venerdì 7 marzo 2014

Milton Friedman sulla legalizzazione delle droghe: Uno studio sul sotterfugio e sul compromesso





di Gary North


Reality Check

Milton Friedman era conosciuto come un libertario. Ma si rifiutò di difendere i principi del libero mercato in tre aree fondamentali: banca centrale, istruzione finanziata con le tasse e legalizzazione delle droghe. I suoi compromessi sulla politica monetaria e l'istruzione (voucher) sono ben noti nei circoli di economia Austriaca. La sua posizione sulle droghe no. Esitò. Ingannò. Scese a compromessi.

La legalizzazione delle droghe è stato un problema solo nel XX e XXI secolo. Prima del 1914, il che significa prima della monopolizzazione del settore medico, non esistevano restrizioni sul consumo delle droghe. La guerra del governo federale alla droga è sempre stata parte di una guerra più grande: la guerra sulla scelta medica.

Per quanto riguarda la promozione appassionata di leggi contro la droga, è tutta una questione di analisi politica costi-benefici. Sappiamo dove si trovano i grandi empori della droga: le scuole pubbliche. La guerra alla droga dovrebbe iniziare con la rimozione di tutti i finanziamenti fiscali all'istruzione. Ma gli elettori sono strettamente legati all'istruzione finanziata con le tasse: l'unica chiesa americana. Se si tratta di una questione di chiudere le scuole pubbliche o lasciare che Billy Bob e Jenny Sue sniffino cocaina dopo la scuola, allora Billy Bob e Jenny Sue è meglio che facciano attenzione a quello che fanno. Farebbero meglio ad utilizzare un grande principio di auto-disciplina: "Basta dire di no!" Ecco perché gli elettori non potranno dire di no all'istruzione finanziata con le tasse. Sono determinati a non pagare per l'istruzione dei propri figli. Preferirebbero avere a che fare con le droghe.



IL COLLEGAMENTO CON ROCKEFELLER

Fu solo dopo che la Rockefeller Foundation cominciò a promuovere la monopolizzazione della professione medica, usando il non-medico Abraham Flexner come suo principale portavoce, che i vari tipi di droghe vennero messe fuori legge. Iniziò nel 1910. Iniziò con una richiesta di controllo della formazione medica, trasformandola in un cartello. Ciò portò lo stato a certificare i titoli di studio per college ed università, un cartello enorme che genera circa $400 miliardi l'anno. Questa storia è ben conosciuta dai libertari anti-Rockefeller e dai conservatori.

Nel 1914 venne approvata la prima legge federale contro la vendita interna di stupefacenti (Harrison Narcotics Tax Act), prendendo il nome dal suo sponsor nella Camera dei Rappresentanti, F. B. Harrison. (Nota a margine: era un membro della Skull & Bones.) Dichiarò: "Una Legge per permettere la registrazione, coadiuvata dagli esattori delle tasse, e l'imposizione di una tassa speciale su tutte le persone che producono, importano, fabbricano, creano, si occupano, dispensano, vendono, distribuiscono o regalano l'oppio o le foglie di coca, i loro sali, i derivati, o i preparati, e per altri scopi."

Questa legge faceva parte degli impulsi riformatori del movimento progressista. Una delle principali fonti di finanziamento della fazione "vivi sano" di questo movimento, fu John D. Rockefeller, Jr. Nel 1910 venne pressato per prendere parte alle indagini sulla corruzione nel governo di New York. Era come le stalle di Augia. Per il resto della sua vita divenne un riformatore dedito all'etica pubblica. Nel 1911 assunse l'uomo che divenne il suo braccio destro per il resto della sua vita, l'avvocato Raymond Fosdick, il fratello di un altro ardente riformatore, Harry Emerson Fosdick, il quale divenne parroco dei Rockefeller nel 1924. (Discuto di tutti questi argomenti nel mio libro del 1996, Crossed Fingers, che potete scaricare gratuitamente qui. Iniziate da pagina 377.)

La copertura politica per la monopolizzazione del settore farmaceutico è sempre stata rappresentata dalle restrizioni statali sulla vendita di farmaci che danno dipendenza. I cartelli farmaceutici hanno fatto soldi a pacchi grazie alle restrizioni federali: producono droghe legali ma ad accesso limitato. Big Pharma opera in termini di leggi federali e statali quando vieta la vendita di farmaci concorrenti. Il cartello che fa una grande differenza per l'economia è l'industria dei farmaci convenzionali, non le gang.

Rispetto agli enormi profitti del cartello farmaceutico, legale ma limitato, il cartello messicano della droga ed altri cartelli ad esso connesso sono pesci piccoli. Vendono ai poveri. Vendono nei centri urbani. Vendono le droghe ad imprenditori della classe medio-alta, e fanno un sacco di soldi. Ma queste sono organizzazioni marginali. Non hanno la forza della legge dalla loro parte. Non hanno il settore medico dalla loro parte. Non hanno gli elettori dalla loro parte. Non hanno il sistema dei brevetti dalla loro parte.



IL PROBLEMA DI FRIEDMAN COL MARKETING

I libertari hanno sempre avuto un problema con la legalizzazione della droga. Se fossero davvero coerenti, si opporrebbero in modo uniforme a tutte le leggi sui brevetti, a tutte le norme relative al settore medico, a tutti i sistemi statali di certificazione dei farmaci, a tutte le certificazioni statali della pratica medica ed a tutte le restrizioni in materia di pubblicità in questi campi. Tutto questo dovrebbe essere promosso come un modo per ridurre lo stato. Lo stato è la sostanza che crea dipendenza di gran lunga più utilizzata. Ma, punto per punto, istituzione per istituzione, regolamento per regolamento, la maggior parte dei libertari accademici è smidollata. Su alcune questioni importanti, si fanno indietro.

Lasciate che vi faccia un esempio classico. Milton Friedman era conosciuto come un libertario. In diverse occasioni sostenne la tesi della legalizzazione delle droghe illegali. Si oppose anche alla Federal Drug Administration. Fin qui tutto bene, ma questo gli procurò notorietà e poi si tirò indietro. Per capire perché lo fece, dobbiamo capire la teoria economica di base. Fortunatamente, in questo caso, ce l'ha fornita Friedman stesso. Poi si è fatto da parte.

La questione economica qui è una: marketing. In una società di libero mercato, lo strumento fondamentale per irrompere in un nuovo mercato è la concorrenza sui prezzi. Questa è stata una realtà fin dal principio, ed è ben riconosciuta dagli economisti di libero mercato. La concorrenza sui prezzi consente ai nuovi produttori ed ai produttori più efficienti di guadagnare quote di mercato, soprattutto in un mercato che è stato controllato dal governo attraverso barriere all'entrata. Quando queste barriere vengono meno, la concorrenza sui prezzi diventa lo strumento principale per ottenere l'ingresso in quel mercato precedentemente controllato.

Friedman lo comprendeva appieno. In una discussione sugli effetti della legalizzazione delle droghe che danno assuefazione, disse quanto segue.

L'unico effetto negativo che potrebbe avere la legalizzazione è che molto probabilmente ci saranno più persone che assumeranno droghe. Comunque ciò non può essere affermabile a priori. Ma se legalizziamo, distruggeremo il mercato nero, il prezzo delle droghe scenderebbe drasticamente. E in qualità di economista posso dirvi che prezzi più bassi tendono a generare una maggiore domanda. Tuttavia, ci sono alcune critiche forti da apportare a questa tesi.

Critiche forti? Quali? Le vedremo presto. Ma prima . . . .

E' arrivato sul bordo della scogliera, ma poi è tornato indietro. Si è rifiutato di saltare. Conosceva la regola fondamentale dell'economia: quando il prezzo scende, ne viene richiesto di più. In un'economia di libero mercato non esiste regola più fondamentale di questa. Se non la si accetta, non si accetta l'economia di libero mercato. Se la si butta nel cestino, si butta nel cestino tutta l'economia di libero mercato. Se questa regola non è vera, allora non è vera l'economia di libero mercato. Friedman lo sapeva, e tuttavia cercò di criticarla in modo tale da offuscare in qualche modo l'ovvia implicazione di ciò che stava raccomandando.

Friedman aveva un problema di marketing, e così, al fine di limitarne gli effetti negativi, fece un passo indietro. Invocò una sorta di teoria particolare e comprovata di marketing.

Legalizzare le droghe potrebbe aumentare il numero dei tossicodipendenti, ma non è chiaro se accadrà per davvero. Il frutto proibito è attraente, in particolare per i giovani.

Questa è l'unica volta in cui ho visto Friedman tornare al Giardino dell'Eden per usare una tesi contro le ovvie conseguenze del libero mercato. Parlò di frutto proibito. Pensava che questo avrebbe compensato la legalizzazione delle droghe.

Mi chiedo: che dire di Madison Avenue? Che dire della gigantesca industria della pubblicità? Quella era -- ed è -- la minaccia #1 alla sua teoria dell'effetto del frutto proibito.

Sapeva esattamente in cosa consisteva questa minaccia: lo strapotere delle moderne tecniche pubblicitarie per guadagnare quote di mercato. Non solo, ma queste tecniche si sarebbero aggiunte all'altro strumento tradizionale per guadagnare quote di mercato, vale a dire, la concorrenza dei prezzi. Ecco cosa ha detto sulla pubblicità di quelle che oggi sono droghe illegali, ma che sarebbero, sotto la sua raccomandazione, droghe legali.

Per quanto riguarda le restrizioni sulla pubblicità, mi sento a disagio su entrambe le posizioni. Rabbrividisco al pensiero di uno spot televisivo con una bella donna che dice: "La mia marca vi farà saballare come non mai." D'altra parte, per motivi di libertà di parola, sono sempre stato molto titubante sulle restrizioni alla libertà di pubblicità. Ma qualunque siano le mie esitazioni, ho pochi dubbi che la legalizzazione sarebbe impossibile senza restrizioni sostanziali in materia di pubblicità.

Così, si sentiva a disagio. Mi chiedo: che cosa ha a che fare con la logica economica? Era irrilevante come si sentisse.

Propose una soluzione: regolamentazione federale della pubblicità. Sosteneva questa posizione per giustificare l'interferenza statale nel mercato della droga. Le aziende avrebbero potuto vendere droghe che oggi sono illegali, ma non sarebbero state autorizzate ad assumere agenzie pubblicitarie specializzate per promuoverne la vendita. Avevamo quindi bisogno di una legge federale. Avevamo quindi bisogno di distintivi e pistole. Avevamo quindi bisogno dell'abolizione del libertarismo.

Ecco Milton Friedman in azione: arrivò al bordo della libertà; gli economisti Austriaci gridarono: "Vai!"; ma lui rifiutò. E' successo più di una volta. Dai voucher per l'istruzione finanziati con le tasse alle restrizioni pubblicitarie, si rifiutò di saltare. Appoggiò i controlli statali.

Fece di peggio. Usò un termine dispregiativo per descrivere i commercianti nel mercato illegale della droga: "spacciatori."

Più importante, molti tossicodipendenti sono deliberatamente resi tali dagli spacciatori, i quali creano un finto paradiso dando loro gratis le prime dosi. Per lo spacciatore è redditizio perché, una volta agganciato, il tossicodipendente è un cliente-prigioniero. Se le droghe fossero legali, scomparirebbe ogni possibile profitto da tale attività disumana, dal momento che il tossicodipendente potrebbe comprare dalla fonte più conveniente.

Sì, avete letto bene. Affermò che la concorrenza sui prezzi avrebbe eliminato qualsiasi attività di marketing che avrebbe reso le persone dei tossicodipendenti. Perché? Perché per lo spacciatore la concorrenza sui prezzi rimuove l'incentivo al profitto.

Che dire di Madison Avenue? Dobbiamo forse credere che Madison Avenue non verrebbe coinvolta nella creazione di modi per estendere la dipendenza? E le sigarette? Che dire delle sigarette nel 1950? Per non dimenticarcene, cliccate qui.

Per capire cosa stava succedendo, dovete rendervi conto che Friedman stava facendo marketing. Doveva vendere con l'inganno l'idea della legalizzazione delle sostanze stupefacenti. Non aveva nessun intenzione di sottolineare l'ovvia verità economica, cioè che la concorrenza dei prezzi avrebbe fatto scendere il prezzo delle droghe, portando inevitabilmente ad un aumento della domanda. Così, definì i commercianti come spacciatori e il cartello della droga come disumano. Un successo dal punto di vista del marketing, un fallimento dal punto di vista economico.

Quindi l'effetto del frutto proibito, per cui non ci sono prove, e le restrizioni federali sulla pubblicità, che certamente esistono, sono stati due argomenti principali di Friedman contro l'ovvia conclusione economica: con la legalizzazione delle droghe i prezzi scendono e la domanda aumenterà. Ci aggiunse un po' di inganno retorico etichettando i commercianti come spacciatori, e il cartello della droga come disumano.

Qual era la sua prova, semmai ce ne fosse stata una, che la legalizzazione delle droghe non ne avrebbe aumentato la domanda? Non ce l'aveva. In realtà fornì prove che dimostravano espressamente il contrario, al punto che la prova storica dimostrò la logica dell'economia. A questo proposito rimase fedele alla sua difesa dell'economia induttiva, nota anche come economia positiva. E' l'economia della verifica statistica.

Fece appello all'industria dei liquori negli Stati Uniti dopo la legalizzazione dell'alcol nel 1933. Quello che dimostrò, al di là di ogni dubbio, era l'esistenza di un enorme aumento della domanda per l'alcol, e fu accompagnato da una costante diminuzione del prezzo dell'alcol.

Cosa ci dice la nostra esperienza dopo la proibizione dell'alcool? Non sorprende che nei primi tre anni, mentre le bevande legali sostituivano quelle illegali, salì bruscamente la percentuale riportata di tutte le spese per il consumo di bevande alcoliche. Raggiunse il picco nel 1937, poi scese nel 1940, poi salì durante la guerra fino al 1945. Successivamente scese gradualmente ma costantemente.

Fornì anche un bel grafico per dimostrare la sua tesi.


http://druglibrary.org/special/friedman/war_we_are_losing.htm


Dov'è finito l'effetto del "frutto proibito"? Nessuno lo sa.

Il consumo di alcol si impennò per una decina di anni. Questo è esattamente ciò che la logica economica avrebbe previsto.

Poi, come ha detto, la domanda diminuì. Non spiegò perché; ve lo spiegherò io.

In primo luogo, il mercato divenne saturo visti i codici legali. Questo succede con tutti i mercati.

In secondo luogo, era un periodo di restrizioni federali in materia di pubblicità.

In terzo luogo, l'industria dei liquori è fortemente regolamentata. Esistono una miriade di restrizioni statali sulla vendita di alcolici. Ci sono delle restrizioni di contea. Probabilmente la cosa più importante è questa: esistono prezzi minimi stabiliti da contee e stati sulla vendita di alcolici, cosa che ne diminuisce la domanda. Ci sono negozi di liquori gestiti dallo stato che soffocano la concorrenza dei prezzi. Quale concorrenza? Negozi di alcolici senza licenza. Ci sono stati numerosi studi sul prezzo dei liquori all'interno e all'esterno di certi confini. In tutti i casi, i negozi di liquori situati immediatamente oltre confine (non gestiti dallo stato), hanno prezzi più bassi e fanno registrare vendite maggiori.

Eppure nonostante le ovvie implicazioni dal 1933 al 1945, Friedman esitò. Alzò le mani in segno di finta disperazione. Disse che la logica economica non ci dice nulla su ciò che accadrebbe dopo la legalizzazione delle droghe e sul conseguente calo del prezzo. In qualche modo, la teoria economica cessa di funzionare. Questo è ciò che sosteneva.

E' quasi impossibile avere una visione chiara di come la legalizzazione potrebbe influenzare i modelli di utilizzo. Alcuni elementi della legalizzazione tenderebbero a ridurre il numero dei tossicodipendenti, ed alcuni tenderebbero ad aumentarlo. Quale risulterebbe dominante? Non ne ho idea.

In breve, quando il suo programma di marketing per vendere al pubblico l'idea della legalizzazione incontrava un ostacolo, scopriva che tutta la sua fiducia nella teoria economica in qualche modo si distaccava dall'economia del mondo reale. In questo caso Friedman era un buon commerciante ed una pessimo economista.

Non solo abbandonò l'economia in nome della confusione, ci aggiunse anche qualcosa di assurdo. Così assurdo che voglio citarlo testualmente, perché se ve lo dicessi e non fornissi le prove, probabilmente non mi credereste . . . per amor di marketing. Ecco cosa disse.

Per esempio, oggi ad uno spacciatore di droga conviene fare un investimento di capitale facendo diventare qualcuno un tossicodipendente. Dà a quel qualcuno un paio di dosi gratuite per farlo iniziare, perché una volta che ha creato un tossicodipendente ha anche creato un mercato obbligatorio. Dato che la droga è illegale, il suo cliente è probabile che andrà da lui. Dopo la legalizzazione, d'altra parte, a nessuno farebbe comodo creare tossicodipendenti. Questo senza dubbio tenderebbe a ridurre l'utilizzo delle droghe.

Capito? Dato che uno spacciatore di droga è parte di un cartello (che limita l'accesso ai concorrenti con proiettili in testa) e crea un tossicodipendente, la soluzione del libero mercato alla tossicodipendenza è la legalizzazione della droga. Assunzione inespressa: non farebbe più comodo a nessuno creare i tossicodipendenti. No, no, no, e per accertarci che non faccia più comodo a nessuno creare i tossicodipendenti, abbiamo bisogno di una legislazione federale contro la pubblicità alla droga. Per quanto riguarda la fedeltà al marchio, non esiste una cosa simile nel mondo degli stupefacenti. Potrebbe funzionare con ogni altro prodotto conosciuto, ma non con gli stupefacenti.

Forse aveva ragione sulla droga più potente di tutte. Ma per le droghe ricreative ci sarebbe un boom. Ecco perché voleva controlli sulla pubblicità.



UN ORATORE ALTAMENTE QUALIFICATO

Friedman ha vissuto in un mondo di marketing. Era un promotore. Era un imprenditore. Ogni volta che il suo programma di marketing gli richiedeva di scadere nell'incoerenza e nell'insignificanza, non si tirava mai indietro. Era pronto ad abbandonare la teoria economica, ed era altrettanto pronto ad abbandonare il buonsenso. Faceva tutto parte del programma di marketing. Era un problema di marketing, e non c'erano leggi contro le falsità nella pubblicità. Così, fece del suo meglio per confondere gli sciocchi che altrimenti avrebbero potuto seguire la logica economica.

Milton Friedman era come un calamaro. Era uno specialista nell'uso dell'inchiostro. Lo usava tatticamente.

Eccone un esempio.

Il costo effettivo della produzione delle droghe (cocaina, marijuana, o roba del genere) è molto basso. Ora costano quanto costano perché c'è di mezzo la corruzione dei funzionari competenti, la possibilità di essere uccisi o di finire in prigione, ecc. Quindi ridurre i costi di tutto quello che serve per portare la droga sul mercato comporterebbe prezzi più bassi, cosa che senza dubbio tenderebbe ad aumentare la quantità domandata. Poi ci sarebbero anche diversi effetti sull'offerta, quindi è quasi impossibile dire quale sarebbe il risultato netto.

Quindi, "è quasi impossibile dire quale sarebbe il risultato netto." Pertanto è quasi impossibile dire che cosa insegna l'economia, cioè che una riduzione del prezzo farà aumentare la quantità domandata. Friedman diceva: "Dimenticatevi dell'economia. Questo è marketing."



MORALE DELLA FAVOLA

Ecco la morale della favola. La legalizzazione delle droghe porterà ad un aumento del consumo di sostanze stupefacenti. La concorrenza dei prezzi lo garantisce. Sarà un esito ancora più probabile se verranno rimosse tutte le leggi in materia di pubblicità. L'idea che tutto questo non avverrebbe è semplicemente una strategia di marketing per superare le opposizioni degli elettori.

Il pubblico non vuole un aumento del consumo di droghe. Ecco perché gli elettori favoriscono quelle leggi che limitano la vendita di droghe illegali. Immaginare che le leggi sulle droghe non ne riducano la vendita equivale ad immaginare che l'economia non sia vera. Equivale ad immaginare che un aumento dei prezzi porti ad una maggiore quantità richiesta. In altre parole, nega assolutamente, categoricamente e senza dubbio la logica dell'economia di libero mercato.

Mi capita di essere d'accordo con Friedman quando dice che le droghe dovrebbero essere legalizzate. E con questo intendo tutte le droghe. Anche quelle che creano enormi profitti per il cartello della droga legalizzata. Intendo l'abolizione dei brevetti. Intendo l'abolizione di tutte le restrizioni sulle droghe legali importate. Insieme a tutto questo, vorrei anche favorire la legalizzazione della vendita di sostanze stupefacenti -- proprio come facciamo con le sigarette.

Perché? Perché penso che la libertà sia migliore del controllo dello stato. Credo che la libertà sia una questione morale.

Su questo punto, Milton Friedman abbandonò tutto il suo impegno per l'economia positivista. Comprese, proprio come lo comprendo io, che si trattava di una questione morale. La considerava in questo modo: non dovremmo fidarci dello stato. Le perdite associate per chi si fida sono superiori ai benefici conseguiti. Si tratta di una questione morale. Anche Friedman lo disse.

Paige: Non è forse vero che l'intera discussione, l'intero problema della droga è un problema economico di...

Friedman: No, non è affatto un problema economico, è un problema morale.

Paige: In che senso?

Friedman: Io sono un economista, ma il problema economico è strettamente terziario. E' un problema morale. E' un problema del danno che sta facendo il governo.

Che significa? Milton Friedman, il difensore dell'economia positiva, che si schiera dal lato della moralità? Come è possibile?

Penso che questo fosse marketing. Quando sosteneva pubblicamente di fare la cosa giusta, invece di fare appello all'efficienza economica -- "Droghe meno costose. Più droghe." -- invocava la moralità. Non la invocava ogni volta che scriveva in riviste accademiche per i suoi coetanei. Era da escludersi. Avrebbe rappresentato una violazione del galateo accademico. Ma quando cercava di vendere al pubblico americano un'idea difficile da digerire, invocava la moralità perché essa vende sempre meglio dell'efficienza. Aveva piena comprensione del suo mercato.

P. J. O'Rourke ci fornisce un eccellente esempio dell'impegno di Friedman con la morale. Ce lo riferisce nel suo libro, Don't Vote: It Just Encourages the Bastards (2010), a pagina xii. Si tratta di uno scambio tra Friedman e Larry Arnn, il presidente del college Hillsdale.

Arnn: "Free to Choose è un libro profondamente intriso di moralità."

Friedman: "Free to Choose è un libro di economia pratica."

Arnn: "E' un libro sulla morale."

Friedman: "E' un libro pratico."

Arnn: "E' un libro sulla morale."

Friedman: "L'ho scritto io, e dico che si tratta di un libro di economia pratica."

Quando Friedman indossava il suo cappello accademico, era al 100% pratico. Quando si trovava di fronte ad un problema di marketing, si toglieva il cappello pratico per indossare quello della moralità.

Comprendeva l'efficienza del libero mercato nel marketing di massa delle sostanze stupefacenti, motivo per cui chiedeva l'imposizione di controlli federali sulla pubblicità. Lo faceva per accertarsi che il risultato apparentemente imprevedibile della sua raccomandazione venisse stroncato sul nascere. Il risultato era completamente prevedibile: più vendite di droga, più tossicodipendenti e "prezzi bassi bassi!"

Come ridurre il traffico di droga? Basta dire di no. L'etica è cricuale, così come l'ottimismo. Date una speranza legittima alle persone e darete loro ragioni per dire di no. Questo può ridurre il consumo di droga, non una gigantesca burocrazia federale.

I gusti possono cambiare. Anche a prezzi più bassi, meno ne sarà richiesto . . . alla fine. Ma non a parità di altre condizioni -- etica e speranza. Di certo è una cosa che non accadrebbe all'improvviso. Ci sarebbe un periodo di transizione. L'uso delle dorghe aumenterebbe. Gli incentivi contano. I prezzi contano. Ecco perché la legalizzazione della droga è dura da vendere agli elettori. Preferiscono le burocrazie invasive . . . e le scuole pubbliche.



CONCLUSIONE

Milton Friedman, a differenza della maggior parte degli economisti, è stato un teologo verbale formidabile. Ma come ogni oratore, a volte usava la destrezza retorica delle mani per intorbidire il dibattito. Tale dibattito doveva essere vinto, era una questione di marketing.

Personalmente mi piaceva, ma quando c'ho discusso pubblicamente, ho fatto in modo di guardare le sue mani. Quando stava dando le carte, era meglio se facevate attenzione alle sue mani.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


12 commenti:

  1. Questo articolo e' davvero scritto bene da North. L'argomento non e' la droga, ma la critica caustica a Friedman. North e' un massimalista. Cerca coerenza. Non la trova e percio' giu' mazzate. In perfetto stile biblico. Woody Allen,guru liberal ovviamente, diceva che la Bibbia gli era stata insegnata a bastonate. E la Bibbia punta all'educazione basata sull'esperienza, non sulla propaganda del sistema. Infatti, North lo dice, basta dire di no alla droga, basta aver insegnato l'etica ed aver infuso l'ottimismo di chi ha attraversato il Mar Rosso ed ha lasciato che Dio pensasse agli inseguitori, basta avere fede in Dio, nella Provvidenza.
    Ancora una volta l'economia libertaria e' quella Austriaca, tutto il resto e' statale.
    Non mi addentro sui cartelli farmaceutici, direi ovvieta'. Come gia' detto lo stato crea e mantiene privilegi artificiosi. Ed i prezzi li deve fare solo l'incontro reciprocamente profittevole fra l'offerta e la domanda.

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    1. Aggiungo che il massimalismo non mi piace, in generale. Bisogna distinguere. Intransigenza su certe cose, sui diritti naturali, ma anche comprensione per l'incoerenza, per il legno storto. E questo e' retaggio cristiano e cultura liberale. Ma senza approfittarsene. Tutto e' molto complicato. Nessuno sa tutto e nessuno deve avere tanto potere da nuocere agli altri.

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  2. Nel frattempo, le solite manfrine. Aveva superato 1350 ieri alle 12 di NY ed oggi alle 8 di NY l'hanno riportato giu'. Sono proprio disperati...

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    1. Se guardate meglio vedrete che le megaricchezze appartengono tutte ad imprese e finanzieri collegati allo stato, favoriti da leggi ad hoc, protetti da regole contro la concorrenza. Alimentati dal credito facile delle Banche centrali che hanno il permesso statale di creare denaro dal nulla.
      La disciplina dell’oro avrebbe impedito azzardo morale liberista nella finanza e spese a deficit con megaindebitamento degli stati.
      Adesso non avremmo forse conosciuto il benessere dei SUV (ironia), ma non ci ritroveremmo noi con le pezze al culo e wall street foraggiata dalla Fed col consenso statale.
      Non ci vuole molto a capire che succede se si affida d’autorita’ a qualcuno il permesso di creare moneta e poi si scollega la stessa da qualsiasi asset reale.
      Questi anni sono la fine del dollaro fiatmoney.

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    2. Ciao Vecchio e grazie dell'informazione, ma qui sappiamo bene queste cose. Benarrivato!

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  3. http://www.linkiesta.it/giulio-napolitano

    ecco gli ambientini romani da dove verrebbe fuori un bel film non oscar

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    1. Ma quanta puzza sot to al naso solo perche tifa Lazio! ;)

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  4. http://kingworldnews.com/kingworldnews/KWN_DailyWeb/Entries/2014/3/7_Celente_-_The_United_States_Is_Attempting_To_Destroy_Russia.html

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  5. http://it.notizie.yahoo.com/grillo-e-se-italia-si-dividesse-torniamo-regno-123139500.html

    ecco, così potrebbero avere il mio voto!

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  6. Cercano voti. Solo marketing.

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    1. Sono d'accordo.

      Io voterei (non per forza M5S - che su economia e politiche energetiche considero pericolosissimi - ma in generale) solo se avessi la certezza di poter annullare la validità del mio voto in qualunque istante.
      Il famoso "voto a rendere".
      Temo però che l'eccesso di democrazia non permetterebbe ai singoli di farsi valere: ovviamente per il bene del pooo-pooo-pooo-poooopolo! (da pronunciare a mo' di gallina).

      Riccardo Giuliani

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    2. dna, ahime hai ragione tu. per il resto, giammai, essendo i 5s completamente pazzi statalisti comunisti forcaioli giacobini esaltati ignoranti e senza alcun programma o visione

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