martedì 30 giugno 2015

Alexis Tsipras — Angelo redentore o “secondino” della prigione del debito dei banchieri centrali keynesiani?


Ricordo a tutti i lettori che è in vendita il mio libro "L'Economia E' un Gioco da Ragazzi". Manoscritto incentrato sulla diffusione delle idee della Scuola Austriaca attraverso spiegazioni e analisi semplificate e dirette. Una presentazione adatta ad un vasto pubblico, a dimostrazione che per capire l'economia non è necessario un gergo tecnico ma solo logica e buon senso. Il libro è disponibile sia su Lulu.com sia su Scribd.

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di David Stockman


La Grecia, l'Europa e il mondo sono stati inchiodati sulla croce del settore bancario centrale keynesiano. Il diluvio di denaro fiat dell'ultimo ventennio ha generato una bolla finanziaria in tutto il mondo e ha favorito solo una piccola fetta di umanità. Tutto ciò è molto evidente, ma c'è di più e soprattutto c'è di peggio.

L'attuale mezzogiorno di fuoco sulla montagna di debito della Grecia, porta alla luce qualcosa di più inquietante. Vale a dire, le stampanti monetarie delle banche centrali hanno completamente distrutto il requisito fondamentale della democrazia fiscale.

Vale a dire, nel mondo moderno costituito da stati interventisti e intrisi fino al midollo di welfare, la governance di bilancio ha disperatamente bisogno di un mercato obbligazionario onesto. Quest'ultimo è l'unico meccanismo in grado di addomesticare l'impellenza dello stato a spendere, trasferire, sequestrare, sovvenzionare, sussidiare e scialacquare senza il relativo dolore di un prelievo fiscale oneroso.

Rendimenti obbligazionari in ascesa e la paura di perdere l'accesso al mercato del debito, quindi, sono l'unica forza che può spronare i politici, i ladri e i ciarlatani che dirigono la macchina della democrazia a rimettersi in carreggiata e riconoscre i fatti; e poi a pesare le opzioni difficili e i compromessi, a formare un consenso e a chiudere l'affare.

Questa proposta si basa sull'esperienza, non sulla teoria — anche se la logica della disciplina del mercato obbligazionario è inattaccabile. Circa 33 anni fa, infatti, ho fatto parte dello staff della Casa Bianca che convinse Ronald Reagan a fare l'impossibile: approvare un aumento delle tasse sulla scia della recessione del 1982 e abbracciare altre misure simili nei tre anni successivi. Quando le acque si calmarono, questa cosiddetta "morsa fiscale" si riprese il 40% della sua amata agevolazione fiscale del 1981.

Il presidente Reagan fu in qualche modo costretto ad agire così, sapeva che Paul Volcker non avrebbe stampato denaro per finanziare il gigantesco deficit strutturale che eruttò durante il primo anno della sua amministrazione.

Questi deficit erano accidentali — dovuti ad un'eccessiva spesa per la difesa, tagli interni poco incisivi e basse entrate per lo storico taglio delle tasse del 1981 — non il piano intenzionale di una banda di keynesiani. Ciononostante erano reali, ingestibili e corrosivi.

A suo credito, però, il presidente non voleva che Volcker allentasse la pressione che questi deficit giganteschi imposero sui tassi d'interesse e sugli investimenti privati. Ronald Reagan aveva una mentalità abbastanza vecchio stile da odiare l'idea della monetizzazione. Vale a dire, una frode finanziaria attuata dalla banca centrale ai danni della popolazione, dove la creazione di credito dal nulla avrebbe permesso allo stato di consumare beni, servizi e lavoro e garantire benefici welfaristici.

Ma negli ultimi tre decenni il mondo è stato capovolto. I bond vigilantes, che in qualche modo avevano mantenuto i politici semi-onesti, sono stati sterminati dai banchieri centrali armati di bazooka monetari e offerte d'acquisto per i bond sovrani. I mercati del debito sovrano sono diventati dei bordelli finanziari.

Tale condizione funesta è dovuta all'usurpazione del settore bancario centrale da parte di accademici e burocrati keynesiani. Il modus operandi di questi ultimi prevede la falsificazione cronica e inesorabile dei prezzi delle obbligazioni.

E compiono la loro missione non solo acquistando bond in modo diretto col QE. Questo è già abbastanza grave di per sé, come sottolineato dal fatto che le banche centrali del mondo hanno aumentato la loro situazione patrimoniale collettiva da $6,000 miliardi a $22,000 miliardi negli ultimi dieci anni o giù di lì. Questa è una monetizzazione in grande stile — e quasi tutti i $16,000 miliardi di credito dal nulla sono andati ad acquistare obbligazioni sovrane e numerose forme di debito statale.

Naturalmente questi pazzi vi dicono che i suddetti $16,000 miliardi non hanno nulla a che fare con il prezzo e i rendimenti del debito pubblico. Stiamo soffrendo di un presunto "eccesso di risparmio", secondo Bernanke e Greenspan; e dal pulpito del più grande ciarlatano keynesiano dei nostri tempi, il professor Larry Summers, i tassi ultra-bassi sono dovuti ad una misteriosa stagnazione secolare che ha indotto gli investitori a supplicare gli stati affinché emettessero titoli con rendimenti negativi.

Giusto! Eppure questa gigantesca monetizzazione diretta del debito sovrano è solo la metà della storia. La ZIRP è la vile complice del QE. Una maggiore falsificazione dei prezzi viene introdotta nel mercato dei titoli di stato, quando i papponi che gestiscono il bordello finanziano le loro speculazioni nei mercati dei pronti contro termine e in altri mercati monetari liquidi.

Per gli speculatori nel mercato obbligazionario, il 95% del prezzo d'acquisto dei bond equivale al costo di produzione. Mandatelo a zero per 80 mesi e sfornate una pila di dichiarazioni post-riunione in cui non permetterete ai tassi del mercato monetario di salire senza un ampio preavviso, e otterrete un arbitraggio selvaggio sulla curva dei rendimenti. E fatelo su scala globale, otterrete l'assurdità del decennale tedesco con un rendimento a 5 bps, o le emissioni di lungo termine dello stato italiano quasi-fallito al di sotto dell'1%.

Quindi, piuttosto che ripudiare la monetizzazione come fece gran parte di Wall Street durante l'era di Ronald Reagan, i trader di oggi ci vanno a nozze. Invece di riconoscere i falsi segnali di prezzo e la corruzione dei pasti gratis che essa introduce nell'arena fiscale, i nostri banchieri centrali keynesiani ignorano il pericolo ricorrendo ad una falsa pista. Vale a dire, che la massiccia monetizzazione non ha causato un'accelerazione dell'inflazione dei prezzi al consumo. Secondo questo modo di vedere le cose, non c'è nulla per cui turbarsi.

Questo è patetico e lo show greco di oggi ci offre un esempio lampante di come questa malvagità monetaria metta in pericolo l'essenza stessa della democrazia politica. In una parola, la Grecia è andata in bancarotta anni fa, perché i suoi politici hanno sfornato mucchi di obbligazioni a basso costo in un mercato del debito che è stato falsificato dalla BCE.

Nel 2001 il debito pubblico della Grecia era di circa $150 miliardi e rappresentava esattamente il 100% del PIL nominale. In un mondo in cui i bond vigilantes non erano ancora stati spazzati via dai banchieri centrali, quello che sarebbe successo dopo era impensabile. Nel 2010 il debito pubblico della Grecia era salito a $380 miliardi, il che significa che era cresciuto ad un tasso annuo composto del 10%.

Inutile dire che nell'economia greca, corrotta e inefficiente, non era cambiato nulla che potesse giustificare un aumento di $230 miliardi del debito pubblico — soprattutto in considerazione del rapporto debito/PIL al 100% nel 2001. Tuttavia, il rendimento del decennale greco è sceso drasticamente fino al 2008, e anche all'inizio della crisi del 2010 era solo del 5.5%.




Nel frattempo, la BCE aveva aperto i rubinetti monetari. Durante lo stesso periodo di 11 mesi fino al 2010, il suo bilancio era salito del 3X, pari ad un tasso di crescita annualizzato dell'11%. In breve, le stampanti monetarie a Francoforte hanno talmente falsificato i prezzi delle obbligazioni sovrane, che anche con un premio di rendimento lo stato greco era in grado di prendere in prestito fino alla bancarotta.




Detto in altro modo, in un mercato obbligazionario onesto la Grecia non avrebbe avuto la minima possibilità di accumulare $380 miliardi di debito pubblico. Inoltre i bond vigilantes non si sarebbero mai lasciati ingannare dal falso boom alimentato del debito, il quale ha temporaneamente ingolfato l'economia greca durante il primo decennio dopo la sua entrata nell'euro.

In particolare, tra il 2001 e il picco del 2009, l'economia greca è sembrata prosperare — con il PIL nominale che è passato da $150 miliardi a $340 miliardi, o un aumento del 10% ogni anno. Ma non era una crescita organica e sostenibile; si trattava d'investimenti immobiliari pubblici e privati in bolla e nuovi consumi delle famiglie scaturiti dalle legioni di dipendenti pubblici e beneficiari del welfare state greco.

Non a caso, i politici greci hanno carpito il messaggio sbagliato da questo falso boom. Quest'ultimo infatti ha gonfiato il denominatore del rapporto debito pubblico/PIL, generando l'illusione che stesse aumentando lentamente a circa il 115% nel 2008 — quando in realtà il vero rapporto si stava impennando.

Di conseguenza, dal momento che non vi era alcuna crisi all'orizzonte e i rendimenti erano ancora gestibili, i politici — soprattutto quelli di una nazione dipendente dallo statalismo di sinistra — hanno fatto quello che fanno ogni volta. Vale a dire, hanno aumentato le pensioni e altri programmi d'assistenza sociale.

E questo va al cuore degli stupidi battibecchi "sull'austerità" tra Syriza e i burocrati della Troika. Sì, come illustrato di seguito, la Grecia ha effettivamente ridotto di €6 miliardi le spese nominali per le sue pensioni, o del 16% rispetto al picco del 2009. Ma nei soli tre anni precedenti le aveva aumente del 35% e del 60% da quando si era unita alla zona Euro.

I cosiddetti tagli alle pensioni, dunque, hanno rappresentato un modo per riprendersi dalla generosità insostenibile che i governi della Grecia hanno elargito in passato, basandosi su un'economia spumeggiante e su falsi prezzi dei titoli di stato (a causa della BCE). Detto in altro modo, le pensioni di oggi sono un artefatto di un mercato obbligazionario disonesto, non la prova di un peccato fiscale della Grecia, come sostengono i suoi finanziatori tedeschi, o della giustizia sociale, come sostiene il suo attuale governo.




In questo contesto è altresì evidente che "l'austerità" a cui ha ceduto la Grecia, non è il risultato di politiche fiscali che sono state forzate dalla Troika. La tesi dei commentatori keynesiani, secondo cui il problema del debito greco è il risultato della contrazione del suo PIL, è matematicamente corretta, ma economicamente ridicola. Il PIL sostenibile della Grecia non è mai stato $340 miliardi nel 2008; quello era un miraggio alimentato dal debito.

La contrazione del PIL verso gli attuali $200 miliardi, rappresenta semplicemente la liquidazione di una bolla economica che era totalmente dipendente da massicce e continue iniezioni di debito. Pretendere che questo miraggio possa essere ripristinato con l'eliminazione dei vincoli di bilancio imposti dai creditori della Grecia, è esattamente il tipo di favola keynesiana che affligge la politica fiscale di tutto il mondo.




Questo non vuol dire che i salvataggi di Bruxelles/Francoforte/FMI e i vari sistemi di controllo abbiano un qualche merito. La Grecia è stata gravata con un debito illegittimo e oneroso che avrebbe dovuto ripudiare nel 2010, una volta che era chiaro che fosse in bancarotta.

I $380 miliardi di debito pubblico lordo nel 2010, avrebbero dovuto essere ridotti ad una frazione di tale ammontare tramite una vera e propria bancarotta.

Invece la maggior parte di tale debito è stato semplicemente trasferito dalle banche e dai gestori obbligazionari europei ai contribuenti della zona Euro. I politici eletti della Grecia non volevano questo piano di salvataggio; è stato imposto loro dalle autorità francesi, tedesche e italiane per salvare le loro istituzioni finanziarie.

Tutto ciò che è accaduto sin da allora è stata solo un gigantesca farsa. L'attuale rapporto debito pubblico/PIL della Grecia è al 180%, e nessuno può aspettarsi che possa essere ripagato nel lungo periodo. Alla fine, i tassi d'interesse devono normalizzarsi — o gli sciocchi keynesiani, ora responsabili delle banche centrali, faranno saltare in aria tutto il sistema monetario mondiale e la struttura finanziaria. Aggiungete, quindi, 300 o 500 punti base al costo del servizio del debito greco per l'eventuale rinnovo degli oneri della Troika (@ $300 miliardi), e l'intero edificio del debito andrà a rotoli.

Data questa realtà, l'idea che la Grecia possa liberarsi dal suo debito enorme con un avanzo primario dell'1%, del 3% o addirittura del 5% del PIL, è pura fantasia. Il programma della Troika, di conseguenza, è solamente l'ennesimo calcio al barattolo che si concluderà in un disastro.

Quindi se nel mondo esiste ancora una flebile speranza per la democrazia politica e per la prosperità capitalistica, essa passa attraverso la fine del settore bancario centrale keynesiano. Il suo fallimento irreversibile, lo screditerà permanentemente agli occhi dei giocatori d'azzardo finanziari e dei politici.

L'infinito dramma greco fornisce esattamente questa opportunità, perché tutta questa farsa è stata generata e alimentata dalla BCE. Draghi e la sua banda di fessacchiotti finanziari hanno creato quella che è a tutti gli effetti un'orribile truffa finanziaria — una vergogna per qualsiasi nozione di settore bancario centrale ante-2008.

Se non avesse annunciato la massiccia monetizzazione del debito sovrano nel luglio 2012, la Grecia sarebbe andata in bancarotta tempo fa e anche i mutuatari periferici, come l'Italia, la Spagna e il Portogallo, avrebbero affrontato la loro resa dei conti. La zona Euro sarebbe saltata in aria e la BCE non esisterebbe più.

Allo stesso modo, se la BCE non avesse fornito $125 miliardi di finanziamenti al sistema bancario greco — o, in realtà, più dell'attuale livello dei depositi in fuga — quest'ultimo si sarebbe schiantato mesi fa, innescando una crisi che poi avrebbe distrutto l'euro.

Ironia della sorte, ora l'angelo redentore ha un volto umano: l'intrepido primo ministro della Grecia, Alexis Tsipras. La sua economia statalista di sinistra è un abominio che causerebbe solamente ulteriori sofferenze al popolo greco, semmai dovesse essere messa in pratica. Ma ha assolutamente ragione in materia di politica governativa:

"Non abbiamo il diritto di seppellire la democrazia europea nel paese in cui è nata."

Questa è l'essenza del problema. Se la democrazia della Grecia vuole sopravvivere, allora deve emanciparsi dal superstato distruttivo di Bruxelles e dalla falsificazione monetaria di Francoforte.

Ironia della sorte, un ritorno alla dracma permetterebbe ai politici greci di tornare laddove si trovavano prima di venir traditi dal falso regime monetario del settore bancario centrale europeo. Sarebbero costretti ad avere un avanzo primario, perché non potrebbero chiedere prestiti nei mercati mondiali dopo un default imposto loro dalla zona Euro, dalla BCE e dal FMI.

Sarebbe un loro compito tassare i ricchi, tagliare le pensioni, scovare gli evasori fiscali, vendere beni dello stato, ridurre la burocrazia e scacciare i capitalisti clientelari che si nutrono di stato greco, e non degli ispettori e dei burocrati pomposi del FMI e del superstato europeo.

Ancora più importante, a fronte di un mercato obbligazionario onesto e bond vigilantes reali, lo stato greco riscoprirebbe i requisiti di una governance di bilancio sostenibile. Semmai in futuro volesse avere di nuovo ampi disavanzi di bilancio, si troverebbe di fronte una commissione del tutto diversa. Vale a dire, i sottoscrittori dei suoi titoli di stato.

Se i bond vigilantes avessero bisogno di un rendimento del 15% per comprare il debito greco sulla base dei fatti e delle prospettive fiscali, non assisteremmo a mesi e anni di calcio al barattolo, falsi piani di ristrutturazione, promesse vuote e manovre infinite. I politici della Grecia sarebbero tenuti a prendere provvedimenti il giorno dopo.

Ora Tsipras ha di fronte questa scelta difficile. Se ancora una volta venderà la Grecia ai finanziatori del suo debito schiacciante, sarà solo una questione di tempo prima che venga sostituito da un altro primo ministro greco.

Se invece farà ciò che è giusto per la democrazia greca, sarà davvero un angelo redentore. L'euro e la BCE non possono sopravvivere ad un Grexit, né il settore bancario centrale keynesiano.

Non c'è da meravigliarsi se nei prossimi giorni le potenze riunite del mondo smuoveranno mari e monti per mantenere la Grecia dentro la prigione del debito. A tal fine, possono ancora trasformare Tsipras in un "secondino" di questa prigione, ma per farlo dovranno di nuovo far volare gli asini — almeno per un po' più a lungo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


lunedì 29 giugno 2015

Quanto ancora possono durare gli Stati Uniti?



Ricordo a tutti i lettori che è in vendita il mio libro "L'Economia E' un Gioco da Ragazzi". Manoscritto incentrato sulla diffusione delle idee della Scuola Austriaca attraverso spiegazioni e analisi semplificate e dirette. Una presentazione adatta ad un vasto pubblico, a dimostrazione che per capire l'economia non è necessario un gergo tecnico ma solo logica e buon senso. Il libro è disponibile sia su Lulu.com sia su Scribd.


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di Fred Reed


E' possibile che gli Stati Uniti si disgreghino de facto o formalmente?

Me lo chiedo spesso. Il paese non è un luogo felice in cui vivere. Oggi è più consapevole, risentito e diviso, a livello politico, a livello regionale, a livello razziale, a livello sessuale e a livello di classi sociali. I ricchi prosperano e la classe media affonda. Tre grandi blocchi razziali si guardano negli occhi con paura e ostilità. La sinistra controlla i media e il governo contro i desideri di gran parte del paese, imponendo un'ingegneria sociale che è profondamente antipatica. Le femministe fanno la guerra agli uomini, e distruggono le scuole e le università. Washington è ampiamente detestata. Regole, leggi e regolamenti mai votati spuntano in ogni dove, aumentando il fardello burocratico è l'invasività burocratica. Molti vogliono tirarsene fuori. La questione è come farlo.

Una disgregazione non avverrà attraverso una secessione armata. C'abbiamo provato ma con scarsi risultati. Avverrà, e se avverrà, a gradi, senza nessun avvertimento, ignorando silenziosamente il governo centrale. E' un processo che è già iniziato. Resta da vedere se andrà avanti.

Non è chiaro se i federali potessero impedirlo. In realtà, quant'è potente Washington? Pensiamoci. La marijuana è illegale secondo la legge federale, ma il Colorado e lo stato di Washington l'hanno resa legale e l'hanno fatta franca. I federali non hanno arrestato i governatori o inviato truppe. Da allora, l'Alaska e Washington DC hanno legalizzato l'erba. Altri stati sembrano pronti a seguire l'esempio. A meno che Washington non faccia qualcosa di sbalorditivo e lo faccia presto, gli stati impareranno che possono ignorare i federali.

Chi potrebbe gradire la secessione? Quasi certamente i latino-americani. In quattro stati — California, Texas, Arizona e New Mexico — i latino-americani hanno (o ce l'avranno presto) una maggioranza demografica, il che significa che alla fine avranno la maggioranza dei voti.

Ciò non significa che i bianchi e i marroni finiranno in un combattimento politico mortale. In gran parte del paese i latino-americani e i bianchi vanno abbastanza d'accordo. Ciò significa che l'influenza ispanica, già adesso potente, lo diventerà ancora di più. Può significare (o forse no) che i latino-americani, come i neri, si aggregheranno escludendo i bianchi e avranno pochi incentivi a mescolarsi. Perché? A loro piace la loro civiltà, il loro cibo, la loro musica e la loro cultura. Quello che vogliono in America è la prosperità.

Per generalizzare, ma non tanto, gli ispanici hanno più cose in comune col Messico che con Washington. I bianchi in molti stati occidentali hanno poco in comune con Washington e il Nord-Est.

E qui le cose diventano interessanti. L'immigrazione clandestina è, chiaramente, illegale — anche se un presidente nero e un procuratore generale nero, probabilmente per una certa ostilità razziale nei confronti dei bianchi, stanno facendo tutto il possibile per aumentare la popolazione ispanica degli Stati Uniti. Ma come può un presidente fermare una cosa del genere? Troppi interessi vogliono che questa situazione vada avanti. Costruire una recinzione lungo il confine è pura fantasia, così come la revoca della cittadinanza per diritto di nascita. L'afflusso continuerà e i nuovi figli non potranno essere rispediti indietro. Infine otterranno il diritto di voto.

La conseguenza, ormai inevitabile, è che il Sud-Est diventerà più messicano. Più è grande una minoranza, più sarà difficile fargli fare cose che non vuole fare.

Ora la California rilascia patenti di guida ai clandestini. La polizia non è autorizzata a chiedere lo status d'immigrazione. Si parla di permettere ai clandestini di votare alle elezioni comunali, cosa che accelererebbe la messicanizzazione. Queste misure e provvedimenti analoghi li avvicinano a diventare cittadini della California, ma non d'America.

Il lento trasferimento di poteri ai latino-americani avanza a ritmo sostenuto. Il New York Times: "LOS ANGELES — La California sta sfidando lo status storico della cittadinanza americana con misure che permettano ai non-cittadini di sedersi nelle giurie... e di aprire la pratica anche per coloro che sono qui illegalmente. È una tendenza nazionale che comprende la concessione di patenti di guida e istruzione statale ad immigrati clandestini..."

Sì.

New York sta riflettendo su una legge simile.

La ribellione contro la legge federale è una cosa ormai comune. Ad esempio: "Rep. Luis Gutierrez (D-Ill.) dice che Chicago è la città più amichevole della nazione nei confronti degli immigrati, in quanto fa in modo di non collaborare più con le autorità d'immigrazione quando si tratta di espellere o separare le famiglie."

Un membro del Congresso degli Stati Uniti, e un presidente degli Stati Uniti, sfidano la legge federale. Questo è uno scollamento degno di nota.

Che cosa può fare Washington se stati e regioni andranno per la propria strada? Se grandi gruppi di persone smetteranno di pagare le imposte sul reddito? Un evasore fiscale può essere arrestato, cinquantamila no. Un problema per i federali è che se la polizia di uno stato si rifiuta di far rispettare le leggi federali, i federali dovranno farlo da soli e non hanno i numeri per farlo. La resistenza passiva è difficile da perseguire, il gradualismo non ne offre il pretesto, le nuove generazioni sembrano meno preoccupate per l'immigrazione rispetto a quelle vecchie e una risposta violenta da parte di Washington comporterebbe rischi politici spaventosi.

Così mentre i quattro stati Sud-Occidentali diventano sempre più latino-americani, che cosa succederà se elimineranno il confine con il Messico? Ovviamente non la metterebbero in questi termini. Probabilmente non lo direbbero affatto, ignorando la sovranità federale. In un mondo globalizzato, l'idea stessa di sovranità sembra meno importante che in passato. Credo che i giovani si preoccupino poco dell'identità nazionale.

Come farà Washington ad imporre la sua volontà? Invierà l'esercito? Bombarderà Los Angeles?

Il risultato potrebbe essere un'integrazione de facto col Messico — imprese che operano su entrambi i lati del confine, come se non ci fosse un confine, un flusso completamente libero di persone e cose.

In passato l'unità solida degli Stati Uniti esisteva perché la gente la voleva. La base era un paese in gran parte bianco, cristiano, di cultura europea. Nessuno metteva in discussione queste cose perché non vi era alcun motivo per metterle in discussione. Le minoranze erano abbastanza esigue da doversi conformarre alla cultura dominante. La gente condivideva le stesse idee di moralità, educazione, criminalità, musica, religione, abbigliamento, costumi e patriottismo.

Tale unità se n'è andata per sempre. Il vecchio sistema è stato sostituito, ma non da un altro sistema, come in Giappone, Cina o Corea, bensì dal caos civile. Una legge del comportamento umano prevede che le persone vogliano vivere tra persone come loro. Un'altra prevede che a loro non piaccia essere governate da persone che detestano. A chi piace Washington oggi?

Un'altra possibilità di secessione si trova a Sud. Il Mississippi, lo stato più scuro, è per il trentasette per cento nero. Anche se non ci è permesso di dirlo, l'ostilità razziale dei neri verso i bianchi è intensa. Mentre i bianchi possono votare (almerno per ora) per un candidato nero — è così che siamo arrivati ad ​​Obama — i neri votano in blocco per i candidati neri. (Se la memoria serve a qualcosa, Obama ha ottenuto il 93% del voto nero.)

Se la percentuale di neri in Mississippi crescerà fino ad un punto di svolta, i bianchi verranno sorpassati (che di solito è quello che accade, anche se non dovremmo dirlo per essere politically correct) e lo stato potrebbe diventare uno "stato nello stato" — dipendente da sussidi federali, sì, ma senza la fedeltà o la cultura in comune con la società bianca. Non urgerebbe più il bisogno di obbedire alle leggi federali.

Datemi del pazzo, ma aspettate venti anni.

Chiunque sia interessato al Messico farebbe bene a leggere Manana Forever di Jorge Castañeda.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


venerdì 26 giugno 2015

L'ingegneria finanziaria conduce verso un unico esito: il Grande Default





di Francesco Simoncelli


Nonostante il livello abnorme d'interventismo nei mercati mondiali, ci sono ancora persone che pensano che l'attuale sistema economico abbia ancora una possibilità di sopravvivere ad una possibile tempesta finanziaria. Ci sarà un'altra tempesta finanziaria? C'è sempre un'altra tempesta finanziaria, soprattutto quando parliamo del sistema capitalista clientelare. In generale, se fossimo di fronte a mercati non ostacolati, si tratterebbe solo di una pioggia passeggera che non spaventerebbe affatto gli individui; ciò che invece abbiamo di fronte ora, è la stagione dei monsoni in tutta la sua potenza. Un libero mercato non avrebbe mai consentito i livelli assurdi che hanno raggiunto i mercati azionari, nonché i giocatori d'azzardo al suo interno grazie alla promessa delle banche centrali di rifornirli con nuovo carburante monetario. Se lo scopo era quello di salvaguardare quelle entità protette dal cartello delle banche centrali, ovvero, banche comemrciali e stato, per essere raggiunto tale obiettivo ha costretto le banche centrali a trasformare i mercati azionari e obbligazionari in bische clandestine in cui bivaccano e scomettono quelle realtà definite GSIB.

Non solo ciò ha distrutto un qualsiasi price discovery onesto, ma ha anche cancellato qualsiasi punto di riferimento inerente al rischio. Le banche centrali stanno navigando in un mare coperto da una nebbia fittissima e non riescono a vedere ad un palmo dal loro naso. Qualsiasi cosa potrebbe sconvolgere questo labile equilibrio. Prendete ad esempio l'Europa. Sebbene gli eurocrati siano dei maestri nel calcio al barattolo, non possono fare nulla contro l'imprevedibilità dei mercati e delle azioni umane. Infatti lo zio Mario, come zia Jane, ha praticamente reso illiquido il mercato obbligazionario statale eliminando un mark to market in tale ambiente. Nessuno pare disposto a commerciare i bond statali, ritenendoli dei buoni strumenti in caso di shock improvviso da affibbiare alle banche centrali. Non a caso il Q€ della BCE sta scendendo sempre di più lungo la curva della maturità. Non mi sorprenderebbe se ad esempio, venisse istituita una bad bank italiana ed emettesse ABS, o CDO, o CLO, che alla fine finirebbero nella pancia della BCE. Se negli USA il mercato dei junk bond sta vivendo un periodo artificialmente prospero, è qualcosa che accadrà anche qui. D'altra parte, laggiù il QE è arrivato prima.

La volatilità è praticamente scomparsa e c'è una sorta di appiattimento dei mercati: aumentano i prezzi ma diminuiscono i rendimenti (anzi, diventano praticamente insignificanti). Ciò che invece non viene eliminato, è la sensazione di rischio. O come lo chiama Zero Hedge, il Value at Risk shock. Nell'articolo viene spiegato come i più sensibili a tale shock siano quelle stesse entità che hanno fatto incetta di bond statali.

La catena di vendite risultati non solo andrà a diminuire il valore dei bond, ma andrà ad intaccare anche tutto quel pattume che fino a quel momento le banche centrali si sono messe in pancia. Il tutto è reso più esplosivo se guardiamo l'esposizione della BCE nei confronti degli stati europei.






MEMORIE DEL PASSATO

Se scaviamo a fondo nella storia scopriamo che in realtà le banche centrali sono nate da tutt'altri presupposti di quelli che oggi affermano di perseguire. L'esempio più vicino a noi è quello della BCE, la quale, secondo il trattato di Maastricht, non può categoricamente acquistare direttamente i bond statali della zona Euro. Questo accadeva nel 1999. Oggi sono passati 15 anni e tale mandato è stato infranto. Senza clamore, ma è stato infranto. I pianificatori centrali vendono al grande pubblico le loro riforme attraverso il paravento della rigidità e della responsabilità. Falliscono, sempre. Perché? Perché si ostinano a volersi sostituire ad un sistema decisionale più ampio la cui variabilità ne impedisce un controllo centrale. Questo significa che qualunque siano le promesse, verranno inesorabilmente infrante.

Un esempio più lontano da noi è invece il Federal Reserve Act. Diversamente da quanto si sostiene oggi, ovvero, che la banca centrale americana debba gestire i tassi d'interesse a breve termine, nel 1913 il compito con cui venne sponsorizzata la FED era quello di aiutare determinate banche in difficoltà in accordo coi tassi d'interesse esistenti. Questi ultimi, infatti, venivano regolati dalla domanda e dall'offerta.

In pratica, la FED doveva essere una sorta di guardiano passivo dell'economia di mercato attraverso la quale salvaguardare quelle attività commerciali (soprattutto bancarie) necessitanti sostegno in caso di crisi. Il modello su cui venne istituita era simile a quello delle stanze di compensazione presenti durante l'era del free banking, infatti la sua strutturazione era una patetica imitazione di quei processi di mercato emersi spontaneamente decenni prima. Le stanze di compensazione, infatti, erano degli istituti promossi dal mercato per la loro diligenza e il loro rispetto della legge. Perché? Perché in caso contrario sarebbero falliti. La loro reputazione era un patrimonio inestimabile. Esse, in caso di crisi, concedevano prestiti a quelle entità che potevano fornire prova di poter superare il periodo critico poiché aventi un bilancio solido. In caso contrario, venivano lasciate al loro destino.

Non c'era nulla di strano in questo assetto di mercato: le banche, così come qualsiasi altra attività commerciale, potevano fallire in caso di errori economici secondo il diritto commerciale. La struttura della FED, invece, andava a scimmiottare le istituzioni emerse durante il free banking. Infatti, la creazione delle banche regionali Federal Reserve non era altro che un trucco per vendere al grande pubblico questa menzogna: la pianificazione centrale è in grado di mantenere le sue promesse di responsabilità. In realtà, le uniche entità che abbiano contato davvero all'interno dell'organizzazione del settore bancario americano, sono state la FED e la NYFED. Le altre FED regionali sono solo delle comparse. Quindi la domanda che sorge spontanea è perché ci fosse il bisogno di una banca centrale. La risposta del libero mercato è questa: non ce n'era bisogno. Non c'era affatto bisogno di una banca centrale per creare credito onesto. Quest'ultimo, infatti, è il prodotto dei risparmiatori, i quali rinunciano volontariamente al consumo presente per ottenere un vantaggio futuro superiore.

Durante i 40 antecedenti alla creazione della Federal Reserve, l'economia americana era cresciuta ad un tasso composto del 4% senza alcuno shock significativo nel livello dei prezzi. Una cosa mai vista prima di allora. Con ciò si sgretola il mito del "fallimento del capitalismo". Infatti la creazione della banca centrale non è stato altro che l'atto di un gruppo ristretto di persone per poter mettere le mani sulle risorse scarse dell'economia di mercato. Le loro pressioni politiche erano andate avanti sin dall'istituzione della Prima Banca degli Stati Uniti, un prototipo di banca centrale del primo ottocento. Il suo fallimento era il segnale che agli occhi del mercato una simile istituzione non era possibile, ma loro, i progressisti, non si diedero per vinti e cercarono di coscrivere dalla loro parte lo stato. L'occasione si presentò nel 1890:

[...] Il 1890 fu l'anno in cui il Congresso fece due delle sue incursioni più intrusive nella politica monetaria e fiscale, prima della creazione della FED e l'approvazione dell'imposta sul reddito nel 1913. Autorizzò la creazione di moneta fiat per un importo di quasi cinque milioni di dollari al mese, e approvò un aumento del 50% delle aliquote fiscali nella principale forma di tassazione federale, il dazio.

La misura monetaria divenne ostaggio dello Sherman Silver Purchase Act: gli Stati Uniti si prendevano la briga di acquistare, con nuova cartamoneta, 4.5 milioni once d'argento al mese. La fregatura: la moneta che andava ad acquistare l'argento doveva essere rimborsabile dal Tesoro. Rimborsabile in oro, ovviamente.

Gli interessi delle società minerarie in Nevada e altrove avevano raggirato (e sicuramente corrotto) il Congresso nel perorare questa causa. Sapendo che il loro argento valeva poco, quale modo migliore per fare profitti se non affidarsi ad un pezzo di carta garantito dal governo in cui si dice che l'argento può essere scambiato per l'oro?

La cascata di nuovo denaro gonfiò un bolla speculativa, i dazi la deformarono ulteriormente e ci fu la recessione più lunga del periodo pre-1913. Gli Stati Uniti, manco a dirlo, rimasero a corto d'oro per coprire tutto il denaro in eccesso. J. P. Morgan dovette elargire un prestito in oro per salvare il patetico governo del suo Paese. Con il sistema bancario privato che dedicava le proprie risorse per sostenere la moneta, il mercato divenne affamato di denaro e ne derivò una terribile recessione.

Allo stato avrebbe fatto comodo un prestatori d'ultima istanza e al gruppo con interessi particolari avrebbe fatto comodo avere a disposizione un cartello commerciale con cui proteggere i propri interessi. Di conseguenza, la FED non ci mise molto a togliersi il mantello di presunto guardiano passivo e ad indossare quello di manipolatore assiduo. Alla manifestazione Interlibertarians 2014 del novembre scorso, il mio intervento verteva proprio su questi argomenti. Potete leggerlo qui: https://www.scribd.com/doc/268674752/Banche-Centrali-e-Oro



LE BISCHE CLANDESTINE DI OGGI

Sebbene ci sia voluto più tempo rispetto alla BCE, anche la FED ha disatteso le proprie promesse imprimendo sempre di più la sua impronta nell'economia di mercato. Ciò ha portato la banca centrale a sovvertire i processi di mercato che creavano credito onesto, sostituendoli con i suoi che invece non hanno fatto altro che creare credito disonesto: prestiti per studenti, mutui a tassi stracciati, prestiti per automobili, credito revolving, ecc. Tutte queste nuove forme di credito al consumo sono servite per nascondere sotto mucchi e mucchi di cifre la persistente bancarotta degli Stati Uniti. Dapprima è stata la volta degli stati, poi l'esuberanza irrazionale ha iniziato a pervadere il resto dell'ambiente finanziario sotto l'egida della ZIRP della FED. Le entità salvate, infatti, non avevano bisogno dei soldi, avevano bisogno di un flusso d'investimenti che andasse a coprire i buchi di bilancio che erano emersi durante la Grande Recessione. Il denaro fiat a cascata doveva tamponare solo temporaneamente l'isteria che aveva pervaso i mercato mondiali a seguito della crisi Lehman, costituendo una base da mostrare ai credtitori e una rampa di lancio con cui sistemare in qualche modo i bilanci disastrati di quelle entità salvata dalla bancarotta.

Se i problemi che hanno condotto alla crisi Lehman sono stati un azzardo morale fomentato dalla stampante monetaria della FED, cosa si è fatto per risolvere questo problema? Esatto, si è dato fuoco alle polveri scatenando un'azzardo morale sotto steroidi per convincere investitori, speculatori e trader che è possibile risolvere i problemi alla base del sistema economico attuale fornendo semplicemente una dose maggiore di sedativi. In ambito medico la digitalis purpurea viene somministrata a piccole dosi ai malati di cuore per aiutarli, ma se presa a grandi dosi è mortale. L'accoppiata Bernanke/Greenspan ha fatto qualcosa di decisamente simile. Fornendo liquidità ad istituzioni finanziarie che sarebbero dovute fallire, hanno permesso loro di vivere un giorno in più e continuare a prendere decisioni sbagliate.

Sequestrando le risorse scarse presenti nel panorama economico per poter portare avanti la loro produzione che il mercato aveva decretato inefficiente e superflua, hanno impedito a nuove realtà di prendere il loro posto e hanno ostacolato l'emersione di situazioni in accordo con le volontà del mercato. Perché quindi c'è disinflazione dei prezzi? Perché il mercato è saturo di prodotti che nessuno vuole. Main Street, infatti, non ha goduto del denaro di nuova esmissione della FED, o ne ha goduto solo in minima parte, la maggior parte è finito parcheggiato presso le riserve in eccesso che le banche commerciali hanno presso la FED e li guadagna lo 0.25% d'interesse. Parte di questo denaro, però, è stato utilizzato dalle stesse banche commerciali per ripristinare il flusso di guadagni che avevano sperimentato fino al crash del 2008: si sono riversate in massa nel mercato azionario cercando di stimolare nuovi affari mediante l'infusione di nuovo denaro. Ciò che ha tenuto in alto la borsa finora, non è stata una qualche nuova scoperta nell'ambito del settore Ricerca & Sviluppo delle varie aziende che ne fanno parte, ma lo tsunami di nuovo denaro che ha invaso le sale di Wall Street. I rendimenti sono calati nel tempo e i prezzi sono saliti in un'orgia di carry trade alimentati, in prima istanza, dalla posizione allentata della FED.

I guadagni gonfiati, quindi, da parte di quelle aziende facenti parte della combriccola quotata a Wall Street, sono frutto dell'ingegneria finanziaria di una manciata di banche che hanno cercato in tutti i modi di riabilitare agli occhi del mondo il loro status di solvibilità. In questo modo hanno aggiunto nuova polvere da sparo a quella che la FED aveva temporaneamente bagnato attraverso le riserve in eccesso. Ora la polvere da sparo si sta asciugando. I mercati azionari stanno raggiungendo vette da capogiro e le aziende che ne fanno parte non sono affatto in salute.




Non esiste più alcun price discovery onesto nei mercati azionari. Non esiste più alcun mark to market nei mercati azionari. L'unico market maker è la banca centrale. I suoi interventi progressivamente crescenti hanno sostituito la prosperità economica attraverso un risparmio genuino con un'illusione di prosperità sfornata dalla stampante monetaria.




Su quali basi si regge tutta questa farsa? Beh, è possibile che da qualche parte ci sia una minima parte di equity, ma la mole di distorsioni e deformazioni partorite in tutti questi anni è monumentale. Un luogo su tutti in cui queste deformazioni e distorsioni si sono moltiplicate è il mercato dei pronti contro termine, in cui i vari broker hanno ipotecato e re-ipotecato gli asset dei loro clienti per entrare in possesso di liquidità a prezzi stracciati e finanziare quindi nuovi azzardi morali con cui bearsi di tanti guadagni inattesi. Questo ha portato il mercato azionario ad essere inondato di pattume azionario/obbligazionario ad un prezzo al di sopra di quello che sarebbe stato altrimenti in mancanza degli interventi delle banche centrali. La funzione di clearing dei prezzi è stata smorzata, disallineando progressivamente domanda e offerta.




Questo ha trasformato i mercati azionari in bische clandestine piene zeppe di speculazioni con una leva da capogiro e carry trade pericolosi; non solo, ma anche i mercati obbligazionari sono stati trasformati in un incentivo a spendere di più grazie alla promesse delle banche centrali d'intervenire qualora fosse stato necessario. Non si può sfuggire da questa legge dell'economia: "Al diminuire del prezzo, aumenta la domanda."

In un libero mercato non avremmo assistito a queste assurdità con questi livelli di risparmio. La correzione del mercato non si sarebbe fermata alla Lehman, ma sarebbe proseguita mandando in bancarotta tutte quelle entità che avevano gozzovigliato grazie all'espansione monetaria artificiale della banca centrale. Domanda e offerta avrebbero potuto ri-equilibrarsi fornendo prezzi di clearing coi quali indirizzare verso i vari settori dell'economia le risorse scarse presenti nel panorama economico. Sarebbero stati gli attori di mercato, e non le banche centrali, a decidere laddove fossero più urgentemente necessarie suddette risorse scarse.

Dal mio punto di vista credo che la FED all'inizio sapesse cosa stesse facendo. In realtà, penso che ogni presidente voglia portare a termine il proprio mandato il più tranquillamente possibile. Nessuno di loro vuole essere ricordato come colui/colei che ha distrutto il dollaro, quindi calciano il barattolo. Anche dopo il 2008 la FED credeva che avrebbe potuto implementare la stessa strategia di boom/bust che fino a quel momento aveva caratterizzato i cicli economici. Una nuova bolla andava a sostituire quella precedente e un minimo di dolore economico avrebbe costituito il panorama post-bust.

Quello che invece i banchieri centrali hanno ignorato e pensavano sarebbero arrivato più in là nel tempo, è l'utilità marginale del debito. Main Street ha raggiunto il suo limite massimo. Il debito pubblico si sta affacciando su questa soglia. Oltrepassata, il bacino dei risparmi reali da stagnante si ridurrà e lì inizieranno i guai. Credo che i banchieri centrali siano finiti in trappola pensando di potervi uscire in qualche modo, e mentre ci pensavano hanno proseguito a rendere più esplosiva una situazione che lo era già. Il fatto che sappiano a cosa vanno incontro, ma ne sono terrorizzati, è dato dal fatto che per l'ennesima volta la FED ha rimandato il presunto aumento dei tassi d'interesse. Attraverso il QE si aspettava di scatenare un effetto a cascata, dai possessori di titoli fino a Main Street. Ciò non è accaduto. Perché? Perché i bilanci di Main Street sono saturi di debiti.




Inoltre, non è affatto chiaro quali siano questi tassi che "alzerà"? Quelli dei T-Bill? Non ha alcun poter su questi tassi, perché non appena tenterà di scaricare quelli nella sua pancia ci saranno margin call a pioggia in tutto il mercato. Quelli delle riserve in eccesso? Può permettersi di pagare l'1% invece che lo 0.25% in un mercato in cui rendimenti sono pressoché inesistenti? Inoltre questo denaro non viene investito e se viene dato alle banche commerciali non può essere dato al governo a fine anno. Questo significa una sola cosa: aumento dei deficit. Quelli nel mercato monetario? Gli stessi che finora hanno sostenuto migliaia e migliaia di carry trade per permettere ai TBTF di sopravvivere?

La FED è in trappola. Segnatevi questo commento. La prossima volta che la Yellen parlerà dei tassi d'interesse queste parole saranno ancora valide.



I BAGORDI EUROPEI

Non solo la FED, ma anche la BCE è nei guai. E con essa l'intera zona Euro. Dopo aver approvato regole chiare e presumibilmente ferree intorno alle nazioni che hanno accettato l'euro, sono state tutte infrante nel corso del tempo. Il tetto del deficit, la politica monetaria allentata, l'acquisto di bond degli stati membri. Tutte queste misure hanno avuto lo scopo di mantenere in piedi una struttura politica ed economica che non aveva niente a che fare con un progetto di prosperità, ma con un piano strategico del NWO per unire sotto un'unica bandiera la popolazione del mondo. Il TPP in approvazione negli Stati Uniti è solamente l'ultimo piano sull'agenda. Nazioni in bancarotta come l'Italia sono state ben liete di partecipare, poiché in questo modo hanno potuto schivare la pallottola del default e sopravvivere un altro giorno.

Ma delegare i propri problemi a livello sovranazionale non smorza la corrosività economica della pianificazione centrale. Il barattolo è stato calciato, ma in questo modo lo si è solo fatto diventare più grande. L'espansione monetaria artificiale alimentata dalla BCE dal 2000 al 2008, è l'ennesimo esempio della miopia dei pianificatori monetari centrali che presumendo di poter controllare gli effetti nefasti del ciclo economico, hanno presuntuosamente creduto di poter salvare nazioni in bancarotta e metterle sotto un controllo centrale più ampio.

Non è andata così. Il socialismo è sempre e comunque fallimentare. Nel nostro caso, il socialismo soft è sempre e comunque fallimentare. Ma questo porta ad un socialismo hard, poiché i pianificatori monetari centrali non appena vedono che i nodi arrivano al pettine, non esitano a mettere in campo misure restrittive estreme per porre un freno alla libertà individuale degli individui.

La cosa non viene presentata in questo modo, ovviamente, ma nel caso della Grecia, ad esempio, viene chiamata "vacanza bancaria".




Al diminuire dei depositi delle banche greche, diminuiscono gli asset che la banca deve ritirare, o impegnare, per ripagare i clienti che vogliono tornare in possesso della loro liquidità. E' per questo che, nonostante le chiacchiere, il programma ELA per le banche greche è stato aumentato a €84 miliardi mercoledì scorso (dai €75 miliardi precedenti). Questo ha permesso loro di sopravvivere ancora un po'. Ciononostante la condizione finanziaria delle quattro banche commerciali più grandi della Grecia (Eurobank, Alpha Bank, Piraeus, NBG) è a dir poco drammatica. La posizione del loro patrimonio è a rischio e con essa la qualità degli asset impegnati per i prestiti. Oltre alla preoccupazione per i depositi, ci sono i crediti fiscali dovuti dallo stato che si stanno progressivamente accumulando nel bilancio di queste quattro grandi banche greche.

Nel caso di Eurobank siamo ben oltre il 90% dell'equity. Questi non sono altro che crediti d'imposta concessi alle attività che, in sintesi, hanno pagato più tasse del dovuto o le hanno anticipate. Questa è sostanzialmente una misura che viene implementata quando l'economia del paese affronta periodi di stress economico e lo stato si ritrova in una posizione fiscale pericolante. Guardando il grafico qui a fianco, notiamo che il livello di salute di queste banche è decisamente preoccupante se focalizziamo la nostra attenzione sui deferred tax assets dovuti a queste banche. Senza contare che i loro bilanci sono ulteriormente ingolfati da bad loans e altri asset improduttivi, e tale tendenza aumenterà all'aumentare delle condizioni finanziarie traballanti del paese. Semmai la BCE dovesse tirarsi indietro per un qualche motivo e sospendere i programmi di finanziamento d'emergenza, i controlli di capitali sarebbero una triste e immediata conseguenza. A quel punto la Grecia si troverebbe davanti ad un bivio: fare come Cipro nel 2013 e "fregare" i depositanti (almeno quelli rimasti); o stampare una nuova valuta con cui "accontentare" i suoi creditori.

Come dicevo nell'incipit di questo articolo, sapremo che le cose inizieranno a peggiorare quando voleranno i CDS. Ebbene quelli della Grecia in particolare sono schizzati in alto.


Fonte: Barclays Research


Ma dopo un rimbalzo abbozzato l'anno scorso, è ormai una certezza che l'economia greca è in recessione; soprattutto quando notiamo che la curva dei rendimenti greci si è invertita. Questa curva riguarda i certificati di debito del governo greco. Di norma i rendimenti tendono ad aumentare lungo la curva perché in un orizzonte temporale così ampio, la possibilità d'inflazione dei prezzi è qualcosa di decisamente concreto. Inoltre il rischio di default è più probabile in un lungo termine incerto piuttosto che nel breve. In alcuni periodi, però, questa curva s'inverte: questo significa che i rendimenti obbligazionari di breve termine superano i rendimenti obbligazionari di lungo termine. Quando accade significa che la banca centrale ha smesso d'inflazionare e adesso il paese di cui fa parte inizia ad affrontare le conseguenze dell'espansione monetaria della banca centrale. Nel nostro caso, la BCE sta minacciando le banche greche di non rifornirle più di prestiti d'emergenza e il rischio di default è nettamente concreto visto lo stato penoso in cui languono le finanze greche.

E' un fenomeno economico dettato dalla paura degli investitori. Per chi ha scommesso sul debito obbligazionario greco, dopo il passato haircut, la paura è qualcosa che conosce bene. Tale sentimento, tra l'altro, è rafforzato da una possibile implementazione di un bail-in per il paese ellenico.




Finora le banche commerciali greche sono sopravvissute grazie ai fondi ELA presi in prestito dalla sua banca centrale nazionale, la quale li ha presi in prestito dalla zona Euro grazie al sistema di pagamento transfrontaliero TARGET2. Se la Grecia va in default a chi sono dovuti questi soldi?



Prestiti bilaterali Garanzie per finanziare i prestiti dell'EFSF Quota dei crediti TARGET2 nell'Eurosistema Quota dei possedimenti di bond nel programma SMP dell'Eurosistema Totale
Francia    11.389      31.02      24.47      5.439 72.32
Germania    15.165      41.308      31.07      6.903 94.45
Italia    10.008      27.259      21.25      4.722 63.24
Spagna    6.65      18.112      15.26      3.391 43.41
Totale    52.9      141.8      118.0      27 339.7


La maggior parte li deve alla Germania, poi vengono Francia e Italia. Questo significa che in caso di default queste tre nazioni saranno quelle che incasseranno il colpo più forte. Questo significa che saranno messe in linea le garanzie di cui dispongono per attutire in qualche modo il colpo. Quali sono queste garanzie? Il loro bancomat pressoché illimitato: i relativi contribuenti. Ma l'Italia è all'estremo delle forze per quanto riguarda il carico fiscale, quindi potrebbe cadere sotto il peso delle sue "resposnabilità" nei confronti dell'Europa. La Francia cadrebbe vittima della stessa sorte, facendo rimanere col cerino in mano la sola Germania. I contribuenti teutonici non l'accetteranno. Non si sobbarcheranno quest'onere.

Quello a cui stiamo assistendo è lo sgretolamento della pianificazione centrale su larga scala.



SCAPPARE NELLA TERRA DEI CANGURI?

Osservando quanto la situazione sia complicata in occidente, alcune persone hanno deciso di emigrare. La maggior parte di loro ha scelto una meta in particolare, reputandola una scappatoia adeguata alla polveriera in Europa e negli USA. Hanno, quindi, scelto l'Australia. In realtà, non si sono resi conto di come tale nazione sia la fotocopia dell'Irlanda dei primi anni 2000: una terra di opportunità temporanee e illusorie. Ho scritto su questo argomento 3 anni fa. In quell'articolo avvertivo di come la "locomotiva" australiana non era altro che un mix tra pianificazione centrale monetaria e accodamento al boom cinese. Tre anni dopo questa situazione non è cambiata, anzi è peggiorata; soprattutto ora che il boom cinese si sta raffreddando e l'Australia, affinché possa mantenere in piedi la sua promessa di un Eldorado di prosperità, deve arroventare di più la sua stampante monetaria. Però questa strategia non farà altro che rendere più doloroso il giorno della resa dei conti.




Un recente report di PIMCO, infatti, mette in evidenza la cosiddetta esuberanza irrazionale delle famiglie australiane, le quali si stanno lasciando sopraffare allegramente dalle lusinghe del credito facile. In questo modo l'economia australiana appare in crescita. In realtà, si sta demolendo con le proprie mani, abbindolata dalle promesse di prosperità che la manipolazione centrale e il denaro fiat portano con loro.





Il governatore della RBA la chiama "esuberanza irrazionale" delle famiglie, in realtà queste ultime stanno rispondendo ai segnali di mercato distorti da parte della banca centrale ch'egli dirige. In poche parole, stanno ingolfando i propri bilanci con una leva finanziaria crescente pensando che quelli a cui reagiscono sono fondamentali economici sani. Non è così.






Ancora una volta, gli attori di mercato credono che le banche centrali siano solamente delle istituzioni passive che in genere fanno il bene della popolazione. Dopo il caos statunitense del 2008 e il caos europeo del 2010, non hanno imparato nulla. La storia si sta ripetendo e continuerà a farlo finché la lezione non verrà appresa. Il dolore economico farà in modo che rimanga impressa il più a lungo possibile nelle menti degli attori di mercato.



CONCLUSIONE

Le banche centrali, contrariamente a quanto asseriscono i media mainstream e il mondo accademico, non sono latori di prosperità e stabilità. A parole probabilmente, ma nei fatti sono dei pachidermi che scombussolano tutto il panorama economico man mano che intervengono nell'economia di mercato. Sin dalla loro creazione è stata una questione di tempo prima che scoprissero le loro carte e mostrassero il loro vero scopo: proteggere coloro che fanno parte del loro cartello. Vale a dire, banche commerciali e stato.

Però, sin dal loro primo intervento, hanno segnato la loro condanna a morte. E' come una slavina: una volta che inizia a cadere a valle, è impossibile fermarla. E' questo il succo di quello che Ludwig von Mises intendeva spiegare nel suo classico, Planned Chaos. Ogni intervento centrale ha permesso l'accumulo di ulteriore neve, ma il ritorno dei raggi del sole non è un buon segno: ripresa economica (nominale). Nessuno sa cosa potrà scatenare la valanga. Ci sono alcuni che preferiscono correre rischi e godersi la giornata di sole. Altri, invece, valutando attentamente l'ambiente in cui si trovano e preferiscono tornare a casa. Alcuni hedge fund svedesi hanno compreso il rischio e si stanno defilando. Non vogliono provare dolore. Lo stesso vale per gli americani. Gli ultimi ad andarsene rimarranno col cerino in mano. Ogni volta c'è sempre uno "sciocco più sciocco" a cui lasciare il conto da pagare.

Il Grande Default spazzerà via (economicamente parlando) tutti coloro che continueranno ad avere fiducia nell'attuale stato di cose e ignoreranno i segnali premonitori. "Mene, Mene, Tekel, Upharsin." Per tutti coloro che non saranno in grado di leggere la proverbiale scritta sul muro, finirà male.

giovedì 25 giugno 2015

L'apologia del settore bancario centrale si sgretola grazie ad un solo blog


Ricordo a tutti i lettori che è in vendita il mio libro "L'Economia E' un Gioco da Ragazzi". Manoscritto incentrato sulla diffusione delle idee della Scuola Austriaca attraverso spiegazioni e analisi semplificate e dirette. Una presentazione adatta ad un vasto pubblico, a dimostrazione che per capire l'economia non è necessario un gergo tecnico ma solo logica e buon senso. Il libro è disponibile sia su Lulu.com sia su Scribd.

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di David Stockman


Il lavoro dello zio Ben come blogger è già finito. Nel suo primo post da cittadino normale, ha spifferato tutti i segreti del tempio monetario. Nel suo blog lo zio Ben ha demolito qualunque giustificazione a sostegno del settore bancario centrale.

In realtà l'ha fatto in un solo paragrafo. Questo:

Una critica confusa, che spesso abbiamo sentito, vuole che la FED stia distorcendo i mercati finanziari e le decisioni degli investitori mantenendo i tassi d'interesse artificialmente bassi.

Contrariamente a ciò che a volte si dice, la FED non può ritirarsi e lasciare che i tassi d'interesse vengano determinati dai "mercati". Le azioni della FED determinano l'offerta di moneta e quindi i tassi d'interesse a breve termine; non ha altra scelta se non impostare il tasso d'interesse a breve termine.

Non c'è bisogno che io definisca "belli" quei tempi dimenticati prima dell'ascesa di Greenspan, per illustrarvi quale sia il mio punto. I numeri parlano da soli.

Tra il 1954 e il 1972 la crescita del PIL reale è stata in media di circa il 4% l'anno.

Sin dalla fine del secolo scorso, quando l'economia americana è stata inondata dal credito disonesto della banca centrale, il tasso di crescita tendenziale del PIL è sceso all'1.7%; ed è rimasto in media all'1.1% rispetto al picco della bolla immobiliare nel 2007.

Anche i numeri riguardanti il reddito familiare medio parlano da soli. Mentre il rapporto nazionale debito/entrate cominciava la sua scalata alla fine degli anni '80, lo standard di vita di Main Street raggiungeva il picco. Ancora oggi si trova sotto quel picco del 1989.

Cioè, gli standard di vita reali sono letteralmente scesi mentre il bilancio della Federal Reserve è salito da $200 miliardi (1987) a $4,500 miliardi (oggi).

L'accrescimento di un debito gigantesco alimentato dall'espansione monumentale del bilancio della FED e dalla frantumante repressione finanziaria negli ultimi tre decenni, non ha migliorato la performance finanziaria della nazione o il suo benessere.




Non esiste alcuna prova che il controllo dei tassi d'interesse crei un elisir magico le cui componenti, più debito e rapporti di leva finanziaria superiori, possano generare una performance economica migliore e un benessere sociale maggiore.

La ricetta dell'elisir magico è il mandato keynesiano delle banche centrali: prevenire l'instabilità del ciclo economico e allontanare la presunta tendenza del capitalismo a finire in recessione.

Beh, grazie a Bernanke non dobbiamo più avere a che fare con una sottoperformance dell'economia e l'instabilità del ciclo economico. La realtà dei fatti è che dopo l'arrivo di Greenspan e dei suoi successori, abbiamo avuto la "Grande Immoderazione" e non il nirvana di una crescita senza fine e un mondo libero dalle recessioni.

Infatti, come si potrebbe dimostrare facilmente, l'idea che le banche centrali possano prevenire l'instabilità del ciclo economico è stata smentita dalla storia degli Stati Uniti sin dal 1950.

Tutti i cicli di recessione passati sono stati causati o dal crash di un'economia in stato di guerra, come nel 1953-1954 e nel 1969-1970; o da un eccessivo stimolo monetario da parte della FED che sarebbe stato corretto da una brusca inversione, come accaduto nel 1974-1975.

Ancora più evidente è la ragione per cui il trionfo di Volcker sull'inflazione al consumo a doppia cifra dei primi anni '80, abbia richiesto un profondo crollo per ripulire gli eccessi inflazionistici del decennio precedente.

E' anche il motivo per cui la stampa monetaria di Greenspan dopo il crollo del mercato azionario nel 1987, è stata seguita dalla recessione del 1990-1991.

Possiamo lasciare i miti della Grande Depressione per un altro giorno, ma la versione più corta è sintetizzata nel mio libro The Great Deformation.

La Grande Depressione fu una conseguenza dei debiti enormi e dell'inflazione monetaria emersi durante la Grande Guerra, e degli sforzi falliti per ripristinare un gold standard e un commercio internazionale liberale nel corso degli anni '20.

Ma non fu causata da un desiderio suicida insito nel capitalismo. Né fu il fallimento di Hoover nell'abbracciare deficit di bilancio dopo il 1929. Soprattutto non fu causata dal fallimento della FED nel perorare una campagna d'acquisto di bond statali nel 1930-1932, come hanno sostenuto Milton Friedman e il suo subalterno accademico, Ben Bernanke, nelle sale del mondo accademico; e poi hanno immortalato in un esperimento mondiale inaugurato dopo il 2008.

Questa è la sintesi: la FED non deve gestire i tassi d'interesse, e quindi non deve abbracciare la risposta spuria di Bernanke alla domanda "quale tasso":

Le azioni della FED determinano l'offerta di moneta e quindi i tassi d'interesse a breve termine; non ha altra scelta se non impostare il tasso d'interesse a breve termine. Allora dove dovrebbe essere? La migliore strategia che mi viene in mente è quella di impostare i tassi ad un livello coerente con il sano funzionamento dell'economia nel medio periodo, cioè, al tasso d'equilibrio (oggi, basso).

E quale potrebbe essere il tasso di "equilibrio"?

Quello all'interno della soluzione Wicksellianoa — vecchia più di 100 anni. Ecco i commenti di Bernanke sul "tasso d'interesse d'equilibrio".

Sono solamente paccottiglia intellettuale senza valore — gergo accademico per giustificare il potere plenario di gestire l'intera macchina dei prezzi di un sistema finanziario mondiale da $300,000 miliardi.

Infatti in questa paccottiglia intellettuale, si nasconde la vera motivazione della più grande missione sotto copertura di tutta la storia dello stato moderno:

[...] aiuta ad introdurre il concetto di tasso d'interesse d'equilibrio (a volte chiamato tasso d'interesse Wickselliano in onore dell'economista svedese del tardo XIX secolo, Knut Wicksell). Il tasso d'interesse d'equilibrio è il tasso d'interesse reale coerente con la piena occupazione delle risorse di capitale e quelle nel mondo del lavoro, forse dopo un certo periodo di aggiustamento. Molti fattori influenzano il tasso d'equilibrio, il quale può cambiare nel tempo.

In un'economia dinamica e in rapida crescita, ci aspettiamo che il tasso d'interesse d'equilibrio sia elevato, ceteris paribus, a riflesso dell'elevato potenziale di rendimenti sugli investimenti di capitale. In un'economia depressa e a crescita lenta, il tasso reale d'equilibrio potrebbe essere basso, dal momento che le opportunità d'investimento sono limitate e relativamente improduttive.

Non vi è nulla in questo paragrafo che possa essere misurato oggettivamente o tangibilmente. E' ormai evidente che neanche la FED sappia più che cos'è il tasso di disoccupazione.

Bernanke stesso ha postulato pochi anni fa che dovesse ricadere tra il 6.0% e il 6.5%.

Ora la Yellen dice invece che dovrebbe trovarsi tra il 5.0% e il 5.2%.

Oltre a ciò il bacino dei potenziali lavoratori misurato attualmente dal Bureau of Labor Statistics, omette più di 50 milioni di adulti che non sono occupati, o che sono ascritti in qualche programma assistenziale sociale; e ignora del tutto il bacino reale dei lavoratori, il quale rappresenta il mercato mondiale.

Il fatto è che in un mercato mondiale aperto, la "piena occupazione" della risorse lavoratrici è una funzione del prezzo del lavoro, e non di tassi arbitrari all'interno di un'economia immaginaria paragonata ad una vasca da bagno.

Per quanto riguarda il pieno utilizzo delle "risorse di capitale", ciò include anche i negozi Sears e le grandi scatole Border che sono stati resi obsoleti da Amazon e UPS? Include anche i mobilifici e le acciaierie che si sono trasferiti in Cina? Oppure le miniere di sabbia e le cisterne di petrolio greggio rese inattive dalla decisione saudita di mantenere la produzione petrolifera a $45 al barile?

Il politburo monetario seduto nell'Eccles Building non può saperlo.

Allo stesso modo, come si può misurare il tasso d'interesse reale quando non esiste alcuna ragione per utilizzare uno qualunque degli indici d'inflazione ora disponibili?

Sin dall'arrivo di Greenspan nel 1987, vi è stata una differenza annuale persistente di 60 punti base tra l'IPC e il deflatore PCE meno cibo ed energia.

Tale differenza ammonta ad un terzo dell'obiettivo d'inflazione di Janet Yellen e del suo cugino keynesiano, il professor John Taylor, per quanto riguarda il tasso d'interesse d'equilibrio nelle condizioni attuali.




La verità è che il mondo reale è troppo, troppo complesso e dinamico affinché lo si possa misurare e valutare con la presunta accuratezza burocratica di Bernanke.

In realtà, quando lo zio Ben prescrive la necessità d'impostare "in qualche modo" il tasso d'interesse, si scorda di come questo sia il vecchio problema del calcolo economico affrontato dai socialisti.

E' qualcosa che non si può fare — e soprattutto non in mercati fluidi, complessi e veloci. Cioè, i mercati globali del debito, dell'equity, dei prestiti, delle materie prime e di tutti i loro derivati.

Quindi, grazie per il blog, zio Ben. Ora sappiamo la vera risposta. Si chiama libero mercato.

Saluti,


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


mercoledì 24 giugno 2015

Come la liquidità va a finire nel mercato azionario


Ricordo a tutti i lettori che è in vendita il mio libro "L'Economia E' un Gioco da Ragazzi". Manoscritto incentrato sulla diffusione delle idee della Scuola Austriaca attraverso spiegazioni e analisi semplificate e dirette. Una presentazione adatta ad un vasto pubblico, a dimostrazione che per capire l'economia non è necessario un gergo tecnico ma solo logica e buon senso. Il libro è disponibile sia su Lulu.com sia su Scribd.

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di Frank Shostak


In un'economia di mercato il denaro fornisce un servizio importante, ovvero, quello di mezzo di scambio. I produttori scambiano i loro prodotti con il denaro e poi scambiano quest'ultimo con altri beni.

Poiché la produzione di beni e servizi aumenta, ciò significa una maggiore domanda per quel servizio svolto dal mezzo di scambio.

Al contrario, se l'attività economica rallenta, la domanda per il servizio svolto dal denaro diminuisce.

La domanda per il mezzo di scambio viene anche influenzata dalle variazioni dei prezzi. Un aumento dei prezzi di beni e servizi, porta ad un aumento della domanda per il mezzo di scambio.

La gente chiede più soldi per permettersi beni e servizi più costosi. Un calo dei prezzi di beni e servizi, si traduce in un calo della domanda per il mezzo di scambio.

Ora prendiamo l'esempio in cui ha luogo un aumento dell'offerta di denaro in un determinato stato dell'attività economica. Dal momento che non v'è stato alcun cambiamento nella domanda per il mezzo di scambio, questo significa che le persone si ritrovano un surplus di denaro, o un aumento della liquidità monetaria.

Ovviamente nessun individuo vuole possedere più soldi di quanti necessita. Un individuo può sbarazzarsi della liquidità in eccesso scambiandola con le merci.

Tuttavia, tutti gli individui come gruppo non possono sbarazzarsi della liquidità in eccesso in questo modo. Possono solo spostare i soldi da un individuo ad un altro individuo.

Il meccanismo che genera l'eliminazione della liquidità in eccesso è l'aumento dei prezzi di beni e servizi. Una volta che le persone iniziano a spendere la liquidità in eccesso per acquisire beni, ciò ne fa salire i prezzi.

Di conseguenza aumenta la domanda per il servizio svolto dal mezzo di scambio. Tutto questo, a sua volta, accade per eliminare l'eccedenza di liquidità.

Una volta che il denaro entra in un determinato mercato, i prodotti di tale mercato richiederanno un prezzo superiore. Oppure possiamo semplicemente dire che il prezzo di un bene in questo mercato è salito. (Ricordate, il prezzo rappresenta il numero di dollari per unità di qualcosa.)

Si noti che ciò che ha innescato un aumento dei prezzi di beni e servizi in diversi mercati, è stato l'aumento della liquidità in eccesso in risposta ad un aumento dell'offerta di moneta.

Mentre l'aumento dell'offerta di moneta si trasforma in un'eccedenza monetaria, un calo dell'offerta di moneta per un dato livello dell'attività economica si trasforma in una carenza monetaria: gli individui richiederanno ancora la stessa quantità di servizi dal mezzo di scambio. Per aggiustarsi al nuovo equilibrio, inizieranno a vendere merci spingendo in basso i loro prezzi.

A prezzi più bassi, scende anche la domanda per i servizi del mezzo di scambio e questo a sua volta va a ripulire la carenza monetaria.

Un cambiamento di liquidità, o un'eccedenza monetaria, può anche verificarsi in risposta ai cambiamenti nell'attività economica e alle variazioni dei prezzi.

Ad esempio, un aumento della liquidità può emergere con un determinato stock di denaro e un calo dell'attività economica.

Una calo dell'attività economica significa un minor numero di merci prodotte. Ciò significa che verranno scambiati meno beni – il che implica un calo della domanda per i servizi del mezzo di scambio.

Una volta che si verifica un'eccedenza monetaria, quindi, essa ha esattamente lo stesso effetto di un aumento dell'offerta di moneta per quanto concerne i prezzi di beni e servizi, cioè, li spinge in su.

Un aumento dei prezzi, a sua volta, serve a ripulire suddetta eccedenza.

Al contrario, un incremento dell'attività economica, mentre lo stock di moneta rimane invariato, produce una carenza monetaria.

Questo a sua volta mette in moto la vendita di merci, deprimendone così i prezzi. Il calo dei prezzi, a sua volta, serve per ripulire la carenza monetaria.

C'è un certo ritardo tra i cambiamenti di liquidità e le variazioni nei prezzi degli asset, come i prezzi delle azioni. (Perché quando il denaro viene iniettato, non influenza immediatamente tutti gli individui e tutti i mercati. Il denaro ha destinatari precedenti e successivi.)

Ad esempio, ci potrebbe essere un lungo intervallo di tempo tra il picco di liquidità e il picco nel mercato azionario.

L'effetto di una precedente liquidità in ascesa può per un certo periodo di tempo continuare a far passare in secondo piano l'effetto attuale di una liquidità in discesa. Di conseguenza il picco nel mercato azionario si manifesta una volta che la diminuzione della liquidità inizia a dominare la scena.



Come i Cambiamenti di Liquidità Hanno Influenzato il Mercato Azionario

Ad esempio, il tasso annuo di crescita della liquidità ha raggiunto un picco nel novembre 1927 a 10.2% – dopo un intervallo di tempo di 22 mesi, l'S&P 500 ha risposto con un picco nell'agosto 1929 a 31.71. (Si noti che la liquidità è calcolata tra la percentuale di variazioni annuali nell'AMS meno la percentuale di variazioni annuali nell'IPC e nella produzione industriale.) Nel 1987 l'intervallo di tempo tra un picco nella liquidità e un picco nel mercato azionario è stato molto più breve – il tasso annuo di crescita della liquidità ha raggiunto un picco nel gennaio 1987 a 15.1%. L'S&P 500 ha risposto con un picco otto mesi dopo a 329.9 nel settembre dello stesso anno.





Secondo i dati storici, il tasso annuo di crescita della liquidità ha toccato il fondo a -16.6% nel maggio 1929. Tuttavia, c'è voluto molto tempo prima che l'S&P 500 rispondesse. Ci sono voluti più di tre anni prima che l'S&P 500 iniziasse a riprendersi. L'indice azionario ha toccato il fondo nel giugno 1932 a 4.43. L'intervallo di tempo tra il fondo toccato dalla liquidità e il fondo toccato dal mercato azionario è risultato più breve nella storia più recente. Il tasso annuo di crescita della liquidità ha toccato il fondo a -5.7% nel settembre del 2000. Ci sono voluti 25 mesi prima che l'S&P 500 toccasse il fondo a 815.28 nel settembre 2002.





Un altro esempio è il tasso annuo di crescita della nostra misura monetaria AMS, il quale cresceva del 4.5% nel maggio 1975. Il tasso annuale di crescita dell'indice dei prezzi al consumo si attestava al 9.5%, mentre il tasso annuo di crescita della produzione industriale aveva chiuso a -12.4%. Come risultato, la nostra misura della liquidità ha raggiunto un massimo di 7.4%. In risposta, l'S&P 500 ha raggiunto un picco di 107.5 nel dicembre 1976. La nostra misura della liquidità ha toccato il fondo a -10.4% nel maggio 1976. L'indice S&P 500 ha raggiunto il suo minimo a 87.04 nel febbraio 1978 – un calo del 19% rispetto al picco.





L'S&P 500 ha chiuso a 1,549.30 nell'ottobre 2007, prima che un forte calo portasse l'indice azionario a 735.1 nel febbraio 2009 – un calo del 52.3%. Il tasso annuo di crescita della liquidità ha raggiunto il 7.1% nel giugno 2003 (vedi grafico). Si noti che il fondo nell'indice di prezzo delle azioni raggiunto a febbraio 2009, è stato preceduto da un fondo nella liquidità a -6% nel novembre 2007.





Qual è lo stato attuale della liquidità USA e dov'è diretto l'S&P 500?

Suggeriamo che una grave minaccia per l'S&P 500 sia rappresentata da un calo della liquidità dal 30.6% del giugno 2009 al -7.4% del giugno 2010. (Si noti ancora una volta che l'intervallo di tempo tra un picco della liquidità e un picco dell'S&P 500 è variabile).

Se dovessimo assumere un ritardo di circa sei anni, allora possiamo suggerire che in base al picco della liquidità nel giugno 2009, il livello dell'S&P 500 a 2.061 raggiunto a marzo di quest'anno potrebbe non essere tanto lontano dalla cima.





[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/