mercoledì 17 dicembre 2014

La vera ragione per cui l'economia globale è un tale disastro – E come aggiustarla

La pubblicazione di oggi (costituita da 1 e 2 articoli dello stesso autore), come quella di qualche tempo fa di Richard Duncan, è un po' controversa. Le ragioni di fondo sono corrette, ma ci sono punti in cui l'autore non comprende la profondità di alcuni concetti espressi. Uno di questi è il fatto che le persone che creano ricchezza debbano essere lasciate in pace. Assolutamente giusto. Pensate a tutti coloro che hanno creduto in determinate idee e le hanno finanziate. Immaginate se invece fossero stati degli insegnanti in una scuola pubblica, ad esempio. Quale sarebbe stato lo standard di vita della società nel suo complesso? Ovviamente, peggiore. O per meglio dire, sarebbe stata privata di un componente essenziale per far avanzare la sua ricchezza  ad una velocità superiore. L'imprenditore è una figura fondamentale all'interno del panorama economico. Egli, rompendo i vincoli che fino a quel momento l'insieme degli attori economici aveva posto al progresso, riesce a migliore dapprima la sua condizione e di riflesso quella del resto della popolazione. Qual è il problema? Essere salvati dallo stato. Ciò significa remare contro la volontà degli attori economici. Ciò significa rallentare la possibilità che la società ha di migliorare sé stessa. Ciò significa rivolgersi ad un uomo con una pistola e un distintivo che andrà dagli altri uomini per riscuotere risorse da dare a chi è stato palesemente dichiarato "superfluo" (dal punto di vista produttivo). Inoltre, il denaro non è affatto una misura. E' semplicemente un mezzo attraverso il quale si facilita lo scambio tra due individui. Avere una chiara epistemiologia aiuta a districarsi in quella selva di concetti che ci troviamo di fronte ogni giorno nel panorama economico.
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di Steve Forbes


L'economia globale è un disastro perché la maggior parte di economisti, banchieri e leader politici non capisce uno dei temi più importanti: il denaro. Quando si tratta di politica monetaria, capiscono alla rovescia, grazie alle idee sgangherate di John Maynard Keynes.

Prima di Keynes & Co., gli economisti comprendevano come l'economia reale consistesse nella creazione di prodotti e servizi. Il denaro era il simbolo dell'economia. Rappresentava quello che la gente aveva prodotto. Era un facilitatore del commercio.

La capacità delle persone di commerciare tra di loro è il modo in cui raggiungere uno standard di vita più elevato. Il denaro misura la ricchezza; non è la ricchezza stessa. Si tratta di un credito nei confronti di prodotti e servizi che le persone hanno creato. Ecco perché la contraffazione è illegale; è un furto. Ma quando è lo stato che la pratica, lo chiama quantitative easing, o stimolo.

Il denaro riflette quello che facciamo nel mercato. Ma invece di riconoscere tale verità di base, Keynes disse l'esatto contrario. Secondo il suo modo di pensare, il denaro controllava l'economia.

Modificate l'offerta e potrete modificare la produzione economica, proprio come un termostato controlla la temperatura di una stanza. Lo stato, e non il mercato, è il vero motore del commercio.

Gli altri "attori economici", come investitori, venture capitalist, imprenditori e dirigenti d'azienda, sono secondari; si limitano a rispondere alle richieste dei funzionari di governo e ai banchieri centrali. (Mentre i monetaristi si concentravano esclusivamente sulla massa monetaria, Keynes riteneva che fosse utile impiegare gli strumenti fiscali, come ad esempio le spese e le tasse, per contribuire a guidare l'economia. Lui e i suoi accoliti, tuttavia, non comprendevano come le imposte fossero una barriera o un ostacolo per l'attività commerciale; le consideravano come un modo di controllare il potere d'acquisto totale di un'economia, o la "domanda aggregata".)

Keynes condivideva un punto di vista con gli economisti classici: considerava l'economia come una macchina che avrebbe dovuto funzionare senza problemi. Nel suo quadro teorico, i cosiddetti cicli economici — boom & bust — erano fenomeni da studiare fino a quando non si sarebbe trovato il modo di eliminarli. I classicisti pensavano che si sarebbe dovuta implementare più "concorrenza perfetta" tra le imprese, una regolamentazione statale minima, livelli prudenti di spesa pubblica, un gold standard e tasse basse, insieme ad una lotta contro le pratiche bancarie scorrette.

Il culto di Keynes pensava che il libero mercato fosse intrinsecamente instabile, i capitalisti erano i loro peggiori nemici e i funzionari statali saggi, come Keynes, erano necessari per salvare gli uomini d'affari da loro stessi. Attuate i giusti controlli statali — in primo luogo monetari — e l'economia scorrerà senza problemi.

Joseph Schumpeter riteneva che sia i classicisti sia i keynesiani fossero completamente in errore nel guardare l'economia come se fosse un orologio. Per lui "l'equilibrio" non esisteva. Infatti il mercato è in continua evoluzione; il ritmo varia, ma le cose non rimangono mai ferme. Nuovi metodi, nuove invenzioni e un tasso costante di miglioramento delle cose esistenti, fanno in modo che i funzionari statali non possano mai gestire un'economia nel modo in cui si guida una macchina.

L'unica, singola economia è quella globale. Eppure Keynes presumeva che l'economia britannica potesse essere trattata come se fosse un'entità isolata. Troppi paesi oggi formulano politiche secondo ipotesi simili.

La lista di Forbes dei 400 americani più ricchi e la nostra lista dei miliardari globali, dimostrano che Schumpeter aveva ragione. Gli "attori economici" sono i cosiddetti elementi motore. Lo stato può ostacolare le loro attività, oppure può creare un ambiente in cui possano crescere e fiorire.

Ciò può sembrare scontato. Eppure le economie di tutto il mondo sono in difficoltà. I capi di governo e gli economisti parlano di politica monetaria, come se si potessero rinvigorire economie che stanno affogando a causa di una tassazione eccessiva, di una burocrazia soffocante e una enorme spesa pubblica.

(Ricordate, lo stato non crea risorse. Le prende attraverso la tasszione, i prestiti o l'inflazione, cioè — e qui Keynes aveva ragione — un'altra forma di tassazione.)

La maggior parte degli stati detesta la verità: la gente nelle nostre liste è essenziale per la prosperità e un tenore di vita più elevato. Lo stato vuole che i benefici di ciò che creano queste persone, ma non vuole che nessuno si arricchisca creandole.

Saluti,


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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Il Wall Street Journal di recente ha pubblicato un articolo dal titolo “Devaluation Gains Currency” che iniziava con questa frase: "I motori dell'esportazione del mondo stanno balbettando, mettendo pressione su molte nazioni affinché indeboliscano le loro valute in modo da far ripartire le loro economie."

Questa tattica — NON — ha funzionato tanto bene nei primi anni '30 quando nazioni in bancarotta si impegnavano disperatamente in svalutazioni competitive, un fenomeno che all'epoca era soprannominato "beggar thy neighbour". Quella brutta esperienza diede vita a nuove istituzioni nel secondo dopoguerra, create per evitare che una tale calamità si potesse ripetere.

Non siamo in procinto di sperimentare nulla sulla scala della Grande Depressione, ma ciò che sta avvenendo dimostra la scarsa comprensione economica di questi giorni.

Le vendite si sono dimostrate deludenti, sia all'estero sia in patria, a causa di una cattiva politica di governo: tassazione eccessiva, normativa del lavoro asfissiante, livelli osceni di spesa pubblica (i governi non creano risorse, ma le prendono dai produttori di beni e servizi), una scala crescente di clientelismo, una bufera infinita di regole sconcertanti ed editti e, naturalmente, politiche monetarie scriteriate. Se i paesi si concentrassero sul taglio dei tax rate e stabilizzassero le loro valute, le pulsazioni dell'attività commerciale accelererebbero improvvisamente, creando così le condizioni — leggi: pressioni — per altre riforme virtuose.

Adam Smith in La Ricchezza delle Nazioni demolì il dogma mercantilista secondo cui erigere barriere alle importazioni e sovvenzionare le esportazioni equivalga a creare ricchezza. Il commercio non è a somma zero; entrambe le parti beneficiano da una transazione. Un deficit della bilancia commerciale non equivale ad un'impresa che perde denaro; è un artefatto contabile (con brevi eccezioni, abbiamo avuto un deficit commerciale per più di 400 anni, sin da quando venne fondata Jamestown nel 1607).

Sentire lamentarsi la Federal Reserve dei paesi che svalutano le loro valute è davvero uno spasso, considerando che gli Stati Uniti sono dei manipolatori cronici in quanto nel 1971 hanno fatto saltare il sistema di Bretton Woods basato sull'oro. Un esempio di superficialità nell'uso della politica monetaria possiamo riscontrarlo nei primi anni dello scorso decennio quando il Dipartimento del Tesoro, con la connivenza della FED, ha deciso di svalutare gradualmente il biglietto verde al fine di "combattere" il nostro deficit commerciale. Il risultato è stato catastrofico.

Quando una valuta fondamentale come il dollaro viene svalutata, il denaro finisce in hard asset come le materie prime e le case. Gli investimenti produttivi sbiadiscono. Il prezzo del petrolio, che a partire dalla metà degli anni '80 aveva una media di poco più di $21 al barile, è schizzato alle stelle. Questo aumento ha portato molti a credere che eravamo a corto di roba, catalizzatore (insieme alla paura infondata che la Terra stesse per essere fritta dal sole) per centinaia di miliardi di dollari in sussidi per le "energie alternative".

Quando la politica monetaria si allontana dal conservare la salubrità di una moneta e affronta con decisione il panico finanziario occasionale, crea sempre danni.

Il pericolo non è la crescita economica perduta, ma le conseguenze politiche che sorgono quando le democrazie sembrano annaspare e le giornate di progresso sembrano agli sgoccioli. Queste circostanze sono terreno fertile per le tirannie.

La Federal Reserve è arrabbiata per la recente forza del dollaro, temendo che ciò possa sventare il suo desiderio di creare una certa quantità di inflazione e che quindi possa ritardare la crescita economica. Nella mente della FED un biglietto verde più forte danneggia le esportazioni, causando l'ennesimo stop alla crescita. Il risultato, borbotta la banca centrale, è l'ennesimo rinvio di una misura accennata in precedenza: l'aumento dei tassi di interesse a partire da metà 2015.

Le nuove paure della FED sono una cattiva notizia, perché porteranno a ciò che Janet Yellen & Co. temono di più: un'economia più debole. Non capita mai che la banca centrale riconosca che le sue azioni dopo il panico del 2008-09 siano state il più grande ostacolo ad una ripresa economica vigorosa.

Il credito è un fattore critico per il commercio, dal finanziamento delle scorte agli acquisti per l'espansione delle imprese esistenti. La profondità e l'ampiezza dei mercati dei capitali degli Stati Uniti hanno rappresentato un enorme vantaggio per la nostra capacità di nutrire nuove imprese e sopperire alle esigenze di tutti i giorni. La voglia senza fine della FED di "stimolare" l'economia — dall'Operation Twist a tutte le varianti di quantitative easing — ha avuto delle conseguenze non intenzionali: distorcere gravemente e ostacolare il funzionamento dei nostri mercati del credito e, di conseguenza, la capacità della nostra economia di espandersi.

I tassi di interesse sono il costo del credito. Sopprimerli ostruisce le arterie del commercio. Il governo federale ha avuto un accesso facile e quasi gratutito al denaro (deficit senza lacrime), come la maggior parte delle grandi imprese. Per altre aziende commerciali, tuttavia, la situazione è stata molto più difficile e incerta.

Ad esempio, la dimensione delle linee di credito si è ridotta, le condizioni in base a cui il denaro viene prestato sono più rigorose e le garanzie personali vengono richieste molto più frequentemente.

Paradossalmente i regolatori bancari ancora passano al setaccio la maggior parte dei prestiti alle piccole/medie imprese. "Rafforzate la vostra posizione di capitale" è l'ammonimento normativo rivolto alle banche, che ha invece l'effetto di sopprimere il prestito.

La Federal Reserve ha creato una grande quantità di denaro per finanziare i suoi acquisti di titoli di stato a lungo termine e titoli garantiti da ipoteca. Il settore privato ne è uscito danneggiato (effetto crowding out, NdT).

La FED si agita davanti alla popolazione sventolando la minaccia della deflazione. Ma le sue azioni stanno deflazionando l'economia, per non parlare dei mercati delle materie prime. Gli speculatori che si posizionano long su oro e petrolio, prendono nota.

Il bilancio obeso della nostra banca centrale ha accecato i suoi osservatori impedendo loro di vedere gli effetti delle azioni della FED. Sì, le riserve bancarie si sono moltiplicate più velocemente dei conigli. Ma grazie ai vincoli normativi e alla pressione di accumulare più capitale, così come la dipendenza di ricevere interessi su tali riserve in eccesso, non si è verificata una corrispondente espansione del credito.

La crescita dell'offerta di moneta M2 è stata anemica, un contrasto suggestivo con gli anni '70, quando un rigonfiamento delle riserve (di gran lunga inferiore a quello di oggi) portò a un'esplosione del costo della vita. All'epoca la FED acquistò solo titoli di stato a breve termine, gli ostacoli normativi ai prestiti erano relativamente miti e non c'era una soppressione a tutto campo del prezzo del credito.

La Federal Reserve fece un danno immenso negli anni '70. E lo sta facendo ancora oggi, anche se in modo molto diverso.

Sorprendentemente, allora come oggi, la critiche alla banca centrale americana sono per lo più smorzate. Questa entità, sempre più potente e dirompente, è un'istituzione rivestita di teflon impenetrabile.

Saluti,


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


1 commento:

  1. Cmq la sostanza e' corretta.
    Il ruolo della banca centrale nella distorsione del mercato e' riconosciuto.
    Il fiatmoney e' lo sterco del demonio.
    Il soundmoney era una benedizione.
    Il mezzo di scambio deve restare strumento del mercato. Invece, con il controllo centralizzato e la pianificazione, e' diventato un instrumentum regni. Mezzo del potere.
    Suggerisco a chi vuole di andarsi a rileggere Fiatmoney, fiatmarket, fiatpeople del 25 luglio 2014 per un orientamento introduttivo.

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