mercoledì 2 settembre 2015

Dopo il barcollamento verso il nulla, il mercato azionario necessiterà ancora una volta della stampella della FED


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di David Stockman


Oggi l'S&P ha chiuso esattamente a 2100, il culmine di un sacco di sali e scendi. In realtà, circa sei mesi fa ai primi di febbraio, l'indice raggiungeva la stessa cifra.




Ma non siate turbati, ci viene detto da Wall Street. Quello che indica il grafico qui sopra è una correzione di un mercato sano. Proprio così — una correzione nel tempo, non nel prezzo!

La parte sana, secondo gli imbonitori sell-side, è dovuta al fatto che il mercato non possa scendere a patto che non ci sia una recessione, e in vista non ce n'è alcuna. Quindi rilassatevi, contate le vincite e rinfrescatevi per la prossima spinta in alto.

Ora siamo a 74 mesi di cosiddetta ripresa, e secondo gli standard delle passate espansioni aziendali è davvero sbilenca.

A tal proposito, le prove abbondanti provenienti dai dati "in entrata" indicano che questo ciclo si avvicina al suo punto d'esaurimento. Ma il punto è che nessuna delle tre espansioni leggermente più lunghe indicate nel grafico, è lontanamente rilevante per le nostre circostanze attuali; non forniscono alcun tipo d'assicurazione che una visita da parte della recessione rappresenti un passaggio indolore.




L'espansione lunga 105 mesi durante gli anni '60, per esempio, è un testamento dell'economia "guns and butter" di Lyndon Johnson. Alla fine spinse l'economia americana fino al punto d'ebollizione a causa della grande mobilitazione per la guerra del Vietnam e per il programma spaziale. Quando l'espansione Kennedy-Johnson si concluse definitivamente nel 1968, ci sono voluti quasi tre anni di crescita economica inferiore alla media per stabilizzare la macroeconomia e spurgare le febbri inflazionistiche che erano state scatenate.

Bisogna ricordare che i bilanci puliti sono il bersaglio delle misure di stimolo monetarie e fiscali, le quali rubano dal futuro per spendere nel presente. Le lunghe espansioni degli anni '80 e '90, infatti, sono state in gran parte alimentate dal basso costo dei mutui e del credito al consumo.

Da un rapporto storicamente stabile tra debito e reddito delle famiglie a circa il 75%-80% prima del 1980, nel corso dei successivi 25 anni tale rapporto è salito inesorabilmente. Ma, com'è anche ovvio, le famiglie hanno raggiunto una condizione di picco del debito al tempo della crisi finanziaria. Ora non sono neanche lontanamente in grado d'indebitarsi di nuovo e portare l'economia americana verso un'espansione indefinita.




Non solo l'economia americana è ancora satura di $59,000 miliardi tra debito pubblico e privato, e quindi incapace di galoppare a tempo indeterminato sulla scia di un'espansione del credito interno, si trova anche ad affrontare venti contrari senza precedenti dal lato dell'economia globale.

Come abbiamo dimostrato più volte, questa volta è davvero diverso. La frenesia di costruzioni, investimenti, indebitamento e speculazione messa in scena sin dal 2008 dai governanti cinesi del capitalismo rosso e dai mercati emergenti loro fornitori di materie prime, non è mai stata eguagliata da nessuno dei cicli economici del dopoguerra riportati nel grafico qui sopra.

Quindi quello che abbiamo ora, è uno sconcertante eccesso di capacità su scala planetaria. Ciò significa che si sta propagando una burrascosa deflazione dalla Cina e dalla sua base di fornitori, in quanto stanno tentando disperatamente di vendere materiali e vari beni a qualsiasi prezzo che possa produrre un flusso di cassa positivo al netto dei costi variabili, e quindi ripagare le piramidi torreggianti di debito che sono state erette negli ultimi due decenni.

Tra le altre cose, questo significa che è anche finita la modesta salita del PIL USA spronata dalle esportazioni. Come mostrato di seguito, a giugno il livello delle esportazioni era già in calo del 6.4% rispetto all'anno precedente.




Ma quando si scompone il numero della riga in alto, le implicazioni per le tendenze delle spedizioni future sono davvero scoraggianti. Questo perché una parte sostanziale della salita delle esportazioni dopo il tonfo del commercio mondiale nel 2008, era dovuta ai prodotti trasformati e ai beni capitali — entrambi gli elementi risucchiati nelle grandi fauci del boom Cina/mercati emergenti, che però ora è finito.

Le esportazioni USA di forniture e materiali industriali sono scese del 18% rispetto al loro picco nel secondo trimestre del 2014. Allo stesso modo si sono comportate le esportazioni di beni strumentali, e, se le tendenze delle vendite estere di Caterpillar sono di una qualche utilità, il tonfo vero e proprio deve ancora arrivare.





A dire il vero gli apologeti keynesiani dello status quo e i loro alleati a Wall Street, sostengono che l'instabilità delle esportazioni degli Stati Uniti sia solo una fase temporanea causata dalla recente forza del dollaro. In breve, hanno torto.

Il ciclo di deflazione globale che si sta addensando all'orizzonte, devasterà il settore delle esportazioni degli Stati Uniti. Ecco perché la Cina e le economie emergenti stanno entrando in un periodo prolungato di calo della domanda di beni strumentali e di materie prime, mentre cercano di tenere a galla la frenesia degli ultimi due decenni nel settore immobiliare.

Nel frattempo la gigantesca "carenza di dollari" nelle economie emergenti, riflessa in un debito totale da $4,500 miliardi, genererà una corsa disperata alla ricerca di dollari. Vale a dire, quella che finora è stata una fame per rendimenti decenti, si trasformerà in una fuga in preda al panico dal debito dei mercati emergenti, poiché aumenteranno le perdite e le carenze di liquidità tra i mutuatari dei mercati emergenti.

Di conseguenza, il dollaro ha appena iniziato la sua ascesa e ciò ha anche implicazioni radicali per le spese in conto capitale della nostra nazione. Vale a dire, il crack-up boom globale incarna un ciclo classico in cui ci sono stati un grande eccesso d'investimenti e malinvestment in beni strumentali. Tra il prosciugamento della domanda per le esportazioni e l'alluvione imminente d'importazioni di prodotti industriali collegati all'acciaio, gli incentivi per la spesa in conto capitale della nostra nazione si ridurranno drasticamente.

Questo è già evidente nella tendenza calante degli ordini di beni strumentali. Come indicato dal rapporto mensile più recente, il dato di giugno è stato inferiore del 6.4% rispetto a quello dell'anno precedente.




Ancora una volta la scomposizione del dato ci mostra ulteriori dislocazioni sottostanti. Uno stimolante della spesa in conto capitale dopo il tonfo del 2009, è stata l'impennata degli investimenti nella patch di petrolio e di gas, e in misura minore in quelle del carbone, del ferro e in altre industrie estrattive. Inutile dire che la spesa in conto capitale in questi settori si sta raffreddando, poiché nel secondo trimestre di quest'anno è scesa del 35% in termini reali rispetto al picco nel quarto trimestre 2014.

Detto in altro modo, le spese in conto capitale nel settore energetico e minerario sono raddoppiate tra il 2009 e il 2014, ma ora stanno colando a picco di fronte al bust globale delle materie prime e alla deflazione industriale.




In realtà, la cattiva notizia è che le spese lorde in conto capitale per attrezzature si stanno invertendo dopo essere appena decollate durante gli ultimi sei anni di cosiddetta ripresa. Cioè, la spesa reale per attrezzature è già scesa rispetto al suo picco nel secondo trimestre del 2014 — anche se la crescita nominale cumulata sin dalla fine del 2007 è stata in media solo del 2% l'anno e praticamente nulla in termini reali.




Coloro che negano la presenza di una recessione, tendono a sottovalutare allegramente i venti contrari nei settori dell'esportazione e della spesa in conto capitale, e ignorano il fatto che la spesa del settore pubblico è bloccata dal suo picco del debito. A quanto pare tutto questo non conta, perché secondo loro il consumatore americano equivale al coniglio dell'Energizer. Eppure, come sottolineano anche da Lance Roberts, l'andamento reale delle spese al consumo personali non è conforme alla teoria dei suddetti negazionisti.




La ragione per la tendenza tiepida qui sopra, non è difficile da identificare. La maggior parte delle famiglie non è ancora in grado d'aumentare il proprio indebitamento, e quindi è costretta a spendere solo quello che guadagna.

Di conseguenza non dovrebbe essere una sorpresa se luglio è stato il terzo mese consecutivo in cui l'americano medio ha speso meno rispetto allo stesso mese di un anno fa, come registrato da un sondaggio di Gallup. Infatti, dei sette mesi del 2015, cinque hanno visto un calo della spesa dei consumatori anno/anno.




Il fatto che il reddito totale dei dipendenti nel secondo trimestre sia arrivato al livello più basso mai registrato, sicuramente ha qualcosa a che fare con le tendenze tiepide nei consumi registrate da Gallup.

Ma alla fine la prova reale che i salari dei consumatori stanno raggiungendo un punto morto, la ritroviamo in una serie di dati "in entrata" che non mente. Vale a dire, i dati giornalieri sulle ritenute d'acconto pubblicati dal Tesoro degli Stati Uniti.

Come mostrato di seguito, la manna per lo zio Sam, rappresentata da una ripresa dei redditi e dalla fine di alcuni tagli fiscali nel 2012-2014, si è esaurita. La media mobile a tre mesi delle ritenute d'acconto è ora in forte calo. Al 3.5% su base anno/anno, è appena positiva la netto dell'inflazione.




Quindi abbiamo di fronte un calo delle esportazioni, un indebolimento per le spese in conto capitale, una spesa dei consumatori tiepida, salari e ritenute d'acconto in calo, e, come illustrato di seguito, un accumulo di scorte aziendali che non si vedeva dalla vigilia della Grande Recessione.

Così il barcollamento del mercato azionario non può essere una "correzione", dopo tutto. Il significato più probabile è che il mercato azionario si trova ad affrontare una ripresa che è agli sgoccioli, e una banca centrale che è a corto di polvere da sparo.

Non è certo il tipo di pausa che porta buone notizie.





[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


7 commenti:

  1. Ciao Francesco,

    Con gli occhi rivolti al futuro per non guardare questo nostrano presente di decadenza generalizzata in ogni ambito sociale, culturale, ideale, morale, civile, immagino, ma già mi pare di vederlo, un effetto Cantillon di redistribuzione centrifuga della crisi imperiale. Esportazione di dolore e morte il più lontano possibile dal centro del problema.

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  2. Non sono un ingegniere finanziario, ma per far continuare a consumare debbono fare in modo che non si possa accumulare o risparmiare, ovvero che non sia piu' conveniente farlo....di solito lo si ottiene con inflazione e controllo sui cambi

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    1. Basta abolire il contante e mettere interessi negativi sui depositi e conti correnti.

      Ma il rischio dei rischi resta comunque la soluzione militare su larga scala. Spero che gli interessi delle tante elite siano così intrecciati che non convenga a nessuna. Che trovino il modo di accordarsi. Che non decidano di spostare la liquidità nell'apparato militare/industriale.

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    2. Ciao Alessandro.

      Oltre alle giuste intuizioni esposte da Dna, esiste anche un altro mezzo attraverso il quale si sta depredando silenziosamente la classe media dei suoi risparmi affinché sia essa a sobbarcarsi l'onere di sostenere il deleveraging di quelle entità salvate artificialmente dalla pianificazione monetaria centrale e permettere ad altre di pasteggiare con la manna dei tasi a zero. Infatti, le grandi imprese che hanno accesso al credito, possono sguazzare nei malinvestment senza più il sestante del rischio e senza più limiti per le spese in conto capitale. Il credito facile, coadiuvato dalla ZIRP, ha permesso ai partecipandi al casinò azionario di alzare artificialmente il valore di tutta una serie di asset deprimendone i rendimenti.

      Insieme al tasso del mercato monetario a livelli storicamente bassi, il rendimento del capitale è ormai pari a zero. Non esiste più un accumulo di capitale attraverso il quale canalizzare i risparmi reali e quindi permettere una prosperità in accordo con le esigenze degli attori di mercato. No, siamo giunti al punto in cui gli individui stanno liquidando il proprio capitale al fine di sopravvivere. Per farvi un esempio concreto, è la stessa cosa che accade con quelle industrie che diventano obsolete a causa di nuove scoperte tecnologiche e quindi iniziano a tagliare costantemente le varie voci d'investimento prima di arrivare alla chiusura. Sebbene gli affari continuino, il destino di tale industria è segnato. Pensate alla Kodak.

      Per fare un esempio più concreto legato agli attori di mecato, è come se si vendesse la fattoria di famiglia che garantisce un flusso di beni abbastanza costante nel corso del tempo per un certo ammontare di denaro che, invece, garantisce un flusso di beni finito nel tempo. L'accumulo di capitale a fini produttivi viene sostituito da un guadagno presente. In una parola, si consuma capitale produttivo piuttosto che produrlo.

      Quindi il pompaggio moentario da parte delle banche centrali, piuttosto che invogliare investimenti e consumi, ha creato un ambiente in cui i risparmi reali sono stati consumati a favore di attività sconnesse da una domanda sana di mercato. Ciò ha prodotto un'offerta di beni e servizi che nessuno vuole. Il capitale è stato ridistribuito ed è andato ormai sprecato. Ciò aumenta il costo della vita, soprattutto per Main Street, a prescindere dalle chiacchiere sul cosiddetto "apprezzamento" o deprezzamento" delle varie divise.

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    3. Eccolo l'esempio più concreto del mio commento qui sopra: Giant U.S. Pension Fund Calstrs to Propose Shift Away From Stocks, Bonds.

      Ebbene sì, i fondi pensione sono quesgli istituti che per primi sperimenteranno la morsa del dolore economico, oltre a distruggere i sogni di quelle persone così ingenue d'aver creduto alle loro strategie. Perché ingenue? Perché si sono fidate dell'ennesimo esempio d'ignoranza in materia d'investimento. Ovvero, la maggior parte di coloro che oggi lavora nell'ambiente finanziario conosce solo un verbo "investire", ignorando quest'altro "proteggersi". A loro modo di vedere "proteggersi" significa stipulare un qualche tipo d'assicurazione nel commercial paper market. Stavolta non funzionerà. I cosiddetti "salvatori d'ultima istanza" sono nei guai e non sanno dove sbattere la testa: The QE End-Game Decision Tree: Not "If" But "When" Central Banks Lose Control.

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  3. Tra i temi che più mi stanno affascinando ci sta quello dei cambiamenti al margine. Ed ho trovato questo: http://www.multiversoweb.it/rivista/n-12-margine/al-margine-del-caos-4123/
    Spero di stuzzicarVi un po'... Perché la visione del presente e dell'immediato futuro con le lenti oneste è oramai abbastanza chiara, pertanto, ...

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    1. Ciao dna
      molto esoterico l'articolo.....Cantillion non ebbe modo mai di vedere una guerra planetaria con armi moderne o forse immaginare una probabile con quelle ultra-moderne, altrimenti nel centro dei cerchi concentrici ci avrebbe sicuramente messo anche nove portaerei nucleari!
      Tralasciando la battuta in chiave geopolitica, credo che il sistema in essere ha tanti sassi da gettare dal proprio alto nello stagno...ci sono trattati in ballo,come quello transatlantico(con livellamento in basso dei costi di produzione attraverso standard qualitativi diciamo piu performanti), una moneta unica globale tanto da riallineare la superfetazione delle varie BC( e credo che in quel momento si faranno alcuni conti) ,fino anche la digitalizzazione delle proprie fatiche da te prospettato ( una specie di annientamento della liberta' di possedere per mio modo di vedere).
      Dico sempre che la Cina e' vicina!

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