mercoledì 26 novembre 2014

Due concetti incompresi: la velocità del denaro e la deflazione

Oggi potremmo deliziare i nostri occhi non con uno, ma ben due articoli di Macleod (1 & 2) il quale ci condurrà ad esplorare il mondo dei miti duri a morire. Nel frattempo vorrei concentrarmi, in questa breve introduzione, su una breve analisi della situazione giapponese. Come dicevo in questo mio articolo dell'ottobre scorso riguardo le operazioni nel mercato repo, la FED stava creando una scarsità artificiale nel mercato obbligazionario statale distorcendone il relativo mark-to-market. Ora apprendiamo (per quanto paradossale possa sembrare) la possibilità che il QE sia terminato a causa di una scarsità eccessiva di T-bond a 10 anni. Questo, come ci mostra questo grafico di JP Morgan, pare non essere un problema per il Giappone. Ogni nuova emissione sarà prevalentemente fagocitata dalla BoJ, annientando ogni parvenza di onesto price discovery, di rischio legato ai rendimenti e di calcolo dell'inflazione. Tesi confermata anche da questo articolo della Reuters, in cui si afferma che la ripresa è troppo debole e si è scelto di ritardare l'introduzione di una nuova tassa. Ovvero, più della stessa cosa. La cosa da notare, comunque, è che la popolazione sta diventando pesantemente scontenta delle politiche folli di Abe, sentimento confermato da un calo ulteriore della fiducia dei consumatori ad ottobre (scesa a 38.9 rispetto al 39.9 del mese precedente). Quanto può essere sostenibile una pratica simile?
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di Alasdair Macleod


Se c'è un concetto che illustra la differenza tra un approccio macroeconomico top-down e la realtà della vita quotidiana, è la velocità di circolazione della moneta. Confrontate le seguenti frasi:

"Il crollo della velocità testimonia la sostanziale allocazione improduttiva del capitale causata da regimi monetari allentati degli ultimi 20 anni." Nota di ricerca di un broker rilasciata il settembre scorso

"Gli economisti matematici si rifiutano di iniziare le loro indagini dalla domanda dei vari individui nei confronti dell'offerta di denaro. Essi invece introducono il concetto spurio di velocità del circolante, seguendo il modello della meccanica." Ludwig von Mises, L'Azione Umana.

L'obiettivo di questo articolo non è sottolineare il disaccordo con la conclusione del broker; piuttosto è quello di esaminare la base su cui è costruita.

L'idea della velocità di circolazione è nata dalla teoria quantitativa della moneta, la quale collega le variazioni nella quantità di moneta alle variazioni del livello generale dei prezzi. Ciò è indicato nell'equazione dello scambio, in cui gli elementi di base sono il denaro, la velocità e la spesa totale, o PIL:

Quantità di Denaro x Velocità del Circolante = Spesa Totale (o PIL)

Supponendo di essere in grado di quantificare sia il denaro sia la spesa totale, otterremmo la velocità. Ma questo non ci dice perché la velocità varia: tutto quello che sappiamo è che deve variare al fine di bilanciare l'equazione. Si potrebbe ugualmente affermare che due grandezze completamente indipendenti possono essere messe in un'equazione matematica, fintanto che viene inclusa una variabile la cui unica funzione è quella di mantenere sempre in equilibrio l'equazione stessa. In altre parole, l'equazione non ci dice nulla di per sé.

Questo è un problema irrisolto data l'attuale dipendenza degli analisti da statistiche e modelli informatici. Il dubbio lasciato dalla statistica risiede nel suo progresso compiuto nel quantificare l'economia, tanto che alla London School of Economics una macchina chiamata MONIAC (monetary national income analogue computer) utilizzava la meccanica dei fluidi per modellare l'economia del Regno Unito. Questo e altri modelli informatici più recenti danno credito ingiustificato all'idea che l'economia possa essere modellata, che derivazioni come la velocità possano essere spiegate e che da tutto ciò possano essere tratte conclusioni valide.

La critica di Von Mises si basa sulla logica: l'economia è una scienza sociale e non una scienza fisica. Pertanto le relazioni matematiche devono limitarsi strettamente alla contabilità e non essere confuse con l'economia, o come diceva lui, con l'azione umana. Purtroppo il concetto di velocità è così radicato nel nostro modo di pensare, che di solito questo punto vitale ci sfugge. Infatti lo stesso vale per il PIL, o il lato destro dell'equazione.

Il PIL è solo una identità contabile: niente di più. Mette nello stesso calderone il gin con le palle da golf, riducendo entrambe le cose ad un valore monetario. Gli statistici selezionano ciò che viene incluso in modo che ci sia uno squilibrio in favore dei beni di consumo rispetto agli investimenti di capitale. Il PIL non ci dice nulla su un'economia mutevole composta da successi, fallimenti e desideri/necessità umane difficili da prevedere, che presi tutti insieme formano il progresso economico. E poiché è viziato nella sua composizione e non ci dice nulla circa il progresso, il valore di questa statistica è grossolanamente esagerato.

L'unica certezza apparente nell'equazione è la quantità di denaro, assumendo che sia tutto registrato. Nessuno sembra preoccuparsi del denaro non registrato, come quello nel settore bancario ombra, quindi dovremmo lasciar cadere qualsiasi dubbio su tale questione. Se il denaro fosse sonante, come lo era quando venne concepita la teoria quantitativa della moneta, si potrebbe supporre che un aumento della sua quantità tenderebbe ad aumentare i prezzi. Ciò venne sperimentato dopo l'importazione spagnola di oro e argento dal Nuovo Mondo nel XVI secolo, e dopo i boom minerari in California e Sud Africa. Ma mettere in relazione un aumento della quantità di oro con i prezzi in generale, è al massimo la somma di un certo numero di fattori diversi che determinano il rapporto di prezzo tra denaro e beni.

Oggi il denaro sonante, il cui potere d'acquisto era regolato dalle preferenze umane oltre i confini nazionali, non c'è più. Invece abbiamo valute fiat il cui potere d'acquisto è formalizzato in scambi con l'estero. Quando l'8 ottobre 2008 la corona islandese si dimezzò di valore, tale evento non ebbe niente a che fare con cambiamenti nella quantità di denaro o col PIL islandese. Ma se cercassimo di interpretare la velocità in questo caso, ci troveremmo di fronte ad un'eccezione poiché essa aumentava nonostante i prezzi sul mercato interno assorbivano lo shock impartito dagli scambi con l'estero.

Il collasso valutario dell'Islanda non è un evento isolato. Il potere d'acquisto di una moneta fiat varia continuamente, fino al punto di perderlo del tutto. La verità è che l'utilità di una moneta fiat dipende interamente dalle opinioni soggettive dei singoli individui espresse attraverso i mercati, e non ha nulla a che fare con un rapporto meccanico della quantità. A questo proposito, un limite al potenziale illimitato di emissione della valuta o un cambiamento nella percezione di stabilità finanziaria nei confronti di coloro che la emettono, come ha scoperto l'Islanda suo malgrado, possono essere sufficienti a destabilizzarla.

Secondo l'equazione, non è così che le cose dovrebbero funzionare. L'ordine degli eventi procede prima attraverso un aumento della quantità di moneta e poi attraverso un aumento dei prezzi, perché la logica monetarista afferma che i prezzi aumentano a causa di una spesa di denaro extra, e non per denaro ancora da spendere. Con una teoria meccanica, non ci può essere spazio per la soggettività.

E' quindi assurdo concludere che la velocità sia un segnale importante. Il monetarismo ci deve ancora arrivare, ma quando finalmente lo scoprirà, comprenderà che la velocità non è altro che un fattore per equilibrare la sua equazione. Sarebbe stato meglio se la citazione del broker si fosse limitata ai regimi monetari allentati degli ultimi 20 anni, i quali sono responsabili per la sostanziale cattiva allocazione del capitale, troncando totalmente la parte sulla velocità.

Forse un piccolo slittamento sulla via verso una conclusione sensata; ma è indicativo della falsa meccanizzazione del comportamento umano presupposto dai moderni macro-economisti. Tuttavia va anche notato che è impossibile far quadrare il concetto di velocità del circolante con un semplice fatto della vita di tutti i giorni: noi guadagniamo i nostri stipendi solo quando ce li abbiamo in mano e solo dopo li possiamo spendere. Questa è una velocità costante di circa uno.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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Non c'è dubbio che i rischi di deflazione siano aumentati nelle ultime settimane, se non altro perché il dollaro è aumentato notevolmente rispetto alle altre valute.

Capire la natura effettiva di questo rischio, al contrario di quello che dicono le teste di legno, sarà fondamentale per la sopravvivenza finanziaria, in particolare per quella di coloro con un interesse nei metalli preziosi.

La struttura economica associa la deflazione, o il calo dei prezzi, ad una mancanza di domanda. Da ciò ne consegue che se viene lasciata sfogare, la deflazione porterà a fallimenti di imprese e, in definitiva, ad insolvenze bancarie a causa della contrazione del credito bancario. Pertanto, prosegue tale ragionamento, la domanda e la fiducia dei consumatori devono essere stimolate per assicurarci che questo non accada.

Dobbiamo tenere a mente tutto ciò quando dobbiamo giudicare la risposta agli eventi attuali. Per il momento possiamo notare l'esistenza di segni che preoccupano le banche centrali: l'economia giapponese sta implodendo nonostante l'espansione monetaria aggressiva; la zona Euro mostra gli stessi sintomi; il Regno Unito è fortemente dipendente dal commercio con la zona Euro e le sue ottime prestazioni si stanno raffreddando. Il grafico sottostante ci mostra come quanto detto qui sopra si sia riflesso nelle loro rispettive valute.




Particolarmente allarmante è stata la performance sin da metà ottobre, con lo yen che è letteralmente sprofondato. Dato l'effetto previsto sull'inflazione dei prezzi degli Stati Uniti, possiamo essere certi che se queste valute si indeboliranno ulteriormente la FED agirà.

Per comprendere la portata del problema bisogna osservare l'enormità dei flussi di capitali coinvolti. Il grafico seguente ci mostra la relazione tra le principali valute mondiali e il dollaro stesso.




Il rapporto di leva tra la base monetaria USA e quella globale è di oltre quaranta volte. Mentre il Giappone e la zona Euro affrontano una crisi profonda, i flussi di capitale ritornano nuovamente verso il dollaro, cosa che sembra stia accadendo proprio oggi. Gli economisti, che ancora aspettano una crescita economica per gli Stati Uniti, sembrano sembrano non aver ben compreso le implicazioni più ampie per l'economia degli Stati Uniti e il dollaro stesso.

La FED, che porta il peso della valuta di riserva mondiale, finirà sotto pressione affinché plachi la situazione: svilirà il dollaro. Finora la svalutazione del dollaro sembra aver riscosso scarso successo a livello di prezzi al consumo, cosa che potrebbe spronarla ad agire in modo più aggressivo. Ma è meglio fare attenzione: non si tratta di una semplice messa a punto.

Per il momento i mercati dei capitali sembrano adattarsi alla deflazione frammentaria. Gli analisti stanno rivedendo al ribasso le loro aspettative di crescita per il Giappone, l'Eurozona e la Cina, e suggeriscono di vendere le commodities. Devono ancora applicare la stessa logica alle azioni e valutarne l'effetto sulle finanze pubbliche: quando lo faranno, ci si potrà aspettare rendimenti dei titoli di stato in ascesa e un calo delle azioni.

Il calo del prezzo dell'oro è un fenomeno avulso dalla realtà economica. Mentre è superficialmente facile collegare un dollaro forte a un prezzo dell'oro debole, questa argomentazione non tiene conto degli inevitabili rischi sistemici e di cambio che derivano da una crisi economica. L'apparente mispricing di oro, azioni, obbligazioni e valute indica anche che sono tutti maturi per una correzione simultanea, guidata da ciò che l'establishment economico definisce deflazione, ma che più correttamente viene definita crollo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


3 commenti:

  1. Ciò che non è compreso è che dare ad un pianificatore centrale (banca o stato) la gestione dello strumento cardine del mercato, il mezzo di scambio, è insensato e fonte di distorsioni crescenti del mercato stesso.
    Il mercato è un ambiente, il luogo degli scambi. Avere la pretesa tecnocratica o politica o tutte e due insieme di poter controllare il denaro, il mezzo di scambio, lo strumento del mercato, è l'esito dell'idea irragionevole, illusoria, del dominio completo della ragione umana sulla realtà.
    La crisi attuale, le crisi ricorrenti, non sono colpa del libero mercato (che di libero non ha più nulla), ma della manipolazione e distorsione completa del mercato operata dagli organi finanziari e politici della pianificazione centrale.
    Non conta chi fa cosa, ma cosa fa chi.
    E la soluzione è solo una, da sempre: che nessuno possa fare alcunché nel campo della gestione del mezzo di scambio.
    Che la gestione dello stesso venga lasciata ai singoli protagonisti degli scambi volontari. Senza interferenze di sorta, tranne il rispetto dei contratti volontari.

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  2. Una piccola nota sull'immagine scelta per l'articolo.
    Sembrano piantine di ulivo.
    Ebbene, come per i figli, è sempre meglio sistemare un palo saldo accanto alla piantina e legarcela con delicata cura durante la crescita per consentirle di sopportare il vento e le intemperie in genere. Ed il paletto va posto dal lato dal quale più spesso giunge il vento.
    Estrapolando, qui non si danno consigli di investimento, ma si insegna a ragionare con la propria testa e assumendosi la responsabilità individuale delle proprie azioni secondo una precisa epistemologia, una salda teoria della conoscenza, che ha come fondamento la difesa della libertà individuale in campo economico e generale.
    Questa teoria rappresenta il palo di sostegno alla pianticella in crescita.

    E, gdb, non mi dare del nonno saggio del saggio Dinamite Bla. Semmai, zio. ;)

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  3. "A questo proposito, un limite al potenziale illimitato di emissione della valuta o un cambiamento nella percezione di stabilità finanziaria nei confronti di coloro che la emettono, come ha scoperto l'Islanda suo malgrado, possono essere sufficienti a destabilizzarla."
    com è accaduto, e riaccadra, con l euro; cha ha ovviamente una diversa forza politica alle spalle. che sulla forza politica si basa oggi il valore di una moneta, entro certi limiti.
    per il resto, macleod lo ammiro ma non lo capisco. ne intuisco il valore e la capacita analitica. ma per comprendere bene cio che ha scritto ci metterò una settimana.

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