giovedì 8 ottobre 2015

L'economia di Warren Buffet — Perché i suoi giorni sono contati (Parte 2)

La fame di rendimenti decenti tra le corporazioni americane che hanno preso in ostaggio i loro bilanci per farne carne da macello sull'altare della ZIRP, sta correndo impazzita tra le sale del casinò di Wall Street. Non è più la concorrenza lo sprone dei loro investimenti, bensì una perenne crescita attraverso i trucchi dell'ingegneria finanziaria abilitati da 81 mesi consecutivi di denaro gratis. Un aumento anche frazionale dei tassi d'interesse spazzerebbe via migliaia di questi carry trade facendo fioccare margin call da qui fino all'era della pietra. Dato questo panorama la Yellen ha affermato che ci sarà un "aumento dei tassi" prima della fine di quest'anno. Qual è il piano? Ancora una volta non l'ha detto. Però poi ha aggiunto: "[...] But if the economy surprises us, our judgments about appropriate monetary policy will change." Siamo sull'orlo di una serie di default a catena di queste corporazioni una volta che i loro bilanci saranno saturi di debiti. Il loro fallimento intaccherà pesantemente i bilanci di banche e hedge fund traboccanti di paper asset utili solamente a tenere in piedi una illusione (o per meglio dire, un gigantesco schema di Ponzi). La spiralizzazione di questo processo, in mancanza d'interventi centrali, porterà ad un default incontrollato di tutte quelle entità che sarebbero dovute fallire nel 2008, oltre a quelle che sono state coinvolte nel successivo periodo euforico. E' così che aumenteranno i tassi d'interesse nell'ambiente economico attuale. E' questa la sorpresa che la Yellen teme e a cui dice di voler far fronte ricorrendo ad un cambiamento di politica monetaria (leggi QE4). Il problema è solo uno: l'allentamento monetario è un trucco una tantum che funziona solo quando ci sono bilanci puliti. Non ce ne sono più.
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di David Stockman


Se non avete letto la Parte Uno di questa serie, cliccate qui.

Non vi è alcun motivo per ritenere che sin dal 1980 la capacità finanziaria dell'economia degli Stati Uniti — o quella di qualsiasi altra economia sviluppata — sia migliorata. In realtà, negli ultimi anni le cose sono andate nella direzione opposta se teniamo conto dei dati demografici, del declino della competitività rispetto alle economie emergenti, della diminuzione dei tassi di crescita della produttività e dell'aumento del rapporto di leva per i redditi pubblici e privati.

Tutte queste macro-tendenze negative significano che la capacità dell'economia statunitense di generare crescita, redditi e profitti, si è indebolita notevolmente. Di conseguenza, poiché si è indebolita anche la sua capacità di ripagare il debito ad un tasso di mercato, uno si aspetterebbe la relativa diminuzione del rapporto tra finanziamenti e reddito nazionale.

In realtà, quando nell'ottobre 1987 Greenspan gettò in mare il suo attaccamento atavico al gold standard e assecondò le furie di Wall Street, il rapporto dei finanziamenti schizzò alle stelle. Come mostrato di seguito, aveva raggiunto un punto che sarebbe stato inimmaginabile la mattina del Lunedì Nero.

In un sistema con denaro onesto e prezzi degli asset finanziari determinati dal mercato, il valore combinato delle azioni aziendali e del debito nei mercati del credito non si sarebbe mai moltiplicato dell'8X – da $11,000 miliardi a $93,000 miliardi – nel corso degli ultimi 27 anni. Il PIL nominale è cresciuto solo del 3.5X durante lo stesso arco di tempo. In effetti, l'economia degli Stati Uniti è stata capitalizzata a tassi sempre più elevati senza alcun riscontro accertabile nei fondamentali economici.

Infatti non vi è alcun motivo per cui il rapporto tra equity e debito nel mercato del credito sarebbe dovuto aumentare dopo che nel 1986 raggiunse il 260% del PIL. All'epoca Paul Volcker aveva completato il suo compito storico di estingure l'inflazione galoppante nelle materie prime e nell'IPC, supervisionando una solida ripresa della crescita economica reale.

E, stando al rapporto dell'epoca, l'odierna economia da $17,700 miliardi avrebbe trasportato circa $43,000 miliardi tra equity e debito del mercato del credito.

In una parola, l'era Greenspan di falsificazione dei prezzi e monetizzazione di migliaia di miliardi di asset esistenti con crediti creati dal nulla, ha generato un eccesso di $50,000 miliardi di finanziarizzazione. E questo è solo per l'economia americana. Infatti, l'errore del settore bancario centrale è globale e la finanziarizzazione a livello mondiale è decisamente più grande.




A dire il vero, gli economisti e i burocrati keynesiani che gestiscono la FED non ammettono apertamente una falsificazione dei prezzi degli asset finanziari. Né si assumono la responsabilità per aver generato ciò che equivale ad una bolla da $50,000 miliardi nei soli Stati Uniti.

Ecco perché sono strettamente e meccanicamente focalizzati su un compito del tutto diverso, ma impossibile. Vale a dire, condurre l'economia americana da $18,000 miliardi verso il suo potenziale di piena occupazione. Persegue il suo cosiddetto "doppio mandato" in accordo con le restrizioni dei modelli DSGE keynesiani (dynamic stochastic general equilibrium).

Inoltre questa particolare iterazione pregna d'onniscienza, non solo viene considerata dai pianificatori centrali monetari e dai loro sostenitori accademici e giornalistici come la migliore delle scelte possibili.

Attraverso interventi implacabili e plenari nei mercati finanziari per attenuare e ottimizzare il ciclo economico, i pianificatori centrali dell'era Greenspan hanno creduto che stessero salvando il capitalismo dal suo desiderio ricorrente di morire. Cioè, una tendenza endogena verso l'instabilità, lo scarso rendimento e il collasso depressivo.

Tutta questa storia è una bufala. Il cosiddetto doppio mandato, o Humphrey-Hawkins Act, è una delle leggi più stupide e più pericolose mai promulgate.

Significa delegare il potere ad un piccolo drappello irresponsabile di burocrati monetari, i quali sono liberi di definire gli obiettivi fondamentali — massima occupazione e stabilità dei prezzi — in modo arbitrario; poi proseguono ad esercitare il loro potere — senza norme e limiti — manomettendo tutti i prezzi finanziari in base a metriche quantitative arbitrarie, che siano efficaci o meno, e ad un presunto miglioramento della società.

In parole povere, la disoccupazione U-3 al 5.2% e il 2% d'inflazione in base al deflatore PCE sono obiettivi economicamente insignificanti. Sono impossibili da realizzare, soprattutto se è coinvolta la manipolazione dei tassi d'interesse e il resto dell'armamentario della FED, in particolare i suoi effetti ricchezza diffusi tramite il mercato azionario.

Allo stesso modo, i cosiddetti obiettivi della legge Humphrey-Hawkins non hanno alcuna relazione discernibile col miglioramento della società — perché non c'è uno straccio di prova a dimostrazione che i lavoratori stanno meglio con il 2% d'inflazione rispetto ad un 1.5%, o a qualsiasi altro valore scelto arbitrariamente per un indice dei prezzi al consumo mistificato e pieno d'errori di calcolo. E, soprattutto, costringere la macroeconomia ad aderire a questi obiettivi politici è del tutto inutile, perché non è affatto vero che il capitalismo tende intrinsecamente al suicidio ed è incline al collasso depressivo.

In realtà, è solo una storiella spacciata dai pianificatori centrali monetari e dai loro tirapiedi a Wall Street. Ho affrontato altrove l'origine di questo mito — la Grande Depressione degli anni '30. È sufficiente dire che la narrazione keynesiana non ha capito nulla.

La Grande Depressione non si originò da un difetto fatale del capitalismo, o perché la FED tra il 1930 e il 1933 non inflazionò abbastanza, o perché venne meno la presunta dedizione di Hoover alla rettitudine fiscale e al gold standard. Proprio il contrario. La Grande Depressione fu un eccesso d'interventi statali — il gigantesco indebitamento, l'inflazione della Grande Guerra e le bolle creditizie dei Ruggenti Anni Venti.

Allo stesso modo, i cicli economici del dopoguerra prima dell'arrivo di Greenspan erano di breve durata, ben contenuti e auto-correttivi; erano dovuti ad errori dello stato, non a presunti difetti del capitalismo o ad una presunta instabilità del ciclo economico che minacciava una spirale inarrestabile verso il basso.

Due recessioni in particolare sono state la conseguenza temporanea di un raffreddamento d'economie di guerra: 1953-1954 (Corea) e 1969-1970 (Vietnam). La prima venne superata grazie alla resilienza intrinseca del capitalismo di mercato (senza inutili ricorsi a stimoli fiscali o monetari) e alle restrizioni ortodosse del presidente Eisenhower e di William McChesney Martin della FED.

La recessione post-Vietnam non viene quasi mai annoverata nelle statistiche economiche — salvo per uno sciopero di 70 giorni da parte dei lavoratori nel settore automobilistico. Non era nemmeno un ciclo economico, ma uno shock imprevisto successivo alla chiusura della GM e della sua base di fornitori nell'autunno del 1970, in un momento in cui GM era al suo picco e occupava il 45% dell'intero mercato automobilistico degli Stati Uniti.

Inutile dire che lo sciopero venne risolto con le parti interessate, innescando subito dopo un rimbalzo delle vendite. Quindi nessun fallimento del ciclo economico o caduta in un buco nero economico — né le autorità fiscali e monetarie dell'epoca "stimolarorno" le forze naturali della ripresa.

Per contro, le due recessioni più profonde del periodo pre-Greenspan — la recessione 1974-1975 e quella 1981-1982 — vennero causate da "qualcuno" di ben definito: la Federal Reserve.

Come ho dimostrato in The Great Deformation, il ciclo degli anni '70 non fu causato dal post-embargo del 1973 sul prezzo del petrolio; fu il risultato dell'abietta sottomissione di Arthur Burns, presidente della FED, alla richiesta pre-elettorale (1972) di Nixon di stimolare l'economia degli Stati Uniti.

Per quanto riguarda il profondo tonfo dell'era pre-Reagan, al timone c'era il Potente Volcker perché Arthur Burns e il suo successore, lo sfortunato rimpiazzo William Miller, avevano alimentato una massiccia espansione del credito interno durante la seconda metà degli anni '70. L'inflazione a due cifre stroncata da Volcker venne fabbricata dalla banca centrale e non dal cartello dell'OPEC, dagli speculatori sull'argento e sul rame, o dai consumatori avidi, come sosteneva Jimmy Carter.

All'arrivo di Volcker, c'era la possibilità che la politica statale potesse sfuggire dalla schiavitù dell'economia keynesiana. Quest'ultima venne adottata a pieno regime durante l'era Kennedy-Johnson e abbracciata da Nixon quando la sua groupie politica, George Schulz, lo convinse ad adottare il concetto di piena occupazione.

Questo era puro sproloquio keynesiano. Si basava sull'idea di un'economia nazionale chiusa rassomigliante ad una gigantesca vasca da bagno — la quale doveva essere riempita di PIL fino all'orlo affinché si potesse raggiungere un benessere sociale massimo; in questo contesto il lavoro dello stato, attraverso l'azione coordinata delle politiche fiscali e monetarie, era quello di pompare domanda aggregata nella vasca fino a raggiungere il PIL potenziale e la piena occupazione.

Le politiche "guns and butter" di Johnson dopo il 1965 e la baldoria monetaria Nixon-Burns del 1972-1974, condussero alla stagflazione catastrofica degli anni '70. Di conseguenza, la vasca da bagno keynesiana venne accompagnata alla porta quando nel 1981 Ronald Reagan arrivò alla Casa Bianca.

E i deficit giganteschi di Reagan vennero sepolti dal successo della politica monetaria rigida di Volcker e dal rifiuto risoluto dell'amministrazione Reagan di prendere in considerazione tutto ciò che assomigliasse ad uno stimolo fiscale, o monetario, durante i giorni bui del 1982.

I deficit giganteschi di Reagan erano dovuti ad un'esplosione della spesa per la difesa e ad un taglio delle tasse che scappò di mano nell'estate del 1981, non alla convinzione che il capitalismo avesse bisogno della mano dello stato per tornare in carreggiata dopo un'inflazione del credito sponsorizzata dallo stato stesso.

Poi arrivò la campagna elettorale del 1984, seguita dagli Accordi del Plaza del 1985 progettati per cestinare il dollaro e stimolare artificialmente l'attività economica interna.

Ronald Reagan venne ingannato da Jim Baker e dagli anziani repubblicani di Capitol Hill, e spodestò Volcker dal suo ruolo di presidente della FED. Nella Parte 3 mostrerò come l'ambiguo, assetato di potere ed ex-gold bug Greenspan venne chiamato per riportare in auge l'economia keynesiana e la relativa vasca da bagno economica.

Eppure dopo la dichiarazione di Deng, secondo cui essere ricchi è bello, l'idea di una politica della vasca da bagno in un singolo paese era decisamente assurda. Incarna la teoria spuria secondo cui le misure primitive relative all'utilizzo del fattore lavoro e imprenditoriale pubblicate dai mulini sforna-statistiche dello stato, misurano tutto ciò che è significativo dal punto di vista economico.

Infatti il tasso di disoccupazione U-3 e le cifre relative all'utilizzo del fattore industriale, non sono altro che rumore. Il tasso d'utilizzo del settore automobilistico, per esempio, poteva essere rilevante prima del 1980. Oggi misura lo stesso ciclo più e più volte, ma non significa nulla, come verrà dimostrato nella Parte 3.

Saluti,


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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