lunedì 22 giugno 2015

Le guerre tra valute del ventesimo secolo


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di Addison Wiggin


Jim Rickards non è un manager di hedge fund come tutti gli altri. Un sacco di tizi possono vantare una carriera di 35 anni a Wall Street.

Solo Rickards, però, è stato anche il capo negoziatore del salvataggio di Long-Term Capital Management nel 1998 — in cui 14 delle più grandi banche del mondo sborsarono $3.6 miliardi per evitare un tracollo finanziario globale. E solo Rickards è stato un consulente del Pentagono che ha fatto da guida a strateghi militari anziani durante la loro prima "guerra finanziaria".

Il suo libro best-seller, Currency Wars, si apre con un resoconto lungo due capitoli su questa guerra — diretta presso il Warfare Analysis Laboratory a Laurel, Maryland, una strategy room in cui ci sono "14 schermi al plasma per esercizi di difesa" e "scenari e visualizzazioni 3-D".

La guerra finanziaria si è intensificata dal momento che è scoppiata tra il panico finanziario del 2008 e l'inizio del '09. Non vorremmo rivelarvi troppo; è sufficiente aggiungere che la Russia ha annunciato che avrebbe accettato solo oro in cambio di petrolio e gas — non dollari. Poi la Cina ha fatto la propria mossa "stringendo il cappio intorno al collo del dollaro".

Poi Vladimir Putin ha dichiarato: "La moneta di riserva globale è diventata un pericolo per l'economia mondiale: ormai è evidente a tutti."

Rickards crede che la vera e propria guerra tra valute presagita da Putin sia iniziata nei primi mesi del 2010. L'ha etichetta come la Terza Guerra tra Valute.

"Le guerre tra valute", scrive Rickards, "si combattono a livello globale in tutti i principali centri finanziari, 24 ore al giorno, da banchieri, trader, politici e sistemi automatizzati — e il destino delle economie e dei loro cittadini rimane in bilico."

Le due guerre tra valute precedenti hanno entrambe avuto luogo nell'ultimo secolo. La Prima Guerra tra Valute è scoppiata dalle ceneri della prima guerra mondiale, nel 1921, quando la Germania iniziò la sua epica svalutazione del marco — dove le foto di persone con carriole di cartamoneta per acquistare una pagnotta di pane hanno fatto il giro del mondo.

Il resto delle nazioni mondiali si unì alla battaglia svalutando le proprie valute in modo da rimanere "competitive". La Francia aprì le danze nel 1925, svalutando il franco. La Gran Bretagna abbandonò il gold standard nel 1931. Nel 1933 gli Stati Uniti svalutarono il dollaro rispetto all'oro — da $20.67 l'oncia a $35. Francia e Inghilterra svalutarono di nuovo.

"Round dopo round di svalutazioni e di default," scrive Rickards, "le maggiori economie del mondo hanno compiuto una race to debase, causando massicce interruzioni di scambi, perdite di produzione e distruzione di ricchezza."

La Prima Guerra tra Valute finì in un gemito, nel 1936, con un accordo a tre tra Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia. La Germania invece stava preparando i tamburi di guerra.

La Seconda Guerra tra Valute esplose nel 1967, quando la Gran Bretagna svalutò la sterlina nei confronti del dollaro. Ben presto quest'ultimo finì sotto pressione — situazione ancora più critica se teniamo in considerazione che il dollaro era ancora legato all'oro nel commercio internazionale.

Il resto è storia monetaria: la Francia inviò le sue navi in America per rimpatriare il proprio oro, ma non fu l'unica nazione. L'offerta d'oro del Tesoro USA diminuì da 20,000 tonnellate nel 1950 ad appena 9,000 tonnellate quando il presidente Nixon "chiuse la finestra dell'oro" nel 1971. Il mondo intero era ormai finito in uno standard a moneta fiat.

Il dollaro affondò durante gli anni '70, ma risalì nei primi anni '80 grazie soprattutto al presidente della Federal Reserve Paul Volcker. Le altre valute principali, lo yen giapponese e il marco della Germania occidentale, timbrarono i biglietti per una corsa sulle montagne russe. Gli Accordi del Plaza nel 1985 furono deleterei per il dollaro e gli Accordi del Louvre nel 1987 riportarono un certo equilibrio — più o meno.

"C'è stata una certa pace nelle questioni monetarie internazionali," scrive Rickards, "ma questa pace poggiava sulla fiducia nel dollaro come riserva di valore, su un'economia degli Stati Uniti in crescita e su una politica monetaria stabile da parte della FED."

Questa fiducia è andata in frantumi all'inizio del 2010.

Il 27 gennaio 2010 il presidente Obama ha fatto scoppiare la Terza Guerra tra Valute nel suo discorso sullo Stato dell'Unione: l'introduzione del National Export Initiative, il cui scopo era quello di raddoppiare le esportazioni statunitensi in cinque anni.

"Il modo tradizionale e veloce per aumentare le esportazioni è sempre stato quello di svalutare la moneta," scrive Rickards in Currency Wars. E tutti nel mondo lo sapevano.

Sempre nel 2010, la Federal Reserve è intervenuta con un secondo giro di "QE". "Utilizzando il quantitative easing per generare inflazione all'estero, gli Stati Uniti hanno aumentato la struttura dei costi di quasi tutte le principali nazioni esportatrici."

E così è cominciata un'altra race to debase, un nuovo ciclo di svalutazioni competitive. "Siamo nel bel mezzo di una guerra monetaria internazionale," ha dichiarato il ministro delle finanze brasiliano Guido Mantega nel settembre del 2010, "un indebolimento generale della valuta."

Nessuno uscirà illeso dalla Terza Guerra tra Valute, ma Rickards dice che i teatri di guerra sono essenzialmente tre. In due dei teatri, i combattenti hanno obiettivi comuni. Il terzo è la fonte di conflitto più probabile.




Il teatro atlantico rappresenta l'equilibrio tra gli Stati Uniti e la zona Euro. "L'euro e il dollaro," scrive Rickards, "sono due passeggeri sulla stessa nave... si muovono alla stessa velocità e si dirigono verso la stessa destinazione."

L'euro ha raggiunto un picco di $1.59 nel luglio 2008 e ha toccato un fondo a $1.10 nel giugno 2010. Mentre stiamo scrivendo è a $1.29 — in sostanza dove si trovava all'inizio del 2007 e di nuovo all'inizio del 2011.

Questa stabilità relativa non è un caso: Washington mira a sostenere l'euro, anche perché nel 2008 la FED ha escogitato un salvataggio segreto delle banche europee — $3,080 miliardi in prestiti, storia diventata pubblica solo nel 2011.

Il teatro eurasiatico, nel frattempo, è l'equilibrio tra Europa e Cina. "La Cina ha un interesse vitale in un euro forte," scrive Rickards — anche perché l'Unione Europea è il partner commerciale principale della Cina, mentre gli Stati Uniti devono accontentarsi del secondo posto.

Morale della favola: "Europa, Cina e Stati Uniti sono uniti nei loro sforzi per evitare un crollo dell'euro nonostante le loro varie motivazioni e posizioni contraddittorie in altre arene."

Il che ci porta al Teatro del Pacifico — il grande spettacolo.

Il deficit commerciale degli Stati Uniti con la Cina era poco meno di $50 miliardi nel 1997. Nel 2006 si è gonfiato a $234 miliardi. I politici hanno puntato il dito contro i lavoratori cinesi che a loro avviso "hanno rubato i posti di lavoro" degli americani e hanno accusato i leader cinesi di "manipolare" la loro valuta.

Non importa se la prova che collega il valore della valuta ai posti di lavoro sia esile. Anche se lo yuan raddoppiasse in valore, Rickards afferma che un produttore di mobili cinese intascherebbe $236 al mese — e un produttore di mobili in North Carolina ancora non sarebbe competitivo.

Se avessimo avuto un gold standard — o anche un sistema come Bretton Woods tra il 1944/1971 — tali gap commerciali non si sarebbero mai verificati. I flussi d'oro tra nazioni debitrici e creditrici — riportate alla mente il nostro esempio all'inizio dell'articolo — avrebbero mantenuto un certo equilibrio.

Nel frattempo, la manipolazione è una strada a doppio senso: "La politica cinese di ancoraggio dello yuan al dollaro," scrive Rickards, "si basava sulla vacua speranza che la FED non avesse abusato dei suoi privilegi monetari."

Si può venir fregati una volta, ma la seconda...

"Data la scelta," scrive Rickards, "tra inflazione incontrollata con conseguenze impreviste e una rivalutazione controllata dello yuan, a partire dal giugno 2010 i cinesi hanno preferito la seconda opzione."

Potete vedere il risultato nel grafico qui sotto. Nel 2010 ci volevano 6.8 yuan per comprare un dollaro. Ma con la decisione consapevole di rafforzare la moneta cinese, ora ci vogliono appena 6.1 yuan per comprare un dollaro.




"Gli Stati Uniti hanno vinto una battaglia nella guerra tra valute." Ce ne saranno di più nel futuro prossimo.

"Il dollaro salirà o scenderà? Beh, rispetto a cosa? E' questo quello che si fa nelle guerre tra valute ed è a questo che dobbiamo guardare. Sono queste dinamiche che dobbiamo comprendere. Dobbiamo essere consapevoli che due valute qualsiasi sono un gioco a somma zero."

Saluti,


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


9 commenti:

  1. "Il teatro eurasiatico, nel frattempo, è l'equilibrio tra Europa e Cina. "La Cina ha un interesse vitale in un euro forte," scrive Rickards — anche perché l'Unione Europea è il partner commerciale principale della Cina, mentre gli Stati Uniti devono accontentarsi del secondo posto.

    Morale della favola: "Europa, Cina e Stati Uniti sono uniti nei loro sforzi per evitare un crollo dell'euro nonostante le loro varie motivazioni e posizioni contraddittorie in altre arene.""

    Interessante, ma quindi anche i cinesi sono PUD€? :-D

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    1. Ciao Luca.

      Inutile sottolineare che il futuro dell'Europa sarà caratterizzato da una maggiore centralizzazione dei poteri. Credo che in questo momento sia in atto una "guerra finanziaria nella guerra finanziaria" tra queste tre regioni mondiali. L'UE è sostanzialmente una creatura del NWO, un esperimento di centralizzazione dei poteri scritto a tavolino. Il NAFTA e il TPP sono suoi figli, ma come possiamo osservare la pianificazione centrale è sempre fallimentare e questo significa bancarotta per tutti quei soggetti che hanno creduto nel suo successo. La visione mercantilista delle nazioni mondiali imperversa ancora sulla scena mondiale, questo significa che USA e blocco cinese stanno facendo a gara per strattonare l'UE verso di loro. L'esperimento è fallito, ora è una questione di sopravvivenza. Ora è una questione di hard landing vs. soft landing.

      La Grecia può fare la cosiddetta voce grossa perché la Russia s'è fatta avanti per pagare i suoi conti. Aver ceduto alle sue irresponsabilità fiscali negli anni passati, l'ha resa una bomba ad orologeria. Arrivati a questo punto, i governi nazionali, quindi, penseranno prima di tutto a sopravvivere un altro giorno. Che sia attraverso un maggiore accentramento dei poteri in Europa o un accordo filo-russo-cinese, cercheranno di staccare il miglior accordo.

      Se la Grecia dovesse seguire il vento russo, allora sarebbero guai per la NATO e gli USA soprattutto per quanto riguarda i fronti bellici ancora aperti. Per la nazione ellenica, invece, ci sarebbe da guadagnare perché, ad esempio, potrebbe permettere il passaggio in Europa dei gasdotti russi intascando i proventi da tariffe e pagamenti di trasporto.

      Gli altri PIIGS potrebbero accodarsi, visto che non hanno perso tempo accogliendo il richiamo del denaro gratis proveniente dalla Cina.

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    2. Capisco. Però non ho capito se Russia e Cina hanno un effettivo interesse a far restare la Grecia nell'euro oppure lasciare aperta l'ipotesi Grexit.
      Bisognerebbe quindi capire cosa conviene: comprarsi l'Europa in blocco o comprarla pezzo per pezzo?

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    3. A pensar male si farà pure peccato, però...
      quando sento un Papa dire dei cattolici ed ortodossi che sia auspicabile che si riuniscano, un 2+2 mi viene in mente.

      Riccardo Giuliani

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    4. Anche se talvolta sono un po' tranchant nei miei giudizi sulle tante parole di questo Papa, credo che la sua esperienza in Sudamerica gli abbia fatto comprendere il lato oscuro della forza, per essere eufemistico, e nelle tante accuse alla finanza, al warfare ed al dominio di pochissimi su tantissimi credo che si ponga come voce nel deserto contro la strategia destabilizzante dell'impero del caos. L'incontro con Putin, certamente non uno stinco di santo, può aver sortito anche questa proposta, visto che le vie del Signore sono infinite e misteriose.

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    5. Non credo che vogliano "comprarsi" l'Europa. Vogliono solamente che sia un cliente "soddisfatto" e "felice". Quando un cliente è soddisfatto e felice? Quando ha il portafoglio gonfio e ritorna nel negozio. La visione mercantilista di Cina-Russia mira a questo. L'inaugurazione della recente AIDB serve proprio a questo: esportare all'estero la saturazione della capacità di cemento e acciaio presente sul territorio cinese a causa della sua mastodontica bolla immobiliare.

      Dall'altro lato ci sono gli Stati Uniti che invece non vogliono concorrenti e tentano di arginare l'accoppiata Cina e Russia. Nell'ultimo resoconto riguardo gli swap di liquidità abbiamo una cifra paria a $114 milioni, un'inezia rispetto alle cifre del passato ma un possibile sinonimo che la FED si sta di nuovo facendo coinvolgere nelle beghe europee.

      Forse quando è iniziata questa terza guerra tra valute, i partecipanti non avevano ben chiaro chi fosse il nemico. Alla fine il convoglio delle banche centrali del mondo si coordinerà per non crollare una dopo l'altra.

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  2. Grazie Francesco per aver proposto questo articolo.
    Avevo imparato a conoscere Stockman ed il suo ruolo passato, ma di Rickards non sapevo molto, se non che era molto considerato nell'ambiente.

    Questo articolo, il libro di ricostruzione storica di Rickards, ci spiega ancora una volta di più che il fiatmoney è uno strumento politico e se serve a fare la guerra può essere usato in perfetto stile neomercantilista.
    Pertanto, ne segue che i fondamentali economici sono stati soppiantati dai fondamentali politici, e che questo trend non durerà ancora poco perché almeno negli anni che credo mi restino non vedrò il ritorno del soundmoney da nessuna parte.
    I fondamentali politici sono l'hardpower ed il softpower. Oggi, più il primo del secondo. Il consenso allo status quo atlantico ed occidentale è ancora forte, nonostante tutto, e questo è un fondamentale politico.
    Certo, più dall'alto verrà calato il programma NWO e più dal basso vedremo risorgere nazionalismi e dissenso.
    Non ho i numeri per accertarmene, ma credo che il massimo del l'azzardo morale finanziario sia avvenuto nel periodo in cui il potere si convinse che la storia fosse davvero finita e la missione fosse compiuta. Stronzata galattica, ma l'arroganza e' la degenerazione del successo. Così come anche i politici più scaltri hanno cavalcato irresponsabilmente una moneta nata forte come il primo euro e ne hanno approfittato fino alle conseguenze greche odierne.
    Una ultima considerazione molto contingente da riconsiderare più in là per verifica o smentita.
    Nei giorni scorsi pensavo che la Grecia sarebbe potuta diventare la 51a stella USA. Mi sbagliavo. C'è un altro paese che è completamente nel cono d'ombra delle politiche e dei programmi USA al punto tale che non viene mai convocato negli incontri che contano perché altrove si decide pure per esso. È il nostro. Che almeno ci convenga!!!
    Verifica spicciola? Un exGoldman Sachs a capo di CDP non è un caso.

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    1. Ma siamo sicuri che questi nuovi nazionalisti siano veramente anti-mondialisti? Secondo me il vero anti-mondialista è colui favorevole all'indipendentismo, colui che riconosce il principio di autodeterminazione dei popoli non solo alla nazione in sè, ma anche alle sue parti di essa. Veramente i nazionalisti concederebbero l'indipendenza a gruppi del loro territorio? Ne dubito fortemente.
      Ricordo inoltre che anti-mondialismo fa spesso rima con Euroasiatismo, una corrente di pensiero secondo cui, vabbè, non siamo riusciti a fare l'Europa unita, facciamo l'Eurasia unita, ma non come l'Europa americanizzata e occidentalizzata, i cui popoli hanno perso quella linfa spartana assuefatta dal benessere del mercato sterco del demonio dalla coca cola e da UBER. Ma con il ferro e l'aratro, coi valori della tradizione, della durezza della campagna e della taumaturgia della decrescita felice.
      Come mi ha detto un tizio, il socialismo è caduto perchè a un certo punto il proletariato russo si è imborghesito, i tecnocrati mondialisti (così come i loro alter-ego anti-mondialisti lo credono fermamente), e per questo la prossima volta non cadranno più negli stessi errori.

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    2. Ciao Luca
      forse mi sono espresso male, ma quando sento parlare di nazione veneta o simili identità, e' a questo tipo di revanscismi che mi riferisco. E, per dirla meglio ancora, i programmi top down sono sempre forieri di inevitabili resistenze e problemi (esempi: unità d'Italia, UE, euro, globalizzazione finanziaria, esportazione della democrazia, NAFTA, TTIP, ecc ecc). Ciò che invece nasce, giusto o sbagliato che sia non ci importa adesso, in genere tende a funzionare meglio. Ma vedrai che Gdb mi dirà che dal basso non è mai venuto nulla e che le grandi masse si accodano sempre per quieto vivere da gregge e che per questo spesso si lasciano sacrificare senza troppe resistenze. Per me la verità sta in mezzo.

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