martedì 16 settembre 2014

I sindacati sono nemici del lavoro





di George Reisman


Molti americani, forse una sostanziale maggioranza, credono ancora che, indipendentemente da eventuali problemi che potrebbero aver causato, i sindacati sono un'istituzione che esiste nell'interesse personale dei salariati. Infatti molti credono che sono i sindacati che si frappongono tra il salariato medio ed una vita di salari di sussistenza, un orario di lavoro estenuante e condizioni lavorative terribili.

I sindacati e la popolazione ignorano quasi totalmente il ruolo essenziale svolto dal calo dei prezzi per raggiungere un aumento dei salari reali. Considerano degno di nota solo l'aumento dei salari monetari. Infatti nel nostro ambiente economico con un'inflazione cronica, trovare prezzi che in realtà calano è relativamente raro.

Tuttavia l'unica cosa che può spiegare un aumento dei salari reali in tutto il sistema economico, è un calo dei prezzi in relazione ai salari. E l'unico modo per realizzare una cosa simile è un aumento della produzione per lavoratore. Più produzione per lavoratore — una maggiore produttività della manodopera — serve ad aumentare l'offerta di beni e servizi in relazione all'offerta di manodopera che li produce. In questo modo, si riducono i prezzi in relazione ai salari e quindi aumentano i salari reali e gli standard di vita.

Ciò che fa aumentare i salari monetari in tutto il sistema economico, non coincide con ciò che fa aumentare i salari reali. Gli incrementi dei salari monetari sono essenzialmente il risultato dell'aumento dell'offerta di denaro e del conseguente aumento del volume complessivo della spesa nel sistema economico. In assenza di un aumento della produttività, l'espansione monetaria e la spesa vanno ad aumentare i prezzi più dei salari. Questo risultato può essere impedito solo se la produzione per lavoratore aumenta in contemporanea con l'incremento dell'offerta di denaro e dei volumi di spesa, di conseguenza in questo scenario i prezzi aumentano meno dei salari. La presenza di questi prezzi inferiori sarebbe stata cancellata se i protagonisti fossero stati solo l'aumento dell'offerta di moneta  e dei volumi di spesa.

Con poche eccezioni, i salari reali di tutto il sistema economico non salgono perché emergono salari monetari più elevati. In sostanza, salgono solo in presenza di una maggiore offerta di beni e servizi in relazione all'offerta di manodopera, abbassando i prezzi rispetto ai salari. La verità è che il miglioramento del tenore di vita viene percepito diversamente quando paragoniamo singoli salariati, uomini d'affari e capitalisti con i salariati medi. L'individuo lo percepisce attraverso il guadagno di più soldi. Il salariato medio lo percepisce attraverso prezzi più bassi.

Questa discussione vuole dimostrare che l'aumento dei salari monetari, per cui lottano i sindacati, non è affatto la fonte di un aumento dei salari reali. La fonte di un aumento dei salari reali è una produttività crescente della manodopera, che avviene sempre con un calo dei prezzi, non con l'aumento dei salari monetari.

Infatti, gli sforzi dei sindacati nell'aumentare i salari monetari sono profondamente contrari all'obiettivo di innalzare i salari reali ed il tenore di vita. Quando i sindacati cercano di elevare il tenore di vita dei loro membri mediante l'aumento dei loro salari monetari, questo sforzo si trasforma inevitabilmente in un tentativo di rendere artificialmente scarso il lavoro. Questo è il loro unico modo per aumentare i salari dei loro membri. I sindacati non hanno molto potere sulla domanda di lavoro, ma spesso esercitano un notevole potere sull'offerta di lavoro. E la loro tecnica per innalzare i salari prevede di rendere l'offerta di lavoro la più scarsa possibile, almeno nel particolare settore o attività di cui si occupa un determinato sindacato.

Così, ogni volta che possono, i sindacati tentano di ottenere il controllo sull'ingresso nel mercato del lavoro. Cercano di imporre programmi di apprendistato, o requisiti vari imposti dallo stato. Tali misure hanno lo scopo di abbassare l'offerta di manodpera in un determinato settore e quindi consentire di guadagnare redditi più alti a chi ha la fortuna di esservi ammesso. Anche quando i sindacati non riescono a ridurre direttamente l'offerta di manodopera, l'imposizione delle loro richieste per salari al di sopra del mercato ha l'effetto di ridurre il numero dei posti di lavoro in un determinato settore e, di conseguenza, l'offerta di manodopera.

Gli aumenti salariali artificiali imposti dai sindacati hanno come risultato la disoccupazione. Questa situazione si viene a creare quando è possibile una formazione rapida dei sindacati. Se, come negli Stati Uniti di oggi, la maggioranza dei lavoratori in uno stabilimento decide di voler essere rappresentata da un sindacato, allora i salari imposti dai sindacati saranno effettivi anche in quei settori senza sindacati.

I datori di lavoro nei settori senza sindacati si sentiranno in dovere di offrire ai loro dipendenti stipendi paragonabili a quelli percepiti dai lavoratori nel sindacato — anzi, forse addirittura ancora più elevati — al fine di impedire la loro sindacalizzazione.

Aumenti salariali diffusi vanno a trincerare un gran numero di lavoratori in numerose occupazioni, cosa che mette estrema pressione ai saggi salariali di qualsiasi area del sistema economico che rimane scoperta. A salari sufficientemente bassi, queste aree scoperte avrebbero potuto assorbire la fuoriuscita di lavoratori provenienti da altre aree. Ma le leggi del salario minimo impediscono a queste aree scoperte di far scendere abbastanza in basso i loro salari.

Per la maggior parte di coloro abbastanza fortunati da conservare i propri posti di lavoro, la conseguenza più grave dei sindacati è l'abbassamento o la riduzione drastica della produttività dei lavoratori. Con poche eccezioni, i sindacati sono in aperto contrasto con l'aumento della produttività dei lavoratori. E' come se fosse una questione di principio. Si oppongono all'introduzione di macchinari per risparmiare lavoro sulla base del fatto che essi provocano disoccupazione. Si oppongono alla concorrenza tra i lavoratori. Come ha sottolineato Henry Hazlitt, costringono i datori di lavoro a tollerare livelli occupazionali gonfiati, come ad esempio i fochisti, il cui ruolo è quello di spalare carbone sulle locomotive a vapore, che vengono riassegnati sulle locomotive a diesel. Impongono situazioni in cui la forza lavoro viene utilizzata in modo anti-economico per creare lavori, come la richiesta di svitare e avvitare quei materiali già adeguatamente avvitati. Impongono classificazioni dei lavoratori, e richiedono che gli specialisti siano impiegati per svolgere un lavoro che altri potrebbero fare facilmente — per esempio, richiedere le capacità di un imbianchino per riparare danni accidentali ad una parete commessi da un elettricista, i quali potrebbero essere facilmente riparati dall'elettricista stesso.

A chi comprende il ruolo cruciale svolto dalla produttività del lavoro nell'innalzamento dei salari reali, dovrebbe essere anche ovvio che la lotta dei sindacati contro l'aumento della produttività del lavoro li rende acerrimi nemici dell'aumento dei salari reali. Per quanto possa essere radicale questa conclusione, per quanto possa essere in contrasto con l'opinione prevalente dei sindacati stessi (i quali si considerano la fonte della crescita dei salari reali negli ultimi centocinquanta anni o più), il fatto è che nella loro lotta contro l'aumento del produttività del lavoro, i sindacati hanno combattuto attivamente l'aumento dei salari reali!

Lungi dall'essere i fautori del miglioramento del tenore di vita del lavoratore medio, i sindacati operano più o meno in totale ignoranza di ciò che effettivamente aumenta il tenore di vita del lavoratore medio. In conseguenza della loro ignoranza, sono responsabili delle disuguaglianze artificiali nei saggi salariali, della disoccupazione e dell'abbassamento dei salari reali e del tenore di vita del lavoratore medio. Tutte queste conseguenze distruttive ed anti-sociali derivano dal fatto che mentre le persone guadagnano più denaro attraverso l'aumento della produzione e dell'offerta complessiva di beni e servizi (cosa che riduce i prezzi ed innalza i salari reali in tutto il sistema economico), i sindacati aumentano i guadagni monetari dei loro membri facendo esattamente l'opposto. Riducono l'offerta e la produttività dei lavoratori, e quindi riducono l'offerta dei beni e dei servizi (aumentandone di conseguenza i prezzi) che i loro membri contribuiscono a produrre, andando a ridurre i salari reali in tutto il sistema economico.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


2 commenti:

  1. Sembrerebbe anche in questo caso un problema di intermediario. Come la politica e come il fiatmoney.
    Se poi il sindacato rappresenta anche la catena di trasmissione di un grande bacino di voti statosocialisti... Beh, conclusioni ovvie.
    I sindacati sono diventati anche essi un interesse privilegiato garantito dallo stato e pertanto si reggono in piedi anche essi con gli stessi metodi delle clientele imprenditoriali, finanziarie e corporative.
    Sindacati di stato. Certificati dallo stato. Autorizzati dallo stato. Foraggiati dallo stato col fiatmoney creato dal nulla o con il prelievo fiscale dai produttori di ricchezza.
    La solita storia. Fanno parte anche essi dello status quo. Pertanto conservano se stessi come tutte le altre parti dello status quo.

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  2. In riferimento al titolo, bisogna capire bene che tutto lo status quo E' nemico del lavoro e di chi lavora e produce.
    Infatti, chi a qualsiasi titolo fa parte dello status quo dominante ha trovato, nell'accesso privilegiato al credito e/o alle risorse rapinate dalla fiscalita' generale, il sistema per arricchirsi senza lavorare ed alle spalle di chi lavora davvero e produce senza godere delle protezioni dello status quo.
    Tutto questo ha la parvenza di un sistema economico?
    No! Tutto questo e' un sistema politico. Di economia reale non vi e' traccia. E' tutta politica. Le conseguenze nefaste del primato della politica.
    Cioe' della coercizione sul libero scambio e la volontaria cooperazione.

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