi d'investimento sbagliati e investimenti improduttivi. L'insostenibilità dei pasti gratis offerti dalle banche centrali attraverso l'espansione monetaria le ha rese incapaci di intervenire ulteriormente per "aggiustare" le cose. No, siamo giunti nel momento in cui qualsiasi altro tentativo sarà intrinsecamente deleterio. La Cina è sommersa di capacità in eccesso tra acciaio, ferro, alluminio, rame e altre materie prime, mentre la fuga di capitali ha raggiunto la cifra esorbitante di $1,000 miliardi. Il Giappone è andato oltre la follia monetizzando qualsiasi asset in circolazione. Draghi non ha altro luogo in cui andare se non nella terra della NIRP più profonda e la FED, dopo le elezioni, attuerà la stessa strategia tornando dapprima alla ZIRP.

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    3. Lo so che non hanno "vinto" un bel niente e che tutti i fondamentali dicono picche. Ma ho la certezza che non pagheranno il conto e lo scaricheranno su noialtri come sempre. Possiamo provare a ripararci un po', a difenderci un po', a resistere un po', ma i seguaci del loro sistema predatorio di potere sono assolutamente irrecuperabili. E sono tantissimi, soprattutto dalle nostre parti.
      Quindi, "loro" non vincono, ma sicuramente so chi perde. Un po' alla volta, ogni giorno, sono sempre più consapevole di ciò che perdiamo. Indipendenza, autonomia, libertà. Perdere il loro fiatmoney è la cosa che meno mi importa. Ma non sopporto più di essere schedato con una serie infinita di codici alfanumerici e di essere avviluppato da una quantità crescente di carta insensata come in Brazil.

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