venerdì 3 maggio 2024

I tentacoli dell'Unipartito

 

 

di David Stockman

Il tradimento sulla rettitudine fiscale da parte del presidente Johnson potrebbe rappresentare la campana a morto per il Partito repubblicano. Sta rischiando la sua carica di portavoce per $95 miliardi in aiuti esteri che lo Zio Sam non può neanche lontanamente permettersi, e che in realtà non forniscono alcun beneficio alla sicurezza interna dell'America.

Ciò che la Waterloo di Johnson significa, quindi, non è la prospettiva di un'altra battaglia di successione, ma che non ha alcun senso preservare una maggioranza repubblicana e un presidente repubblicano alla Camera, dato che il Partito repubblicano è stato talmente infettato da guerrafondai neoconservatori e politici carrieristi intenti a crogiolarsi in progetti imperiali che il meglio che il caucus repubblicano alla Camera ha potuto fare è stato espellere il precedente deep stater dalla sedia del Presidente.

Il Partito repubblicano è quindi veramente irredimibile. Come disse una volta JFK a proposito della CIA, la sua necessità è essere frantumata in mille pezzi e spazzata nella pattumiera della storia.

Infatti quando si osserva la disastrosa traiettoria fiscale incorporata nelle ultime prospettive fiscali trentennali del CBO, viene davvero da chiedersi cosa stiano realmente pensando le menti in miniatura come quelle del deputato Johnson. Vale a dire, l’ultima relazione del CBO e pubblicata a marzo presuppone che non ci sarà mai più un’altra recessione, né una riacutizzazione dell’inflazione, un’impennata dei tassi d'interesse, una crisi energetica mondiale, una guerra prolungata, o qualsiasi altra crisi immaginabile: solo una tranquilla navigazione economica per i prossimi 30 anni.

Eppure anche secondo i calcoli di questo scenario roseo sotto steroidi il debito pubblico raggiungerà un minimo di $140.000 miliardi entro il 2054. A sua volta ciò farebbe sì che i pagamenti degli interessi sul debito pubblico, con tassi solo 200 punti base più alti di quelli attuali, raggiungano i $10.000 miliardi all’anno.

Non sono necessari paragrafi, pagine e monografie meritevoli di analisi e amplificazioni per capire dove stiamo andando. Il bilancio della nazione è ora sul punto di finire nelle fauci di una macchina apocalittica.

Gli aiuti esteri del portavoce Johnson:

• Indo-Pacifico: $8,1 miliardi

• Israele: $26,4 miliardi

• Ucraina: $60,8 miliardi

• Totale: $95,3 miliardi

Johnson e una buona parte del Partito repubblicano hanno ceduto alla paranoia neoconservatrice, alla stupidità, alle bugie e alle vuote scuse per essere guerrafondai. Per dirla tutta, Putin non ha alcun interesse a molestare i polacchi, per non parlare di assaltare la Porta di Brandeburgo a Berlino. Certamente non è Gandhi, ma è più che intelligente da riconoscere che con un PIL di $2.200 miliardi e un budget di guerra da $80 miliardi non avrebbe senso entrare in guerra contro i $45.000 miliardi di PIL della NATO e i bilanci di guerra combinati superiori a $1.200 miliardi.

Allo stesso modo lo schema rosso di Ponzi cinese da $50.000 miliardi, gravato dal debito, crollerebbe in pochi mesi se il suo flusso di $3.500 miliardi di proventi dalle esportazioni venisse interrotto dopo aver tentato di portare la sua unica portaerei moderna sulla costa della California. E l’Iran non ha armi nucleari, missili a gittata intercontinentale e un PIL pari a 130 ore di produzione annua degli Stati Uniti.

Asse del male? Ma per favore!

Eppure questo è esattamente ciò che il Presidente ha detto di recente dopo aver partecipato a troppi briefing del Deep State ed essersi fatto tirare per la giacchetta. Le creature della Palude vedono sicuramente l'ingenuità e la sfacciata ignoranza del ragazzo come un dono per loro.

Il portavoce Mike Johnson: “Sosterremo la libertà e ci assicureremo che Putin non marci in Europa [...] siamo la più grande nazione del pianeta e dobbiamo comportarci di conseguenza.

Questo è un momento critico, un momento critico sulla scena mondiale. Posso prendere una decisione egoistica e fare qualcosa di diverso, ma qui sto facendo quello che credo sia la cosa giusta. Penso che fornire aiuti all’Ucraina in questo momento sia di fondamentale importanza. Davvero. Credo davvero alle informazioni e ai briefing che abbiamo ricevuto.

Credo che Xi, Vladimir Putin e l’Iran siano davvero l’Asse del male. Quindi penso che Vladimir Putin continuerebbe a marciare attraverso l’Europa se gli fosse permesso. I prossimi potrebbero essere i Balcani o una resa dei conti con la Polonia o con uno dei nostri alleati della NATO.

Per dirla senza mezzi termini, preferirei mandare proiettili in Ucraina piuttosto che i nostri ragazzi. Mio figlio inizierà l'Accademia Navale quest'autunno. Questo è un discorso delicato per me come lo è per tante famiglie americane. Non è un gioco”.

Inutile dire che il portavoce non distingue i Paesi “Baltici” dai “Balcani”, dove la Serbia e gli altri alleati della Russia non tremano riguardo a Putin.

In realtà non è difficile capire che la guerra civile e la disputa territoriale tra Kiev e Mosca sul Donbass e sulla sponda del Mar Nero, da Mariupol a Odessa, siano una questione regionale e che è stata ulteriormente alimentata dall’insensata spinta della NATO verso est fino alle porte della Russia.

Vale a dire, la guerra in Ucraina finirebbe domani senza un altro centesimo di aiuti da parte dei contribuenti statunitensi se Washington accettasse che il Paese deve essere porzionato: da un lato tra ciò che le mappe del 1917 mostravano come Novorossiya (Nuova Russia) a est e a sud, e dall'altro parti e pezzi di Polonia, Galizia-Austria e Hetmanati cosacchi al centro e a ovest; accettare di tenere la NATO fuori dai margini dell’Ucraina al centro e a ovest e poi tutto sarà finito.

Tuttavia la follia della russofobia che impedisce agli idioti come Johnson di avere una comprensione anche rudimentale della questione rivela un grosso problema sul perché la politica estera egemonica di Washington sia un tale disastro, la quale genera incessantemente pazzie come l’odierno spreco da $95 miliardi.

Vale a dire, incoraggia gli stati clientelisti e alleati dell’Impero ad assumere posizioni bellicose nei confronti dei rivali e nemici designati da Washington perché manda aiuti nelle loro casse, armi ai loro eserciti e prestigio/importanza personale ai loro politici e diplomatici.

Davvero i politici di destra polacchi continuerebbero ad abbaiare contro la Russia in assenza della sua adesione alla NATO e dello scudo militare e diplomatico fornito dagli Stati Uniti? Dubito che prenderebbero in giro l’orso russo, ma cercherebbero invece un accordo amichevole con un partner commerciale naturale.

Allo stesso modo la Germania. Quest’ultima era così pietrificata dalla Russia che solo nel 2019 ha speso la somma di appena $50 miliardi e l’1,3% del PIL nella difesa, alimentando logicamente la sua fiorente economia industriale e di esportazione con il gas russo a basso costo.

Ciò che è cambiato da allora non è neanche lontanamente la valutazione della Germania sulla minaccia russa, bensì la sua linea di politica in quanto stato clientelista. Il Partito dei Verdi è entrato nella coalizione di governo con i socialdemocratici che suonavano i tamburi di guerra perché vedevano nell’attacco alla Russia e al gas russo un modo per promuovere la loro orribile crociata contro i combustibili fossili – sapendo che lo scudo militare di Washington li proteggeva.

Per quanto riguarda Taiwan, la cosa è ancora più incredibile. Senza gli aiuti “nell'Indo-pacifico” i leader di Taiwan si recherebbero a Pechino per discutere di una sua transizione a “Hong Kong”. La sicurezza interna dell'America non verrebbe intaccata, anzi verrebbero risparmiati 100.000 militari in Estremo Oriente e il costo multimiliardario del pattugliamento del Pacifico.

Poi ovviamente arriviamo ai $26,4 miliardi per Israele. Si tratta di circa il 4,5% del suo PIL e dovrebbero provenire dalle tasse di guerra, non dalla carta di credito dello Zio Sam. La spesa per la difesa di Israele è costantemente crollata a meno del 5% del PIL, anche se il suo elettorato ha ripetutamente eletto governi bellicosi costituiti da guerrafondai di destra e fazioni religiose fanatiche.

Non solo questi governi di Netanyahu hanno costantemente minato una soluzione a due Stati al problema palestinese – inclusa la benedizione al trasferimento di miliardi di contanti ad Hamas al fine di indebolire l’Autorità Palestinese controllata da Fatah – ma hanno demonizzato l’Iran principalmente per scopi di politica interna. In assenza dello scudo della Marina e dell’Aeronautica americana nella regione, nessun governo israeliano avrebbe mai condotto infiniti raid su questo Paese o sabotato a Capitol Hill accordi costruttivi con l’Iran come l’accordo sul nucleare di Obama.

Israele – Spesa militare (% del PIL)

Infatti senza la donazione annuale di $4 miliardi da parte dello Zio Sam e uno scudo militare regionale ancora più prezioso, Netanyahu e le sue coalizioni estremiste sarebbero stati da tempo cacciati dall’elettorato israeliano.

In fin dei conti ciò di cui Washington ora ha bisogno è una disgregazione dell'Unipartito della guerra. Dopo tutto l'azione suicida di Johnson darà dei frutti. Non come intendeva, ma nel modo giusto di cui la democrazia americana ha disperatamente bisogno in questa difficile congiuntura. Infatti la terribile presa dell’Unipartito sulla politica di sicurezza nazionale ha prodotto pura follia in un unico pacchetto. Vale a dire:

• $95 miliardi in aiuti esteri sono uno spreco che non apporta alcun beneficio alla sicurezza interna dell'America;

• Un’estensione della sezione 702 della FISA che amplia arbitrariamente un affronto già eclatante al Quarto Emendamento;

• Il trasferimento illegale a Kiev di miliardi in asset rubati alla Russia;

• Un divieto in nome della sicurezza nazionale ai video di TikTok, visti in stragrande maggioranza da americani sotto i 30 anni le cui abitudini di visione non hanno alcun valore per i comunisti di Pechino.

Categorie di contenuti più popolari su TikTok in tutto il mondo a luglio 2020, per numero di visualizzazioni di hashtag (in miliardi) | Statista

È già abbastanza grave che non ci sia un briciolo di considerazione informata dietro tutto ciò, ma ciò che è davvero allarmante è che ogni singolo democratico alla Camera (210) ha votato a favore di $61 miliardi all'Ucraina. Ciò includeva un voto di 97 voti a favore tra i cosiddetti “progressisti” democratici, i quali hanno anche votato con un voto di 96 voti a favore per gli aiuti a Taiwan – il cui scopo non è sicuramente un vicinato più pacifico sulla costa del Pacifico.

Una volta i democratici erano il partito della pace. Ora non più.

Allo stesso tempo solo quattordici repubblicani hanno votato contro tutte e quattro le componenti di questo attacco su vasta scala alla libertà costituzionale e alla rettitudine fiscale. Come detto prima anche, l’America sta ora procedendo con il pilota automatico verso un debito pubblico da $140.000 miliardi entro la metà del secolo, ma la stragrande maggioranza dei repubblicani alla Camera sceglie di martellare l’economia americana con maggiore debito per finanziare inutili sprechi sotto forma di aiuti esteri.

In questo contesto è stato il prevedibile istrionismo dello stuolo di guerrafondai neoconservatori nel comitato editoriale del Wall Street Journal a giustificare l'interventismo militare cronico con menzogne e falsità. Vale a dire che la narrativa ufficiale nella Città Imperiale e tra i media generalisti della nazione è talmente sbagliata e moralmente ottusa che travisa completamente una linea di politica  davvero sensibile alla sicurezza nazionale.

Di conseguenza la cosiddetta teoria del “dominio”, residuo della Guerra fredda, dev'essere ripudiata una volta per tutte e sostituita con la dottrina Washington-Jefferson “nessuna alleanza vincolante”. Mi riferisco all'idea del tutto obsoleta secondo cui la sicurezza interna dell'America dipenda da un sistema mondiale di alleanze militari, basi e capacità di proiezione della potenza cinetica che consentono a Washington di funzionare come il grande egemone globale, pronto, disposto e in grado di intervenire in qualsiasi situazione militare che può scoppiare tra gli 8 miliardi di persone sul pianeta.

I quattordici del Partito repubblicano elencati di seguito hanno detto “No” a queste formulazioni pericolose, costose e risibili: né la Russia né la Cina rappresentano una minaccia militare per la patria americana, mentre le guerre per procura e le sanzioni economiche contro gli “avversari” demonizzati dal Deep State indeboliscono la libertà e la prosperità nazionale.

Non vi è alcuna ragione reale e plausibile affinché l’economia americana applichi sanzioni e restrizioni commerciali nei confronti di Cina, Iran o Russia; inoltre non esistono minacce alla sicurezza nel mondo oggi che giustifichino neanche lontanamente l’intrusione dello stato di sicurezza nazionale nei diritti e nella privacy dei cittadini americani.

Tuttavia gli pseudo-intellettuali del WSJ hanno tirato fuori Hitler, Tojo e l’epiteto “isolazionista” come se questi riferimenti provassero qualcosa, quando, in realtà, nessuno di essi ha una qualche rilevanza reale per il mondo di oggi. Non ci sono tiranni di stati industriali in marcia da nessuna parte, per non parlare delle reali realtà storiche della questione.

Il fatto è che Stalin e Hitler erano aberrazioni sui generis. Furono incidenti unici della storia derivanti dalla follia di Versailles e dalla pace punitiva dei vincitori resa possibile dall'inutile intervento di Woodrow Wilson in una guerra europea che altrimenti sarebbe finita in una situazione di stallo e nel reciproco esaurimento e bancarotta di tutti i combattenti.

Vale a dire, il DNA delle nazioni del mondo non è infetto da tendenze verso il totalitarismo e l’aggressività. Il mantenimento della pace globale e del commercio pacifico delle nazioni non dipende da un’alleanza di interventisti o da un egemone globale, pronto a far rispettare il suo mandato al minimo scoppio di liti e conflitti locali e regionali.

In fin dei conti il laissez faire è la strada verso la prosperità sia nell’economia che negli affari internazionali. Alleanze militari ed egemoni cadono sempre e comunque prigionieri dei mercanti d'armi che favoriscono.

Non sorprende, quindi, se l'albo d'onore della follia dell'Unipartito sia composto da soli 14 repubblicani alla Camera, velatamente accusati d'essere infami dai globalisti guerrafondai al Wall Street Journal:

Quattordici repubblicani hanno votato contro tutti e quattro i progetti di legge presentati alla Camera, compreso quello che imporrebbe ai cinesi la vendita di TikTok. Ecco l'elenco del disonore in ordine alfabetico: Andy Biggs (Ariz.), Lauren Boebert (Colo.), Andrew Clyde (Ga.), Elijah Crane (Ariz.), Matt Gaetz (Fla.), Bob Good (Va.), Paul Gosar (Ariz.), Marjorie Taylor Greene (Ga.), Andy Harris (Md.), Thomas Massie (Ky.), Troy Nehls (Texas), Ralph Norman (SC), Matt Rosendale (Mont.), Chip Roy (Texas).

Il significato inevitabile dei loro voti è che questi membri non credono che gli Stati Uniti dovrebbero sostenere gli alleati minacciati dagli autoritari in marcia. Come i repubblicani degli anni ’30 che dormivano mentre Hitler e Tojo avanzavano, questi repubblicani pensano che l’America possa resistere a queste battaglie isolandosi. Ma la storia suggerisce che, se prevarranno, i figli e le figlie degli americani finiranno per dover combattere. Meglio aiutare gli alleati che vogliono aiutare sé stessi.

Il caucus isolazionista ha perso a questa tornata, ma questa tendenza del Partito repubblicano è pericolosa. Altri 17 deputati hanno votato a favore delle armi per Israele ma non per Taiwan e l'Ucraina. Vogliono incoraggiare un’invasione cinese? Forse, se la Florida venisse attaccata, si renderebbero conto della realtà dei crescenti pericoli nel mondo.

No, la Florida non sta per essere attaccata da Putin, Xi o dagli Ayatollah. Questi sono solo spauracchi a cui nessun adulto ben informato dovrebbe credere.

Inutile dire che il più accanito neoconservatore e guerrafondaio repubblicano, il senatore Lindsay Graham, non è né ben informato né ha una mente da adulto. Il suo sfogo incoerente e sanguinario in realtà faceva sembrare dei fini pensatori gli editorialisti del WSJ.

“Ecco cosa vi dirò. Se date a Putin l’Ucraina, non si fermerà”, ha detto Graham durante un’intervista a Fox News Sunday. “Non si tratta di contenere la NATO e se gli date l’Ucraina, Taiwan sarà la prossima perché la Cina sta guardando per vedere cosa facciamo”.

“Voglio sapere cosa faremo laggiù prima che ci uccidano qui. E se si fermano gli aiuti, trasformeremo la guerra in un crimine", ha detto Graham. “Stiamo parlando di persone che ci ucciderebbero tutti se potessero arrivare qui. Quando si intercettano informazioni da uno straniero all’estero che parla dell’America, voglio sapere di cosa sta parlando”.

“L’esercito ucraino, con il nostro aiuto, ha ucciso circa il 50% della potenza di combattimento dei russi”, ha detto Graham. “Questo è l’anno per fare di più. Avranno più armi, ma vogliamo anche che ne abbiano di nuove”.

Né il Partito repubblicano alla Camera è stato da meno rispetto agli slanci bellicosi del senatore Graham. Il deputato Ken Buck ha fatto sapere che se uno dice che la sicurezza interna dell'America non è in alcun modo rafforzata dalla fuorviante guerra per procura di Washington contro la Russia, come la deputata Marjorie Greene, allora si è sicuramente un traditore al soldo dello stesso Putin:

“Bene, la Marjorie ha raggiunto un nuovo fondo”, ha detto Buck della sua ex-collega. “Sta solo dando voce alla propaganda russa e, nel farlo, danneggia la politica estera americana. Si sta comportando in modo del tutto irresponsabile. E quando la storia guarderà indietro a questo periodo, la Russia avrà invaso l’Ucraina; quest'ultima sta combattendo per la sua libertà e noi dovremmo supportare chi combatte per la libertà”.

Naturalmente la follia di $200 miliardi di fondi NATO è già uno spreco; centinaia di migliaia di morti; milioni di persone in fuga dal Paese per evitare il caos della guerra e la crudeltà di essere arruolati come carne da cannone per servire il piacere perverso di guerrieri da poltrona a Washington; e le infrastrutture civili di uno dei Paesi più grandi d'Europa nel caos. Tutto ciò non ha nulla a che fare con “chi combatte per la libertà”.

Il fatto innegabile è che in Ucraina non c’è nulla in gioco per cui valga la pena lottare che assomigli neanche lontanamente alla virtù democratica. È stato un pozzo nero di enorme corruzione sin dalla caduta della Cortina di ferro nel 1991 e di recente ha persino necessitato di una visita da parte del capo della CIA affinché dicesse a Zelensky e ai suoi compagni ladri di “smetterla” sul fronte della corruzione.

Come ha affermato il venerabile scrittore William Astore, il vero scopo della puntata ucraina nel giocco della Guerra Infinita è l’arricchimento dei mercanti di morte che hanno preso le leve del potere a Washington:

Naturalmente questo è l’ennesimo trionfo per il MICIMATT: il complesso militare-industriale-congressuale-intelligence- media-accademico-think tank. Il suo potere e la sua avidità sono quasi irresistibili. Aggiungetelo all’AIPAC, alla minaccia dell’inflazione e all’allarmismo e avremo una forza inarrestabile... almeno finché l’impero americano non crollerà definitivamente sotto il peso della sua stessa follia.

Eppure tutta l’insensata bellicosità degli interventisti a Washington non è semplicemente un’assurdità ridicola da un punto di vista empirico. L’attuale consenso neocon/interventista a Washington ripudia palesemente il saggio consiglio di George Washington e Thomas Jefferson di oltre 220 anni fa. Insieme articolarono una teoria della politica estera che non era affatto “isolazionista”, ma realistica e basata sull’evidenza.

Cioè, i Padri fondatori ritenevano che la politica estera dovesse basarsi sui fatti e sulle circostanze per l'interesse nazionale in un dato momento, e che quando i fatti cambiano e le alleanze diventano obsolete, dovrebbero essere abbandonate.

Dal discorso di commiato di George Washington: “La grande regola di condotta per noi, nei confronti delle nazioni straniere, è estendere le nostre relazioni commerciali, per avere con loro il minor legame politico possibile. L’Europa ha una serie di interessi primari che per noi non ha alcun valore, o ne ha uno molto remoto. Essa deve quindi essere coinvolta in frequenti controversie le cui cause sono essenzialmente estranee alle nostre preoccupazioni. Quindi non è saggio da parte nostra implicarci, con legami artificiali, nelle vicissitudini ordinarie della sua linea di politica, o nelle combinazioni e collisioni ordinarie delle sue amicizie o inimicizie [...] la nostra vera linea di politica dev'essere quella di evitare alleanze permanenti con qualsiasi parte del mondo estero [...]”.

Come ulteriormente sottolineato da Jefferson nel suo discorso inaugurale del 1801, questa dottrina realista considerava le alleanze militari estere come accordi di convenienza e dovevano essere liberamente abbandonate o invertite come indicato dalle mutevoli esigenze dell’interesse nazionale. Citando il discorso di commiato di Washington come sua ispirazione, Jefferson descrisse tale dottrina come: “Pace, commercio e amicizia onesta con tutte le nazioni, senza alleanze con nessuna di esse”.

Questa famosa frase è proprio la pietra angolare della linea di politica che si adatta alla realtà odierna. La sicurezza interna dell’America non richiede alleanze o i mezzi per saccheggiare militarmente in tutto il mondo, perché non ci sono potenze militari, industriali e tecnologiche che possano minacciare la sua sicurezza.

Di conseguenza istituzioni come la NATO potrebbero aver servito l’interesse nazionale 70 anni fa rispetto alla Russia stalinista e alle sue capacità e intenzioni militari nei confronti dei suoi ex-alleati in tempo di guerra in Occidente. Ma anche qui gli archivi desecretati da entrambi i lati della Guerra fredda gettano notevoli dubbi sul fatto che Stalin e il comunismo mondiale fossero effettivamente in marcia o avessero l’intenzione o la capacità militare di schiavizzare l’Europa occidentale, per non parlare della patria americana.

Infatti l'ala pacifica e accomodante di Henry Wallace potrebbe essere stata più vicina alla verità delle cricche di Henry Stimson, James Forrestal, Dean Acheson e degli abominevoli fratelli Dulles, i fautori delle linee di politica della Guerra fredda durante quell'epoca.

Ma la questione fu risolta una volta per tutte nel 1991, quando l’Unione Sovietica scomparve nella pattumiera della storia, e non a causa della NATO o addirittura della minaccia di Reagan. La vera ragione è che il comunismo non funziona: né per le persone che sfrutta e opprime, né per le élite al potere e i compagni con potere statale che potrebbero avere manie di grandezza sulla sostenibilità del proprio governo, per non parlare di estendendolo ai popoli oltre i loro confini.

Anche se la vera lezione del crollo del comunismo sovietico ha attraversato le pagine della storia dopo il 1991, il radicato apparato militare-industriale non era disposto a rinunciare al proprio potere, ai propri bilanci e ai propri vantaggi, proprio come Eisenhower aveva avvertito nel 1961. Di fatto la NATO si è trasformata in qualcosa di molto più odioso di un'alleanza che aveva compiuto la sua missione ed era destinata al pensionamento anticipato secondo la dottrina Washington-Jefferson.

Il residuo russo dell’Unione Sovietica ha oggi un PIL di soli $2.200 miliardi rispetto ai $28.000 miliardi di PIL degli Stati Uniti e ai $46.000 miliardi di tutti i 32 Paesi della NATO messi insieme. E la Russia ha un budget militare pari ad appena il 6% dei $1.250 miliardi di spese complessive per la difesa della NATO e una sola portaerei.

Inoltre quest’ultima è una reliquia del XX secolo che è stata riparata in un bacino di carenaggio sin dal 2017 e non è dotata né di un’armata di navi di scorta e aerei da guerra né di un equipaggio. L’esercito russo, quindi, non ha modo di sbarcare sulle coste del New Jersey e nemmeno di entrare attraverso la Porta di Brandeburgo a Berlino. Né Putin è così stupido da invadere la Polonia, la quale non offre altro che secoli di animosità verso tutto ciò che è russo.

D’altra parte se la Polonia credesse davvero a tutta la retorica anti-Putin lanciata dal suo governo di destra, nel 2024 spenderebbe per la difesa molto di più di $30 miliardi e il 3,1% del PIL per la difesa; né si offrirebbe di ospitare le armi nucleari della NATO accanto all’Orso russo, come ha fatto il suo presidente di recente.

“Se i nostri alleati decidono di schierare armi nucleari sul nostro territorio come parte della condivisione nucleare, e per rafforzare il fianco orientale della NATO, siamo pronti a farlo”, ha detto il presidente polacco Andrzej Duda in un'intervista pubblicata oggi dal quotidiano Fakt.

In verità l’offerta di Duda è solo un altro caso di linea di politica di uno stato cliente impazzito. Liberata la scena dall'intricata alleanza di Washington con le reliquie della NATO, gli elettori polacchi si metterebbero alla ricerca di un nuovo governo e lo farebbero spedendo i propri leader a Mosca per cercare un accordo reciproco nelle relazioni commerciali.

Il fatto è che 33 anni dopo il crollo dell’Unione Sovietica, la NATO non è semplicemente un’inutile reliquia obsoleta, si è trasformata nella più grande organizzazione di marketing e vendita di armamenti nella storia dell’umanità. L'unico vantaggio derivante dal tradire la promessa di Bush padre a Gorbaciov, secondo cui la NATO non si sarebbe espansa di un solo centimetro verso est, è andato agli appaltatori della difesa, in particolare i mercanti di guerra con sede negli Stati Uniti.

Quando l’alleanza NATO si è estesa da 16 nazioni agli attuali 32 Paesi, ognuno dei nuovi membri ha dovuto conformare i propri sistemi d’arma e munizioni agli standard NATO. Non sorprende se Lockheed, Boeing, Northrup Grumman, Raytheon, General Dynamics e United Technologies abbiano prosperato enormemente, anche se di fatto vagavano per le sale del Congresso diffondendo le stesse bugie del pesso sopra del Wall Street Journal e la presunta essenzialità di obsolete alleanze globali.

Inoltre il comunismo cinese, anche nella veste sottilmente velata di “capitalismo rosso”, non è affatto più praticabile o sostenibile della versione sovietica.

In fin dei conti se non ci sono mercati liberi, proprietà e diritti personali di espressione e di riunione tutelati costituzionalmente e onesti tribunali fallimentari per smaltire le scommesse economiche fallite, non si ha un’economia sostenibile o una prosperità in costante aumento. Punto.

Al contrario, la Cina è un vasto castello di carte economico e di malignità stataliste sostenuto da $50.000 miliardi di debito impagabile contratto in appena due decenni.

Di conseguenza dipende totalmente dai guadagni in valuta forte provenienti da $3.500 miliardi di esportazioni annuali, principalmente verso l’Occidente, per evitare che il suo eccesso di infrastrutture e investimenti immobiliari rovesci l’intero castello di carte. In caso di guerra questa ancora di salvezza verrebbe tagliata, facendo crollare altresì l'intera economia cinese.

Quindi non invaderà nessuno, probabilmente nemmeno Taiwan. Il presidente Xi e il suo gruppo di governanti possono amare citare Mao e colorarsi di rosso ideologicamente, ma sanno anche che ciò che si frappone tra loro e una rivolta degli 1,5 miliardi di abitanti oppressi della Cina è un livello costante e ragionevolmente crescente di prosperità interna.

Ciò esclude un’armata cinese di navi dirette verso la costa della California. Infatti anche la Marina che hanno oggi è composta da due portaerei dell’era sovietica e da una nuova capacità navale molto meno formidabile e letale rispetto alle attuali portaerei di classe Gerald Ford di Washington. E le altre 400 navi della Marina sono costituite in gran parte da pattugliatori costieri che probabilmente non riuscirebbero a raggiungere le coste della California tutte intere.

In termini di potenza di fuoco letale, la Marina statunitense dispone di 4,6 milioni di tonnellate di dislocamento, con una media di 15.000 tonnellate per nave. Al contrario la Marina cinese ha solo 2 milioni di tonnellate di dislocamento, con una media di sole 5.000 tonnellate per imbarcazione. La Marina cinese è totalmente visibile, valutabile e tracciabile, e non ha nemmeno lontanamente le dimensioni e la letalità che renderebbero remotamente plausibile un’invasione dell’America.

Infine la principale capacità militare necessaria per la sicurezza nazionale nel mondo attuale è la triade di deterrenza strategica americana che comprende 3.800 testate nucleari. In qualsiasi momento possono essere lanciate:

• lungo i fondali oceanici tra 16 sottomarini della classe Ohio, ciascuno dotato di 80 testate puntabili in modo indipendente;

• dallo spazio aereo da una flotta di 66 bombardieri pesanti B-2 e B-52;

• da silos sotterranei rinforzati e contenenti più di 1.000 testate ICBM.

Questa impressionante forza di ritorsione non può essere rilevata o neutralizzata al 100% da un potenziale ricattatore nucleare.

Si dà il caso che suddetta triade costi circa $65 miliardi all’anno secondo una recente analisi del CBO e la protezione completa delle coste degli Stati Uniti e dello spazio aereo, grazie anche ai grandi fossati oceanici, potrebbe portare la cifra totale della difesa nazionale a $400 miliardi all’anno... al massimo.

Gli altri $500 miliardi di oggi rappresentano le conquiste di bilancio del complesso militare-industriale che si guadagnano da vivere venendo pagati dal Dipartimento della difesa, dal Dipartimento di Stato, dall’AID, dal NED, ecc. e dalla produzione di minacce spropositate e da storie spaventose su spauracchi stranieri.

Di conseguenza esiste una sola cura: una forza potente proveniente dall’esterno della Beltway deve frantumare l’Unipartito in mille pezzi.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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giovedì 2 maggio 2024

Aggiustare gli incentivi: il denaro fiat ha sconquassato il mondo

 

 

di Jimmy Song

Nelle prime tre parti di questa serie ho esaminato i diversi modi in cui il denaro fiat ha portato a terribili incentivi a livello individuale, aziendale e nazionale. Siamo più isolati che mai, siamo meno soddisfatti del nostro lavoro e lavoriamo sotto la scure di stati tirannici e autoritari. In questo articolo analizzerò i modi in cui il mondo intero reagisce agli incentivi del denaro fiat.

Gli articoli precedenti parlavano più in generale di come gli individui, le aziende e le nazioni sono influenzati dal denaro fiat; quello di oggi sarà molto più specifico poiché esiste un solo mondo in cui viviamo e non c'è bisogno di parlare in generale. Inizierò questo articolo con un contesto storico, in quanto ciò ci darà una migliore comprensione del motivo per cui gli incentivi finanziari nel mondo sono come sono.


BRETTON WOODS

Iniziamo l'analisi degli incentivi monetari fiat a livello mondiale con uno dei principali eventi storici che hanno plasmato il mondo in cui viviamo oggi: gli Accordi di Bretton Woods del 1944.

Bretton Woods è una piccola città del New Hampshire dove i burocrati di tutto il mondo si riunirono per stabilire quello che chiamarono “un nuovo ordine monetario mondiale”. Se sembra inquietante e sinistro, è perché lo è.

L’idea della conferenza era quella di risolvere i problemi della Prima Guerra Mondiale, dove i pagamenti di riparazione e le lacune attorno al gold standard allora ristabilito causarono il caos in tante economie e alla fine portarono alla Seconda Guerra Mondiale. Ritornare al gold standard pre-Prima guerra mondiale era troppo difficile da conciliare con il controllo monetario delle banche centrali a cui ogni Paese si era abituato, quindi la conferenza era un modo per capire come stabilire un altro ordine monetario.

I problemi principali erano che ogni Paese voleva la legittimità dell’oro, ma anche la tassazione nascosta del denaro fiat grazie al sistema bancario centrale. La soluzione fu quella di aggiungere un livello indiretto al rimborso dell’oro.

Prima della Prima Guerra Mondiale l’oro era convertibile direttamente presso le banche commerciali. Negli Stati Uniti si potevano scambiare $20,67 con un'oncia d'oro; nel Regno Unito si potevano scambiare £4,25 con un'oncia d'oro. La valuta era coperta dall’oro e la convertibilità la manteneva scarsa. La maggior parte delle valute era coperta dall'oro e per esse il cambio estero era facile e non fluttuava perché l'oro era lo standard.

L’avvento del sistema bancario centrale ha cambiato la situazione, poiché alcune banche centrali spendevano molto più delle loro riserve e dovevano sospendere la convertibilità. Durante la Prima Guerra Mondiale le banche centrali stamparono denaro che aveva una parvenza di legittimità con la promessa di futura convertibilità, ma in realtà erano in bancarotta. Il risultato era prevedibile: quelle valute che erano coperte da meno oro avevano un prezzo più basso. Alla fine arrivò l’iperinflazione, come il divorzio tra le celebrità.

Che tutti rimanessero in un gold standard era auspicabile poiché l’età dell’oro, La Belle Époque, aveva portato grande prosperità. La ragione principale è che l’oro rende molto più semplice il cambio estero e la sua scarsità rende difficile l'imbroglio.

Ma ecco il problema nel momento storico in cui ebbe luogo Bretton Woods: circa tre quarti di tutto l’oro del mondo si trovava negli Stati Uniti. Questo perché questi ultimi avevano grandi surplus commerciali rispetto ad altri Paesi ed essi spedivano oro negli Stati Uniti per bilanciare i cambi, anche se alla fine, quando finirono l’oro, gli Stati Uniti prestarono loro denaro. I Paesi in guerra in Europa erano spendaccioni poiché impegnati a combattere la Seconda Guerra Mondiale. Gli Stati Uniti avevano l’oro e, come il tizio con un enorme vantaggio in una partita di poker, avevano un’enorme influenza sul suo spostamento.

Ciò che i delegati a Bretton Woods decisero fu di aggiungere un livello indiretto: invece di tornare a un rigido gold standard, gli Stati Uniti avrebbero imposto a tutti gli altri un gold-exchange standard con il dollaro come sostituto dell’oro. Invece di utilizzare il metallo giallo per i saldi commerciali internazionali, il dollaro sarebbe diventata la valuta di riferimento. Gli Stati Uniti garantivano il cambio del dollaro con l’oro a $35 l’oncia, ma solo alle altre banche centrali. Undici anni prima degli Accordi di Bretton Woods ai cittadini statunitensi era già stato impedito di convertire dollari in oro attraverso l’Ordine esecutivo 6102 di Franklin D. Roosevelt.

L’accordo di Bretton Woods mise il dollaro al posto dell’oro come valuta per il commercio internazionale e successivamente conferì agli Stati Uniti un potere egemonico.


EGEMONIA DEL DOLLARO

Il motivo per cui il gold standard funzionava bene era perché nessuno stato poteva imbrogliare. La bilancia commerciale internazionale richiedeva una consegna reale di oro e ciò significava che qualsiasi stampa di denaro in eccesso avrebbe causato il deflusso dell’oro fuori dal Paese, provocandone infine la bancarotta.

Si supponeva che il gold-exchange standard avesse vantaggi simili, con la convertibilità dei dollari in oro che fungeva da protezione per qualsiasi eccesso di stampa di denaro da parte degli Stati Uniti. Eppure questo vincolo non fu realmente tale. Il gold-exchange standard diede agli Stati Uniti la capacità unica di stampare dollari e chiunque altro li doveva accettare, anche se non erano coperti dall'oro fisico. Non era più il metallo giallo a essere inviato per i pagamenti della bilancia commerciale internazionale, bensì i dollari.

La capacità di stampare denaro con cui ogni altro Paese regolava i propri scambi commerciali diede agli Stati Uniti più potere sul resto del mondo. Avevano il dominio monetario sugli altri grazie allo standard del dollaro. Erano sia un giocatore in campo che un arbitro. In un certo senso le due superpotenze del secondo dopoguerra adottarono strategie diverse per controllare le rispettive sfere d'influenza.

L’URSS usò la guerra, lo spionaggio e gli intrighi, mentre gli Stati Uniti usarono l’imperialismo monetario. Il soft power di questi ultimi tramite il dollaro si rivelò molto più efficace delle tattiche di guerra e di spionaggio dell’URSS. Infatti il dominio monetario degli Stati Uniti era così profondo che l’URSS dovette ricorrere all’eurodollaro per regolare i commerci internazionali.


L’EURODOLLARO

L’eurodollaro prende il nome dal fatto che le banche europee iniziarono a prestare dollari nonostante non fossero membri del sistema Federal Reserve. Attualmente molte più banche rispetto a quelle europee emettono prestiti in dollari sulla base della riserva frazionaria.

Dato che all’epoca c'era la Guerra Fredda, l’URSS non poteva ottenere prestiti in dollari dalle banche statunitensi, ma riuscì a ottenere prestiti dalle banche europee per saldare i commerci internazionali. Perché queste banche collaborarono? Ricordate che a quel tempo c’erano partiti comunisti in tutta Europa e rispondevano tutti a Mosca. Alcuni di questi membri fondarono banche che i sovietici finirono per utilizzare, ma il potere del dollaro era così grande che perfino l’Unione Sovietica dovette sottomettersi!

L’egemonia del dollaro aveva favorito gli Stati Uniti nel commercio internazionale, poiché divennero la banca centrale di tutte le altre banche centrali. Il sistema dell’eurodollaro esiste ancora oggi, in cui le banche non statunitensi prestano dollari e non solo in Europa, ma in molte altre parti del mondo. Di conseguenza le altre banche centrali manterranno i dollari in riserva e potranno poi essere utilizzati, attraverso la riserva frazionaria, per crearne di più. C’è un limite, però, perché tali dollari sono necessari per combattere una qualsiasi debolezza delle loro divise e prestare troppi dollari può rapidamente esaurire le loro riserve, lasciandoli vulnerabili all’iperinflazione.


IL PETRODOLLARO

Gli Stati Uniti abusarono del proprio potere di stampare denaro e diffondere inflazione dei prezzi nel resto del mondo, impegnandosi in molte spese dissolute. Programmi di assistenza sociale come Medicare e Medicaid furono avviati negli anni ’60 e altri come la previdenza sociale furono ampliati. Anche varie operazioni della Guerra Fredda furono finanziate con denaro fiat, la più costosa delle quali fu la guerra del Vietnam. Gli Stati Uniti pagarono tutti questi programmi stampando dollari che non erano coperti dall’oro e questa spesa innervosì le altre banche centrali.

Gran parte dell’oro era già stato riscattato all’inizio degli anni ’70 e l’offerta di dollari rispetto alle riserve significava che la FED era probabilmente in bancarotta. Quando sempre più Paesi iniziarono a minacciare di convertire i loro dollari in oro, Richard Nixon ne sospese la convertibilità nell’agosto 1971. La sospensione avrebbe dovuto essere temporanea, ma alla fine si rivelò permanente.

Senza dubbio Nixon pensava che tale sospensione avrebbe potuto essere abrogata una volta che il dollaro fosse tornato forte. Infatti lo stesso percorso era quello che aveva intrapreso molte volte la Banca d’Inghilterra nei suoi oltre 300 anni di storia, ma per rafforzare di nuovo il dollaro era necessaria una disciplina fiscale maggiore e la sospensione temporanea divenne rapidamente permanente dato che l’inflazione dei prezzi degli anni ’70 portò un notevole malessere nell’economia statunitense.

La sospensione della convertibilità dell’oro minacciò la supremazia del dollaro, così Nixon fece passare gli Stati Uniti al petrolio. La transizione fu un po’ dura e provocò una forte inflazione del dollaro negli anni ’70. In un certo senso l’inflazione dei prezzi degli anni ’70 era lo scotto per gli eccessi degli anni ’60, ma con il sostegno dell’Arabia Saudita gli Stati Uniti riuscirono a far diventare il dollaro la valuta mondiale di riferimento per il petrolio.

L’egemonia del dollaro ebbe quindi un intoppo negli anni ’70, ma continuò il suo dominio una volta che si affermò il petrodollaro.


EFFETTO CANTILLON MONDIALE

Gli Stati Uniti continuano ad avere questo privilegio esorbitante di poter stampare il denaro che il mondo usa per i saldi internazionali e ciò significa, tra le altre cose, scambiare dollari per beni e servizi provenienti da altri Paesi. Gli effetti sono sottili ma profondi.

Innanzitutto il denaro stampato viene generalmente speso prima negli Stati Uniti, pertanto tutti coloro che ci vivono traggono vantaggio dell’Effetto Cantillon. I cinesi, d’altro canto, devono aspettare di essere pagati per i loro beni che vendono negli Stati Uniti prima di mettere le mani sui dollari, pertanto le persone che vengono pagate negli Stati Uniti generalmente vengono pagate di più.

Questo può sembrare positivo, ma dato che la produzione manifatturiera può essere spostata l’Effetto Cantillon mondiale l'ha spinta all’estero. La manodopera è più economica nei Paesi che ci perdono da suddetto Effetto, quindi è naturalmente lì che si sposta la produzione manifatturiera. A partire dagli anni ’70 i posti di lavoro nel settore manifatturiero si sono spostati dagli Stati Uniti verso Paesi con manodopera molto più economica e ciò non solo ha significato la scomparsa di molti buoni posti di lavoro della classe media, ma anche che gli Stati Uniti sono diventati sempre più dipendenti dal settore manifatturiero estero che, in qualsiasi tipo di conflitto, li rende vulnerabili.

In secondo luogo le opportunità migliori e più redditizie si trovano negli Stati Uniti. Molte persone credono in una sorta di eccezionalismo americano, ma questo è solo narcisismo. Il motivo per cui ci sono tante persone ricche negli Stati Uniti è perché essi hanno la valuta di riserva mondiale. Il successo aziendale negli Stati Uniti si traduce in una ricompensa monetaria maggiore rispetto ad altri Paesi a causa dell’Effetto Cantillon. Più soldi circolano negli Stati Uniti e quindi il successo dà più ricompense. Di conseguenza sempre più persone vogliono trasferirsi negli Stati Uniti ed essi possono scegliere chi far entrare, il che porta all’effetto successivo.

In terzo luogo c’è una gigantesca fuga di talenti negli Stati Uniti. Le persone più ambiziose di altri Paesi vengono negli Stati Uniti e vivono molto meglio che nei loro luoghi d’origine. La fuga di cervelli significa che altri Paesi ne soffrono: i migliori e i più brillanti tra i Paesi in via di sviluppo votano con i piedi e non sono solo gli Stati Uniti a trarne vantaggio, ma anche quei Paesi generalmente più in alto nella scala dell'Effetto Cantillon. I Paesi ricchi diventano più ricchi in termini di capitale umano, mentre quelli poveri diventano più poveri. Gran parte della devastazione nei Paesi più poveri è sostanzialmente dovuta al fatto che sono tra le fila dei perdenti nell'Effetto Cantillon.


ORGANIZZAZIONE A TRE LETTERE

Ciò che è ancora peggio per questi Paesi più poveri è il governo autoritario dei Paesi più ricchi. Il colonialismo è in gran parte scomparso dopo la Seconda guerra mondiale, ma ora abbiamo il dominio economico attraverso l’egemonia del dollaro. Questo è ciò che comunemente viene chiamato imperialismo monetario.

Il metodo dell’imperialismo monetario degli Stati Uniti è attraverso l’uso di organizzazioni a tre lettere: FMI, BRI, WEF e Banca Mondiale sono alcune delle istituzioni utilizzate per questo dominio. Il funzionamento interno di queste organizzazioni va oltre lo scopo di questo articolo, ma essenzialmente concedono prestiti ai Paesi che sono tra le fila dei perdenti nell'Effetto Cantillon in modo da dominarli.

Il modo in cui funziona tale dominio è questo: le banche dei Paesi che sono tra le fila dei vincitori nell'Effetto Cantillon concedono prestiti ai Paesi che ci perdono; poi quando questi prestiti non vengono ripagati le organizzazioni a tre lettere intervengono per “salvare” le banche che hanno prestato questi fondi. Essenzialmente si fanno carico del prestito e ne prolungano la durata in cambio del controllo organizzativo sul bilancio del Paese. Tali restrizioni possono includere voci come una percentuale sul bilancio nazionale che può essere spesa per le infrastrutture. Spesso a questi governi indebitati viene richiesto di istituire una banca centrale indipendente, la quale può essere utilizzata per ovviare alla necessità di qualsiasi approvazione governativa. Tra le altre cose i Paesi sottomessi sono tenuti a vendere alcuni dei loro beni nazionali, come i diritti minerari o la terra, a società straniere, completando il processo di dominio.

In questo modo il denaro fiat viene usato per ottenere le risorse di un Paese in via di sviluppo.

Ciò che è interessante ora è che la Cina sta facendo qualcosa di molto simile con la sua Nuova via della seta: concede prestiti e si impossessa delle risorse di un Paese dopo che il denaro è stato mal gestito. La Cina sta entrando nel gioco dell’imperialismo monetario a cui gli Stati Uniti hanno sempre giocato.


OBBLIGO MORALE MONDIALE

Nell’ultimo articolo ho scritto che il potere della stampa di denaro a livello nazionale crea l’obbligo morale affinché gli stati risolvano ogni problema che un Paese potrebbe avere. Questo perché per chi non lo sapesse, il denaro fiat sembra gratuito e se si può usare il denaro per risolvere un problema e non lo si fa, allora uno può apparire come un grande idiota.

La stessa dinamica è estremamente accentuata sulla scena mondiale, tranne che, invece di individui o aziende che ottengono i benefici di vari programmi di welfare e di salvataggio, ci sono i Paesi. Ma chi è il garante? Beh, chi stampa i soldi ovviamente. E questo obbligo morale a livello mondiale spetta agli Stati Uniti in quanto controllori della valuta di riserva mondiale.

Il primo e più ovvio modo in cui gli Stati Uniti sono moralmente obbligati è il salvataggio delle altre banche centrali. Stabilire linee di swap o strutture temporanee di liquidità sono in realtà solo eufemismi per stampare grandi quantità di denaro per conto di un altro Paese. Abbiamo visto che la FED lo ha fatto per molte banche centrali durante la crisi sanitaria, pertanto se un Paese sta esaurendo i dollari per stabilizzare i tassi di cambio, gli Stati Uniti danno a queste banche centrali più munizioni.

Quei Paesi che non godono del favore degli Stati Uniti non dispongono di tale ancora di salvezza monetaria, come dimostrano le iperinflazioni di Venezuela, Zimbabwe e Libano. Il messaggio che arriva alle orecchie della comunità mondiale è chiaro: non fare arrabbiare gli Stati Uniti altrimenti non otterrete un piano di salvataggio quando ne avrete davvero bisogno. Pertanto ogni Paese è incentivato a seguire la linea di politica statunitense.

Gli Stati Uniti si assumono anche molte responsabilità a livello internazionale, soprattutto in materia militare e vengono coinvolti in molte guerre. Lo stesso vale per il precedente Paese con valuta di riserva mondiale, il Regno Unito. Se studite la storia, la marina e l’esercito del Regno Unito furono schierati in luoghi lontani come il Sud Africa, l’India e il Medio Oriente come parte del loro obbligo morale di mantenere la pace. Gli Stati Uniti fanno lo stesso oggi, inviando le proprie truppe in molti conflitti in tutto il mondo. La principale differenza tra il Regno Unito e gli Stati Uniti è che il primo aveva il possesso fisico delle colonie, mentre i secondi hanno il dominio monetario.

Gli Stati Uniti spendono tonnellate di denaro in diverse parti del mondo. I programmi per assistere altri Paesi iniziarono con il Piano Marshall e, subito dopo, con la guerra di Corea. A quel tempo gli Stati Uniti erano alla ricerca di alleati nella Guerra Fredda ed entrambe le azioni erano modi affinché potessero servire i propri alleati. Stamparono denaro per finanziare questi Paesi, ma chi furono i perdenti? In sostanza ogni altro Paese che non ricevette il denaro “gratuito”. Il dollaro, essendo la valuta di riserva, ha dato agli Stati Uniti il diritto di scegliere vincitori e vinti a livello mondiale.

Non sorprende se i maggiori alleati degli Stati Uniti si siano comportati straordinariamente bene durante l’egemonia del dollaro. Corea del Sud, Giappone, Europa occidentale, Singapore e Taiwan hanno tutti prosperato, in parte grazie alla posizione in alto nella scala dell'Effetto Cantillon. I pagamenti nei confronti degli alleati sono stati venduti come obblighi morali per la pace mondiale.

Il risultato è che gli Stati Uniti sono implicitamente una terza parte in ogni conflitto e poiché il dollaro è la valuta di riserva del mondo, tutto è nell’interesse degli Stati Uniti e finiscono per dominare qualsiasi discorso di pace, qualunque sia il conflitto.


STANDARDIZZAZIONE MONDIALE

A livello nazionale c’è una tendenza alla standardizzazione a causa del denaro fiat: le grandi aziende hanno bisogno di molti ingranaggi e la fornitura di questi diventa una responsabilità che le nazioni si assumono sotto forma di istruzione e licenze.

C'è un livello ancora più ampio di standardizzazione a livello mondiale e non sorprende che questa standardizzazione sia dominata dagli Stati Uniti. L'istruzione universitaria statunitense, soprattutto da parte delle scuole prestigiose, è ambita in tutto il mondo proprio perché una laurea conseguita in quei luoghi dà accesso a lavori ben retribuiti negli Stati Uniti e le richieste delle grandi aziende fanno sì che sistemi simili vengano istituiti ovunque. Anche le licenze tendono a essere molto simili, dominate da ciò che fanno gli Stati Uniti.

Ma più di questi standard “duri” ci sono gli standard “morbidi” della cultura. Gli Stati Uniti hanno stabilito un’egemonia culturale negli stessi luoghi in cui hanno l’egemonia del dollaro. Ciò è dovuto ai posti di lavoro desiderabili negli Stati Uniti a causa dell’Effetto Cantillon. Le persone di maggior successo in ogni Paese immigrano negli Stati Uniti e, avendo successo, vengono imitati. Queste persone saranno più americanizzate rispetto alla persona tipica e quindi i valori americani, in particolare quelli delle università e delle aziende, verranno esportati in ogni altro Paese.

Inoltre i film più costosi, la musica e i programmi TV più popolari proverranno tutti dagli Stati Uniti o avranno una forte influenza statunitense. Il motivo è che essi hanno più denaro e possono permettersi di sovvenzionare queste industrie. In pratica questo significa che ogni Paese usa l’inglese come seconda lingua e la maggior parte delle persone si standardizza verso i modi americani negli affari internazionali.


TENDENZA ALLA TIRANNIA

La tendenza alla tirannia a livello nazionale deriva dal fatto che chi stampa denaro si assume molte responsabilità e genera molta dipendenza. A livello mondiale questa dipendenza si manifesta in alleanze e la corrispondente tirannia si manifesta in quanto gli Stati Uniti dominano politicamente altri Paesi.

Possiamo vederlo molto chiaramente nella guerra in Ucraina, dove gli Stati Uniti hanno sostanzialmente coinvolto la maggior parte dei loro alleati nel conflitto chiedendo loro di contribuire con armi e denaro. Ma non è tutto. Comportamenti socialmente inaccettabili negli Stati Uniti diventano rapidamente socialmente inaccettabili ovunque. Infatti questo è lo scopo di molti incontri del WEF, in cui le élite si riuniscono per definire l’agenda per il futuro.

C'è una ragione per cui l'energia “verde” è universalmente popolare e perché l'energia nucleare è andata riducendosi ovunque negli ultimi 30 anni: le élite creano la cultura negli Stati Uniti e questa viene esportata altrove. C'è una ragione per cui le questioni transgender sono diventate improvvisamente un importante motivo di protesta in molti luoghi in tutto il mondo e perché BLM è diventato improvvisamente un problema in molti luoghi in tutto il mondo solo dopo esserlo diventato negli Stati Uniti. La visione elitaria viene scaricata sul popolo da coloro che controllano il denaro e il mondo intero è stato soggetto a essi.


FRAGILITÀ MONDIALE

Non tutto ciò che riguarda l’egemonia del dollaro è negativo. Uno dei vantaggi è che per la maggior parte del mondo alleato con gli Stati Uniti esiste la Pax Americana, o una pace basata sulla protezione dell’America. Tuttavia questa pace ha un costo: dipende dal commercio altamente interconnesso tra le grandi aziende sovvenzionate da ciascun governo, pertanto i prodotti che comprate contengono componenti provenienti da tutte le parti del mondo.

Inoltre il denaro fiat ha essenzialmente creato una o due aziende gigantesche che producono un singolo bene piuttosto che avere molti concorrenti. I chip per computer di un determinato processo di litografia, ad esempio, vengono creati solo da tre o quattro società, e TSMC è l'unica in grado di produrre in modo affidabile determinati tipi.

Questo è il risultato dell’ossessione per la scala prodotta dal denaro fiat, di cui ho parlato nei saggi precedenti: essa rende le merci più economiche ovunque e combatte l’ovvia inflazione dei prezzi, ma il compromesso è una fragile catena di approvvigionamento.

Abbiamo visto cosa significasse durante la crisi sanitaria, quando si è verificata un’enorme interruzione delle supply chain. La produzione non è molto robusta. Nel 2012 i produttori automobilistici hanno subito notevoli sconvolgimenti quando un unico fornitore di una resina speciale in Germania ha fatto esplodere un impianto.

La fragilità non riguarda solo le catene di approvvigionamento, c’è anche una fragilità economica mondiale e lo abbiamo visto nel 2008 con la Grande Crisi Finanziaria. Se ci pensate l’evento scatenante è stato un mucchio di titoli garantiti da ipoteca che non stavano dando più i loro frutti. Ciò a sua volta ha causato il caos nell’intera economia mondiale ed essa è talmente indebitata che qualsiasi flessione può innescare fallimenti a catena.

E non si tratta solo di aziende, ma di interi Paesi. Quelli che vengono salvati vengono sottoposti a una maggiore oppressione da parte dell’ordine monetario internazionale.

Interi Paesi vengono zombificati, diventano servitori dell'FMI o della Banca Mondiale e smettono di prendere decisioni per sé stessi. Il loro destino tende a essere molto cupo, poiché di solito sono gestiti da una piccola cabala di élite che controlla tutto e limita la libertà individuale. I Paesi zombi diventano un guscio vuoto e il sostegno delle organizzazioni a tre lettere consente a questa esistenza zombificata di protrarsi artificialmente nel tempo.


BITCOIN RISOLVE QUESTO PROBLEMA

L’egemonia del dollaro è una sorta di serendipità storica per gli Stati Uniti e ne hanno approfittato usando questo vantaggio per dominare il mondo. Il risultato è stato un mondo ingiusto ordinato secondo la gerarchia dell'Effetto Cantillon. Il miglior capitale umano è stato catturato dagli Stati Uniti anche se i dollari vengono esportati; i Paesi impoveriti diventano zombi al servizio di organizzazioni a tre lettere mentre vengono sfruttati per le loro risorse.

Bitcoin aggiusta l’egemonia del dollaro, perché elimina tale esorbitante privilegio. A differenza del denaro fiat, Bitcoin non è controllato a livello centrale e questa mancanza di controllo centrale significa che avremo condizioni di parità su scala mondiale. I Paesi zombificati verranno rianimati e avranno la possibilità di svilupparsi invece di essere sotto il controllo dei loro padroni. Risolveranno le proprie divergenze e otterremo più diversità invece del dominio degli Stati Uniti.

Il capitale umano sarà utilizzato meglio, perché le persone non dovranno trasferirsi negli Stati Uniti per sfruttare al massimo il proprio talento. Le giurisdizioni che garantiscono la massima libertà avranno più successo, non quella che riuscirà a stampare più denaro per il resto del mondo.

Mi piacerebbe concludere dicendovi che il dominio di Bitcoin è a portata di mano e che tutti questi cambiamenti sono proprio dietro l'angolo. Purtroppo penso che ci sia ancora molta strada da fare. Il dollaro continua a essere il punto di riferimento per ogni Paese, specialmente quelli che stanno attraversando un’iperinflazione, e ci vorrà del tempo prima che l’inflazione del dollaro sia sufficientemente evidente. Per le persone che soffrono di iperinflazione, il tasso storico di espansione del dollaro pari a circa il 7% annuo è un piccolo prezzo da pagare per avere qualcosa di minimamente stabile.

I veri cambiamenti avverranno quando il dollaro si sarà espanso così tanto da andare incontro a un’iperinflazione. Ciò, purtroppo, richiederà molto tempo. Forse questo potrebbe accadere più rapidamente in un mondo che ha due valute di riserva, diciamo un mondo con i BRICS da una parte e gli alleati degli Stati Uniti dall’altra. Ma state tranquilli, quando avverrà la transizione dal dollaro, sarà rapida. L’iperinflazione richiede molto tempo per avviarsi, ma una volta avviata, non è possibile fermarla perché non è possibile riconquistare la fiducia persa.

Fino ad allora è nostro compito come bitcoiner prepararci e non si tratta solo di accumulare sat, anche se questo è certamente necessario, ma costruire le infrastrutture per gestire l'ondata di domanda che sta arrivando.

Resistete e costruite perché un futuro migliore è alle porte.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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mercoledì 1 maggio 2024

La piccola isola che funge da filo conduttore nella guerra tra Stati Uniti e Cina

 

 

di Weimin Chen

All'inizio di quest'anno l'Academy of Motion Picture Arts and Sciences ha nominato Island in Between nella categoria Miglior cortometraggio documentario al novantaseiesimo Academy Awards. Anche se alla fine non è riuscito a portare a casa l'Oscar, il documentario ha attirato l'attenzione sulla poco conosciuta isola Kinmen e sulla sua precaria posizione come punto di svolta nelle relazioni tra Taiwan, la Cina continentale e il continuo coinvolgimento degli Stati Uniti. Il regista taiwanese/americano, S. Leo Chiang, racconta scene di vita della gente del posto contrapposte alla temuta possibilità di guerra che incombe sulle loro teste, poiché le coste della terraferma si trovano a distanza visibile.

Nel documentario un enorme altoparlante puntato sulla baia di Xiamen diffonde la voce della cantante pop taiwanese Teresa Teng, mentre canta dolcemente i suoi successi e lancia provocazioni politiche alla città continentale più vicina: “Spero solo che tutti voi sulla terraferma godrete della stessa democrazia e libertà di cui godiamo noi”. Chiang lo ha ribadito anche in un'intervista:

da qui si possono vedere, sentire e percepire cose che non si vedono, sentono e percepiscono da Taipei o dal resto dell'isola di Taiwan. Molti di loro [che vivono a Taiwan] credono che siamo sempre stati amichevoli con la gente in Cina e sosteniamo relazioni più strette [con la Cina].

La sfumatura del popolo taiwanese nella gestione delle relazioni con la Cina sembra del tutto sfuggita agli americani e si vede nella politica di Washington.


Confermati i Berretti verdi di stanza a poche miglia dalle coste della Cina

L'isola principale di Kinmen si trova a sole sei miglia dalla città cinese continentale di Xiamen e alcune parti dell suo arcipelago sono a sole 2,5 miglia di distanza. Mentre Taiwan e il suo ruolo chiave nelle tensioni tra Stati Uniti e Cina stanno guadagnando attenzione, molte meno persone hanno sentito parlare di Kinmen. Ciò potrebbe cambiare man mano che gli Stati Uniti aumentano il loro livello di impegno, inviando lì consiglieri militari e forze speciali dell’esercito americano, meglio conosciute come Berretti Verdi.

Solo un paio di settimane dopo la nomination all'Oscar per Island in Between è stato annunciato che i consiglieri militari statunitensi avrebbero iniziato dispiegamenti a lungo termine sull'isola per assistere nell'addestramento nei campi anfibi dell'esercito taiwanese e migliorare le loro capacità nel contrastare le incursioni nemiche. Gli schieramenti sono stati pianificati insieme a vari altri tipi di supporto per l’esercito di Taiwan ai sensi della legge sull’autorizzazione della difesa nazionale del 2023 e includono anche i Berretti verdi del 1° Gruppo delle Forze Speciali, che sono permanentemente di stanza in due basi del 101° Battaglione di Ricognizione Anfibia. La presenza di Berretti verdi a Kinmen e in un altro gruppo di isole periferiche chiamato Penghu è stata confermata dal ministro della Difesa taiwanese, Chiu Kuo-cheng.

Un altro aspetto della cooperazione ai sensi del National Defense Authorization Act include l'addestramento da parte dei Berretti verdi delle loro controparti a Taiwan sull'uso del Black Hornet Nano, un piccolo veicolo aereo senza pilota che assiste nella sorveglianza e nella raccolta di informazioni. Il comando dell’aviazione e delle forze speciali taiwanesi ha mostrato interesse per l’acquisto di questi microdroni e probabilmente gli Stati Uniti accetteranno. Nessuno crede veramente che un gruppo di forze speciali dell’esercito americano di stanza a Kinmen con piccoli droni di osservazione farebbe alcuna differenza se la Cina avviasse un’invasione. Sembra che questa mossa serva come presa di posizione contro la Cina, soprattutto come segnale che l’America stanzierà sfacciatamente e apertamente forze speciali a poche miglia dalla terraferma. È a dir poco provocatorio, soprattutto perché anche un piccolo errore di calcolo potrebbe portare al conflitto aperto.


Fiammate su Taiwan

Poche settimane dopo il sopraccitato stanziamento di forze speciali, la tensione è divampata a Kinmen quando due pescatori cinesi sono annegati in seguito a un inseguimento da parte della guardia costiera taiwanese la quale è stata accusata di aver oltrepassato la sua giurisdizione; a questo fatto la guardia costiera cinese ha risposto salendo su una barca turistica e scortandola di nuovo a Kinmen. Il giorno successivo i taiwanesi hanno affermato di aver allontanato le navi della guardia costiera cinese che erano entrate nelle acque vicino all'isola. Anche se questi incidenti non hanno comportato conseguenze più gravi, la crescente attenzione su Kinmen sta sollevando segnali d’allarme sul fatto che l’isola sta diventando un punto caldo per le tensioni tra le due sponde dello Stretto.

Taiwan è stata proclamata parte integrante della Cina dalla Repubblica popolare con rivendicazioni che risalgono a prima della fine della guerra civile cinese. Xi Jinping ha messo in gioco la sua reputazione e la sua eredità nella riunificazione dell’isola con la terraferma. Alti funzionari dell’intelligence americana affermano che Xi ha ordinato ai suoi militari di essere pronti a invadere l’isola entro il 2027. In questo contesto l’esercito cinese ha aumentato il dispiegamento di forze aeree che attraversano le zone di identificazione aerea di Taiwan, ha eseguito esercitazioni marittime e ha fatto sentire il suo peso nel Mar Cinese Meridionale.

Parlando al Washington Post, Tom Shugart, membro senior aggiunto del Center for a New American Security, ha affermato che “queste esercitazioni diventano sempre più grandi. Poiché il numero e la frequenza continuano a crescere, diventa molto più difficile sapere se la prossima volta sarà quella vera”. Le posizioni e le linee di politica del governo americano che lo pongono apertamente in opposizione alla Cina in una rivalità geopolitica hanno spinto le relazioni a livelli molto bassi.


Alle porte di chi?

Chiang conclude il suo documentario chiedendosi: “Quando questi giovani arriveranno a Kinmen, saranno meravigliati, come me, dei tramonti pacifici? Gli stessi che mio padre deve aver visto quando prestava servizio qui tanti anni fa? E dalla gentilezza delle persone di qui che sono intrappolate nel fuoco incrociato?” Le sue parole suonano vere sia per i giovani taiwanesi che si recano a Kinmen per il servizio militare obbligatorio, sia per le truppe americane che ora sono di stanza lì. A livello generale, Kinmen, Taiwan e tutti i loro abitanti sono tragicamente nel mirino della rivalità tra Stati Uniti e Cina.

Come nel caso della narrativa sull’Ucraina e l’invasione russa, la narrativa americana riguardo Taiwan punta alle azioni provocatorie della Cina nei confronti di quest’ultima, respingendo al tempo stesso la possibilità che le consegne di armi e il rafforzamento militare di Washington in quella parte della regione indo-pacifica vengano percepiti come provocazioni dal punto di vista di Pechino. In un  discorso elettorale del 2016, Hillary Clinton affermò che “Mosca ha intrapreso un’azione militare aggressiva in Ucraina, proprio alle porte della NATO”. Chi è alle porte di chi adesso? Un rapido sguardo alla mappa dell’Ucraina orientale e di Taiwan rispetto a Stati Uniti, Russia e Cina dovrebbe rappresentare una risposta esaustiva.

È un brillante esempio che riporta alla memoria il pezzo “Imagine” di Ron Paul, dove l'ex-membro del Congresso predicava quel tipo di empatia strategica che richiede di mettersi nei panni dell'altro, in modo da vedere come stanno le cose anche dall'altra parte. Che effetto ha sulla Cina quando una superpotenza che si trova a quasi settemila miglia dall'altra parte del Pacifico schiera apertamente le sue forze speciali a distanza ravvicinata dalle coste cinesi, su un'isola tra la terraferma e Taiwan? Chi è alle porte di chi?


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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martedì 30 aprile 2024

La previdenza sociale e il declino del sistema pensionistico

 

 

di Aaron Sobczak

Il Social Security Act è considerato il primo programma federale di assistenza sociale nella storia americana, essendo stato convertito in legge dal presidente Franklin Roosevelt nel 1935. Le pensioni statali esistono per i dipendenti pubblici e i veterani sin dalla Guerra Civile, e i sistemi pensionistici privati ​​anche da prima. Negli Stati Uniti non c’era grande sostegno per un sistema pensionistico pubblico, poiché l’associazione volontaria e l’autosufficienza erano lo standard. Un esempio di ciò è il fatto che quasi il 90% delle persone sopra i sessantacinque anni a New York non dipendevano da alcun tipo di programma di assistenza organizzato, privato o pubblico, prima del 1935.

Alcuni ritenevano che la Grande Depressione avrebbe automaticamente portato alla devastazione assoluta del sistema pensionistico privato. Fortunatamente le cose non andarono così: più dell'85% dei piani pensionistici privati ​​esistenti andarono avanti normalmente nel 1932. Roosevelt sostenne il disegno di legge sulla previdenza sociale nel 1935, dicendo che si trattava di un'assicurazione per tutti i pensionati. Furono introdotti anche degli emendamenti, incluso uno per consentire agli americani di tirarsene fuori se il loro sistema pensionistico privato si fosse rivelato più redditizio. Quest'ultimo, però, non fu incluso nella legge finale, uccidendo così ogni concorrenza nel sistema pensionistico. Uno dei principali argomenti contro un sistema di previdenza sociale obbligatoria è che potrebbe scoraggiare le assunzioni, poiché aumenterebbe il costo associato a ciascun dipendente. Durante la peggiore depressione della storia americana moderna, attraverso l’imposta sui salari, il presidente sostenne una legislazione che avrebbe costretto gli anziani a rimanere senza lavoro e scoraggiato gli imprenditori ad assumere più manodopera.

L'efficacia storica della previdenza sociale deve essere valutata, e idealmente paragonata, ai sistemi pensionistici privati ​​che stanno diventando sempre meno diffusi. Gli indicatori di risultato pubblicati dalla Social Security Administration vogliono essere un punto di partenza, ma comportano ulteriori complicazioni e segnali di allarme. I dati forniti in una delle relazioni disponibili risalgono principalmente agli anni 1998-2002, pertanto la loro rendicontazione è estremamente limitata. La relazione afferma di aver raggiunto livelli elevati di ammissibilità e di utilizzo, ciò non può che essere vero e lo sarebbe per qualsiasi programma governativo obbligatorio. I dati mostravano una diminuzione della partecipazione alla forza lavoro da parte degli uomini di età compresa tra i 25 e i 54 anni, ma un aumento della partecipazione di quelli di età compresa tra i 55 e i 64 anni. La partecipazione era aumentata anche per gli uomini di età pari o superiore ai 65 anni. Questa tendenza era un'indicazione su come i benefici della previdenza sociale non avevano apportato benefici alla fascia demografica prevista dallo stato.

Gli indicatori successivi erano adeguatezza, equità e fiducia. I principali dati presentati per i cinque anni indicati indicavano quanto una persona ricevesse dai benefici in relazione al reddito mensile precedente. Quelli con redditi più bassi avrebbero visto una corrispondenza fino al 70% rispetto al loro reddito mensile precedente, mentre quelli nella fascia di reddito alto avrebbero visto un 30%. C'erano anche dati che suggerivano una diminuzione complessiva della povertà nel corso di un periodo di quattro anni, ma non è chiaro se ciò fosse dovuto esclusivamente a questo programma. Lo studio evidenzia un presunto aumento del livello di affidabilità, poiché la percentuale di famiglie che utilizzavano l’OASDI per il 50%, 90% e 100% del proprio reddito era leggermente aumentata durante il periodo indicato. Si osservava un aumento di soli 1-3 punti percentuali in ciascuna categoria, il che non risulta significativo.

Vengono poi esaminati i benefici per coloro temporaneamente disabili. Il rapporto ammette che solo una piccola parte dei beneficiari superava l'importo del reddito previsto, indicando un'attività lucrativa sostanziale (SGA). Ciò significa che una frazione molto piccola di beneficiari aveva lavorato abbastanza da innescare la sospensione o la cessazione dei benefici SSI. In termini numerici, negli anni 1999-2002, una media del 6,8% dei beneficiari dei sussidi SSI aveva lavorato a un certo livello; e solo lo 0,6% dei destinatari che lavoravano soddisfacevano i requisiti SGA, mentre il resto lavorava a un livello pari o inferiore a tale requisito. Senza l’esame di fattori esterni, e assumendo una tendenza simile a vent’anni di distanza, ciò indicava che i beneficiari di benefici temporanei SSI ritornassero a pieno regime nel mondo del lavoro.

L’ultimo indicatore è il ricorso ai piani pensionistici privati. L'amministrazione rileva che circa il 50% della popolazione statunitense aveva aderito a un piano pensionistico privato sin dagli anni '70, con un numero di partecipanti in forte diminuzione. I dati rilevano che gli individui più anziani avevano risparmi sempre più insufficienti per integrare i pagamenti della previdenza sociale e che i piani pensionistici stavano passando a piani a contribuzione definita, i quali comportano rischi associati ai cambiamenti del mercato.

Questa relazione di oltre due decenni fa è, nella migliore delle ipotesi, poco brillante. La SSA non è riuscita a soddisfare alcuni dei propri KPI, mentre altri si sono rivelati errati fin dall’inizio. Anche se ci sono alti livelli di ammissibilità e utilizzo, questo non è un indicatore della necessità o dell’efficacia di tale programma, ma semplicemente di quanto il governo federale abbia una buona conoscenza dell’attuazione coercitiva. La legge sulla previdenza sociale è vincolante e i suoi componenti sono considerati da molti obbligatori, con un complicato processo di esenzione. Non sorprende che la maggior parte della popolazione abbia diritto a questo programma estremamente accessibile e fortemente sovvenzionato. Il secondo indicatore punta all’affidabilità del programma. È vero che il numero di partecipanti che utilizzano i sussidi per il 50% o più del loro reddito è aumentato leggermente durante il periodo indicato, ma tale ammontare non è significativo e presenta potenziali esternalità negative. Una maggiore dipendenza dai programmi federali non è un segno che un programma sia vantaggioso per l’economia; è un segno che un programma sta allontanando i partecipanti dal settore privato, portando così a un numero maggiore di individui che dipendono dal programma finanziato dalle tasse. Ciò è problematico, soprattutto perché il finanziamento fa affidamento sulla popolazione lavoratrice, e quindi tassata. Un numero maggiore di partecipanti a basso reddito significa meno finanziamenti a cui il sistema potrà attingere per i futuri utenti.

Coloro che ricevono temporaneamente i benefici della previdenza sociale difficilmente ne usciranno, come indicato da questi dati. Si può fare riferimento alla natura umana, ai livelli di disoccupazione degli anni esaminati o ad altri fattori, ma i dati mostrano chiaramente che i benefici hanno fortemente scoraggiato un ritorno alla forza lavoro durante il periodo di quattro anni misurato. A lungo termine questo rappresenta un problema, poiché i giovani lavoratori devono contribuire al sistema affinché funzioni. Viene poi esaminato l'utilizzo dei piani pensionistici privati. Non c’è paragone con l’efficienza in termini di costi dei piani privati, ma semplicemente con il fatto che circa la metà degli adulti americani ha accesso a un piano privato e vi ha accesso sin dagli anni ’70. Anche il fatto che gli anziani abbiano molti meno risparmi non è un risultato ideale, poiché lo stato non è immune agli effetti dell’inflazione o di un programma insolvente, danneggiando così la qualità della vita degli utenti SSI.

Ci sono segnali di allarme che indicano che il fondo di riferimento della previdenza sociale risulterà insolvente entro il 2035. Questa breve disamina sull’efficacia di questo sistema dovrebbe fornire indizi sul perché. I datori di lavoro devono pagare di più per assumere un individuo, il che porta a un mercato in cui i lavoratori poco qualificati vengono costantemente esclusi. La situazione è peggiorata negli ultimi anni, poiché anche i neolaureati hanno difficoltà a trovare un impiego. I datori di lavoro preferirebbero anche avere la possibilità di spendere meno per coprire i conti 401k dei loro dipendenti, o fondi simili, piuttosto che fornire una pensione fissa.

Tutto questo perché la previdenza sociale è spesso vista come un supporto primario piuttosto che uno supplementare. Man mano che più persone diventano ammissibili ai suoi benefici, ci sono sempre meno lavorano per finanziarli. Anche i tassi di natalità sono diminuiti in modo significativo rispetto ai tassi del 1935. Infine questi piani non sono competitivi. I datori di lavoro erano orgogliosi degli eccellenti fondi pensione messi a disposizione dei dipendenti e invece di fare affidamento sull’innovazione per migliorarli, lo stato ha imposto agli americani un piano unico per tutti. Roosevelt, nel suo tentativo di dimostrare la sua buona volontà agli americani disperati, sostenne una linea di politica che avrebbe danneggiato le generazioni future.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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lunedì 29 aprile 2024

Il mito del tasso d'interesse di equilibrio

 

 

di Brendan Brown

Ragionare a “mente calda” è una scorciatoia che corrompe i processi mentali e che il defunto Daniel Kahneman identificò attraverso esperimenti nel processo decisionale finanziario. La rapidità di pensiero affligge la risposta alla nuova minaccia dell’inflazione dei prezzi. Tale minaccia era emersa ancor prima che l’inflazione dei prezzi post-crisi sanitaria, scoppiata alla fine del 2022, si raffreddasse rispetto ai livelli di picco. L’impennata più recente dei prezzi si è materializzata anche se i suoi sintomi nei mercati dei beni sono stati attenuati dall’inversione delle precedenti dislocazioni sul lato dell’offerta.

Un tema spesso citato, e che illustra l’attuale angoscia inflazionistica, suggerisce che la FED inizierà a tagliare il suo tasso di riferimento entro l’estate di quest'anno. Secondo alcuni di coloro che temono l’inflazione dei prezzi, questa politica dei tassi striderebbe con un’economia americana che è straordinariamente forte – almeno secondo l’esercito di osservatori di dati le cui dimensioni sono aumentate in risposta al mantra ufficiale secondo cui le decisioni monetarie della FED sono diventate strettamente “dipendenti dai dati”.

L’ex-segretario al Tesoro (sotto Clinton) e consigliere economico capo di Obama, il professor Larry Summers – ora uno dei principali collaboratori di Bloomberg TVdichiara categoricamente che il tasso d'interesse di equilibrio è salito ben al di sopra del livello degli anni 2000 e 2010, pertanto i piani della FED per “normalizzare i tassi ufficiali” aggraveranno il fenomeno inflazione.

In che modo questo è un esempio di ragionamento a “mente calda” difettoso? Nel rispondere dovremmo ricordare le osservazioni di Kahneman secondo cui la mente, nel prendere scorciatoie per facilitare una risposta rapida (in questo caso al pericolo percepito dell'inflazione dei prezzi), ignora i limiti della razionalità. Esempi di tali difetti includono l’eccessivo affidamento su campioni di piccole dimensioni e su ipotesi controverse, sebbene attualmente plausibili.

La piccola dimensione del campione è evidente in qualsiasi controversia sui tassi d'interesse di equilibrio. Esistono pochi periodi lunghi non sovrapposti e rilevanti ai fini della stima e il concetto di tasso di equilibrio è esso stesso un costrutto teorico a dir poco discutibile.


Il controverso “tasso d'interesse di equilibrio”

Il tasso d'interesse di equilibrio, per quanto ne sappiamo, avrebbe potuto essere anormalmente elevato per gran parte del quarto di secolo precedente la pandemia; le banche centrali hanno pilotato i tassi ufficiali molto al di sotto di tal livello.

Un’influenza chiave dietro l’elevato livello dei tassi d'interesse di equilibrio nel 1995-2020, come qui ipotizzato, è stata il boom (alcuni direbbero una bolla) nella costituzione delle catene di approvvigionamento industriali a livello mondiale. La rivoluzione della digitalizzazione aveva consentito il controllo micromanageriale su vaste aree geografiche e organizzative. Tutto ciò avvenne nel contesto dell'ingresso della Cina nell'OMC (come raccomandato al Congresso dal presidente Clinton nel 2000) e dell'accelerazione dell'integrazione economica regionale (compresa l'espansione del NAFTA e dell'UE dopo la caduta del muro di Berlino).


In un libero mercato i prezzi sarebbero scesi per 20 anni

In un sistema monetario sano/onesto, i prezzi al consumo sarebbero crollati nel corso di questi due decenni di costituzione delle catene di approvvigionamento internazionali, ma nulla di tutto ciò si è verificato con l’attuale standard dell'inflazione al 2%.

Le banche centrali hanno pilotato i tassi ufficiali per “contrastare la minaccia della deflazione”. La virulenta inflazione dei prezzi degli asset è diventata un ulteriore elemento motore della spesa aziendale, inclusa in questo caso non solo la costituzione delle catene di approvvigionamento internazionali ma anche più in generale la digitalizzazione per inseguire potenziali rendite di monopolio rese possibili dalla nuova tecnologia.

Uno degli esempi più estremi di tale distorsione monetaria si è verificato durante il periodo Bernanke/Yellen del 2013-2017. La bolla mondiale dei prezzi delle materie prime era scoppiata ed era stata originariamente alimentata dalle politiche monetarie e fiscali estreme della Cina nel 2009-2012, possibili solo nel contesto dell'inflazione monetaria alimentata dalla FED. Il crollo dei prezzi delle materie prime avrebbe dovuto significare un periodo di calo dei prezzi al consumo su un ampio arco temporale.


Invece abbiamo avuto un’inflazione dei prezzi degli asset

Invece Yellen/Bernanke hanno alimentato un’enorme inflazione dei prezzi degli asset, vantandosi di un tasso d'inflazione appena superiore allo zero. A sua volta il nuovo slancio dell’inflazione monetaria statunitense ha alimentato il boom della spesa per investimenti. Ora la rotta è stata invertita, pertanto non è chiaro il motivo per cui Summers dovrebbe avere ragione riguardo la sua ipotesi secondo cui il “tasso d'interesse di equilibrio” dovrebbe spostarsi a un livello più alto.

Infatti potremmo trovarci in un lungo periodo di tempo in cui questo tasso di equilibrio potrebbe scendere rispetto al periodo 1995-2020 e i debiti/deficit fiscali degli Stati Uniti non contraddicono questa conclusione. L’elevato debito pubblico statunitense, finanziato da diverse forme di tassazione schiacciante – tra cui la riscossione periodica della tassa sull’inflazione e altre forme di tassazione monetaria – difficilmente è una ricetta per il dinamismo economico. Al contrario, queste sono le caratteristiche di imperi un tempo prosperi e adesso in declino.


Le normative statali soffocano la crescita economica

Uno scenario decisamente non dinamico si profila all'orizzonte per gli Stati Uniti e per gran parte dell’economia mondiale sulla scia della Grande Inflazione Monetaria 1995-2024. Gli investimenti sbagliati in tutte le loro dimensioni vengono al pettine. Sì, l’intelligenza artificiale potrebbe essere uno stimolo alla crescita se davvero le forze dell’innovazione finissero nelle mani di coloro che trovano e sviluppano nuovi percorsi verso la fortuna economica. Tutto ciò, però, è tutt’altro che certo.

L’ormai lunga esperienza sulla rivoluzione tecnologica digitale con le sue caratteristiche speciali – chi vince prende tutto, soppressione del libero ingresso, corrosione dei diritti di proprietà (compresi i dati) – impone cautela. Non s'è rivelata un grande elemento motore per il tenore di vita nelle economie avanzate, in contrasto con gli indubbi vantaggi per le economie in via di sviluppo derivanti soprattutto dalla rivoluzione nelle catene di approvvigionamento mondiali.

E poi abbiamo le squallide prospettive per la seconda economia mondiale: la Cina. Sotto uno statalismo e una pesante repressione finanziaria, dove i timori di una futura povertà – soprattutto in età avanzata – spingono i risparmi a livelli record, il surplus netto di questa economia nel commercio di beni e servizi con il resto del mondo diventa gigantesco. Il corollario sono i massicci flussi di esportazioni di capitali dalla Cina, che influiscono negativamente sul livello di equilibrio mondiale dei tassi d'interesse.


Un paesaggio pericoloso davanti a sé

È ora di chiamare le cose col loro nome: quando ragioniamo a mente fredda piuttosto che a mente calda alla minaccia dell’inflazione, ci rendiamo conto che il concetto di “tasso d'interesse di equilibrio” è di scarso aiuto, se non nullo, alla nostra comprensione economica – a prescindere dalla persistente popolarità che ha goduto nei sistemi monetari fiat. È vero, nell'odierno sistema monetario le banche centrali formulano giudizi chiave sulla relazione tra il tasso ufficiale e il cosiddetto tasso neutrale, ma molto, se non tutto, questo è falso – sintomatico dell'attuale epoca oscura.

Tuttavia non vi è alcuna prospettiva che i sistemi monetari si allontanino dall’attuale diktat dei tassi di riferimento. Una tendenza al ribasso del tasso ufficiale, nonostante le proteste del professor Summers su Bloomberg TV, ci direbbe che l’attuale celebrazione del dinamismo economico statunitense sta ignorando le profonde controforze all’opera.

Ciò significherebbe un futuro meno inflazionistico di quanto molti temono oggi? No, ma è probabile che l’elevata inflazione futura arrivi a scatti: i prezzi generalmente virano verso l’alto e in gran parte in risposta a shock dell’offerta che non incontrano resistenza da parte del sistema monetario. E quando gli shock sull’offerta subiscono un’inversione, le banche centrali approfittano della situazione per potenziare l’inflazione monetaria piuttosto che consentire ai prezzi di ricadere verso il livello precedente allo shock.

Esempi di tali potenziali shock di offerta includono sconvolgimenti geopolitici, pandemie, carestie e altre disgrazie provocate da Madre Natura, caos sociale e politico interno ed espansione fiscale. Infatti dovremmo aspettarci che lo stato, incluso il sistema bancario centrale, sfrutti appieno questi episodi per avere l’opportunità di imporre periodi di dolorose tasse derivanti dall’inflazione e quindi frenare, almeno temporaneamente, una crescita inesorabile dell’ammontare reale del suo debito.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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