martedì 26 luglio 2011

C'è Vita Dopo il Default

Da un pò di tempo ormai non si fa che ripetere come gli Stati Uniti siano appesi ad un filo, come un default possa significare la "fine del mondo" in anticipo e la discesa dei cavalieri dell'apocalisse.

Perché tutto ciò? Perchè i polli sono andati dietro
alle promesse di alcuni guru che hanno travisato il loro raziocinio e li hanno condotti su una via da cui era impossibile tornare indietro. Ma come abbiamo già visto qualche articolo fà, i default si sono ripetuti nella storia degli Stati Uniti; infine si sono sempre ripresi ed hanno continuato per la loro strada. Sta accadendo semplicemente l'inevitabile, la pianificazione centrale che implode su sé stessa.
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di Peter G. Klein


Mio padre era uno storico ed aiutò ad organizzare gli eventi locali per commemorare il bicentenario della Dichiarazione d'Indipendenza nel 1976 e della Costituzione nel 1987. Mi ricordo in particolare del Freedom Train, ch esponeva reliquie memorabili come le copie originali della Dichiarazione e della Costituzione, il documento Louisiana Purchase e (l'ho appreso da Wikipedia, sebbene non me lo ricordi) il vestito di Judy Garland nel Mago di Oz ed i pantaloncini di Joe Frazier.

Diversi anni dopo, mio padre diede un convegno (sfortunatamente mai trascritto) intitolato "The Constitution as Myth and Symbol". Notò che per molti americani i documenti dei padri fondatori, la Liberty Bell, l'Indipendence Hall, le immagini di George Washington e Betsy Ross, ecc. giocano lo stesso tipo di ruolo dei gioielli della corona inglesi, la Bastiglia, o la tomba di Lenin.

La Costituzione è importante, in altre parole, non solo per il suo testo (alcuni direbbero che il testo è ancora oggi ampiamente ignorato), ma anche per il suo valore simbolico. Rappresenta una particolare leggenda della fondazione dell'America, di solito associata alla ragione ed a nobili ideali (per esempio, Bernard Bailyn, Ayn Rand, Schoolhouse Rock), ma occasionalmente anche al potere o agli interessi personali (per esempio, Charles Beard, Bertell Ollman).

Nel seguire i dibattiti sull'innalzamento tetto del debito degli Stati Uniti, sono colpito dalla frequente affermazione che andare in default per il debito pubblico sia impensabile a causa del "segnale" che ciò manderebbe. Se non si può contare sui buoni del Tesoro, su cosa si può contare? Gli strumenti del debito sostenuti dal "pieno riconoscimento" degli Stati Uniti si presume che siano privi di rischio — quasi magicamente — che in qualche modo trascendano i capricci degli ordinari mercati del debito. I buoni del Tesoro, in altre parole, sono diventati una leggenda ed un simbolo, proprio come la Costituzione.

Trovo questa linea di ragionamento convincente. Un buono del Tesoro è un bond proprio come qualsiasi altro bond. Le corporazioni, i comuni ed altri emettitori sono andati in default per i bond per tutto il tempo, ed i risultati difficilmente possono definirsi catastrofici.

I mercati finanziari hanno ristrutturato il debito per molti secoli, e sono diventati abbastanza efficienti in questo compito. Riguardo i buoni del Tesoro, pensereste che nessuno abbia mai sentito prima i premi al richio di default (curiosamente, ciò sembra essere il caso dell'America: le persone non sono particolarmente felici per i default greci, portoghesi ed irlandesi, ma nessuno pensa che il mondo possa finire a causa loro).

Quindi, non è ora di sfatare questi miti? I buoni del Tesoro sono bond propio come qualsiasi altro bond. Non c'è niente di magico, leggendario o sacro circa la loro natura. Un default per il debito degli Stati Uniti non è né più né meno radicale rispetto ad un qualsiasi altro default.

"Quella che è prudenza nella conduzione di una famiglia, difficilmente può essere follia nella conduzione di un grande regno", osservò meravigliosamente Adam Smith. Le aziende in bancarotta, come le famiglie in bancarotta, ristrutturano tutte le volte i loro obblighi sul debito. Il concetto che i buoni del Tesoro siano reliquie sacre sempre e comunque "privi di rischio" mi pare più una religione che economia.

Allo stesso tempo, c'è un'altra opzione per le entità che lottano per pagare i loro interessi: vendita di asset. Bob Murphy, David Friedman e Steve Horwitz hanno di recente affrontato questo punto. La discussione pubblica sulla crisi del debito degli Stati Uniti afferma che le sole opzioni affinché gli obblighi del debito degli Stati Uniti vengano rispettati sono aumenti delle tasse, tagli alla spesa, o entrambe le cose.

Ma la vendita di asset è un'altra opzione perseguibile. C'è un'enorme letteratura sulla finanza corporativa (per esempio, Shleifer e Vishny, 1992; Brown, James e Mooradian, 1994; John ed Ofek, 1995) che esplora i benefici ed i costi delle vendite degli asset come fonte di liquidità per aziende finanziariamente sotto pressione.

Ovviamente, vendere asset a prezzi stracciati sotto circostanze disperate non sarebbe la migliore delle opzioni, ma come questa letteratura sottolinea, è spesso meglio della bancarotta o della liquidazione. Uno dei risultati meglio conosciuti (documentato da John ed Ofek) è che la vendita di asset tenda ad aumentare il valore dell'azienda quando ha come risultato un incremento nella cautela. Sarebbe davvero così brutto se il governo degli Stati Uniti venda alcuni titoli di Stato esteri e valute estere, la Riserva Strategica di Petrolio, i suoi enormi possedimenti di terre commerciali ed altri elementi del suo portafoglio altamente diversificato ed inspiegabilmente gonfio?

Se la vendita di asset non è fattibile, il default è realmente un'opzione? Il sistema finanziario mondiale non è dipendente dal dollaro degli Stati Uniti e dal rating AAA del debito del governo statunitense? Il default non è "fuori discussione", come il Presidente Obama ed i leader del Congresso insistono a dire?

Ovviamente no. Il default e persino il ripudio sono opzioni che hanno costi e benefici, proprio come continuare a prendere in prestito ed aumentare il debito ha costi e benefici. Le persone ragionevoli possono essere in disaccordo sulle grandezze rilevanti, ma l'analisi istituzionale comparativa è ovviamente il modo di procedere (sfortunatamente, la maggior parte delle discussioni accademiche si concentra interamente sui possibili costi a breve termine del default, senza quasi prestare attenzione ai costi a lungo termine del continuo prendere in prestito).

In tutta la cronaca storica, sono leggermente sorpreso di vedere che nessuno ha riportato il documento di William English, "Understanding the Costs of a Sovereign Default: American State Debts in the 1840s", che fornisce una prova abbastanza intrigante sui default dei vari Stati degli Stati Uniti. Non è un esperimento naturale, esattamente, ma compie un buon lavoro nell'esplorare la varietà di default e ripudi tra gli Stati che sarebbero altrimenti abbastanza simili. Ecco la sostanza:

«Tra il 1841 ed il 1843 otto Stati ed un territorio andarono in default per i loro obblighi ed alla fine del decennio quattro Stati ed un territorio ripudiarono tutto o parte dei loro debiti. Questi debiti sono visti come debiti sovrani sia perché la Costituzione degli Stati Uniti impedisce azioni legali contro gli Stati per imporre i pagamenti dei debiti, sia perché la maggior parte dei debiti degli Stati era posseduta dai residenti di altri Stati ed altri paesi (principalmente Inghilterra). [...]

Nonostante l'incapacità dei creditori esteri di imporre sanzioni dirette, la maggior parte degli Stati degli Stati Uniti ripagava i propri debiti. Pare che gli Stati pagassero in modo da conservare il loro accesso ai mercati di capitale internazionali, come modelli di reputazione. Gli Stati che ripagavano erano capaci di prendere in prestito di più negli anni che conducevano alla Guerra Civile, mentre quelli che non ripagavano erano, per la maggior parte, incapaci di fare ciò. Gli Stati che andavano in default temporaneamente erano capaci di riguadagnare accesso al mercato del credito saldando i loro vecchi debiti. Sorprendentemente, due Stati che ripudiarono un parte del loro debito furono capaci di riguadagnare accesso ai mercati di capitale dopo l'ammortamento del resto del loro debito per un pò di tempo.»


Incredibilmente, la Terra non è caduta sul Sole, né i cittadini degli Stati criminali hanno avuto esperienze di locuste, piaghe, o Nancy Grace. I rendimenti dei bond crebbero, ovviamente, durante il ripudio, il default e i default parziali degli Stati, ma non a livelli "catastrofici". Ci furono ristrutturazioni complesse ed altre transizioni intraprese per provare a mitigare i danni.

Una recente notizia della CNBC sull'Europa diceva "che esiste la comprensione del rischio sovrano ed in particolare del rischio sovrano dei mercati sviluppati, perché i più sviluppati [debiti] sovrani sono stati fondamentalmente trattati come completamente privi di rischio", citando un amministratore delegato del BlackRock Investment Institute. "Col senno di poi, possiamo dire [...] che non sono mai stati privi di rischio, è solo che negli ultimi 20 anni abbiamo vissuto in un periodo di tranquillità."

Non mi pare la fine del mondo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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