mercoledì 20 maggio 2015

L'illusione della prosperità e la paralisi delle banche centrali

Sin da quando lo zio Mario ha lanciato il proprio QE, i titoli dei giornali non fanno altro che tessere le lodi di una ripresa immediata. Più precisamente futura, così come hanno ripetuto ogni anno da 6 anni a questa parte. Tutto punatualmente smentito. Questa volta sarà diverso? No. Questa volta sarà solamente più doloroso. Il denaro creato attraverso il quantitative easing non è finito nei numeri più ampi dell'inflazione perché è rimasto confinato nei canyon del mercato azionario. La popolazione più ampia non può permettersi più di fagocitare ulteriori debiti e, avendo raggiunto la condizione di picco del debito, rifiuterà di farvi ricorso per migliorare la propria condizione a seguito dell'ultima baldoria finita nel 2008. Il denaro di nuova creazione è rimasto intrappolato nei bilanci delle grandi banche commerciali e nei portfoli di grandi corporazioni e grandi investitori, alimentando un feedback di "investimenti" con lo scopo principale di sostenere deformazioni crescenti nei canyon dei mercati azionari. Di conseguenza l'inflazione dei prezzi è rimasta ampiamente confinata agli asset e ad altri "investimenti" che continueranno a gonfiarsi grazie all'espansione del credito da parte delle banche commerciali e all'espansione dell'offerta di denaro da parte delle banche centrali. Le deformazioni, però, non restano ferme e tendono ad espandersi senza controllo e i mercati azionari hanno bisogno di nuovi partecipanti affinché la festa possa andare avanti. L'assottigliamento dei rendimenti all'interno del mercato azionario, dove anche il pattume "high yield" è diventato un affare, rischia d'impedire ad una fetta crescente di debitori delle banche di servire i propri debiti. Se dovessi azzardare un'ipotesi, quella più probabile è il mancato servizio del debito da parte degli ultimi arrivati nella bolla: http://www.carsitaly.net/fiat-car-sales_brazil.htm
Sapremo che sta andando tutto a rotoli non appena sulla bocca di tutti le tre lettere che leggeremo saranno CDS.
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di Frank Hollenbeck


Di recente il presidente Obama e Janet Yellen hanno gongolato di fronte ad un certo miglioramento nelle condizioni economiche degli Stati Uniti. La disoccupazione è scesa al 5.5% e la crescita economica nel 2014 ha raggiunto il 2.4%.

I giornalisti e gli economisti hanno attribuito questi miglioramenti all'efficacia del quantitative easing. Sembra, invece, che abbiano solamente dei paraocchi politici. Il boom è artificiale ed è stato costruito con l'aggiunta di debito su altro debito. Nel 2014 l'indebitamento totale delle famiglie è aumentato del 2.5% – il livello più alto sin dal 2010. I prestiti ipotecari sono aumentati dell'1.5%, i prestiti agli studenti sono aumentati del 6.6% e i prestiti per automobili sono aumentati del 9.6%. Le vendite di automobili sono migliorate poiché questi mutuatari sono finiti in una nuova bolla subprime. Le vendite di automobili sono state vivaci grazie ad un aumento dei prestiti a persone con punteggi di credito sotto i 640. I prestiti per automobili a persone con punteggi di credito solidi, al di sopra dei 720, si sono mossi di poco.

Il credito al consumo subprime è salito di $189 miliardi nei primi 11 mesi del 2014. Escludendo i mutui immobiliari, i mutui per automobili hanno rappresentato il 41% del credito totale al consumo. Questo è esattamente il tipo di prestito che ci ha messo nei guai meno di un decennio fa. Questa storia non può che finire in lacrime.

Ecco la domanda persistente: il boom attuale è costruito su fondamenta solide? Riscontriamo forti aumenti di produttività o un crescita dei salari reali?

La verità è che sin dal 2010 la produttività si è appena mossa e i salari reali sono rimasti piatti, o calati, per decenni. Dalla metà del 2007 alla metà del 2014, i salari reali sono diminuiti del 4.9% per i lavoratori con un diploma di scuola superiore, sono scesi del 2.5% per i lavoratori con una laurea e sono scesi dello 0.2% per i lavoratori con una laurea specialistica.

Il boom è costruito su vasti investimenti in impianti e attrezzature? L'età media degli impianti e macchinari negli Stati Uniti è attualmente la più vecchia di sempre.

Ormai è chiaro che il boom dell'olio di scisto era l'ennesima illusione di prosperità. Lo stesso vale per i miglioramenti nel settore degli immobili. In seguito alla crisi finanziaria del 2008, i prezzi degli immobili sarebbero dovuti scendere molto, molto di più di quanto è accaduto rispetto ad altri prezzi. Il settore immobiliare sarebbe poi dovuto rimanere in crisi per un decennio o più, fino a quando il settore residenziale e commerciale non sarebbero stati ripuliti. Il nuovo rapporto tra prezzi relativi avrebbe permesso alle risorse scarse di spostarsi verso quella produzione di beni e servizi più in linea con i desideri della società.

Oggi è tornata l'euforia immobiliare e il settore delle costruzioni è in ripresa. Il miglioramento è stato fomentato da investitori affamati di rendimenti nel mercato buy-to-rent e da tassi dei mutui a lungo termine storicamente bassi, al di sotto del 4%. Eppure il post-sbornia del boom precedente non è scomparso, è stato semplicemente posticipato grazie alla strategia del "calcio al barattolo" attuata attraverso una stampa massiccia di denaro da parte della banche centrali negli ultimi 6 anni. Il numero di unità vuote negli Stati Uniti supera i 18 milioni – livello raggiunto nel 2008-2009. Il numero di unità possedute dal mercato è ancora ad un livello record di oltre 7 milioni. Quando le forze di mercato faranno tornare i tassi d'interesse a livelli più normali, l'aggiustamento nel settore immobiliare sarà ancor più disastroso.

Come hanno sempre detto gli Austriaci, non fatevi ingannare dall'euforia di un boom costruito su una montagna di investimenti improduttivi. Un boom sostenibile può essere costruito solo su una moneta sonante, altrimenti è destinato al bust. Le attuali politiche economiche sembrano essere orientate a creare una serie infinita di boom e bust. Dobbiamo trovare un modo per scendere da questo ottovolante.

Le politiche economiche degli ultimi 6 anni possono essere descritte solo come deliranti. Il problema nel 2008 era il troppo debito, ma la soluzione secondo i geni dell'Eccles Building sarebbe stata quella di abbassare i tassi d'interesse per stimolare la domanda e indurre le famiglie e i governi ad accendere nuovi prestiti. In altre parole, immaginate di aver appena avuto un attacco di cuore a causa della vostra obesità e il medico vi suggerisca di mangiare ancora di più.

Non abbiamo bisogno di banche centrali che "rilancino" la domanda. Questo indottrinamento sulla domanda aggregata è il veleno della teoria macroeconomica. Non è una mancanza di domanda che ostacola la crescita, ma un disallineamento tra offerta e domanda. Una volta capita questa realtà economica fondamentale, nessuna quantità di denaro risolverà tale problema.

Stampare denaro non risolverà un disallineamento creato dalle interferenze statali col funzionamento del sistema dei prezzi. Anzi peggiorerà le cose, poiché altererà i prezzi relativi e assoluti, causando una maggiore divergenza tra ciò che la società vuole e ciò che si produce. Interferire con i tassi d'interesse è la politica più dannosa che esista, in quanto i tassi d'interesse sono il prezzo delle preferenze temporali e svolgono un ruolo cruciale nell'allineamento temporale di produzione e domanda. Maggiore sarà il disallineamento nel tempo, più grande sarà l'aggiustamento necessario.

E' troppo tardi per evitare il reset necessario e l'aggiustamento incombente sarà orrendo. Ciononostante, abbiamo imparato qualcosa? Ripeteremo gli stessi errori degli anni '20, o della bolla immobiliare e quella delle dot-com? Quando capiremo che dobbiamo abolire l'incarnazione del male, la banca centrale, e la sua fraudolenta riserva frazionaria? Quante volte ancora dovremmo sperimentare questo ciclo di espansione e contrazione?


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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di Alasdair Macleod


Anche se la FED lo nega, l'ultimo verbale del Federal Open Market Committee (FOMC) mette in chiaro che un aumento dei tassi d'interesse è stato rimandato a tempo indeterminato.

Il successivo rally nel prezzo dell'oro e l'improvviso calo del dollaro tendono a confermare questa conclusione.

Ormai sono sei anni che il Fed Funds Rate (il tasso d'interesse manipolato dalla FED per impostare tutti i tassi) rimane al di sotto dello 0.25%, scendendo a poco a poco da circa 0.15% a circa 0.10%. Nel dicembre 2008 venne fissato un obiettivo di target compreso tra lo zero e lo 0.25%.




Secondo il Policy Normalisation Principles and Plans pubblicato lo scorso settembre, il FOMC alzerà il suo target di riferimento per il Fed Funds Rate "cambiando il tasso d'interesse che paga sulle riserve in eccesso"; quando la FED normalizzerà i tassi d'interesse, "utilizzerà i pronti contro termine inversi per togliere dalla circolazione l'ammontare di denaro necessario". La FED intende anche ridurre i suoi possedimenti di titoli e contrarre il suo bilancio.

Se la normalizzazione sarà il risultato di una ripresa economica, sappiamo già come andranno le cose. La domanda di denaro nell'economia salirà, e invece di piramidare credito bancario sulle riserve detenute presso la FED, quest'ultima ritirerà le riserve in eccesso vendendo titoli di stato sui mercati. Il mercato orso in tali bond dovrebbe essere gestibile grazie alla domanda proveniente da fondi pensione e società d'assicurazione, accoppiata con un deficit di bilancio in diminuzione. Questa è la teoria che sta alla base di una riduzione del deficit.

La realtà si è rivelata molto diversa, come tutti sappiamo. La FED deve rendersi conto che i tassi d'interesse altamente soppressi possono non essere una soluzione e deve contemplare una fine della ZIRP senza ripresa economica.

Tuttavia, se la FED alzasse il Fed Funds Rate in assenza di una ripresa economica genuina, ci sarà una scarsa o addirittura nessuna espansione del credito bancario a compensazione, ed è probabile che le banche commerciali vorranno scaricare i loro titoli del Tesoro piuttosto che comprarne di più dalla FED. Non ci sarebbero compensazioni per attutire la liquidazione delle posizioni obbligazionarie long. In altre parole, anche un piccolo aumento del Fed Funds Rate potrebbe trasformarsi in un aumento dei rendimenti obbligazionari e conseguenti perdite sostanziali per le banche.

Questo è il contesto in cui dovremmo vagliare la reticenza della FED nel voler innalzare il Fed Funds Rate. Questo ci porta a concludere che se i tassi d'interesse a zero non hanno funzionato per sei anni, la politica monetaria è in un cul-de-sac senza opzioni. E quando guardiamo al Giappone e alla zona Euro, vediamo illusioni simili circa l'efficacia della politica monetaria.

E' improbabile che i mercati aspettino la presunta fine della ZIRP. Prima che gli investitori comuni vengano a conoscenza di tutte le ramificazioni del problema, banchieri e fund manager più preveggenti potranno riposizionare i loro portfoli obbligazionari scegliendo l'oro.

Quelli di noi che seguono questo mercato sanno che negli ultimi tre anni la domanda asiatica ha spostato grandi quantità di lingotti dai mercati dei capitali occidentali verso l'Asia. Il comportamento dei mercati di Londra e New York indica già una carenza di lingotti fisici, e questo ben prima che i mercati si possano rendere conto della crescente probabilità che la FED non possa permettersi di far salire i tassi d'interesse.

Se i tassi d'interesse non saliranno, il dollaro verrà infine esposto ad una perdita di fiducia nelle borse estere. La realizzazione di quanto sia ancora vulnerabile nonostante la sua recente scalata, si rifletterà in un sentimento positivo nei confronti dell'oro che, una volta in moto, potrebbe farne salire il prezzo a causa della mancanza di lingotti.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


4 commenti:

  1. Ciao Francesco,

    insomma, tra i segni premonitori: boom dei Credit Default Swap da una parte ed ingresso del "parco buoi" dall'altra.
    E quando vedo che anche la mia banchetta di riferimento invita, con tanto di paludato relatore accademico, i maggiori depositanti, piccoli e medi imprenditori con uno/due capannoni, di quelli col Cayenne che fanno piastrelle o assemblano camper o stampano laminati vari, ad entrare nell'azionario italiano e soprattutto europeo perché devono avere il coraggio di rischiare... Beh, credo che il momento del redde rationem sia sempre più vicino.
    Che fare? Anche MacLeod consiglia, su CobdenCentre, in caso di war on cash conclamata, di convertire ancora un pochino.

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    1. una volta l'alternativa era azioni o obbligazioni. ora la carta è solo carta.

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    2. Ciao Dna.

      Con la Grecia in bilico e le prossime tranche di pagamenti pendenti, ci credo anch'io. Finora le cose hanno retto perché le banche centrali sono state in grado di calciare il barattolo. Come hanno fatto? Beh, oltre alla repressione finanziaria è stata fornita una garanzia collaterale ai giocatori d'azzardo. Nello specicifo, il contribuente europeo.

      Sebbene questa strategia abbia ritardato il giorno della resa dei conti, l'ha reso solamente più doloroso perché la Grecia è solamente una dolina finanziaria che risucchierà ulteriori risorse. Forse sarà trattata come Cipro, chissà... ma più si prolunga questa agonia più il fardello da portare per le garanzie sarà superiore. Inoltre non è da escludere un qualche "evento imprevisto" a carico della BCE che ha praticamente reso illiquido il mercato obbligazionario statale europeo. Adeguare il Q€ ai flussi dei bond potrebbe rimettere in gioco le carte, poiché tale mercato reagirebbe freneticamente a qualsiasi notizia destabilizzante riguardante le varie nazioni europee. Soprattutto quelle della periferia. E ato questo livello d'interconnessione, basterebbero solamente altre notizie negative provenienti dalla Grecia.

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  2. quale è il problema? preciso, per loro quale è il problema? quello che possono estrarre dalle altrui tasche, lo estraggono. poi, quando avranno finito, stamperanno ed estrarranno dall altrui lavoro.

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