martedì 12 aprile 2011

I "Diritti" degli Animali

Un articolo che "ci serviva". Dato che se ne sentono di tutti i gusti ormai, è meglio inquadrare questo problema degli "animali" in una visione un pò più precisa e meno volatile.

Da qualche tempo infatti si fanno discorsi "strani", per cui gli animali dovrebbero avere gli stessi diritti dell'uomo; si sobbalza dalla sedia quando a ciò seguono casi di persone mandate in galera per anni per un maltrattamento verso animali mentre per omicidio qualcuno si fa solo un paio di mesi. Mi sono fatto aiutare dall'amico Google ed è saltato fuori che addirittura Rothbard ha espresso una interessante critica sul problema "diritti degli animali".

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di Murray N. Rothbard

[Questo articolo è preso dal capitolo 21 di The Ethics of Liberty. Ascolta questo articolo in MP3, letto da Jeff Riggenbach. L'intero libro sta per essere preparato per l'audioascolto ed il download.]


Ultimamente è diventata una moda crescente estendere il concetto di diritti dagli esseri umani agli animali ed affermare che dal momento che gli animali hanno pieni diritti come gli umani, è pertanto inaccettabile — ovvero, che nessun uomo ha il diritto — ucciderli o mangiarli.

Ci sono, ovviamente, molte difficoltà con questa posizione, incluso arrivare a certi criteri come ad esempio quali animali o esseri viventi includere nella sfera dei diritti e quali lasciare fuori.

(Non ci sono molti teorici, per esempio, che andrebbero tanto oltre come Albert Schweitzer e negherebbero il diritto di chicchessia di calpestare uno scarafaggio. E, se la teoria fosse ulteriormente estesa dagli esseri viventi consapevoli a tutti gli esseri viventi, come i batteri o le piante, la razza umana si estinguerebbe.)

Ma la fallacia fondamentale nella teoria dei diritti degli animali è molto più elementare e di vasta portata.[1] L'affermazione dei diritti umani non è propriamente una semplice asserzione emotiva; gli individui posseggono diritti non perchè "si percepisce" che dovrebbero averne, ma a causa di una richiesta razionale all'interno della natura dell'uomo e dell'universo. In breve, l'uomo ha i diritti perchè essi sono diritti naturali. Sono fondati nella natura dell'uomo: la capacità del singolo uomo per una scelta consapevole, la sua necessità di usare la sua testa ed energia per raggiungere fini ed adottare valori, per scoprire il mondo, per perseguire i suoi scopi in modo da sopravvivere e prosperare, la sua capacità e bisogno di comunicare ed interagire con altri esseri umani e di partecipare nella divisione del lavoro. In breve, l'uomo è un animale sociale e razionale. Nessun altro essere o animale possiede questa abilità di ragionare, di compiere scelte consapevoli, di trasformare il proprio ambiente in modo da prosperare o di collaborare consapevolmente nella società e nella divisione del lavoro.

Così mentre i diritti naturali, come abbiamo enfatizzato, sono assoluti, sono relativi verso una sola cosa: sono relativi alla specie uomo. Un'etica di diritti per l'umanità è precisamente la seguente: per tutti gli uomini, nonostante la razza, il credo, il colore o il sesso, ma solo per la specie umana. La storia biblica era perspicace in realzione al fatto che all'uomo fosse "dato" — o secondo la legge di natura potremmo dire "aveva" — il dominio su tutte le specie della Terra. La legge naturale è necessariamente legata alla specie.

Che il concetto di un'etica della specie sia parte della natura del mondo potrebbero essere visto, per di più, riflettendo sulle attività delle altre specie in natura. E' più che uno scherzo sottolineare che gli animali, dopo tutto, non rispettano i "diritti" di altri animali; è la condizione del mondo e di tutte le specie in natura, che vivono mangiando altre specie. La sopravvivenza interspecie è una questione di denti ed artigli. Sarebbe sicuramente assurdo dire che il lupo è "cattivo" perchè esso esiste per divorare ed "aggredire" gli agnelli, i polli, ecc. Il lupo non è un essere malvagio che "aggredisce" altre specie; segue semplicemente la legge naturale per la sua stessa sopravvivenza. La stessa cosa per l'uomo. E' tanto assurdo dire che gli uomini "aggrediscono" le mucche ed i lupi quanto dire che i lupi "aggrediscono" le pecore. Se, inoltre, un lupo attacca un uomo e l'uomo lo uccide, sarebbe assurdo dire sia che il lupo è un "aggressore malvagio" sia che il lupo è stato "punito" per il suo "crimine". E tuttavia tali sarebbero le implicazioni dell'estensione di un'etica di diritti naturali agli animali. Qualsiasi concetto di diritto, di criminalità, di aggressione, può solo applicarsi ad azioni di un uomo o gruppo di uomini contro altri esseri umani.

Che dire del problema dei "Marziani"? Semmai dovessimo scoprire e venire in contatto con altri esseri di altri pianeti, si potrebbe dire che essi abbiano i diritti degli esseri umani? Dipenderebbe dalla loro natura. Se i nostri ipotetici "Marziani" fossero come gli esseri umani — consapevoli, razionali, capaci di comunicare con noi e partecipare nella divisione del lavoro — allora presumibilmente anche loro entrerebbero in possesso dei diritti ora ristretti agli umani "terrestri".[2]

Ma supponiamo, d'altra parte, che i Marziani avessero anche le caratteristiche, la natura, del leggendario vampiro, e potrebbero solo esistere cibandosi del sangue umano. In questo caso, nonostante la loro intelligenza, i Marziani sarebbero il nostro acerrimo nemico e potremmo non cosiderarli come aventi il diritto ai diritti dell'umanità. Acerrimi nemici, per ripetere, non perchè essi sarebbero perfidi aggressori, ma a causa dei loro bisogni e dei requisiti della loro natura, che cozzerebbe inevitabilmente con la nostra.

C'è, infatti, una giustizia imparziale nella battuta comune secondo cui "noi riconosceremo i diritti degli animali qualora presenteranno una petizione". Il fatto che gli animali non possono ovviamente chiedere una petizione per i loro "diritti" è parte della loro natura e parte della ragione per cui non sono chiaramente equivalenti agli esseri umani, e non ne possiedono i diritti.[3] E se si protesta che nemmeno i bambini posso chiedere una petizione, la risposta ovviamente è che i bambini sono i futuri adulti umani, mentre gli animali ovviamente non lo sono.[4]


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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Note


[1] Per un attacco ai presupposti diritti degli animali, vedi Peter Geach, Providence and Evil (Cambridge: Cambridge University Press, 1977), pp. 79–80; e Peter Geach, The Virtues (Cambridge: Cambridge University Press, 1977), p. 19.

[2] Cf. la breve discussione dell'uomo e delle creature paragonabili in John Locke, An Essay Concerning Human Understanding (New York: Collier-Macmillan, 1965), p. 291.

[3] Per la stretta connessione tra l'uso del linguaggio e la specie umana, vedi Ludwig Wittgenstein, Philosophical Investigations (New York: Macmillan, 1958), vol. 2, pp. xi, 223.

[4] Un errore fondamentale, quindi, degli invocatori dei "diritti degli animali" è il loro fallimento nell'identificare — o perfino tentare di identificare — la specifica natura della specie umana e di conseguenza le differenze tra gli esseri umani e le altre specie. Fallendo nel pensare in simili termini, fanno affidamento sulle sabbie mobili dei sentimenti soggettivi. Vedi Tibor R. Machan, Human Rights and Human Liberties (Chicago: Nelson-Hall, 1975), pp. 202–3, 241, 1245ff., 256, 292. Per una critica sulla confusione tra bambini ed animali da parte degli animalisti, vedi R.G. Frey, Interests and Rights (Oxford: Clarendon Press, 1980), pp. 22ff. Il libro di Frey è una benvenuta critica recente sulla moda filosofica dei diritti degli animali.

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2 commenti:

  1. Ciao Johnny. Tema interessante.
    Amo gli animali, ho due gatte asiatiche che tratto come due bambine (lo so che esagero ma ho delle scusanti, nel periodo di lotta con i maoisti nepalesi sono state il nostro unico conforto)... ma ho anche vissuto in paesi nei quali la vita di un essere umano contava meno di niente.
    Credo fermamente, che si debba creare meno sofferenza possibile a questo mondo, ma credo anche, e fortemente, nella via di mezzo: la giusta misura, il buon senso.
    Se si volesse veramente rispettare la vita di tutti gli esseri, si incorrerebbe negli estremi di alcuni Jain. Perché purtroppo, quasi ogni atto della nostra vita è a scapito di altri. Non si dovrebbe più girare in macchina/moto/autobus/treno/aereo: hai presente quanti moscerini si spiaccicano sul parabrezza? Non si dovrebbe più coltivare, visto che anche solo zappando la terra si uccidono moltissimi esseri. Ci si dovrebbe muovere a piedi con molta circospezione, perché camminando si possono uccidere molti insetti. E così via.
    La cosa davvero importante, sarebbe imparare a mantenere la mente conscia del diritto degli altri ad esistere. E quindi sviluppare compassione e empatia. Rispetto per gli altri. Ahimsa.
    Ma non mi sembra proprio che chi dice di lottare per i diritti degli animali si muova seguendo questa strada di pace con il mondo. Anzi.
    Tutta questa isteria sui diritti degli animali è, appunto, isteria. Bisogno di proiettare il proprio malessere sugli altri. E di rivalersi delle proprie frustrazioni buttando odio e discredito su chi non la pensa nello stesso modo. Alcuni sono persone tranquille, che hanno fatto una scelta di vita importante. La grande maggioranza invece si compiace di usare un linguaggio e dei modi decisamente settari e violenti (presente il vocabolo mangia-cadaveri usato per chi mangia carne?).
    E il bisogno di estremismo lo vedi anche nella tendenza, sempre più forte, a non considerare più sufficiente l’essere vegetariani, ma a spingere fortemente sulla scelta vegan. Che è una dieta assolutamente squilibrata, tant’è vero che un vegan deve fare controlli periodici per essere sicuro di non incorrere in gravi carenze alimentari. Nessuna tradizione vegetariana ha mai proposto un simile estremismo: gli indiani non mangiano uova (la gallina è impura) ma consumano latticini, mentre i cinesi mangiano uova ma non latticini (soprattutto perché non fanno parte della loro cucina).
    Dal mio punto di vista anche questo estremismo animalista è un sintomo della gravità dello squilibrio in cui versa il mondo. Un sintomo della corrente di paura, odio, sofferenza, senso di impotenza che devasta la nostra epoca.

    …scusa il commento chilometrico! :-)

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  2. Ciao niki. Complimenti per le ottime analisi che sovente apporti al blog. Giusto un paio di cose:

    Credo fermamente, che si debba creare meno sofferenza possibile a questo mondo, ma credo anche, e fortemente, nella via di mezzo: la giusta misura, il buon senso.

    "Se tendi troppo la corda essa si spezza, se invece la tendi troppo poco la nota non suonerà", ti ricorda nulla? :)

    A parte ciò, credo che il buon senso sia qualcosa di alieno, mandato in orbita insieme alle sonde per cercare vita extraterrestre.


    La cosa davvero importante, sarebbe imparare a mantenere la mente conscia del diritto degli altri ad esistere. E quindi sviluppare compassione e empatia. Rispetto per gli altri.

    Esatto niki, rispetto. Essere consapevoli degli atti volontari e quindi vivere, il più possibile, seguendo il principio di non aggressione. Per quanto mi riguarda cerco di vivere seguendo questo fondamentale principio e non mi deve "sforzare", anzi mi viene alquanto naturale perchè è esso stesso un principio "naturale"; ovvero, ci penso due volte prima di ammazzare qualsiasi essere vivente. Però se, ad esempio, mi punge una zanzara, non aspetto che mi riduca ad un colabrodo ma mi fiondo ad agguantare la ciabatta.


    La grande maggioranza invece si compiace di usare un linguaggio e dei modi decisamente settari e violenti (presente il vocabolo mangia-cadaveri usato per chi mangia carne?).

    In questo modo saltano allegramente la parte difficile e faticosa di un discorso: il ragionamento. Mi aspetto infatti che includano nei loro deliri anche le immonde cazzate terrene di Gesell, così il circo sarebbe completo.

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