venerdì 28 agosto 2015

I banchieri centrali hanno giocato le loro carte


Ricordo a tutti i lettori che è in vendita il mio libro "L'Economia E' un Gioco da Ragazzi". Manoscritto incentrato sulla diffusione delle idee della Scuola Austriaca attraverso spiegazioni e analisi semplificate e dirette. Una presentazione adatta ad un vasto pubblico, a dimostrazione che per capire l'economia non è necessario un gergo tecnico ma solo logica e buon senso. Il libro è disponibile sia su Lulu.com sia su Scribd.

__________________________________________


di David Stockman


Nei giorni scorsi ci sono state tante chiacchiere riguardo il crollo dei prezzi delle commodity, coronato dal calo del Bloomberg Commodity Index a livelli che non si vedevano dal 2002.

Tale evoluzione epocale è raffigurata nel grafico qui sotto.

Ma la maggior parte dei media finanziari non coglie il punto essenziale quando parla della "crisi delle commodity": le banche centrali del mondo hanno giocato le loro carte.

Il quadro dodecennale rappresentato nel grafico, non è la fine di un qualche nebuloso "superciclo delle commodity" che è apparso di punto in bianco dopo la fine del secolo. Né è la prova di una presunta carenza globale di "domanda aggregata" keynesiana che può essere sanata con un maggiore stimolo monetario della banca centrale.

No, il Bloomberg Commodity Index è una fotografia raffigurante la massiccia intrusione dei banchieri centrali di tutto il mondo nel sistema economico e finanziario globale. La loro follia monetaria senza precedenti, ha portato il bilancio globale delle banche centrali da $3,000 miliardi a $22,000 miliardi negli ultimi 15 anni.

La conseguenza è stata una falsificazione sistematica dei prezzi finanziari su scala planetaria. Questo shock monetario senza precedenti, ha generato un doppio boom economico. In primo luogo ha preso la forma di un consumismo sfrenato alimentato dal debito, seguito poi da enormi investimenti improduttivi. Ora siamo arrivati all'indomani deflazionistico.

Presto avremo un tonfo dei profitti delle imprese e un crollo dei prezzi tra le classi di asset che sono state ampiamente gonfiate da questi boom fasulli. Val la pena di raccontare come siamo arrivati fin qui.

Nella prima fase le banche centrali hanno alimentato una massiccia ondata d'indebitamento delle famiglie, spesa al consumo e spesa per immobili nelle economie dei paesi sviluppati (DM). Cosa che, a sua volta, ha innescato un boom delle esportazioni in Cina e nella sua carovana di fornitori nei mercati emergenti (EM).

Questo boom in Cina e nei mercati emergenti ha infine saturato la capacità mondiale di fornire quelle materie prime necessarie ad un'economia industriale in piena espansione. Ciò ha incluso idrocarburi, ferro, carbone, alluminio, rame, nichel, ecc.

Il risultante boom dei prezzi delle materie prime ha raggiunto il picco alla vigilia della Grande Crisi Finanziaria, la quale si è cristallizzata quando il petrolio ha raggiunto i $150 al barile nel luglio 2008. Durante il periodo di picco iniziale 2007-2008, il differenziale tra i costi monetari della produzione e l'aumento dei prezzi delle materie prime e dei materiali è arrivato a dimensioni senza precedenti. Ciò ha generato enormi rendite economiche per i proprietari di asset e riserve.

Anche se la spesa al consumo e la domanda per le esportazioni dei paesi sviluppati non erano sostenibili, i guadagni inattesi pre-crisi hanno generato un aumento degli investimenti di capitale alla ricerca di rendimenti superiori al normale. Poi tra l'autunno/inverno 2008-2009, i banchieri centrali hanno raddoppiato i loro sforzi a seguito del crollo del commercio mondiale e della liquidazione degli eccessi economici passati.

Il disperato tentativo da parte degli stati e delle loro banche centrali di ravvivare il tonfo dei consumi e arrestare la successiva liquidazione dei mutui ingannevoli, delle scorte in eccesso e della saturazione del lavoro nelle economie sviluppate, ha innescato il secondo boom economico artificiale. Si è manifestato in una rinnovata frenesia delle spese in conto capitale e degli investimenti pubblici infrastrutturali in Cina e nelle economie emergenti.

La spinta del credito a buon mercato ha aggiunto forza ai profitti eccezionali nel settore minerario, dell'energia, dei materiali, del trasporto e della manifattura. Nel caso della Cina, ad esempio, il credito pubblico e privato a fine 2007 ammontava a soli $7,000 miliardi, circa il 150% del suo PIL.




Durante i sette anni successivi — a causa dello stimolo maniacale di Pechino per gli investimenti in infrastrutture progettati per sostituire le esportazioni in declino — la macchina del credito della Cina ha generato nuovi debiti, triplicandone la quantità del 2007: $28,000 miliardi, o quasi il 300% del PIL.

A gettare benzina sul fuoco c'hanno pensato i banchieri centrali, i quali hanno spinto i tassi d'interesse allo zero in una folle missione per far ripartire la spesa delle famiglie ormai sature di debiti. Ma questo non ha spinto i consumatori di Stati Uniti, Inghilterra, Spagna, Italia, Grecia o Francia a spendere di più, perché le classi medie di queste economie avevano già raggiunto il cosiddetto "picco del debito".

Invece ha generato una folle corsa per rendimenti decenti tra i gestori di fondi e un deflusso di capitali tra i $4,000 e i $5,000 miliardi dai mercati del debito nei mercati emergenti.

La combinazione di repressione finanziaria senza precedenti nei mercati dei capitali e l'espansione del credito aziendale in Cina e nei mercati emergenti, ha alimentato un'enorme ondata d'investimenti di capitale. Era qualcosa di mai visto prima. Inoltre avrebbe influito di nuovo sulle commodity, causandone una seconda salita dei prezzi fino al picco del 2011-2013.

La domanda torrida per le commodity durante questa seconda ondata, ha scaricato cemento, acciaio, rame, alluminio e idrocarburi nelle fauci delle infrastrutture, degli appartamenti e dei progetti immobiliari commerciali in Cina, nonché nel boom dell'edilizia in altre economie dei mercati emergenti.

Oltre a ciò c'era un altro strato di domanda per le materie prime, necessarie per la costruzione di navi, macchine scavatrici, macchinari per le miniere, raffinerie, centrali elettriche, forni per l'acciaio e acciaierie; tale domanda si rifletteva direttamente nella baldoria della spesa in conto capitale.

La domanda cinese per l'acciaio da costruzione ha indirettamente portato a chiedere una maggiore quantità di vettori minerari, cosa che, a sua volta, ha richiesto più acciaio per rifornire i cantieri navali cinesi per costruirli.

In breve, un boom nelle spese in conto capitale crea una domanda auto-alimentante di materiali. Soprattutto quando è alimentata da costi bassi dei capitali e da falsi tassi di rendimento incorporati nei beni di capitale.

Qui sta l'origine dell'onda deflazionistica che ora sta agitando i mercati globali delle materie prime.

Né la baldoria dei prestiti al consumo nei mercati sviluppati, né la baldoria immobiliare e negli investimenti industriali in Cina e nei mercati emergenti, sono nati da un'economia reale e sostenibile. Erano artefatti di un'espansione monetaria orribile che ha lasciato il mondo sviluppato bloccato con un picco del debito delle famiglie e il mondo emergente bloccato in un eccesso di capacità di materie prime e beni industriali.

La ragione per cui il Bloomberg Commodities Index calerà sotto i 100 dell'indice, sarà dovuta alla legge della domanda e dell'offerta. Ci penserà la finanza zombie. Quest'ultima nasce dall'inversione del ciclo economico alimentato dalla banca centrale, quando si passa dall'accumulo di asset e dall'inflazione alla liquidazione degli asset e alla deflazione.

Ma per capire la portata potenzialmente devastante del prossimo ciclo deflattivo, è importante ricordare l'entità del mastodontico boom degli investimenti di capitale.

Nel caso delle industrie minerarie globali, le spese in conto capitale (Capex) delle prime 40 sono state pari a $18 miliardi nel 2001. Nel corso del ciclo d'espansione del 2008 sono salite a $42 miliardi. Poi, dopo una pausa temporanea durante la crisi finanziaria, sono ri-accelerate ancora una volta, raggiungendo un picco di $130 miliardi nel 2013.

A causa del crollo dei prezzi delle materie prime, i nuovi progetti e gli investimenti in ferro, carbone, rame e altri materiali industriali, sono praticamente ad un punto morto.

Ma c'è un inghippo...

I grandi progetti che erano in cantiere quando i prezzi delle materie prime e i margini di profitto hanno invertito la rotta nel 2012, sono in corso di completamento. La capacità disponibile continua a salire.

La prova è il più grande complesso minerario di ferro del mondo a Port Hedland, Australia. Ha fatto registrare un altro record di spedizioni a giugno. Ciò grazie alla produzione crescente nella vasta rete di miniere di ferro, nonostante il tonfo dei prezzi del ferro a $143 per tonnellata sin dal 2011.

L'aumento degli investimenti in esplorazione e produzione (E&P) per petrolio e gas, ha seguito un percorso simile. La spesa globale è stata di $100 miliardi nel 2000, ma è salita a $400 miliardi nel 2008 e ha raggiunto i $700 miliardi nel 2014.

Nel caso degli investimenti E&P riguardanti gli idrocarburi, la legge dei costi variabili è implacabile perché "l'ascesa dei costi" per scisti e sabbie è stata modesta rispetto agli investimenti di capitale. Di conseguenza la risposta della produzione al calo dei prezzi è stata inizialmente limitata e verrà sostanzialmente prolungata.

Cicli simili si sono verificati nel settore dei servizi, del trasporto, della manifattura, dei porti, del magazzinaggio e di altri processi industriali come la produzione chimica. Nel caso della siderurgia, per esempio, la capacità globale è raddoppiata da 1.1 miliardi di tonnellate a più di 2.3 miliardi di tonnellate nel corso degli ultimi 15 anni.

Ciò supera di gran lunga la domanda attuale. Infatti i 600 milioni di tonnellate di capacità in eccesso riportati nel grafico qui sotto, cresceranno ancora di più. La domanda d'acciaio si esaurirà, poiché il boom delle spese in conto capitale si raffredderà rapidamente. Nel solo settore siderurgico, la capacità in eccesso potrebbe facilmente raggiungere il 35%.

La maggior parte è presente in Cina, Brasile, Messico e in altri mercati emergenti. Supera di gran lunga la quantità dell'industria siderurgica di Stati Uniti, Europa e Giappone messi insieme.




Come si può vedere nel grafico qui sotto, la spesa in conto capitale totale per tutte le società quotate a livello mondiale è salita alle stelle dopo la fine del secolo.

Durante il decennio precedente (1991-2001), e nonostante il boom tecnologico di quel periodo, gli investimenti globali nel settore della manifattura, dei trasporti, delle costruzioni, delle industrie di processo e dei servizi, sono aumentati da $450 miliardi a $700 miliardi. Questo è un tasso annuo del 4.5%.

Al contrario, durante il boom della spesa in conto capitale, che ha raggiunto il picco nel 2013, tali spese sono arrivate a $2,600 miliardi l'anno. Ciò significa che sono quasi quadruplicate, raggiungendo un tasso annuo del 12% in 12 anni consecutivi.




Sin dal 2013 questa cifra sconcertante ha iniziato ad invertirsi. Ma l'effetto ritardato del ciclo di completamento ha temporaneamente interrotto la discesa. Continua quindi ad accumularsi l'eccesso di capacità, il che significa che il massiccio calo dei prezzi delle materie prime e dei margini di profitto è appena iniziato.

In sintesi, le banche centrali hanno permesso agli zombie di nutrirsi. Tagli di produzione e liquidazioni di capacità in ogni settore di materiali, vengono drasticamente ritardati dalla continua disponibilità di finanziamenti a basso costo.

La politica "extend and pretend" significa che i prezzi e i margini saranno guidati ancora più in basso di quanto sarebbe altrimenti accaduto. La finanza zombie significa profitti appiattiti per un periodo insolitamente prolungato di tempo.

Durante il doppio boom alimentato dai banchieri centrali, i margini di profitto sono saliti a livelli storicamente alti perché negli ultimi 15 anni i prezzi elevati venivano attutiti dai produttori.

Ora arriva l'era delle sovrabbondanze e dei prezzi più bassi. Il casinò azionario è convinto che i prezzi elevati siano un appuntamento fisso della vita economica. In realtà, rappresentavano la conseguenza delle bizzarrie dei banchieri centrali.

Sì, i banchieri centrali possono continuare ancora un altro po' a stimolare il PIL. Fa parte della loro inutile ricerca di svalutare i debiti monumentali che hanno alimentato e di far assorbire la massiccia capacità in eccesso. Ma hanno un solo strumento: repressione finanziaria e falsificazione sistematica dei prezzi dei mercati finanziari, in particolare i costi dei carry trade.

Ciò non farà altro che nutrire gli zombie, gonfiare ulteriormente la bolla dei prezzi degli asset finanziari e assicurare che quando arriverà il giorno della resa dei conti il casinò soffrirà di un brusco risveglio.

Saluti,


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


2 commenti:

  1. Alzano i tassi dello 0,25%? E che rialzo sarebbe? Un segnale? Una finzione semmai.... Un'altra. Mentre Stiglitz invita a portare l'inflazione fino al 4%.... Ed un banchiere Citigroup parla di eliminare il cash, un' altra opzione di repressione finanziaria ( così poi impongono interessi negativi ai depositanti per stimolarli con le cattive a spendere e spandere i risparmi accantonati, ma si sa, nell'interesse della domanda aggregata per il bene comune... E poi, magari una patrimoniale coi fiocchi per gli Stati falliti....
    Insomma, se si riduce la stampa e si rafforza artificiosamente il dollaro, bisogna che la liquidità arrivi da altre parti, meglio se dei privati.
    Intanto, una gran massa di iou vengono venduti.... Chi li comprerà per evitare o ritardare il patatrac?
    Cominceranno a ristrutturare e cancellare il debito pubblico. Ma a chi o solo a chi?
    E tutta la liquidità potrebbe prendere la via del piombo.... In un modo o nell'altro.... Un po' qui ed un po' la' in quella che sembra una escalation che i soliti noti pensano di poter controllare a piacimento... Giocano col fuoco....

    RispondiElimina