martedì 30 giugno 2015

Alexis Tsipras — Angelo redentore o “secondino” della prigione del debito dei banchieri centrali keynesiani?


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di David Stockman


La Grecia, l'Europa e il mondo sono stati inchiodati sulla croce del settore bancario centrale keynesiano. Il diluvio di denaro fiat dell'ultimo ventennio ha generato una bolla finanziaria in tutto il mondo e ha favorito solo una piccola fetta di umanità. Tutto ciò è molto evidente, ma c'è di più e soprattutto c'è di peggio.

L'attuale mezzogiorno di fuoco sulla montagna di debito della Grecia, porta alla luce qualcosa di più inquietante. Vale a dire, le stampanti monetarie delle banche centrali hanno completamente distrutto il requisito fondamentale della democrazia fiscale.

Vale a dire, nel mondo moderno costituito da stati interventisti e intrisi fino al midollo di welfare, la governance di bilancio ha disperatamente bisogno di un mercato obbligazionario onesto. Quest'ultimo è l'unico meccanismo in grado di addomesticare l'impellenza dello stato a spendere, trasferire, sequestrare, sovvenzionare, sussidiare e scialacquare senza il relativo dolore di un prelievo fiscale oneroso.

Rendimenti obbligazionari in ascesa e la paura di perdere l'accesso al mercato del debito, quindi, sono l'unica forza che può spronare i politici, i ladri e i ciarlatani che dirigono la macchina della democrazia a rimettersi in carreggiata e riconoscre i fatti; e poi a pesare le opzioni difficili e i compromessi, a formare un consenso e a chiudere l'affare.

Questa proposta si basa sull'esperienza, non sulla teoria — anche se la logica della disciplina del mercato obbligazionario è inattaccabile. Circa 33 anni fa, infatti, ho fatto parte dello staff della Casa Bianca che convinse Ronald Reagan a fare l'impossibile: approvare un aumento delle tasse sulla scia della recessione del 1982 e abbracciare altre misure simili nei tre anni successivi. Quando le acque si calmarono, questa cosiddetta "morsa fiscale" si riprese il 40% della sua amata agevolazione fiscale del 1981.

Il presidente Reagan fu in qualche modo costretto ad agire così, sapeva che Paul Volcker non avrebbe stampato denaro per finanziare il gigantesco deficit strutturale che eruttò durante il primo anno della sua amministrazione.

Questi deficit erano accidentali — dovuti ad un'eccessiva spesa per la difesa, tagli interni poco incisivi e basse entrate per lo storico taglio delle tasse del 1981 — non il piano intenzionale di una banda di keynesiani. Ciononostante erano reali, ingestibili e corrosivi.

A suo credito, però, il presidente non voleva che Volcker allentasse la pressione che questi deficit giganteschi imposero sui tassi d'interesse e sugli investimenti privati. Ronald Reagan aveva una mentalità abbastanza vecchio stile da odiare l'idea della monetizzazione. Vale a dire, una frode finanziaria attuata dalla banca centrale ai danni della popolazione, dove la creazione di credito dal nulla avrebbe permesso allo stato di consumare beni, servizi e lavoro e garantire benefici welfaristici.

Ma negli ultimi tre decenni il mondo è stato capovolto. I bond vigilantes, che in qualche modo avevano mantenuto i politici semi-onesti, sono stati sterminati dai banchieri centrali armati di bazooka monetari e offerte d'acquisto per i bond sovrani. I mercati del debito sovrano sono diventati dei bordelli finanziari.

Tale condizione funesta è dovuta all'usurpazione del settore bancario centrale da parte di accademici e burocrati keynesiani. Il modus operandi di questi ultimi prevede la falsificazione cronica e inesorabile dei prezzi delle obbligazioni.

E compiono la loro missione non solo acquistando bond in modo diretto col QE. Questo è già abbastanza grave di per sé, come sottolineato dal fatto che le banche centrali del mondo hanno aumentato la loro situazione patrimoniale collettiva da $6,000 miliardi a $22,000 miliardi negli ultimi dieci anni o giù di lì. Questa è una monetizzazione in grande stile — e quasi tutti i $16,000 miliardi di credito dal nulla sono andati ad acquistare obbligazioni sovrane e numerose forme di debito statale.

Naturalmente questi pazzi vi dicono che i suddetti $16,000 miliardi non hanno nulla a che fare con il prezzo e i rendimenti del debito pubblico. Stiamo soffrendo di un presunto "eccesso di risparmio", secondo Bernanke e Greenspan; e dal pulpito del più grande ciarlatano keynesiano dei nostri tempi, il professor Larry Summers, i tassi ultra-bassi sono dovuti ad una misteriosa stagnazione secolare che ha indotto gli investitori a supplicare gli stati affinché emettessero titoli con rendimenti negativi.

Giusto! Eppure questa gigantesca monetizzazione diretta del debito sovrano è solo la metà della storia. La ZIRP è la vile complice del QE. Una maggiore falsificazione dei prezzi viene introdotta nel mercato dei titoli di stato, quando i papponi che gestiscono il bordello finanziano le loro speculazioni nei mercati dei pronti contro termine e in altri mercati monetari liquidi.

Per gli speculatori nel mercato obbligazionario, il 95% del prezzo d'acquisto dei bond equivale al costo di produzione. Mandatelo a zero per 80 mesi e sfornate una pila di dichiarazioni post-riunione in cui non permetterete ai tassi del mercato monetario di salire senza un ampio preavviso, e otterrete un arbitraggio selvaggio sulla curva dei rendimenti. E fatelo su scala globale, otterrete l'assurdità del decennale tedesco con un rendimento a 5 bps, o le emissioni di lungo termine dello stato italiano quasi-fallito al di sotto dell'1%.

Quindi, piuttosto che ripudiare la monetizzazione come fece gran parte di Wall Street durante l'era di Ronald Reagan, i trader di oggi ci vanno a nozze. Invece di riconoscere i falsi segnali di prezzo e la corruzione dei pasti gratis che essa introduce nell'arena fiscale, i nostri banchieri centrali keynesiani ignorano il pericolo ricorrendo ad una falsa pista. Vale a dire, che la massiccia monetizzazione non ha causato un'accelerazione dell'inflazione dei prezzi al consumo. Secondo questo modo di vedere le cose, non c'è nulla per cui turbarsi.

Questo è patetico e lo show greco di oggi ci offre un esempio lampante di come questa malvagità monetaria metta in pericolo l'essenza stessa della democrazia politica. In una parola, la Grecia è andata in bancarotta anni fa, perché i suoi politici hanno sfornato mucchi di obbligazioni a basso costo in un mercato del debito che è stato falsificato dalla BCE.

Nel 2001 il debito pubblico della Grecia era di circa $150 miliardi e rappresentava esattamente il 100% del PIL nominale. In un mondo in cui i bond vigilantes non erano ancora stati spazzati via dai banchieri centrali, quello che sarebbe successo dopo era impensabile. Nel 2010 il debito pubblico della Grecia era salito a $380 miliardi, il che significa che era cresciuto ad un tasso annuo composto del 10%.

Inutile dire che nell'economia greca, corrotta e inefficiente, non era cambiato nulla che potesse giustificare un aumento di $230 miliardi del debito pubblico — soprattutto in considerazione del rapporto debito/PIL al 100% nel 2001. Tuttavia, il rendimento del decennale greco è sceso drasticamente fino al 2008, e anche all'inizio della crisi del 2010 era solo del 5.5%.




Nel frattempo, la BCE aveva aperto i rubinetti monetari. Durante lo stesso periodo di 11 mesi fino al 2010, il suo bilancio era salito del 3X, pari ad un tasso di crescita annualizzato dell'11%. In breve, le stampanti monetarie a Francoforte hanno talmente falsificato i prezzi delle obbligazioni sovrane, che anche con un premio di rendimento lo stato greco era in grado di prendere in prestito fino alla bancarotta.




Detto in altro modo, in un mercato obbligazionario onesto la Grecia non avrebbe avuto la minima possibilità di accumulare $380 miliardi di debito pubblico. Inoltre i bond vigilantes non si sarebbero mai lasciati ingannare dal falso boom alimentato del debito, il quale ha temporaneamente ingolfato l'economia greca durante il primo decennio dopo la sua entrata nell'euro.

In particolare, tra il 2001 e il picco del 2009, l'economia greca è sembrata prosperare — con il PIL nominale che è passato da $150 miliardi a $340 miliardi, o un aumento del 10% ogni anno. Ma non era una crescita organica e sostenibile; si trattava d'investimenti immobiliari pubblici e privati in bolla e nuovi consumi delle famiglie scaturiti dalle legioni di dipendenti pubblici e beneficiari del welfare state greco.

Non a caso, i politici greci hanno carpito il messaggio sbagliato da questo falso boom. Quest'ultimo infatti ha gonfiato il denominatore del rapporto debito pubblico/PIL, generando l'illusione che stesse aumentando lentamente a circa il 115% nel 2008 — quando in realtà il vero rapporto si stava impennando.

Di conseguenza, dal momento che non vi era alcuna crisi all'orizzonte e i rendimenti erano ancora gestibili, i politici — soprattutto quelli di una nazione dipendente dallo statalismo di sinistra — hanno fatto quello che fanno ogni volta. Vale a dire, hanno aumentato le pensioni e altri programmi d'assistenza sociale.

E questo va al cuore degli stupidi battibecchi "sull'austerità" tra Syriza e i burocrati della Troika. Sì, come illustrato di seguito, la Grecia ha effettivamente ridotto di €6 miliardi le spese nominali per le sue pensioni, o del 16% rispetto al picco del 2009. Ma nei soli tre anni precedenti le aveva aumente del 35% e del 60% da quando si era unita alla zona Euro.

I cosiddetti tagli alle pensioni, dunque, hanno rappresentato un modo per riprendersi dalla generosità insostenibile che i governi della Grecia hanno elargito in passato, basandosi su un'economia spumeggiante e su falsi prezzi dei titoli di stato (a causa della BCE). Detto in altro modo, le pensioni di oggi sono un artefatto di un mercato obbligazionario disonesto, non la prova di un peccato fiscale della Grecia, come sostengono i suoi finanziatori tedeschi, o della giustizia sociale, come sostiene il suo attuale governo.




In questo contesto è altresì evidente che "l'austerità" a cui ha ceduto la Grecia, non è il risultato di politiche fiscali che sono state forzate dalla Troika. La tesi dei commentatori keynesiani, secondo cui il problema del debito greco è il risultato della contrazione del suo PIL, è matematicamente corretta, ma economicamente ridicola. Il PIL sostenibile della Grecia non è mai stato $340 miliardi nel 2008; quello era un miraggio alimentato dal debito.

La contrazione del PIL verso gli attuali $200 miliardi, rappresenta semplicemente la liquidazione di una bolla economica che era totalmente dipendente da massicce e continue iniezioni di debito. Pretendere che questo miraggio possa essere ripristinato con l'eliminazione dei vincoli di bilancio imposti dai creditori della Grecia, è esattamente il tipo di favola keynesiana che affligge la politica fiscale di tutto il mondo.




Questo non vuol dire che i salvataggi di Bruxelles/Francoforte/FMI e i vari sistemi di controllo abbiano un qualche merito. La Grecia è stata gravata con un debito illegittimo e oneroso che avrebbe dovuto ripudiare nel 2010, una volta che era chiaro che fosse in bancarotta.

I $380 miliardi di debito pubblico lordo nel 2010, avrebbero dovuto essere ridotti ad una frazione di tale ammontare tramite una vera e propria bancarotta.

Invece la maggior parte di tale debito è stato semplicemente trasferito dalle banche e dai gestori obbligazionari europei ai contribuenti della zona Euro. I politici eletti della Grecia non volevano questo piano di salvataggio; è stato imposto loro dalle autorità francesi, tedesche e italiane per salvare le loro istituzioni finanziarie.

Tutto ciò che è accaduto sin da allora è stata solo un gigantesca farsa. L'attuale rapporto debito pubblico/PIL della Grecia è al 180%, e nessuno può aspettarsi che possa essere ripagato nel lungo periodo. Alla fine, i tassi d'interesse devono normalizzarsi — o gli sciocchi keynesiani, ora responsabili delle banche centrali, faranno saltare in aria tutto il sistema monetario mondiale e la struttura finanziaria. Aggiungete, quindi, 300 o 500 punti base al costo del servizio del debito greco per l'eventuale rinnovo degli oneri della Troika (@ $300 miliardi), e l'intero edificio del debito andrà a rotoli.

Data questa realtà, l'idea che la Grecia possa liberarsi dal suo debito enorme con un avanzo primario dell'1%, del 3% o addirittura del 5% del PIL, è pura fantasia. Il programma della Troika, di conseguenza, è solamente l'ennesimo calcio al barattolo che si concluderà in un disastro.

Quindi se nel mondo esiste ancora una flebile speranza per la democrazia politica e per la prosperità capitalistica, essa passa attraverso la fine del settore bancario centrale keynesiano. Il suo fallimento irreversibile, lo screditerà permanentemente agli occhi dei giocatori d'azzardo finanziari e dei politici.

L'infinito dramma greco fornisce esattamente questa opportunità, perché tutta questa farsa è stata generata e alimentata dalla BCE. Draghi e la sua banda di fessacchiotti finanziari hanno creato quella che è a tutti gli effetti un'orribile truffa finanziaria — una vergogna per qualsiasi nozione di settore bancario centrale ante-2008.

Se non avesse annunciato la massiccia monetizzazione del debito sovrano nel luglio 2012, la Grecia sarebbe andata in bancarotta tempo fa e anche i mutuatari periferici, come l'Italia, la Spagna e il Portogallo, avrebbero affrontato la loro resa dei conti. La zona Euro sarebbe saltata in aria e la BCE non esisterebbe più.

Allo stesso modo, se la BCE non avesse fornito $125 miliardi di finanziamenti al sistema bancario greco — o, in realtà, più dell'attuale livello dei depositi in fuga — quest'ultimo si sarebbe schiantato mesi fa, innescando una crisi che poi avrebbe distrutto l'euro.

Ironia della sorte, ora l'angelo redentore ha un volto umano: l'intrepido primo ministro della Grecia, Alexis Tsipras. La sua economia statalista di sinistra è un abominio che causerebbe solamente ulteriori sofferenze al popolo greco, semmai dovesse essere messa in pratica. Ma ha assolutamente ragione in materia di politica governativa:

"Non abbiamo il diritto di seppellire la democrazia europea nel paese in cui è nata."

Questa è l'essenza del problema. Se la democrazia della Grecia vuole sopravvivere, allora deve emanciparsi dal superstato distruttivo di Bruxelles e dalla falsificazione monetaria di Francoforte.

Ironia della sorte, un ritorno alla dracma permetterebbe ai politici greci di tornare laddove si trovavano prima di venir traditi dal falso regime monetario del settore bancario centrale europeo. Sarebbero costretti ad avere un avanzo primario, perché non potrebbero chiedere prestiti nei mercati mondiali dopo un default imposto loro dalla zona Euro, dalla BCE e dal FMI.

Sarebbe un loro compito tassare i ricchi, tagliare le pensioni, scovare gli evasori fiscali, vendere beni dello stato, ridurre la burocrazia e scacciare i capitalisti clientelari che si nutrono di stato greco, e non degli ispettori e dei burocrati pomposi del FMI e del superstato europeo.

Ancora più importante, a fronte di un mercato obbligazionario onesto e bond vigilantes reali, lo stato greco riscoprirebbe i requisiti di una governance di bilancio sostenibile. Semmai in futuro volesse avere di nuovo ampi disavanzi di bilancio, si troverebbe di fronte una commissione del tutto diversa. Vale a dire, i sottoscrittori dei suoi titoli di stato.

Se i bond vigilantes avessero bisogno di un rendimento del 15% per comprare il debito greco sulla base dei fatti e delle prospettive fiscali, non assisteremmo a mesi e anni di calcio al barattolo, falsi piani di ristrutturazione, promesse vuote e manovre infinite. I politici della Grecia sarebbero tenuti a prendere provvedimenti il giorno dopo.

Ora Tsipras ha di fronte questa scelta difficile. Se ancora una volta venderà la Grecia ai finanziatori del suo debito schiacciante, sarà solo una questione di tempo prima che venga sostituito da un altro primo ministro greco.

Se invece farà ciò che è giusto per la democrazia greca, sarà davvero un angelo redentore. L'euro e la BCE non possono sopravvivere ad un Grexit, né il settore bancario centrale keynesiano.

Non c'è da meravigliarsi se nei prossimi giorni le potenze riunite del mondo smuoveranno mari e monti per mantenere la Grecia dentro la prigione del debito. A tal fine, possono ancora trasformare Tsipras in un "secondino" di questa prigione, ma per farlo dovranno di nuovo far volare gli asini — almeno per un po' più a lungo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


1 commento:

  1. Stockman si illude, e lo sa, su Tsipras. Che non attuerà mai una rigorosa ed onesta politica di bilancio. Ed il suo sodale Varoufakis è pure un fautore della MMT, soluzione anche peggiore dell'interventismo keynesiano.
    L'unica politica che fanno e faranno, se resteranno (cosa assai dubbia), è quella di promettere il paradiso in terra con mezzi altrui o monetizzando a manetta.

    Per il resto, analisi corretta e convincentissima.

    END THE CB!

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